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CORTE
DI CASSAZIONE CIVILE Sez. II, 21/01/2011, Sentenza n. 1499
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Ricorso in Cassazione - Violazione di norme di
diritto processuale o di norme di diritto sostanziale - Disciplina e presupposti
- Principio d'autosufficienza del ricorso - Art. 112 CPC in relazione all'art.
360 n. 4 CPC - Fattispecie: confine di fatto e confine catastale violazione
delle distanze, accertamento tramite ctu, istanza di demolizione. L'omessa
pronunzia, quale vizio della sentenza, dev'essere, anzi tutto, fatta valere dal
ricorrente per cassazione esclusivamente attraverso la deduzione del relativo
error in procedendo e della violazione dell'art. 112 CPC in relazione all'art.
360 n. 4 CPC e non già con la denunzia della violazione di differenti norme di
diritto processuale o di norme di diritto sostanziale ovvero del vizio di
motivazione ex art. 360 n. 5 CPC (Cass. 22.11.06 n. 24856; Cass. 14.2.06 n.
3190; Cass. 19.5.06 n. 11844; Cass. 27.01.06 n. 1755; Cass. 24.6.02 n. 9159;
Cass. 11.1.02 n. 317; Cass. 27.9.00 n. 12790; Cass. 28.8.00 n. 11260; Cass.
10.4.00 n. 4496; Cass. 6.11.99 n. 12366). Perché, poi, possa utilmente dedursi
il detto vizio, è necessario, da un lato, che al giudice del merito fossero
state rivolte una domanda od un'eccezione autonomamente apprezzabili,
ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si
rendesse necessaria ed ineludibile, e, dall'altro, che tali domanda od eccezione
siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente e/o
per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l'indicazione
specifica, altresì, dell'atto difensivo del giudizio di secondo grado nel quale
l'una o l'altra erano state proposte o riproposte, onde consentire al giudice di
legittimità di verificarne, in primis, la ritualità e la tempestività della
proposizione nel giudizio a qua ed, in secondo luogo, la decisività delle
questioni prospettatevi: ove, infatti, si deduca la violazione, nel giudizio di
merito, dell'art. 112 CPC, ciò che configura un'ipotesi di error in procedendo
per il quale la suprema Corte è giudice anche del "fatto processuale", detto
vizio, non essendo rilevabile d'ufficio, comporta pur sempre che il
potere-dovere del giudice di legittimità d'esaminare direttamente gli atti
processuali sia condizionato all'adempimento da parte del ricorrente, per il
principio d'autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra
l'altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell'onere
d'indicarli compiutamente, non essendo consentita al giudice stesso una loro
autonoma ricerca ma solo una loro verifica (Cass. 19.3.07 n. 6361; Cass. 28.7.05
n. 15781 SS.UU.; Cass. 23.9.02 n. 13833; Cass. 11.1.02 n. 317; Cass. 10.5.01 n.
6502). (conferma sentenza n. 74/2004 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA,
depositata il 03/04/2004) Pres. Schettino, Rel. Correnti, Ric. Ma. Ga.. CORTE
DI CASSAZIONE CIVILE Sez. II, 21/01/2011, Sentenza n. 1499
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. II Civile
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. OLINDO SCHETTINO
- Presidente -
Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI CELSO
- Consigliere -
Dott. UMBERTO GOLDONI
- Consigliere -
Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE
- Consigliere -
Dott. VINCENZO CORRENTI
- Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 12372-2005 proposto da:
Ma. Ga. (Omissis), elettivamente domiciliato in RO., VIA RO. (Omissis), presso
lo studio dell'avvocato Ma. Um. Ch., che lo rappresenta e difende unitamente
all'avvocato Ga. Mi.;
- ricorrente -
contro
Ma. Ma., (Omissis) elettivamente domiciliata in RO., VIA VA. DI LA. (Omissis),
presso lo studio dell'avvocato Gi. Ia. Qu., che la rappresenta e difende
unitamente all'avvocato Ma. So.;
- controricorrente -
nonché contro
Et. Ma. (Omissis), Sa. Ma. (Omissis);
- intimati -
- avverso la sentenza n. 74/2004 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il
03/04/2004;
- udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/11/2010
dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;
- udito l'Avvocato Ma. Um. Cr., difensore del ricorrente che ha chiesto
accoglimento del ricorso;
- udito l'Avvocato Gi. Ia. Qu. difensore della resistente che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
- udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PIERFELICE
PRATIS che ha concluso per improcedibilità in subordine rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 19.10.1984 Ma. Ga. conveniva in giudizio davanti al Tribunale
di Perugia Ma. Ma. in Sa., Sa. Ma., Et. Ma. e Em. Sa., premettendo di essere
proprietario in Gu. Ta. di un immobile a più piani con retrostante terreno, in
catasto al Fog. (Omissis) con le partt. (Omissis) il terreno e (Omissis) il
fabbricato, confinante con l'immobile dei convenuti, i primi tre nudi
proprietari e la quarta usufruttuaria. Assumeva che detto immobile non
rispettava la distanza legale, come risultava da accertamento tecnico preventivo
ante causam e chiedeva la demolizione e la chiusura delle vedute e terrazze.
Si costituiva solo Ma. Ma. deducendo l'infondatezza della domanda, perché il
confine valido non era quello catastale ma quello di fatto.
La Ctu, affidata allo stesso tecnico nominato in sede di accertamento tecnico
preventivo, concludeva, in coerenza con una delle due ipotesi formulate
alternativamente nella prima relazione, nel senso che a violare le distanze era
stato Ma. Ga. col suo ampliamento realizzato dopo che i Ma. avevano realizzato
il loro fabbricato nel 1964.
Con sentenza 26.2.1993 il Tribunale di Perugia, dichiarata la contumacia dei
convenuti non costituiti, rigettava le domande ed, in accoglimento della
riconvenzionale, condannava l'attore alla demolizione della parte di fabbricato
non a distanza legale, sentenza confermata dalla Corte di appello di Perugia,
con decisione n. 74/2004, che dichiarava passata in giudicato la sentenza del
Tribunale nei confronti della Em. Sa. per rinunzia all'azione.
La Corte perugina rilevava che, nella conclusionale, l'appellante aveva concluso
per uno sconfinamento dei Ma. per una striscia di m. 2.10 nel punto più a nord e
m.0,80 nel punto più a sud e per il non rispetto da parte loro delle distanze
legali, sul presupposto che il confine reale fosse ricavabile dalle mappe
catastali, invocando la ctu espletata in appello, ma tali conclusioni avrebbero
comportato una pronunzia ultra petita perché ben minore, di soli cm
25/30, era lo sconfinamento lamentato nell'atto di appello.
Le conclusioni del ctu in appello non potevano condurre all'accoglimento delle
domande perché Ma. Ga. le fondava sul confine di fatto rappresentato dal muretto
preesistente dal 1959 e rifatto nel 1964 dai Ma. e non sul confine catastale al
quale faceva riferimento il ctu.
Non provata era rimasta anche l'affermazione che la rete metallica era stata
collocata abusivamente dai Ma. nel 1964.
Ricorre Ma. Ga. con unico motivo, resiste Ma. Ma., che ha anche presentato
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si osserva che non può essere accolta la richiesta del PG di
improcedibilità del ricorso che, nella intestazione, fa riferimento a sentenza
pubblicata il 3.4.2004, prodotta in copia conforme all'originale, senza alcuna
eccezione di controparte.
Con l'unico motivo si denunzia nullità della sentenza e comunque violazione di
legge per omessa pronunzia sulla domanda come integralmente proposta con l'atto
di appello, error in procedendo e violazione dell'art. 112 c.p.c. nonché
error in procedendo e violazione degli artt. 113 e 116 c.p.c. con
error in iudicando per violazione dell'art. 950 c.c. perché la Corte fonda
la motivazione sulla circostanza che in appello Ma. Ga. avrebbe rinunciato a far
valere il confine catastale concentrando le proprie argomentazioni unicamente
sulla contestazione del confine di fatto rappresentato da muretto.
Il ricorrente riporta pagina diciotto della sentenza e richiama pronunce
giurisprudenziali deducendo che nell'atto di appello si era soffermato sulla
questione del muro.
Che non intendesse rinunciare alla richiesta formulata in primo grado appariva
chiaro dalle conclusioni rassegnate, analoghe a quelle formulate in Tribunale, e
dalla richiesta di rinnovazione della ctu. Seguono altri richiami alla sentenza
impugnata ed a pronunce giurisprudenziali.
Tuttavia la censura non è autosufficiente, non riportando compiutamente le
domande ed eccezioni formulate in primo grado ed in appello, non mettendo questa
Corte Suprema in grado di valutarne la decisività e senza intaccare la ratio
decidendi sopra riportata, secondo la quale le conclusioni in appello
avrebbero comportato una pronunzia ultra petita e la ctu non poteva
condurre all'accoglimento delle domande, perché Ma. Ga. le fondava sul confine
di fatto rappresentato dal muretto, preesistente dal 1959 e rifatto nel 1964 dai
Ma., e non sul confine catastale al quale faceva riferimento il ctu.
Come ripetutamente evidenziato da questa Corte, peraltro, l'omessa pronunzia,
quale vizio della sentenza, dev'essere, anzi tutto, fatta valere dal ricorrente
per cassazione esclusivamente attraverso la deduzione del relativo error in
procedendo e della violazione dell'art. 112 CPC in relazione all'art. 360 n.
4 CPC e non già con la denunzia della violazione di differenti norme di diritto
processuale o di norme di diritto sostanziale ovvero del vizio di motivazione ex
art. 360 n. 5 CPC (Cass. 22.11.06 n. 24856, 14.2.06 n. 3190, 19.5.06 n. 11844,
27.01.06 n. 1755. ma già 24.6.02 n. 9159, 11.1.02 n. 317, 27.9.00 n. 12790,
28.8.00 n. 11260, 10.4.00 n. 4496, 6.11.99 n. 12366).
Perché, poi, possa utilmente dedursi il detto vizio, è necessario, da un lato,
che al giudice del merito fossero state rivolte una domanda od un'eccezione
autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le
quali quella pronunzia si rendesse necessaria ed ineludibile, e, dall'altro, che
tali domanda od eccezione siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini
e non genericamente e/o per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per
cassazione, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo del
giudizio di secondo grado nel quale l'una o l'altra erano state proposte o
riproposte, onde consentire al giudice di legittimità di verificarne, in primis,
la ritualità e la tempestività della proposizione nel giudizio a qua ed, in
secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi: ove, infatti, si
deduca la violazione, nel giudizio di merito, dell'art. 112 CPC, ciò che
configura un'ipotesi di error in procedendo per il quale questa Corte è
giudice anche del "fatto processuale", detto vizio, non essendo rilevabile
d'ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità
d'esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato all'adempimento
da parte del ricorrente, per il principio d'autosufficienza del ricorso per
cassazione che non consente, tra l'altro, il rinvio per relationem agli
atti della fase di merito, dell'onere d'indicarli compiutamente, non essendo
consentita al giudice stesso una loro autonoma ricerca ma solo una loro verifica
(Cass. 19.3.07 n. 6361, 28.7.05 n. 15781 SS.UU., 23.9.02 n. 13833, 11.1.02 n.
317, 10.5.01 n. 6502).
Nella specie, il ricorrente non ha rispettato alcuna delle evidenziate
condizioni, onde la censura di omessa pronunzia, quand'anche la si potesse
ritenere proposta, sarebbe inammissibile. Donde il rigetto del ricorso e la
condanna alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in
euro 2200, di cui 2000 per onorari, oltre accessori.
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