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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2011 (Ud. 17/11/2010) Sentenza n. 1521
DIRITTO URBANISTICO - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - BENI CULTURALI ED
AMBIENTALI - Reati paesaggistici-edilizi - Apposizione del sigillo - Funzione -
Violazione di sigilli - Tutela penale riconosciuta a tale strumento - Finalità -
Intangibilità della cosa - Art. 349 c.p.. Il reato contenuto all'art. 349
c.p. (violazione di sigilli) è configurabile anche nel caso in cui i sigilli
siano stati apposti esclusivamente per impedire l'uso illegittimo della cosa,
perché questa finalità deve ritenersi compresa in quella, menzionata nella
disposizione, di assicurare la conservazione o la identità della cosa. (Cass.
Sez. U., 10/2/2010, n. 5385, D'Agostino). Sicché, oggetto di tutela è
l'intangibilità della cosa rispetto ad ogni atto di disposizione o di
manomissione e pertanto anche l'interdizione dell'uso disposta dall'autorità ha
la finalità di assicurarne la conservazione, a prescindere dalle ragioni del
provvedimento di limitazione. Pertanto, l'apposizione del sigillo è un mezzo di
portata generale destinato a rafforzare la protezione delle cose che l'autorità
giudiziaria o amministrativa è autorizzata dalla legge a rendere indisponibili
per il perseguimento dei suoi compiti istituzionali. (Fattispecie: reati di cui
agli artt. 110 c.p., 44 lett. c), 64-65-71-72-93 e 95 d.P.R. 380/2001, art. 163
d.lgs 42/2004 e artt. 734 c.p.). (conferma sentenza n. 1746 del 23/11/2009,
CORTE APPELLO di SALERNO) Pres. Ferrua, Est. Rosi, Ric. Di Paola ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2011 (Ud. 17/11/2010) Sentenza n.
1521
DIRITTO URBANISTICO - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Illeciti edilizi -
Procedure di sanatoria - Sospensione dei procedimenti penali - Presupposti di
legge - Verifica del giudice - Obbligo - Art. 44 L. n. 47/1985 - Art. 32, c.25°,
D.L. n. 269/2003, conv. con modif. L. n. 326/2003. In tema di illeciti
edilizi, la sospensione dei procedimenti penali fino alla scadenza dei termini
per la definizione delle procedure di sanatoria, quale prevista dall'art. 44
della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (facente parte delle disposizioni richiamate
dall'art. 32, comma venticinquesimo, del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, corni.
con modif. in legge 24 novembre 2003 n. 326), richiede la previa verifica, da
parte del giudice, della sussistenza dei requisiti astrattamente previsti dalla
legge. (Cass. Sez. 3, 26/8/2004, n. 35084, Barreca). (conferma sentenza n. 1746
del 23/11/2009, CORTE APPELLO di SALERNO) Pres. Ferrua, Est. Rosi, Ric. Di Paola
ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2011 (Ud. 17/11/2010)
Sentenza n. 1521
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. GIULIANA FERRUA
- Presidente
Dott. CLAUDIA SQUASSONI
- Consigliere
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) DI PA. GI. N. IL xx/xx/xxxx
2) SO. FR. N. IL xx/ad/xxxx
- avverso la sentenza n. 1746/2008 CORTE APPELLO di SALERNO, del 23/11/2009
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2010 la relazione fatta dal consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gioacchino Izzo
- che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
la, Corte d'Appello di Salerno con sentenza del 23 novembre 2009, in riforma
della decisione di primo grado del 5/3/2008, ha dichiarato estinti per
prescrizione i reati di cui agli artt. 110 c.p., 44 lett. c), 64-65-71-72-93 e
95 d.P.R. 380/2001, art. 163 d.lgs 42/2004 e artt. 734-61 n. 2, ed ha confermato
la sentenza di condanna per l'ipotesi di violazione di sigilli di cui
all'art.349 c.p. di Di Pa. Gi. e So. Fr., fatti accertati in Cava dei Tirreni il
17 marzo 2004 ed il 6 aprile 2005.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati chiedendone
l'annullamento per i seguenti motivi:
1. Erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli articoli 597 e
581 c.p.p. e mancanza di motivazione.
I ricorrenti hanno evidenziato che con i motivi di appello avevano censurato la
sentenza del Tribunale nel punto in cui lo stesso aveva ritenuto non consentita
la sospensione del procedimento ex art. 479 c.p.p. in presenza della domanda di
sanatoria depositata ai sensi dell'art. 32 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, in
quanto le opere in questione non erano sanabili. Nei motivi di appello si era
evidenziato come tale valutazione fosse preclusa al giudice penale, argomentando
riguardo alla ammissibilità della sanatoria, ma la Corte di appello avrebbe
omesso del tutto di pronunciarsi sul punto.
2. Erronea applicazione della legge penale con riferimento all'articolo 129
c.p.p. e mancanza di motivazione.
La Corte di appello ha errato nell'applicazione dell'articolo 129 c.p.p. in
quanto prima di dichiarare la prescrizione avrebbe dovuto mandare assolti gli
imputati per carenza probatoria, mentre ha motivato in maniera insufficiente
("...è agevole desumere che nel caso di specie le condizioni per l'applicazione
dell'art. 129 cpv c.p.p. non sussistono, giacché emergono argomenti che non
consentono di pervenire al proscioglimento di merito secondo le richiamate
regole di valutazione probatoria").
3. Violazione di legge per erronea applicazione della legge penale in relazione
agli artt. 110, 349 e 350 c.p..
In relazione al reato di violazione dei sigilli, il giudice non avrebbe chiarito
quale sia stato il contributo causale alla commissione del delitto offerto da
ciascun imputato, in ragione della diversa qualifica ricoperta, in quanto solo
il Di Pa. era stato nominato custode giudiziario, non essendo sufficiente la
sola qualità di comproprietà del terreno sul quale sono state realizzate le
opere edili. L'imputato So., in particolare, risiedendo a Milano, non avrebbe
potuto porre in essere la condotta delittuosa in Cava dei Tirreni, né si sarebbe
potuto adoperare affinché nessuna violazione di sigilli venisse realizzata.
4. Violazione di legge per erronea applicazione della legge penale in relazione
all'art. 349 c.p..
Il delitto di violazione di sigilli ha quale fine impedire l'uso della cosa, non
già assicurarne la conservazione, come affermato in giurisprudenza, anche se in
merito all'interpretazione di tale norma c'è stato un contrasto
giurisprudenziale con conseguente rimessione alle Sezioni Unite della
Cassazione.
5. Erronea applicazione della legge penale con riferimento all'articolo 533 c. 2
c.p.p. e 132 c.p. e mancanza di motivazione.
La sentenza di primo grado era già stata censurata nei motivi di gravame per la
violazione dell'art. 533 c. 2 c.p.p. Il Tribunale, infatti, violando il
principio di legalità della pena, aveva condannato entrambi gli imputati alla
pena della reclusione e della multa, in quanto per tutti i reati
contravvenzionali contestati (ad eccezione del capo g) la pena prevista era
quella dell'arresto o dell'ammenda e non sarebbe consentita l'unificazione di
pene appartenenti a genus diversi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Fermo restando che è stato chiarito
che "la sospensione dei procedimenti penali relativi ad illeciti edilizi fino
alla scadenza dei termini per la definizione delle procedure di sanatoria, quale
prevista dall'art. 44 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (facente parte delle
disposizioni richiamate dall'art. 32, comma venticinquesimo, del D.L. 30
settembre 2003 n. 269, conv. con modif. in legge 24 novembre 2003 n. 326),
richiede la previa verifica, da parte del giudice, della sussistenza dei
requisiti astrattamente previsti dalla legge". (Cfr. Sez. 3, n. 35084 del
26/8/2004, Barreca, Rv. 229652), si deve evidenziare che nel giudizio di merito
sono stati disposti numerosi rinvii dei dibattimento in attesa della pronuncia
dell'amministrazione comunale in ordine alla sanatoria, tanto che la sentenza
impugnata fa menzione sia dell'istanza di condono ex art. 32 della legge n. 326
del 2003, presentata dai ricorrenti, che del provvedimento di diniego della
stessa.
2. Parimenti infondato il secondo motivo di censura. La Corte di appello, nel
pronunciare l'estinzione dei reati edilizi per intervenuta prescrizione, ha
adeguatamente motivato, anche facendo richiamo espresso alle argomentazioni
della sentenza di primo grado, circa la sussistenza di elementi che non
consentono di pervenire al proscioglimento ex art. 129 c.p.p., il quale richiede
che il giudice possa constatare dagli atti, in modo incontrovertibile, elementi
rilevatori della insussistenza del fatto, della sua irrilevanza penale o
dell'estraneità dell'imputato (cfr. Sez. 2, n. 9174 del 29/2/2008, Paladini, Rv.
239552).
3. Quanto al restante delitto di violazione dei sigilli, i motivi di ricorso
relativi alla mancata motivazione della posizione degli imputati sono infondati:
la sentenza impugnata ha svolto una completa motivazione analizzando gli
elementi che conducono ad ascrivere la fattispecie delittuosa ad entrambi gli
imputati, in quanto proprietari del terreno sul quale le opere insistevano e
pertanto interessati alla loro realizzazione.
4. Per quello che riguarda il motivo di ricorso relativo all'esame degli
elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 349 c.p., la
giurisprudenza ha chiarito che tale reato è configurabile anche nel caso in cui
i sigilli siano stati apposti esclusivamente per impedire l'uso illegittimo
della cosa, perchè questa finalità deve ritenersi compresa in quella, menzionata
nella disposizione, di assicurare la conservazione o la identità della cosa. (in
tal senso Sez. U, n. 5385 del 10/2/2010, D'Agostino, Rv. 245584). Difatti,
oggetto di tutela è l'intangibilità della cosa rispetto ad ogni atto di
disposizione o di manomissione e pertanto anche l'interdizione dell'uso disposta
dall'autorità ha la finalità di assicurarne la conservazione, a prescindere
dalle ragioni del provvedimento di limitazione; di fatti l'apposizione del
sigillo è un mezzo di portata generale destinato a rafforzare la protezione
delle cose che l'autorità giudiziaria o amministrativa è autorizzata dalla legge
a rendere indisponibili per il perseguimento dei suoi compiti istituzionali, e
quindi risulta coerente che il legislatore abbia voluto attribuire la medesima
ampiezza di significato anche in relazione alla tutela penale riconosciuta a
tale strumento. Anche la dottrina, del resto, ha ritenuto che le finalità
indicate dall'art. 349 c.p. non escludono la eventuale compresenza di fini ed
obiettivi ulteriori rispetto alla conservazione o alla identità della cosa. La
Corte di appello ha, quindi, correttamente ritenuto configurabile la fattispecie
delittuosa nel caso di specie.
5. L'ultimo motivo di censura risulta superato, in quanto volto a proporre una
diversa commisurazione della pena tra le fattispecie contravvenzionali ed il
delitto di violazione di sigilli, posto che le contravvenzioni sono state
dichiarate estinte per intervenuta prescrizione dalla Corte di appello.
Al rigetto del gravame consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese del procedimento.
PQM
rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2010.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 19 Gen. 2011
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