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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/03/2011, Sentenza n. 13118
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo - Beni non appartenenti
all'indagato - Legittimità. Il sequestro preventivo si fonda sulla
correlazione tra i beni e il reato, avendo l'istituto la finalità di impedire
l'aggravamento delle conseguenze dell'illecito, così che il sequestro di beni
non appartenenti alla persona indagata non si pone affatto in contrasto con
l'ordinamento, atteso che è consentito al titolare dei beni di azionare gli
strumenti di tutela e di richiedere la restituzione delle cose qualora non
sussistano o cessino le ragioni della misura cautelare (fattispecie relativa a
richiesta di restituzione di mezzi meccanici posti in sequestro in relazione al
reato di realizzazione di una discarica non autorizzata ai sensi dell'art. 51 D.
Lgs. n. 22/1997). (dichiara inammissibile ricorso avverso ordinanza del 8 Aprile
2010 del Tribunale di Messina). Pres. De Maio - Est. Marini - P.M. De Santis -
Ric. Ma. Sa.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/03/2011, n. 13118
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido
- Presidente
Dott. TERESI Alfredo
- Consigliere
Dott. GRILLO Renato - Consigliere
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere
Dott. MARINI Luigi
- Consigliere est.
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MA. Sa., nato a (Omissis);
Avverso la ordinanza in data 8 Aprile 2010 del Tribunale di Messina, che ha
respinto l'appello proposto avverso l'ordinanza con cui il Giudice delle
indagini preliminari del Tribunale di Messina in data 2 Marzo 2010 ha rigettato
l'istanza di restituzione delle cose sequestrate.
Sentita la relazione effettuata dal Consigliere Dott. Luigi Marini;
Udito il Pubblico Ministero nella persona del Cons. Dott. De Santis Fausto, che
ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
Udito il Difensore, Avv. Cassaniti Ignazio, che ha concluso per l'accoglimento
del ricorso.
RILEVA
Il Sig. Ma.Sa. , quale legale rappresentante della "Ditta Fr. Ma. Sa. e. Fr. Snc"
propone ricorso tramite i Difensori avverso l'ordinanza in data 8 Aprile 2010
del Tribunale di Messina, che ha respinto l'appello proposto da lui e dai Sigg.
Ma.Fr. e M.A. contro l'ordinanza con cui il Giudice delle indagini preliminari
del Tribunale di Messina in data 2 Marzo 2010 ha rigettato l'istanza di
restituzione dei mezzi meccanici che erano stati posti in sequestro in relazione
al reato di realizzazione di una discarica non autorizzata ai sensi del Decreto
Legislativo n. 22 del 1997, articolo 51.
La motivazione dell'ordinanza richiama preliminarmente una precedente pronuncia
dello stesso Tribunale, che in data 9 Novembre 2009 aveva respinto una analoga
richiesta, e afferma, sempre in via preliminare, che in sede di appello non
possono essere fatte valere questioni che avrebbero potuto essere fatte valere
in sede di riesame e che il giudizio devoluto al tribunale dell'appello non può
spingersi fino alla valutazione del merito della contestazione, dovendosi
attenere al controllo della corrispondenza fra l'ipotesi di reato formulata in
concreto e la fattispecie giuridica. Ciò premesso, il Tribunale osserva che
dalla documentazione in atti emerge che la ditta Ma. ha dato luogo ad un
accumulo di materiali inerti derivanti da demolizione o scavo, costituenti
rifiuti speciali, mediante condotte di scarico ripetute nel tempo e che tali
condotte integrano l'ipotesi di realizzazione di una discarica non autorizzata,
sussistendo anche l'elemento del potenziale degrado dell'area interessata.
Conclude il Tribunale affermando l'esistenza di pericolo di reiterazione e della
conseguente necessità di mantenere il sequestro sull'area interessata e sui
mezzi meccanici che furono utilizzati per la commissione dei reati.
Con il ricorso in atti il Sig. Ma. , quale titolare, lo si ripete, della ditta
"Ditta Fr. Ma. Sa. e. Fr. Snc" lamenta la illegittimità del sequestro disposto
su alcuni automezzi (due autocarri, un escavatore, una pala meccanica) che non
sono di proprietà della ditta e ciò nell'ambito di indagine per reato ipotizzato
nei confronti di soggetto estraneo rispetto alla ditta stessa.
In sintesi, il ricorrente lamenta:
1. violazione di legge per essere stati sequestrati beni che non appartengono
alla sfera giuridica della persona nei cui confronti si procede, bensì alla "VFS
Servizi Finanziari S.p.a." che é estranea ai reati;
2. violazione di legge e vizio di motivazione per non essere sussistente il "fumus"
di reato e per avere il Tribunale erroneamente omesso di accertare la
destinazione dei materiali ad una nuova utilizzazione, che esclude la
sussistenza di una discarica abusiva;
3. violazione di legge per non sussistere alcuna relazione tra le cose
sequestrate e il "periculum in mora", posto che il sequestro dell'area,
anch'essa di proprietà di altra persona indagata, esclude che i mezzi meccanici
possano continuare a operare in sede, ciò anche considerando che la ditta Ma.
aveva noleggiato i mezzi (con nolo a freddo e autista) al titolare dell'area.
OSSERVA
Nonostante le difficoltà di comprensione dei motivi posti a sostegno del
ricorso, la Corte ha ritenuto di individuare tre distinti profili di censura.
Deve rilevarsi preliminarmente che risulta manifestamente infondato e generico
il secondo motivo, mancando ogni dimostrazione di circostanze che facciano
venire meno i presupposti indicati dal Tribunale di Messina circa l'accumulo dei
rifiuti nel tempo con modalità proprie dell'abbandono e circa la formazione di
una vera e propria discarica.
Venendo alla tesi secondo cui la proprietà dei mezzi sequestrati in capo a terzo
soggetto comporterebbe la non sequestrabilità dei medesimi, la Corte rileva che
si é in presenza di censura manifestamente infondata: il sequestro (Ndr: testo
originale non comprensibile) si fonda sulla correlazione tra i beni e il reato,
avendo l'istituto la finalità di impedire l'aggravamento delle conseguenze
dell'illecito, così che il sequestro di beni non appartenenti alla persona
indagata non si pone affatto in contrasto con l'ordinamento, permettendo
quest'ultimo al titolare dei beni di azionare gli strumenti di tutela e di
richiedere la restituzione delle cose qualora non sussistano o cessino le
ragioni della misura cautelare.
A tale proposito la Corte osserva che la proprietà dei beni é di soggetto
giuridico diverso dal ricorrente odierno, e cioè della società finanziaria che
ha contratto con la ditta del ricorrente un contratto di leasing che legittima
il secondo a utilizzare i mezzi meccanici in sequestro mediante il contratto di
noleggio stipulato con la persona ritenuta responsabile delle violazioni.
Dunque, il soggetto legittimato in via principale a richiedere la restituzione
dei beni é certamente la società proprietaria degli stessi, ma non può negarsi
che anche la ditta del ricorrente sia titolare sui medesimi beni di un valido
rapporto giuridico (il contratto di leasing, appunto) che la obbliga a
corrispondere il canone mensile alla società proprietaria e che la legittima a
richiedere anch'essa la restituzione.
Venendo, infine, all'ultimo motivo di ricorso, quello relativo alla esigenze
cautelari, la Corte rileva che con la precedente ordinanza del 9 Novembre 2009
il Tribunale di Messina, su ricorso avverso la decisione assunta dal Tribunale
in sede di appello che confermava il rigetto dell'istanza di restituzione dei
mezzi, ha affrontato i temi relativi al mantenimento della custodia sui mezzi
meccanici oggetto del presente ricorso ritenendo che gli stessi debbano
considerarsi in rapporto di pertinenzialità con l'ipotesi di esercizio abusivo
della cava gestita dal coindagato e con i trasporti del materiale inerte; e
proprio tale giudizio fonda il mantenimento della misura cautelare avendo
riguardo sia all'ipotesi di reato Decreto Legislativo n. 42 del 2004, ex
articolo 42 sia a quella del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, ex articolo
256, comma 3.
Dalle considerazioni che precedono la Corte ritiene di dover ritenere non più
assoggettabile a valutazione la sussistenza del "fumus" di reato e l'esistenza
del rapporto di pertinenzialità tra gli automezzi sequestrati e gli illeciti
contestati. Non sussistono, quindi, i presupposti perché la Corte possa oggi
procedere all'esame del motivo di ricorso proposto dal Sig. Ma. .
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell'articolo
616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi é ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di euro 1.000,00
alla cassa delle ammende.
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