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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 7/04/2011, Sentenza n. 13744
SICUREZZA SUL LAVORO - APPALTI - Misure di prevenzione e protezione dai
rischi sul lavoro - Violazione dell'art. 7 D.lgs 626/1994 - Lesioni colpose
riportate dal lavoratore dipendente dall'appaltatore - Responsabilità del datore
di lavoro - Sussistenza. Il Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626,
articolo 7, nel prevedere l'obbligo del datore di lavoro di fornire alle imprese
appaltatrici e ai lavoratori autonomi dettagliate informazioni sui rischi
specifici, e nel prevedere altresì l'obbligo per i datori di lavoro di cooperare
all'attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dei lavoratori dai
rischi di incidenti connessi all'attività oggetto dell'appalto, determina a
carico del datore di lavoro medesimo una posizione di garanzia e di controllo
dell'integrità fisica anche del lavoratore dipendente dall'appaltatore (Cass.,
sez. IV, 30.3.2004 n. 45068). A maggior ragione, laddove la responsabilità
dell'appaltatore non esclude quella del committente, che é corresponsabile
qualora l'evento si ricolleghi causalmente ad una sua omissione colposa (Cass.,
sez. IV, 1.7.2009 n. 37840). (conferma sent. n. 14485/2006 della Corte di
Appello di Torino, del 13/11/2009). Pres. Zecca - Est. Bianchi - P.G. Fraticelli
- Ric. Cr. Pa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 7/04/2011, Sentenza n.
13744
SICUREZZA SUL LAVORO - APPALTI - Misure di prevenzione e protezione dai
rischi sul lavoro - Obblighi dell'appaltante per lavori affidati ad imprese
subappaltatrici o a lavoratori autonomi. L'appaltante, che abbia affidato i
lavori ad imprese subappaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno
dell'azienda del committente o di un'unità produttiva della stessa, ha una serie
di obblighi positivi di verifica, informazione, cooperazione e coordinamento
(Cass. sez. IV, 30.9.2008 n. 41815), sicché é responsabile per fatto proprio per
gli eventi lesivi eventualmente derivati dalla loro inosservanza. (conferma
sent. n. 14485/2006 della Corte di Appello di Torino, del 13/11/2009). Pres.
Zecca - Est. Bianchi - P.G. Fraticelli - Ric. Cr. Pa. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. IV, 7/04/2011, Sentenza n. 13744
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZECCA Gaetanino
- Presidente
Dott. BIANCHI Luisa
- rel. Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto
- Consigliere
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco
- Consigliere
Dott. MONTAGNI Andrea
- Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) CR. PA., n. il (Omissis);
avverso la sentenza n. 14485/2006 CORTE APPELLO di TORINO, del 13/11/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. LUISA BIANCHI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Cons. Dott. Fraticelli Mario, che
ha concluso per l'annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Cr. Pa. e Ga. An. (quest'ultima separatamente giudicata) sono stati chiamati
a rispondere del delitto di cui agli articoli 113 e 590 c.p. perché, in
cooperazione colposa tra loro, Cr. quale datore di lavoro ed amministratore
delegato della " Al. s.r.l.", Ga. quale datore di lavoro ed amministratore unico
della " Li. s.r.l.", per colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed
imperizia ed anche nella violazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994,
articolo 7, comma 2, lettera B), cagionavano a Ga. Li., Me. An. e Me. Fr. Ni.
lesioni personali (ustioni di 2 e 3 grado estese ai 30% della superficie
corporea per Ga. , ustioni di 2 e 3 grado estese al 25% della superficie
corporea per Me. An. e Me. Fr. Ni. ) guaribili in oltre 210 giorni.
2. La Al. aveva appaltato alla Li. la realizzazione dell'ampliamento di un
deposito di gas sito in località (Omissis), dove doveva essere installato
una nuova cisterna da collegare al preesistente circuito di distribuzione del
gas; la Li. eseguiva tale lavoro, che doveva essere effettuato mentre l'attività
della Al. procedeva regolarmente, attraverso propri dipendenti - ed in
particolare di Ga. Li., il vecchio titolare che dopo essere andato in pensione
era rimasto a lavorare in ditta, e Ca. Li. - ed altresì avvalendosi della
collaborazione della ditta individuale Ae. Im. di Me. Fr.; agli imputati si
contestava di aver omesso di coordinare gli interventi di protezione e
prevenzione dai rischi cui erano esposti i dipendenti della Ae. , non
informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare i rischi dovuti alle
interferenze tra i lavoratori della Al. che dovevano comunque attivare
l'impianto nonostante i lavori in corso, e quelli della Li. e della Ae. , che
dovevano realizzare l'ampliamento del deposito.
3. Il Tribunale di Aosta riteneva il Cr. responsabile del contestato reato e lo
condannava alla pena di 7 mesi di reclusione.
4. La Corte di appello confermava la ritenuta responsabilità e concesse
all'imputato le attenuanti generiche nonché quella del risarcimento del danno,
rideterminava la pena in euro 600,00 di multa.
Entrambi i giudici ritenevano che l'incidente si fosse verificato per un difetto
di coordinamento tra i vari soggetti presenti nello stabilimento Al. .
L'installazione della nuova cisterna, da collegarsi al preesistente impianto del
gas, doveva essere effettuata senza interrompere la normale attività della Al.
di rifornimento del gas ai clienti; come si é detto, all'esecuzione di tale
lavoro provvedeva la Li. nelle persone di Ga. Li., nato nel (Omissis) e
già titolare della Li. , poi andato in pensione e riassunto come dipendente, e
di Ca.Vi. , con la collaborazione della AE. impianti nelle persone del titolare
Me.Fr. Ni. e del figlio An. .
Il contratto tra la Al. e la Li. prevedeva che qualora la Li. doveva effettuare
lavori sull'impianto, essa doveva chiedere alla Al. le necessarie istruzioni; in
particolare era previsto che ove i lavori avessero riguardato tubazioni in uso
routinario o in esercizio precedente, la Li. doveva chiedere alla Al. il
preventivo benestare per accertare eventuali rischi ed adottare le opportune
cautela quali ad esempio il sezionamento dell'impianto e la bonifica della
sostanza residua; quando dovevano effettuarsi lavori di saldatura o comunque
suscettibili di fungere da innesco di incendi, si doveva chiedere autorizzazione
scritta e comunque, in via generale, si doveva schermare la zona dove venivano
effettuati lavori di saldatura o assimilati. Il giorno dell'incidente Ca. ( Li.
) si informa da Vu. ( Al. ) se nel pomeriggio bisognava rifornire qualche
cliente e, avuta risposta negativa, gli dice che si provvederà all'allacciamento
del sistema antincendio alla nuova cisterna; i 3 operai infortunati chiudono la
saracinesca manuale a monte che regola la fuoriuscita del gas e procedono a
rimuovere un tratto di tubo per realizzare un allaccio a T; nel mentre stanno
effettuando tale lavoro, Vu. riattiva la corrente, come avveniva tutti i giorni
dopo la pausa pranzo, durante la quale la corrente veniva disattivata; ne deriva
l'accensione del compressore e l'apertura della valvola pneumatica P, posta a
ulteriore sicurezza dell'impianto, con fuoriuscita di gas sotto pressione che,
infiammandosi, investe i tre operai.
5. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione la difesa di Cr.
che deduce violazione di legge e difetto di motivazione per quanto riguarda la
ritenuta violazione dell'obbligo di coordinamento di cui al Decreto Legislativo
n. 626 del 1994, articolo 7.
Sottolinea il ricorrente, da un lato, che la normativa prevenzionale non
comporta una duplicazione integrale degli oneri e dei compiti dell'appaltatore
in capo al committente - appaltante; e, dall'altro, che i doveri di
informazione, comunicazione e coordinamento fra tali due soggetti sono stati
assolti in maniera rigorosa dall'imputato.
Secondo il ricorrente la Corte di appello avrebbe male interpretato i doveri del
committente e la sua responsabilità fino "a ricomprendervi qualunque
comportamento del medesimo che, con la sua presenza quotidiana sul luogo del
lavoro affidato in appalto e in sostituzione dell'appaltatore, dovrebbe
intervenire ogni qualvolta questi ometta di adottare, come nel caso di specie,
le misure di prevenzione prescritte a tutela dei lavoratori"; Cr. , si ricorda,
ha verificato l'idoneità tecnico-professionale della ditta appaltatrice che
aveva scelto proprio per la sua competenza e per essere stata la ditta che nel
1995 aveva costruito l'impianto oggetto dei lavori e che ne curava la
manutenzione. é illogico e contraddittorio aver ritenuto che la Li. , e per essa
le sue maestranze, non fossero a conoscenza del funzionamento dell'impianto,
delle tubature e delle valvole di sicurezza, tanto più che era stato proprio Ga.
a costruirlo e a continuare a curarne la manutenzione; inoltre Cr. aveva
sottoscritto con la Li. un minuzioso capitolato speciale di appalto contenente,
come riconosciuto dalla stessa sentenza di appello, "una descrizione delle opere
da realizzare e delle cautele da adottare" così fornendo alla ditta appaltatrice
ogni più specifica e dettagliata informazione riguardante l'ambiente di lavoro e
i rischi connessi alla tipologia di intervento affidatole.
L'incidente fu determinato non da un difetto di coordinamento tra le imprese, ma
dalla violazione da parte della Li. delle regole di prudenza con cui avrebbe
dovuto agire (per mancata bonifica del tratto di tubo a valle della valvola
pneumatica, mancata chiusura della saracinesca di adduzione dell'aria compressa
della valvola pneumatica, per difetto di comunicazione con la ditta appaltante)
e delle prescrizioni indicate nel capitolato di appalto.
La sentenza invece, travisando le risultanze processuali, giunge ad un
ribaltamento delle posizioni, imputando al committente la mancata vigilanza sul
mancato rispetto dell'appaltatore delle dovute cautele, così estendo
irragionevolmente gli obblighi del committente fino a ricomprendervi un dovere
di controllo continuo delle prestazioni dell'appaltatore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento, risultando correttamente apprezzata la
responsabilità dell'imputato.
Deve premettersi che sono inammissibili in questa sede le censure del ricorrente
che ripetutamente fanno cenno ad un travisamento del fatto da parte dei giudici
di merito, essendo ben noto che questa Corte non può operare una diretta
ricostruzione dei fatti ma deve attenersi all'accertamento effettuato in sede di
merito, essendo il ricorso per cassazione consentito solo per specifici vizi di
violazione di legge e di difetto di motivazione. Anche il recente ampliamento
dei motivi di ricorso di cui alla Legge n. 46 del 2006, non ha consentito la
deduzione del "travisamento del fatto", ma solo la deducibilità "travisamento
della prova", vizio diverso e assai circoscritto che ricorre nel caso in cui il
giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non
esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale;
circostanze queste assolutamente non evocate dal ricorrente.
Tanto premesso, le questioni che devono essere affrontata sono quelle della
logicità della motivazione fornita dalla Corte di appello e della correttezza
del principio giuridici applicato. A tale ultimo riguardo può ricordarsi che la
giurisprudenza di questa Corte é ben consolidata nel senso che il Decreto
Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, nel prevedere l'obbligo del datore di
lavoro di fornire alle imprese appaltatrici e ai lavoratori autonomi dettagliate
informazioni sui rischi specifici, e nel prevedere altresì l'obbligo per i
datori di lavoro di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e di
protezione dei lavoratori dai rischi di incidenti connessi all'attività oggetto
dell'appalto, determina a carico del datore di lavoro medesimo una posizione di
garanzia e di controllo dell'integrità fisica anche del lavoratore dipendente
dall'appaltatore (sez. 4, 30.3.2004 n. 45068 rv. 230279); essendosi altresì
precisato (sez. 4, 1.7.2009 n. 37840 rv 245275) che la responsabilità
dell'appaltatore non esclude quella del committente, che é corresponsabile
qualora l'evento si ricolleghi causalmente ad una sua omissione colposa; ed
altresì (sez. 4, 30.9.2008 n. 41815 rv. 242088) che l'appaltante, che abbia
affidato i lavori ad imprese subappaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno
dell'azienda del committente o di un'unità produttiva della stessa, ha una serie
di obblighi positivi di verifica, informazione, cooperazione e coordinamento,
sicché é responsabile per fatto proprio per gli eventi lesivi eventualmente
derivati dalla loro inosservanza.
Nella specie la Corte di appello ha pienamente e logicamente motivato sulla
mancata osservanza da parte del Cr. degli obblighi derivanti dalla norma
richiamata.
Pur dando atto che il contratto di appalto aveva dato prova che egli sottolineò
alla LI. la natura dei rischi nascenti dall'operare sulle tubature sotto
pressione, i giudici hanno evidenziato che Cr. non fornì al suo appaltatore, e
dunque alle maestranze che per lui avrebbero lavorato, tutte le informazioni
utili per individuare concretamente tali rischi; omettendo in particolare la
formale informazione circa la diversa natura delle valvole che interessavano i
vari tratti di tubatura e non allegando al contratto lo schema di tali tubature.
Ciò comportò all'evidenza quell'equivoco di comunicazioni in cui caddero Vu. ,
Ga. Li. , Ca. e a maggior ragione i totalmente estranei Me. Ga. e Vu. parlarono
fra di loro di necessità o meno di forniture da effettuare al pomeriggio e Ga.
intese che questo avrebbe comportato che la corrente rimanesse disattivata Vu.
non comprese che la riaccensione della corrente avrebbe avuto un effetto, perché
non previamente informato che la Li. aveva operato sul tronchetto solo
precariamente chiuso. Ca. e i due Me. asportarono il tronchetto convinti, perché
ignari della sua natura, che la valvola P fosse stabilmente chiusa. Vi fu una
serie di equivoci reciproci fra tutte le maestranze chiamate ad operare nello
stabilimento in condizioni di elevata pericolosità, visto lo speciale materiale
trattato; equivoci nascenti proprio dalla carenza informativa e di vigilanza
direttamente addebitabile al committente che non fornì all'appaltatore precise
indicazioni sulle caratteristiche dell'impianto su cui era chiamato ad operare,
non informo i propri dipendenti ( Vu. ) sui possibili rischi nascenti da manovre
del tutto routinarie come quelle di riattivazione della corrente, in uno
stabilimento che continuava ad operare normalmente sul piano commerciale.
Ed ancora é del tutto condivisibile la Corte di appello laddove osserva che la
circostanza, sottolineata ancora con il ricorso per Cassazione, secondo la quale
Ga. era di fatto ben conscio della durata precaria della chiusura della valvola
P non ha alcun effetto liberatorio per Cr. al quale rimane comunque
riconducibile la colpa di non aver formalmente, con planimetrie delle tubature e
delle sue valvole, informato V appaltatore dei rischi nascenti dal tipo di opera
commissionata così che egli a sua volta ne potesse informare le proprie
maestranze collaboratori esterni; ed inoltre la colpa di non aver vigilato
perché nel suo stabilimento venissero davvero adottate quelle precauzioni,
seppur generiche, stabilite nel capitolato d'appalto.
2. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
- Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
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