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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2011 (Ud. 17/11/2010) Sentenza n. 1522
DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Costruzione piano
interrato - Permesso di costruire - Necessità - Trasformazione dell’assetto e
sviluppo del territorio - Violazione delle prescrizioni urbanistiche delle zone
agricole - Reato paesaggistico - Configurabilità - C.d. requisito della doppia
conformità ex art. 36 DPR n.380/01 - Artt. 44 lett. b) e c) DPR n. 380/01 e 181
D.L.vo n. 42/04. In tema di reati paesaggistici-edilizi, la realizzazione di
un piano interrato rientra tra gli interventi di trasformazione urbanistica ed
edilizia del territorio per i quali è necessario il permesso di costruire,
trattandosi pur sempre di intervento in relazione al quale l'autorità
amministrativa deve svolgere il proprio controllo sul rispetto delle norme
urbanistiche ed edilizie, anche tecniche, finalizzato ad assicurare il regolare
assetto e sviluppo del territorio (Cass. Sez.3, 21/6/2007, n. 24464, Iacobone e
altro). Ciò perché nel concetto di costruzione rientra ogni intervento edilizio,
che abbia rilevanza urbanistica, in quanto incide sull'assetto del territorio ed
aumenta il c.d. carico urbanistico, ivi compresi i locali interrati, cioè
sottostanti il livello stradale, e seminterrati, funzionalmente asserviti, che
devono essere computati a fini volumetrici (in tal senso, Cass. Sez. 3, del
27/9/1999, n. 11011, Boccellari) e per i quali è necessario il permesso a
costruire con il rispetto degli indici e degli standards urbanistici.
(Fattispecie: realizzazione di un seminterrato in difformità alle prescrizioni
urbanistiche delle zone agricole e del permesso di costruire). (conferma,
sentenza n. 1470 del 09/10/2009, CORTE APPELLO di LECCE) Pres. Ferrua, Est.
Rosi, Ric. Greco ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2011 (Ud.
17/11/2010) Sentenza n. 1522
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. GIULIANA FERRUA
- Presidente
Dott. CLAUDIA SQUASSONI
- Consigliere
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) GR. NE. N. IL xx/xx/xadx
2) CA. CO. N. IL xx/xx/xadx
3) TR. AL. N. IL xx/xx/xadx
4) ST. CL. GA. N. IL ad/xx/xxx
- avverso la sentenza n. 1470/2007 CORTE APPELLO di LECCE, del 09/10/2009
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2010 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giocchino Izzo che ha
concluso per il rigetto del ricorso
- Udito il difensore Avv. Salvatore Mileto per Tr. Che ha concluso per
l’annullamento senza rinvio perché estinto il reato per sanatoria.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d'Appello di Lecce, con sentenza del 29/12/2009, in parziale riforma
della sentenza di primo grado per quanto attiene al riconoscimento del beneficio
della non menzione della condanna, ha confermato la condanna di Gr. Ne., St.
Cl., nella qualità di proprietari, Tr. Al., nella qualità di progettista e
direttore dei lavori, St. Cl. Ga., nella qualità di titolare dell'impresa
esecutrice dei lavori, alla pena di due mesi e quindici giorni di arresto e
15.000 euro di ammenda, per violazione degli artt. 110 c.p. e 44 lett. b) e c)
DPR n.380/01 e dell'art. 181 D.L.Ivo n. 42/04 per avere realizzato "un piano
seminterrato e due abitazioni indipendenti al piano rialzato", con concessione
del beneficio della sospensione condizionale subordinato alla previa
eliminazione integrale delle opere abusive, fatti accertati in Otranto
l'1/2/2006. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, chiedendone
l'annullamento, per i seguenti motivi:
1. Violazione e falsa applicazione di legge, in relazione alla sanatoria
edilizia. Omessa od errata valutazione del permesso di costruire in sanatoria
concesso. Motivazione carente od insufficiente, ovvero contraddittoria ed
illogica, basata su una falsa presupposizione rispetto alle emergenze
processuali.
1.1 I giudici avrebbero errato nel ritenere che il permesso di costruire in
sanatoria difettasse del requisito della c.d. "doppia conformità" allo strumento
urbanistico (al momento di realizzazione dell'opera ed al momento di
proposizione della domanda di sanatoria), ed anche nel ritenere che le opere,
una volta completate fossero idonee ad essere destinate ad utilizzi non
compatibili con la normativa urbanistica vigente in zona agricola. Tale
ragionamento sarebbe viziato, per un verso, dall'omessa considerazione dello
stato di esecuzione dei lavori alla data dell'accertamento dei presunti abusi, e
per altro verso, dalla valenza e contenuti da assegnare al permesso di costruire
in sanatoria.
Infatti, non è affatto vero che presentando unitamente alla domanda di sanatoria
un nuovo progetto (avente ad oggetto l'eliminazione del piano seminterrato)
verrebbe ad essere esclusa la possibilità della sanatoria, in quanto sarebbe
stato sottratto alla valutazione comunale il requisito della doppia conformità
postulata dall'art. 36 DPR 380/01. Avuto riguardo allo stato di esecuzione dei
lavori, il c.d. vano cantina era assentibile sia in via ordinaria, sia all'esito
di sanatoria, in quanto lo stesso doveva essere qualificato come "seminterrato"
per il fatto che non erano ancora state completate le sistemazioni esterne del
fabbricato ma che, ad intervento ultimato, sarebbe risultato completamente
interrato. Inoltre lo stesso, benché non fosse stato previsto nel progetto, era
conseguenza della conformazione orografica del terreno in ragione del notevole
dislivello esistente tra la parte interessata dal fabbricato ed il piano di
campagna contiguo. Ciò sarebbe confermato dalla accertata realizzazione delle
c.d "bocche di lupo", finalizzate all'aerazione. Per tal vano la sanatoria non
era necessaria e non era stata neppure richiesta in quanto esso era stato
eliminato. I proprietari del terreno avevano limitato la richiesta di sanatoria
alle sole opere esterne (verande e pensiline).
Quindi la Corte d'appello non avrebbe dovuto considerare la prospettiva
dell'utilizzo a fini abitativi del vano seminterrato in quanto meramente
ipotetica ed il permesso in sanatoria avrebbe dovuto essere ritenuto sufficiente
a regolarizzare tutte le iniziative poste in essere dagli imputati.
Anche in riferimento alla creazione delle tramezzature interne al piano rialzato
la Corte avrebbe dovuto ritenere insussistente ogni profilo di illiceità
urbanistica, in quanto si trattava di intervento interno, irrilevante sotto il
profilo della contrarietà alle prescrizioni urbanistiche delle zone agricole.
Tale elemento non assumerebbe neanche rilievo sotto il profilo della tutela del
paesaggio, facendo venire meno l'ipotesi di reato di cui all'art. dell'art. 181
DLgs. n. 42/04.
2. II ricorrente St. Cl. Ga., esecutore dei lavori, ha lamentato la mancanza di
specifica motivazione in ordine alla sua responsabilità, in quanto lo stesso
svolto unicamente lavori di scavo, senza realizzare il manufatto.
3. I ricorrenti Gr. e Ca., proprietari dell'immobile, e Tr., progettista e
direttore dei lavoro, avevano fatto riserva di dedurre l'intervenuta estinzione
dei reato qualora giunga a compimento una nuova procedura di permesso di
costruire in sanatoria, avviata per regolarizzare anche il vano interrato.
All'udienza il difensore di Tr. ha precisato di aver depositato sanatoria
rilasciata in data 29 ottobre 2010.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. E' stato affermato dalla giurisprudenza che "la realizzazione di un piano
interrato rientra tra gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia
del territorio per i quali è necessario il permesso di costruire, trattandosi
pur sempre di intervento in relazione al quale l'autorità amministrativa deve
svolgere il proprio controllo sul rispetto delle norme urbanistiche ed edilizie,
anche tecniche, finalizzato ad assicurare il regolare assetto e sviluppo del
territorio" (Cfr. Sez.3, n. 24464 del 21/6/2007, Iacobone e altro, Rv. 236885).
Ciò perché nel concetto di costruzione rientra ogni intervento edilizio, che
abbia rilevanza urbanistica, in quanto incide sull'assetto del territorio ed
aumenta il c.d. carico urbanistico, ivi compresi i locali interrati, cioè
sottostanti il livello stradale, e seminterrati, funzionalmente asserviti, che
devono essere computati a fini volumetrici (in tal senso, Sez. 3, n. 11011 del
27/9/1999, Boccellari, Rv.214273) e per i quali è necessario il permesso a
costruire con il rispetto degli indici e degli standards urbanistici.
La sentenza impugnata, con motivazione esaustiva, coerente e priva di
smagliature logiche, ha verificato che nel terreno agricolo di proprietà degli
imputati Ca. e Gr. erano in corso lavori edilizi per la realizzazione di un
fabbricato rurale ad uso abitativo in difformità del permesso di costruire, in
quanto il seminterrato non era affatto destinato a d ospitare un mero vano
tecnico: esso non solo presentava caratteristiche di ampiezza, altezza,
aerazione, idonee alla destinazione a fini abitativi, ma era stato realizzato
per costituire la base del piano rialzato, con conseguente superamento
dell'indice di fabbricabilità previsto per la zona, attesa la sopraelevazione
del manufatto. Inoltre i giudici di appello hanno dato atto che, difformemente
da quanto sostenuto dai ricorrenti, il terreno sul quale sorge il manufatto
risultava pianeggiante e non era presente il dislivello naturale asserito dai
ricorrenti, per cui detto vano non poteva essere oggetto di sanatoria e l'abuso
urbanistico doveva dirsi comunque realizzato, nonostante gli imputati avessero
provveduto alla sua eliminazione mediante chiusura dell'accesso, come pure
doveva considerarsi integrato il reato paesaggistico.
Parimenti immune da censure la motivazione relativa al giudizio di
responsabilità In riferimento alle tramezzature interne: i giudici hanno
ritenuto accertata l'esistenza di due unità abitative, in contrasto con quanto
previsto nello strumento urbanistico vigente, il quale consente la realizzazione
nella zona agricola E2 di una sola abitazione per azienda.
2. Infondato, parimenti, il motivo di ricorso avanzato dal titolare della ditta
esecutrice dei lavori, circa l'omessa motivazione degli elementi a suo carico.
La Corte di appello ha spiegato quali sono le ragioni per le quali non si può
ritenere provata l'estraneità ai lavori di edificazione del manufatto, connesse
al fatto che tale ditta risulta dalla documentazione presentata quale esecutrice
dei lavori.
3. Quanto alla documentazione relativa al permesso in sanatoria rilasciato in
data 29 ottobre 2010, va rilevato che dalla stessa non emerge il requisito della
c.d. "doppia conformità" ed inoltre in essa si assume una situazione diversa da
quella accertata nel corso del giudizio.
I ricorsi devono pertanto essere rigettati ed i ricorrenti devono essere
condannati, ai sensi del disposto di cui all'art. 616 c.p.p., al pagamento delle
spese processuali
PQM
rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2010.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 19 Gen. 2011
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