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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25 marzo 2011, Sentenza n. 11996
SALUTE - ALIMENTI - Detenzione per la vendita di sostanze in cattivo stato di
conservazione - Prodotto sottoposto a più processi di congelazione e
ricongelazione - Art. 5, comma 1, lettera b, e articolo 6 L. n. 283/1962 -
Configurabilità. La necessità di riferire il reato di cui alla legge 30
aprile del 1962, n. 283 articolo 5, comma 1, lettera b, e articolo 6 alla
inosservanza delle regole di conservazione delle sostanze deriva dal fatto che,
altrimenti, nessuno spazio di operatività avrebbe la disposizione, a fronte
delle lettere a), c), d), le quali - nell'arco che va dalla privazione degli
elementi nutritivi all'alterazione degli stessi, abbracciano tutti gli aspetti
oggettivamente rilevabili di degenerazione delle caratteristiche intrinseche
degli alimenti. Detto in altri termini, la lettera b) della norma in esame non
può che comprendere anche le cattive forme di conservazione e non soltanto le
ipotesi di alterazione del prodotto (con scadimento delle proprietà). Si tratta,
perciò di un reato di pericolo e non di danno. (conferma sent. del G.i.p. presso
il Tribunale di Rimini del 17/12/09). Pres. Teresi - Est. Mulliri - P.M. Izzo -
Ric. Ch. Xi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25 marzo 2011, Sentenza n.
11996
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo
- Presidente
Dott. SQUASSONI Claudia
- Consigliere
Dott. GRILLO Carlo
- Consigliere
Dott. MULLIRI Guicla
- Consigliere rel.
Dott. RAMACCI Luca
- Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
-
sul ricorso proposto da:Ch.Xi., nata in (Omissis);
-
imputato Legge n. 283 del 1962, articolo 5, comma 1, lettera b e articolo 6;
-
avverso la sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Rimini in data 17.12.09;
-
Sentita la relazione del cons. Dr. Guicla Mulliri;
-
Sentito il P.M., nella persona del P.G. dott. IZZO Gioacchino che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
V. sentenza 15049/07 circa il bene giuridico protetto.
OSSERVA
1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso - L'odierna ricorrente é stata
condannata dal G.u.p. alla pena di 600 euro di ammenda per avere, in qualità di
titolare del ristorante (Omissis), detenuto in deposito frigorifero, con finalità
di vendita o comunque distribuzione, sostanze alimentari (prodotti ittici) in
cattivo stato di conservazione.
Avverso tale decisione, l'imputata ha proposto ricorso personalmente deducendo
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (articolo 606 c.p.p.,
lettera e)).
La critica si fonda sull'assunto secondo cui, proprio nella sentenza delle S.U.
citata dal giudice di merito (19.12.01, Butti, Rv. 220716) é contenuta
l'affermazione secondo la quale si sarebbe al cospetto di un reato di danno e
non di pericolo perché diversamente verrebbero limitate le garanzie difensive.
Orbene, poiché nella specie non si é registrato alcun danno igienico sanitario,
non sarebbe configurabile alcun reato. In ogni caso, si fa notare che il
giudicante avrebbe dovuto pronunciare giudizio di colpevolezza solo se essa
fosse risultata "oltre ogni ragionevole dubbio".
La ricorrente conclude invocando l'annullamento della sentenza impugnata.
2. Motivi della decisione - Il ricorso é infondato e deve essere respinto perché
si fonda su una erronea lettura di pronunzie di questa S.C. ove é stato
affermato un principio esattamente opposto a quello che qui si intende
sostenere.
Proprio la sentenza a S.U. citata dalla ricorrente, infatti, ad una sua attenta
disamina, mira a tutelare il consumatore di prodotti alimentari anche sulla base
del semplice pericolo che una sua cattiva conservazione ne alteri o deteriori le
proprietà organolettiche, e ciò, anche a prescindere dal verificarsi di tale
eventualità.
In altri termini, la decisione evocata dalla ricorrente (19.12.01, Butti, Rv.
220716) affronta dettagliatamente il tema della corretta interpretazione della
lettera della norma di cui sottolinea una innegabile "ambiguità", in
particolare, con riguardo al termine "conservazione", del quale non si comprende
se stia ad esprimere "l'effetto del conservare (vale a dire, il mantenimento
delle caratteristiche iniziali)" ovvero l'atto e il modo di conservare (e cioé
le attività dirette ad assicurare quel mantenimento)". Parimenti ambigua, si
dice, "é l'espressione "stato di conservazione", con la quale si può indicare
tanto il risultato dell'attività di mantenimento, quanto le condizioni presenti
per ottenere il risultato stesso.
Dopo avere, quindi, evidenziato che l'ambiguità non si scioglie neppure
prendendo in esame l'intera locuzione: "é vietato impiegare ... vendere,
detenere ... distribuire ... sostanze alimentari ...in cattivo stato di
conservazione", (visto che quell'"in cattivo ecc." può intendersi, sia, come
complemento predicativo dell'oggetto, e cioè delle sostanze alimentari, sia come
complemento di modo, che indica la maniera in cui si compie l'azione espressa
dal verbo), le Sezioni Unite risolvono il contrasto giurisprudenziale, che aveva
portato la questione dinanzi ad esse, riagganciandosi alla posizione assunta da
altra propria decisione risalente nel tempo (s.u., 5.1.96, Timpanaro). Si
afferma, cioè, che "per risolvere il contrasto giurisprudenziale, basta
semplicemente ripetere ... che la necessità di riferire il reato in questione
alla inosservanza delle regole di conservazione delle sostanze (opzione com'é
s'é visto possibile sotto il profilo lessicale) deriva dal fatto che,
altrimenti, nessuno spazio di operatività avrebbe la disposizione, a fronte
delle lettera a), c), d), le quali - nell'arco che va dalla privazione degli
elementi nutritivi all'alterazione degli stessi abbracciano tutti gli aspetti
oggettivamente rilevabili di degenerazione delle caratteristiche intrinseche
degli alimenti".
Detto in altri termini, la lettera b) della norma in esame non può che
comprendere anche le cattive forme di conservazione e non soltanto le ipotesi di
alterazione del prodotto (con scadimento delle proprietà). Si tratta, perciò di
un reato di pericolo e non di danno.
Ciò é tanto chiaro che, in seguito alla decisione evocata dalla ricorrente,
altre sezioni semplici di questa Corte si sono espresse chiaramente nel senso
che "ai fini della configurabilità del reato di cui alla Legge 30 aprile 1962,
n. 283, articolo 5 lettera b) vendita o detenzione per la vendita di sostanze
alimentari in cattivo stato di conservazione, non é necessario accertare la
sussistenza di un concreto danno per la salute o un concreto deterioramento del
prodotto, in quanto, trattandosi di un reato di pericolo, é sufficiente che le
modalità di conservazione possano determinare il pericolo di un tale danno o
deterioramento" (sez. 3, 9.1.07, Bestini, Rv. 236332). Ed ancora, assolutamente
in termini, é la recentissima (Sez. 3, 11.3.10, Greco, Rv. 245970) pronunzia del
principio secondo cui integra il reato in discussione "anche il congelamento del
prodotto effettuato in maniera inappropriata, in quanto il cattivo stato di
conservazione é riferibile non soltanto alle caratteristiche intrinseche del
prodotto alimentare, ma anche alle modalità estrinseche con cui si realizza.
Nella specie, la modalità di conservazione inappropriata era consistita nel
congelamento "ordinario" di un quantitativo di carne (modalità ritenuta
rischiosa in quanto, tecnicamente, l'unico procedimento idoneo a conservare la
carne nel tempo, alternativo alla surgelazione, é il congelamento mediante
ricorso ad abbattitori di temperature).
Del tutto coerente é, quindi, la presente affermazione di responsabilità per un
episodio in cui é stato accertato che la cattiva congelazione dei prodotti
ittici era argomentabile dal rilievo che essi erano già stati sottoposti a
lavorazione "in quanto infarinati e depositati in un contenitore di cartone" ed
il "cattivo stato di conservazione (dei pesce n.d.r.) ... era desumibile dal
fatto che lo stesso - per come anche evidenziato dalle allegate fotografie -
fosse ricoperto di brina: circostanza, questa, che lasciava presumere
fondatamente che il prodotto ittico fosse stato sottoposto più volte a processi
di congelazione e successiva ricongelazione, con il conseguente mancato rispetto
delle regole di conservazione esterna del prodotto".
Infondato é anche l'ulteriore argomentazione difensiva secondo cui una siffatta
interpretazione della norma limiterebbe le garanzie difensive perché, creandosi
una ipotesi di pericolo presunto, all'imputato non sarebbe lasciata la
possibilità di dimostrare la genuinità del prodotto.
Proprio questo aspetto, infatti, é stato già preso in considerazione dalle S.U.
che, a riguardo ribattono che "la presunzione legislativa non é arbitraria in
quanto la lettera b) ha il ruolo di completare, in armonia con le differenti
ipotesi previste dallo stesso articolo, il quadro di prevenzione e tutela delle
sostanze alimentari, dal momento della produzione a quello della distribuzione
sul mercato e a quello, rilevante, della loro conservazione".
Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Visto l'articolo 615 e ss. c.p.p., rigetta il ricorso e condanna la ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
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