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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 7/04/2011, Sentenza n. 13749



SICUREZZA SUL LAVORO - Prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro - Datore di lavoro e capo cantiere - Pluralità di posizioni di garanzia - Contitolarità degli obblighi impeditivi. Il ruolo di datore di lavoro e di capo cantiere comportano la titolarità di autonome posizioni di garanzia, atteso che, i predetti soggetti sono egualmente destinatari, seppure a distinti livelli di responsabilità, dell'obbligo di dare attuazione alle norme dettate in materia di sicurezza sul lavoro. Ciò in conformità al principio secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, se più sono i titolari della posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento, ciascuno é per intero destinatario dell'obbligo di tutela imposto dalla legge fino a quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della suddetta posizione di garanzia (Cass., Sez. IV, 22 gennaio 2008, Di Tommaso ed altro). Fattispecie in tema di responsabilità del datore di lavoro e del responsabile di cantiere per lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica, in danno di lavoratore dipendente, per omessa informazione dei rischi specifici inerenti all'attività lavorativa di posa in opera di tubazioni per fognatura e per omessa adozione di qualsivoglia opera provvisionale antismottamento volta ad impedire i prevedibili franamenti del terreno argilloso in cui l'operaio infortunato prestava l'attività lavorativa, nonché per le contravvenzioni previste dal D.P.R. n. 164/1956, articolo 77, lettera c) in relazione al D.P.R. n. 547/1955, artt. 4 e 389 lettera c) e D.P.R. n. 164/1956, artt. 13, comma 1 e 77, lettera b). (dichiara inammissibile ricorso avverso sent. n. 3677/2008 della Corte di Appello di Palermo, del 17/12/2009). Pres. Zecca - Est. Piccialli - P.G. Stabile - Ric. Cu. Vi e altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 7/04/2011, Sentenza n. 13749

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Prescrizione delle contravvenzioni successiva alla sentenza di secondo grado - Declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione - Prevalenza. La declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione prevale su quella di estinzione delle contravvenzioni per prescrizione maturata dopo la sentenza di secondo grado, é, pertanto, preclusa la possibilità di dichiarare il reato estinto per prescrizione  (Cass., Sezioni unite 22 marzo 2005, Bracale). Fattispecie in tema di responsabilità del datore di lavoro e del responsabile di cantiere per lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica, in danno di lavoratore dipendente, per omessa informazione dei rischi specifici inerenti all'attività lavorativa di posa in opera di tubazioni per fognatura e per omessa adozione di qualsivoglia opera provvisionale antismottamento volta ad impedire i prevedibili franamenti del terreno argilloso in cui l'operaio infortunato prestava l'attività lavorativa, nonché per le contravvenzioni previste dal D.P.R. n. 164/1956, articolo 77, lettera c) in relazione al D.P.R. n. 547/1955, artt. 4 e 389 lettera c), e D.P.R. n. 164/1956, artt. 13, comma 1 e 77, lettera b). (dichiara inammissibile ricorso avverso sent. n. 3677/2008 della Corte di Appello di Palermo, del 17/12/2009). Pres. Zecca - Est. Piccialli - P.G. Stabile - Ric. Cu. Vi e altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 7/04/2011, Sentenza n. 13749


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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetanino                          - Presidente
Dott. FOTI Giacomo                                - Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto                     - Consigliere
Dott. PICCIALLI Patrizia                          - rel. Consigliere
Dott. MONTAGNI Andrea                         - Consigliere

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) CU. VI., n. il (Omissis);
2) CU. AN., n. il (Omissis);
3) BR. CA., n. il (Omissis);
avverso la sentenza n. 3677/2008 CORTE APPELLO di PALERMO, del 17/12/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/01/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Stabile Carmine, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi.


FATTO E DIRITTO


La Corte di appello di Palermo confermava il giudizio di responsabilità a carico di CU. Vi. , CU. An. e BR. Ca. , rispettivamente nella qualità di legale rappresentante della C&. Co. srl nonché di capi del cantiere Cooperativa Sp. di C. (Omissis), per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica, in danno del dipendente Mi. Do. nonché per le contravvenzioni previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 77, lettera c) in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 4 e articolo 389 lettera C e Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 13, comma 1 e articolo 77, lettera b), (cfr., ora, Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articoli 118 e 119 del), (fatti del (Omissis)).

L'operaio, mentre si trovava all'interno di uno scavo per la posa in opera di tubazioni per fognatura, profondo mt. 2,20, intento a misurare la pendenza del piano di appoggio, veniva investito dalla frana di una delle pareti, riportando gravi lesioni.

Agli imputati si addebitava l'omessa informazione dei rischi specifici inerenti all'attività lavorativa svolta dall'operaio infortunato e l'omessa adozione di qualsivoglia opera provvisionale antismottamento (paratie di contenimento diffuse, armature di sostegno, puntellameli) volte ad impedire i prevedibili franamenti del terreno argilloso.

La Corte di merito ha argomentato l'infondatezza dei motivi di appello diretti ad ottenere l'assoluzione degli imputati sul rilievo della carenza dei presupposti normativi dei reati contestati e del nesso causale per l'abnormità della condotta del lavoratore, evidenziando che la causa determinante dell'infortunio era da individuarsi nella mancata predisposizione di un'adeguata progettualità informativa sui rischi lavoristici ed i parametri di sicurezza da impiegare nonché nell'omessa adozione di cautele antismottamento.

I giudici di merito hanno escluso l'abnormità della condotta del lavoratore, disattendendo la tesi difensiva, fondata sulle dichiarazioni rese in dibattimento dalla stessa parte offesa, che fornendo una versione dei fatti diversa rispetto a quella offerta nel corso delle indagini preliminari e dell'inchiesta amministrativa, aveva affermato di essere sceso giù nella fossa perché vi era caduto il cellulare.

I ricorrenti articolano tre motivi.

Con il primo lamentano la carenza di motivazione con riferimento alle deduzioni difensive svolte con i motivi di appello, rimarcando anche in questa sede che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, dall'istruttoria espletata era emerso che tutti i lavoratori erano stati resi edotti dei rischi specifici cui incorrevano ed erano state attuate tutte le misure di sicurezza previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955. Si sostiene, in particolare, che avendo lo scavo un'altezza di m. 1,60 circa, in conformità a quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 12, i lavori erano stati eseguiti mediante l'utilizzo della pala meccanica, per cui la misurazione dello scavo veniva effettuata dall'alto mediante l'utilizzo della livella e che, pertanto, la mansione del Mi. era quella di prendere le misure da sopra per la posa dei tubi all'interno dello scavo, come del resto confermato dalla stessa parte offesa. Si sostiene, ancora, che non era stato violato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 13, giacché la natura pianeggiante e compatta del terreno escludeva la necessità di procedere all'applicazione delle armature di sostegno.

Con il secondo motivo lamentano che illogicamente la Corte di merito non aveva dato rilievo alla condotta imprudente tenuta dalla stessa parte offesa, che in dibattimento aveva ammesso di essere sceso giù nella fossa perché vi era caduto il cellulare.

Con il terzo motivo eccepiscono la prescrizione dei reati.

I ricorsi sono manifestamente infondati, risolvendosi in una censura di merito afferente la valutazione dei mezzi di prova che sfugge al sindacato di legittimità, in quanto la motivazione in proposito fornita dal giudice di merito appare logica e congruamente articolata.

La responsabilità degli imputati, nelle rispettive posizioni di garanzia, é stata correttamente ricondotta dai giudici di merito, valorizzando gli elementi probatori in atti, all'omessa informazione dei rischi specifici inerenti all'attività lavorativa svolta dall'operaio infortunato ed all'omessa adozione di qualsivoglia opera provvisionale antismottamento (paratie di contenimento diffuse, armature di sostegno, puntellamenti) volte ad impedire i prevedibili franamenti del terreno argilloso.

Questa conclusione é coerente con il ruolo del datore di lavoro e di capo cantiere, incontestabilmente ricoperti dagli imputati, tutti titolari di autonome posizioni di garanzia in quanto egualmente destinatari, seppure a distinti livelli di responsabilità, dell'obbligo di dare attuazione alle norme dettate in materia di sicurezza sul lavoro.

Sul punto é opportuno ricordare che in tema di infortuni sul lavoro se più sono i titolari della posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento, ciascuno é per intero destinatario dell'obbligo di tutela imposto dalla legge fino a quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della suddetta posizione di garanzia (v. tra le altre Sez. 4, 22 gennaio 2008, Di Tommaso ed altro).

Quanto al secondo motivo, afferente l'asserita abnormità della condotta del lavoratore, che sarebbe sceso nella fossa per riprendere il cellulare che vi era caduto, é manifestamente infondato.

Il motivo si risolve, infatti, in una censura sulla valutazione compiuta dai giudici di merito delle dichiarazioni offerte nel corso del dibattimento, in qualità di teste, dalla parte offesa, difformi rispetto a quelle rese nel corso delle indagini preliminari ed in sede dell'inchiesta amministrativa, - e come tali oggetto di numerose contestazioni da parte del PM nel corso dell'esame dibattimentale.

Trattasi, pertanto, di un inammissibile sindacato di merito sulla valutazione dei mezzi di prova, incensurabile in questa sede a fronte di una motivazione analitica, puntuale, che regge ampiamente il vaglio di legittimità.

Del resto, non é contestabile che é l'autorità giudiziaria che ha la competenza assoluta e indelegabile di valutare il compendio probatorio e, in primo luogo, di apprezzare la valenza dimostrativa delle dichiarazioni della parte offesa, che come non infrequentemente si verifica in tema di infortuni sul lavoro, sono, per ovvi motivi, "edulcorate" nella ricostruzione dei fatti, come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata.

Deve quindi ritenersi corretto l'argomentare dei giudici di merito i quali hanno escluso l'abnormità della condotta del lavoratore infortunato, non solo valorizzando le primigenie dichiarazioni rese dallo stesso e l'inverosimiglianza della versione successivamente riferita, ma evidenziando altresì, a conferma della esatta ricostruzione del fatto, il mancato rinvenimento nel cantiere della presunta strumentazione laser, che sarebbe stata usata dal Mi. , secondo la ricostruzione difensiva a fronte delle risultanze istruttorie che deponevano per l'uso della tradizionale livella, per il quale é imprescindibile calarsi all'interno dello scavo.

Quanto al terzo motivo, la declaratoria di inammissibilità prevale su quella di estinzione delle contravvenzioni per prescrizione maturata dopo la sentenza di secondo grado (v., tra le altre, Sezioni unite 22 marzo 2005, Bracale), mentre non é ancora decorso il termine per la prescrizione del reato di lesioni, pari a sette anni e mezzo.

Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in euro 1.000, (mille), a titolo di sanzione pecuniaria, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.


P.Q.M.


Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1000 in favore della cassa delle ammende.



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