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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 11/04/2011, Sentenza n. 14523
SICUREZZA SUL LAVORO - Infortuni sul lavoro - Esclusione da responsabilità
del datore di lavoro - Presupposti. Affinché la condotta colposa del
lavoratore faccia venire meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un
vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, che esuli dalle normali
operazioni produttive e che esorbiti rispetto al procedimento lavorativo e alle
direttive organizzative ricevute (Cass., Sez. IV, 23.5.2007, n. 25532, n. 15009
del 17.2.2009, n. 727 del 10.11.2009). In altre parole, la condotta del
lavoratore, per giungere ad interrompere il nesso causale (tra condotta colposa
del datore di lavoro o chi per esso, ed evento lesivo) e ad escludere, in
definitiva, la responsabilità del garante, deve configurarsi come un fatto
assolutamente eccezionale, del tutto al di fuori della normale prevedibilità
(Cass., Sez. IV, n. 952 del 27.11.1996). (accoglie parzialmente ricorso avverso
sentenza n. 1710/2009 della Corte di Appello di Reggio Calabria del 16/03/2010).
Pres. Brusco - Est. Massafra - Ric. DI. GI. RA. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. IV, 11/04/2011, Sentenza n. 14523
SICUREZZA SUL LAVORO - Infortuni sul lavoro - Comportamento abnorme del
lavoratore - Definizione. Il datore di lavoro é esonerato da responsabilità
soltanto quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi
tale il comportamento imprudente del lavoratore che o sia stato posto in essere
da quest'ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni
affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di
lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in
qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi,
prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro).
(accoglie parzialmente ricorso avverso sentenza n. 1710/2009 della Corte di
Appello di Reggio Calabria del 16/03/2010). Pres. Brusco - Est. Massafra - Ric.
DI. GI. RA. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 11/04/2011, Sentenza n.
14523
SICUREZZA SUL LAVORO - Infortuni sul lavoro - Risarcimento eseguito dal
comune datore di lavoro dell'imputato e del lavoratore persona offesa -
Attenuante del risarcimento del danno ex art. 62 n. 6 c.p. - Sussistenza. Ai
fini della sussistenza dell'attenuante di cui all'articolo 62 n. 6 c.p., il
risarcimento, ancorché eseguito dalla società assicuratrice, deve ritenersi
effettuato personalmente dall'imputato tutte le volte in cui questi ne abbia
conoscenza e mostri la volontà di farlo proprio (Cass., Sez. IV, n. 13870 del
6.2.2009). Deve, pertanto, ritenersi che l'attenuante in questione possa operare
laddove il risarcimento sia stato effettuato dal comune datore di lavoro
dell'imputato e del lavoratore persona offesa. (accoglie parzialmente ricorso
avverso sentenza n. 1710/2009 della Corte di Appello di Reggio Calabria del
16/03/2010). Pres. Brusco - Est. Massafra - Ric. DI. GI. RA. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 11/04/2011, Sentenza n. 14523
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente
Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto - rel. Consigliere
Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) DI. GI. RA. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 1710/2009 CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA, del
16/03/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/03/2011 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. UMBERTO MASSAFRA;
udito il difensore avv. Coltella Guido del foro di Genova il quale chiede
l'annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Ricorrono per cassazione i difensori di fiducia di Di. Gi. Ra. Ro. avverso la
sentenza in data 16.3.2010 della Corte di Appello di Reggio Calabria che in
parziale riforma di quella in data 25.6.2003 del Giudice monocratico del
Tribunale di Palmi, dichiarava l'improcedibilità in ordine a due contravvenzioni
perché estinte per prescrizione, rideterminando la pena per il residuo delitto
di lesioni colpose aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione
degli infortuni sul lavoro in danno di Ca. St. , in mesi due di reclusione.
In particolare, secondo l'imputazione, al Di. Gi. era contestato (in concorso
con altro imputato), in qualità di responsabile del reparto (Omissis)
presso la ditta M.C.T. s.p.a. con sede in (Omissis), per colpa consistita
in imprudenza, imperizia e negligenza nonché nella violazione della disciplina
antinfortunistica, prima ordinava a C. S. dipendente della predetta ditta, di
monitorare il display dei containers frigoriferi presenti nell'area "(Omissis)"
posti ad un'altezza di mt. 4,50 (unitamente ad altro dipendente Ab. Na. ) senza
fornirgli direttive sull'esecuzione del lavoro in sicurezza poi omettendo di
fornire al dipendente le precauzioni necessarie per svolgere il lavoro in
sicurezza ed in particolare gli aveva fornito solo una scala portatile in vetro
resina (modello Frigerio VOBO/12 lunga mt. 3,60) non dotata di dispositivi
antisdrucciolevoli e tiranti in acciaio, un paio di guanti e scarpe
dielettriche, ometteva, invece, di dotare il dipendente di cinture di sicurezza
provviste di cordone e moschettone e di scala con montanti provvisti di
dispositivi di sicurezza (necessari in quanto il display da leggere era posto ad
un'altezza superiore a mt. 2,50) che il Ca. avrebbe potuto utilizzare per salire
sulla parte più alta del container in modo da poter leggere in sicurezza la
temperatura riportata sul display posto a mt. 4,50 di altezza, cagionava al Ca.
- che nello scendere dalla scala in vetroresina dopo aver letto la temperatura
sul display - una caduta in terra da luogo rialzato che gli provocava incapacità
di attendere alle ordinarie occupazioni superiori ai 40 giorni (dal Omissis)
in quanto riportava "trauma contusivo spalla dx, escoriazioni multiple gamba dx
e sx, frattura composta trachite omero dx".
Si deduce il vizio motivazionale in ordine alla sussistenza del nesso causale
tra evento e condotta dell'imputato (del quale era stata riconosciuta la
responsabilità perché il Ca. usò una scala inidonea, in quanto più bassa di
quella che avrebbe dovuto utilizzare e, soprattutto, operò senza cinture e
moschettoni), mentre l'infortunio si verificò a causa di una distrazione del
lavoratore come dallo stesso dichiarato a dibattimento (nello scendere aveva
"messo male un piede").
Si lamenta, inoltre, la violazione dell'articolo 62 c.p., n. 6, non essendo
stata concessa la detta attenuante, avendo a ciò provveduto un terzo (la società
da cui dipendeva l'imputato).
Si rappresenta, infine, il vizio motivazionale, avendo la Corte omesso di
esaminare la possibilità di convertire la pena detentiva in quella pecuniaria e
di addurre qualsiasi vera motivazione circa la misura della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso é parzialmente fondato e merita accoglimento per quanto di ragione.
La prima censura é infondata.
Giammai la sentenza impugnata adombra, come insinuato dal ricorrente, la
disattenzione del lavoratore quale causa dell'evento: al contrario viene
richiamato (a pag. 3) "l'errato posizionamento del piede", proprio per ribadire
che lo scopo primario della normativa di sicurezza ed antinfortunistica, poiché
la predisposizione degli strumenti antinfortunistici necessari (cioè la cintura
di sicurezza e il relativo moschettone) avrebbe scongiurato il detto "errato
posizionamento" del piede e, quindi, il sinistro.
Del resto, si deve osservare che, come più volte questa Corte ha ribadito,
perché la condotta colposa del lavoratore faccia venire meno la responsabilità
del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore
medesimo, che esuli dalle normali operazioni produttive e che esorbiti rispetto
al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute (cfr. ex
multis: Sez. 4 , 23.5.2007, n. 25532, Rv. 236991, e ciò ancora con la n.
15009 del 17.2.2009, Rv. 243208; n. 727 del 10.11.2009, Rv. 246695).
In altre parole, la condotta del lavoratore, per giungere ad interrompere il
nesso causale (tra condotta colposa del datore di lavoro o chi per esso, ed
evento lesivo) e ad escludere, in definitiva, la responsabilità del garante,
deve configurarsi come un fatto assolutamente eccezionale, del tutto al di fuori
della normale prevedibilità (v. ex plurimis: Cass. pen. Sez. 4 , n. 952
del 27.11.1996, Rv. 206990) secondo cui il datore di lavoro é esonerato da
responsabilità soltanto quando il comportamento del dipendente sia abnorme,
dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che o sia
stato posto in essere da quest'ultimo del tutto autonomamente e in un ambito
estraneo alle mansioni affidategli -e, pertanto, al di fuori di ogni
prevedibilità per il datore di lavoro- o rientri nelle mansioni che gli sono
proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano
dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore
nella esecuzione del lavoro). E tali connotazioni non presenta certo la condotta
del lavoratore, del tutto prevedibile e scongiurabile.
é fondato, invece, il secondo motivo di ricorso.
Infatti, premesso le sentenze nn. 46557 del 2004 di questa Sezione, 12760 del
1991 della Sezione 3 , 5941 del 2009 delle SS.UU. nonché quella n. 138 del 1998
della Corte Costituzionale richiamate sia nell'impugnata sentenza sia nel
ricorso, poco si attagliano al caso in esame, va rilevato che recentemente
questa Corte si é orientata condivisibilmente nel senso che ai fini della
sussistenza dell'attenuante di cui all'articolo 62 c.p., n. 6 il risarcimento,
"ancorché eseguito dalla società assicuratrice, deve ritenersi effettuato
personalmente dall'imputato tutte le volte in cui questi ne abbia conoscenza e
mostri la volontà di farlo proprio" (Fattispecie relativa ad omicidio colposo da
incidente stradale) (Sez. 4 , n. 13870 del 6.2.2009, Rv. 243202).
A fortiori, dunque, deve ritenersi che l'attenuante in questione possa operare
laddove il risarcimento sia stato effettuato dal comune datore di lavoro
dell'imputato e del lavoratore persona offesa.
é appena il caso di sottolineare che le ulteriori censure in ordine alla misura
della pena vengono assorbite dall'accoglimento di quella relativa all'attenuante
del risarcimento del danno.
é fondata, altresì, la censura relativa alla mancata sostituzione della pena
detentiva (come da richiesta formulata con l'atto d'appello, in fine) essendo
stata omessa ogni motivazione sul punto e non essendo possibile desumerla
nemmeno in via implicita dal contesto delle complessive argomentazioni addotte
in sentenza.
Consegue l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente ai punti
concernenti il riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 62 c.p., n. 6
e la sostituzione della pena con rinvio per nuovo giudizio su tali punti alla
Corte di Appello di Reggio Calabria.
Il ricorso dev'essere, nel resto, rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai punti concernenti il
riconoscimento dell'attenuante prevista dall'articolo 62 c.p., n. 6 e la
sostituzione della pena e rinvia per nuovo giudizio sui punti indicati alla
Corte di Appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso.
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