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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sezione IV, 28/03/2011,
Sentenza
n. 12458
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Vizio di motivazione - Valutazione delle
risultanze probatorie - Sindacato di legittimità - Limiti - Art. 606 lett. e)
c.p.p. È inammissibile il ricorso per
cassazione proposto da una parte del processo, nella specie il responsabile
civile, avverso la sentenza d'appello, qualora la stessa non abbia impugnato la
decisione di primo grado, per lei sfavorevole. Tale principio, affermato con
riferimento alla parte civile (Cass., Sezione 2, 10 novembre 1988, n. 2212, Chiarina;
Cass., Sezione 3, 23 settembre 1986, Di Sario) é fondato sulla condivisibile
considerazione che il rapporto processuale civile d'impugnazione trova la sua
ragione d'essere sia nella volontà della parte, la quale deve essere
costantemente attiva nel formulare le sue domande, che nell'interesse al
gravame, fondamento unico per la prosecuzione del giudizio negli ulteriori
gradi. Ne deriva che la parte processuale, qualora voglia ottenere una modifica
in senso per lei vantaggioso della pronuncia di primo grado, deve proporre
rituale impugnazione attraverso l'appello della sentenza. L'omessa tempestiva
impugnazione contro la decisione di primo grado comporta quindi la "consunzione"
del relativo diritto e la conseguente acquiescenza alla sentenza. (dichiara
inammissibile ricorso avverso sent.
n. 141/2007 del 18/03/2010 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO). Pres. Brusco Est.Bianchi - P.G. Gialanella
- Ric. Cu An. e altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione IV, 28/03/2011, Sentenza n. 12458
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe
- Presidente
Dott. GALBIATI Ruggero
- Consigliere
Dott. BIANCHI Luisa
- rel. Consigliere
Dott. IZZO Fausto
- Consigliere
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco
- Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Cu. An. N. IL (Omissis);
2) Ga. Lo. N. IL (Omissis);
3) Di. Cr. Ma. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 141/2007 CORTE APPELLO di CAMPOBASSO, del 18/03/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/01/2011 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. BIANCHI Luisa;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GIALANELLA Antonio che ha
concluso per la inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore Avv. Piunno Angelo del Foro di Campobasso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Campobasso, per quanto qui rileva, ha confermato la
sentenza del Tribunale della stessa città con cui Ga. Lo. , Di. Cr. Ma. e Cu.
An. sono stati ritenuti responsabili di lesioni colpose in danno del lavoratore
Li. Fe. , in relazione all'infortunio avvenuto il ( Omissis); mentre era intento
all'allestimento del ponteggio in un cantiere edile di Campobasso, alle
dipendenze del Ga. Lo. , il Li. , cadeva da un altezza di circa 10 metri poiché
il pannello su cui si trovava era agganciato da una parte sola del ponteggio e
dunque era instabile tanto da fargli perdere l'equilibrio e precipitare nel
vuoto da circa 10 metri di altezza; si accertava che il ponteggio in quel punto
era privo di parapetto e che agli operai non era stata neppure fornita la
cintura di sicurezza e si riteneva che dell'incidente fossero responsabili i tre
imputati, Ga. Lo. nella qualità di datore di lavoro, Di. Cr. Ma. in quanto
preposto e Cu. An. coordinatore per la sicurezza.
2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore degli
imputati. Deduce violazione e falsa applicazione di legge in ordine
all'accertamento del nesso di causalità; in particolare sostiene, con
riferimento alla posizione di Ga. Lo. , che tutti i testi avevano riferito che
il cantiere era fornito di sistemi di sicurezza a disposizione degli operati tra
cui anche le cinture di sicurezza; che inoltre il Ga. aveva fatto redigere un
piano per la sicurezza con contestuale nomina del responsabile ad hoc, ed aveva
investito un preposto, così assolvendo a tutti gli obblighi previsti dalla
normativa antinfortunistica. Quanto a Cu. An. , responsabile per la sicurezza,
era stato accertato che si recava periodicamente presso il cantiere per
verificare se veniva rispettato il piano di lavoro da lui stesso elaborato,
essendo evidentemente assurdo e illogico ipotizzare che potesse essere sempre
presente a fianco di ogni operaio. Quanto ancora a Di. Cr. Ma. , solo trovatosi
sul posto dell'incidente nel momento in cui é avvenuto il fatto, avrebbe potuto
evitarlo, dato che il lavoratore infortunato stava svolgendo un lavoro
all'interno per il quale non era necessaria la cintura di sicurezza, e solo a
seguito di una sua autonoma ed estemporanea decisione si sporgeva per superare
una impalcatura in costruzione e cadeva al suolo; si é trattato di un
comportamento del tutto autonomo del lavoratore ed imprevedibile che avrebbe
dovuto portare all'assoluzione degli imputati come già avvenuto per Ga. Vi.
Con un secondo motivo deduce la violazione dell'articolo 192 c.p.p. perché i
giudici di merito hanno posto a fondamento della decisione la testimonianza
della persona offesa, ignorando quanto invece riferito da tale Am. , compagno di
lavoro dell'infortunato, nonostante si trattasse d un teste indipendente.
3. Nell'interesse della parte civile é stata presentata una memoria con la quale
si rileva l'inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili per la manifesta
infondatezza dei motivi dedotti, essendo stata la responsabilità dei prevenuti
correttamente apprezzata.
2. Occorre in primo luogo ricordare che nell'attuale codice di procedura penale
la valutazione delle risultanze processuali é rimessa unicamente al giudice di
merito e che, per espresso dettato normativo, é consentito alla Corte di
Cassazione effettuare il controllo sulla motivazione del provvedimento impugnato
solo nei limiti di quanto risulta dal testo medesimo, sempre che la motivazione
risulti mancante o manifestamente illogica; é esclusa invece ogni possibilità di
censurare il contenuto di tale decisione. é infatti pacifico che il compito del
giudice di legittimità non é quello di sovrapporre la propria valutazione a
quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di
prova, bensì di stabilire se essi abbiano dato adeguatamente conto, attraverso
l'iter logico-argomentativo seguito, delle ragioni che li hanno indotti ad
emettere la decisione (S.U. 29.1.96, n. 22 Clarke); altrettanto autorevolmente
essendosi altresì affermato (S.U. 2.7.97, n. 6402 Dessimone rv. 207944) che
"L'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un
orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione
essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare
l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione
impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di
cui il giudice di merito si é avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la
loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della
Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione, la cui valutazione é, in via esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali".
Da tali principi deriva l'inammissibilità delle censure dedotte nella misura in
cui le stesse sono rivolte a contestare il merito della impugnata sentenza
sostenendosi in particolare che vi é stato un comportamento dell'infortunato
assolutamente abnorme e imprevedibile sotto il profilo che quel giorno egli non
avrebbe dovuto lavorare sul ponteggio, in quanto era stato ordinato di lavorare
all'interno dell'edificio in costruzione. Ciò contrasta con l'accertamento in
fatto effettuato dalla Corte di appello che ha escluso l'esistenza di una tale
tassativa disposizione ed ha rilevato come fosse assolutamente credibile la
persona offesa che aveva riferito, con dichiarazioni inizialmente confermate
anche dal collega Am. (sulla cui indipendenza di giudizio la Corte di appello
solleva dubbi in relazione alla perduranza del rapporto di lavoro), che dovevano
proprio lavorare in quel punto del ponteggio, per completarlo. Risulta dunque
incontestabilmente accertato che l'infortunio si é svolto nel mentre il
lavoratore Li. , da pochi giorni assunto, stava lavorando su un ponteggio privo
di parapetto, senza essere assicurato con l'apposta cintura di sicurezza. Tanto
premesso sui fatti di causa, deve altresì rilevarsi che la responsabilità degli
imputati é fondata su corretti e pacifici principi giudici collegati alle
rispettive posizioni di garanzia degli imputati, di datore di lavoro, preposto e
coordinatore per la sicurezza, anche esse puntualmente messe in evidenza dal
giudice di appello, posizioni che fanno carico a ciascuno di essi di predisporre
gli opportuni presidi (e dunque ponteggi a norma e pertanto dotati di parapetto)
e di fornire al lavoratore i necessari strumenti (nella specie cinture di
sicurezza per lavorare a 10 mt. da terra), senza che l'inosservanza da parte di
ciascuno ai propri obblighi possa comportare il venire meno della concorrente
responsabilità degli altri.
2. Il ricorso é dunque inammissibile, limitandosi a sollevare questioni che
trovano già risposta nella sentenza impugnata. Dalla dichiarazione di
inammissibilità deriva l'onere delle spese del procedimento nonché del
versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, in
considerazione dei motivi dedotti, stimasi equo fissare, anche dopo la sentenza
della Corte Cost. n. 186 del 2000, in euro 1.000,00 (mille/00) ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
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