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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2011 (Ud. 17/11/2010) Sentenza n. 1536
DIRITTO URBANISTICO - Inosservanza delle prescrizioni contenute nel permesso
di costruire - Reato edilizio - Fattispecie: lavori di escavazione e divieto di
commercializzazione del terreno - Art. 44 D.P.R. 380/2001. Riveste la natura
urbanistica la prescrizione inserita nel permesso, rilasciato per la
realizzazione di vasche per allevamento ittico, dell'obbligo di riutilizzare il
terreno, frutto dei lavori di escavazione, per arginatura ed opere di
salvaguardia e di conferire il terreno in eccedenza nelle discariche per
copertura giornaliera o per appianamento degli avvallamenti. Tale obbligo, è
certamente volto a tutelare l'assetto territoriale della zona incisa dall'opera
autorizzata e, per la parte di terreno in eccedenza, ne impone un utile impiego
in materia ambientale nella gestione della discarica di zona. Il divieto di
commercializzazione del terreno è in realtà la conseguenza della vincolatività
di tale obbligo. (conferma sentenza n. 184 del 20/04/2009, TRIBUNALE di MODENA)
Pres. Ferrua, Est. Rosi, Ric. Brandani ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 19/01/2011 (Ud. 17/11/2010) Sentenza n. 1536
DIRITTO URBANISTICO - Movimenti di terreno - Trasformazione
urbanistico-edilizia del territorio con perdurante modifica dello stato dei
luoghi - Permesso di costruire - Necessità - Rilevanza della finalità dei lavori
di scavo - Giurisprudenza - D.P.R. n 380/2001. In base al D.P.R. n 380 del
2001, richiedono il permesso di costruire tutti gli interventi che comportano
una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio comunale con perdurante
modifica dello stato dei luoghi. Tra essi rientra di certo la realizzazione di
grandi vasche per allevamento ittico, mediante escavazione del terreno, atteso
che tale intervento rappresenta un'opera di consistente entità che comporta la
trasformazione in via permanente del suolo. Sicché, ai fine di stabilire se i
movimenti di terreno costituiscano o meno una trasformazione urbanistica del
territorio, occorre valutare l'entità dell'opera che si intende realizzare,
potendo gli stessi costituire sia spostamenti insignificanti sotto il profilo
dell'insediamento abitativo per i quali non è necessario alcun titolo
abilitativo, sia rilevanti trasformazioni del territorio, in quanto tali
necessitanti il preventivo rilascio del permesso di costruire, non essendo
sufficiente la mera denuncia di inizio attività (Cass. Sez. 3, n. 14243 del
4/4/2008, Daltri). Tra l'altro, è comunque rilevante la finalità dei lavori di
scavo, anche quando lo stesso non sia destinato alla edificazione di un
manufatto o di altro lavoro edile. Sottolineando che sono assoggettate a titolo
abilitativo edilizio le opere di scavo, di sbancamento e di livellamento del
terreno, finalizzate ad usi diversi da quelli agricoli (ad esempio turistici o
sportivi), in quanto incidono sul tessuto urbanistico del territorio (in tal
senso, Cass. Sez. 3, 24/2/2009, sentenze n. 8064 PG c. Dominelli e Gagliolo;
Cass. 19/2/2004, n.6930, Iaccarino; Cass. 13/11/2002, n. 38055 Raciti; Cass.
14/3/2000, n. 3107 Alliata e altro). (conferma sentenza n. 184 del 20/04/2009,
TRIBUNALE di MODENA) Pres. Ferrua, Est. Rosi, Ric. Brandani ed altri. CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2011 (Ud. 17/11/2010) Sentenza n. 1536
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. GIULIANA FERRUA
- Presidente
Dott. CLAUDIA SQUASSONI
- Consigliere
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) BR. FE. N. IL xx/xx/xxxx
2) VE. RO. N. IL xa/dx/xxxx
3) BA. SE.N. IL xx/ad/xxxx
- avverso la sentenza n. 184/2008 TRIBUNALE di MODENA, del 20/04/2009
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2010 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gioacchino Izzo che ha
concluso per l’annullamento senza rinvio perché estinto il reato per sanatoria.
- Udito, per la parte civile, l'Avv.
- Uditi difensore Avv. Morselli Ezio che ha concluso chiedendo l’annullamento
senza rinvio per insussistenza del fatto o perché estinto il reato per
sanatoria.
RITENUTO IN FATTO
Il tribunale di Modena, in composizione monocratica, con sentenza in data 20
aprile 2009, ha condannato Br. Fe., nella qualità di committente, Ve. Ro., nella
qualità di direttore dei lavori, Ba. Se., nella qualità di titolare della ditta
esecutrice dei lavori, alla pena di euro 4.000 di ammenda ciascuno, per la
contravvenzione di cui all'art. 44, lett. a) del D.P.R. 380/2001, per aver
violato la prescrizione del permesso di costruire due vasche per allevamento
ittico, rilasciato il 3/9/2003, che stabiliva che il terreno di scavo fosse
destinato prioritariamente al riutilizzo nel fondo per arginature o opere di
salvaguardia, destinando invece ampi quantitativi di materiale argilloso ad una
fornace al fine di utilizzo produttivo, fatto accertato in Finale Emilia il 9
agosto 2006.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati chiedendone
l'annullamento per i seguenti motivi:
1. Erronea applicazione della legge penale (art. 606, n. 1, lett. b) c.p.p. in
relazione agli artt. 44 lett. a) D.P.R. 380/2001 e 23, c. 1, lett. b) L.R.
Emilia Romagna n. 31/2002) in riferimento all'elemento materiale del reato
edilizio. II giudice avrebbe inquadrato erroneamente la ritenuta violazione
della prescrizione che era inserita nel permesso di costruire nell'ambito della
normativa edilizia-urbanistica. Il permesso a costruire stabiliva infatti che
"... la destinazione prioritaria del terreno di scavo deve essere il riutilizzo
nel fondo stesso per arginature e opere di salvaguardia, con previsione di
conferimento del terreno in eccedenza presso discariche, per opere di copertura
e presso aziende agricole per appianare o per chiusura maceri". Se è necessario
un atto concessorio di tipo urbanistico allorché la morfologia del territorio
venga alterata in conseguenza di rilevanti opere di scavo, sbancamenti,
livellamenti, finalizzati ad usi diversi da quelli agricoli, nel caso ora in
esame, non verrebbe contestata una modifica sostanziale della morfologia del
territorio, ma esclusivamente la violazione alla prescrizione relativa al
conferimento di tale surplus di terreno di scavo rimasto inutilizzato (ad una
fornace, anziché ad una discarica o ad altre aziende agricole), ossia un
utilizzo diverso, tanto che la polizia municipale ritenne che si fosse in
presenza di un'attività di gestione non autorizzata di cava e solo in seguito
gli accertatori configurarono un presunto abuso edilizio per la violazione della
normativa statale e delle leggi regionali di settore della Emilia Romagna. Ma
tali fonti normative non contengono affatto il divieto di commercializzazione
del terreno: solo la L.R. Emilia Romagna 17/91, che disciplina le cave, le
torbiere e le altre attività estrattive, contiene un riferimento alla
commercializzazione, ma nel diverso ambito dell'attività di estrazione di
materiale dal suolo. Il caso di specie non rientrerebbe quindi nell'ambito di
tale disciplina regionale, né i ricorrenti sono stati a chiamati a rispondere di
tale violazione.
L'inserimento nel permesso di costruire della prescrizione dei divieto di
commercializzazione del terreno (ovvero dell'obbligo di riutilizzarlo
direttamente o conferirlo in discarica) non sarebbe una prescrizione di natura
urbanistico- edilizia, perché non contemplata da alcuna norma in materia e
l'eventuale condotta degli imputati sarebbe penalmente irrilevante, mentre
un'interpretazione dell'art. 44 che includa tra le possibile violazioni anche
inosservanze di modalità diverse da quelle esecutive dell'opera, violerebbe il
principio di tassatività della fattispecie penale.
2. Erronea applicazione della legge penale (art. 606, n. 1, lett. b) c.p.p. in
relazione all'art. 530 c.p.p., agli artt. 36 e 45 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)
relativo al capo della pronuncia che ha negato l'estinzione del reato. In via
subordinata i ricorrenti hanno censurato il fatto che il Tribunale, in presenza
del permesso in sanatoria rilasciato dall'ufficio del comune il 18 maggio 2007
(che aveva autorizzato una diversa utilizzazione della terra di scavo) non abbia
dichiarato estinto il reato a seguito di sanatoria.
3. Erronea applicazione della legge penale (art. 606, n. 1, lett. b) c.p.p., in
relazione all'art. 533 c.p.p. e agli artt. 40 e 43 c.p.) in relazione
all'elemento materiale ed all'elemento psicologico del reato.
Non potrebbe dirsi raggiunta "al di là di ogni ragionevole dubbio" la
colpevolezza degli imputati. Innanzitutto la condotta è stata attribuita ai
ricorrenti senza accertamento della destinazione del quantitativo di terreno
caricato sugli autocarri, desunta unicamente dalle affermazioni rilasciate dai
conducenti degli autocarri (riferite peraltro "de relato" dagli accertatori).
Per quello che attiene al direttore dei lavori, il geom. Ve., l'attribuzione a
titolo di colpa in vigilando contrasterebbe con i compiti di controllo e
supervisione che gravano sul direttore lavori all'interno della costruzione,
visto che allo stesso non può essere fatto carico di verificare anche la
destinazione del materiale all'esterno.
4. Mancata assunzione di una prova decisiva (art. 606, n. 1, lett. d) c.p.p.)
perché la pronuncia, senza adeguata motivazione, ha ritenuto superfluo
l'accertamento tecnico sollecitato dalla difesa degli imputati. I rilievi
tecnici, impostati dal geom. Ve. a sostegno della domanda di rilascio del
permesso in sanatoria, oltre alle numerose bolle di consegna con destinazione
varie discariche, prodotte dalla difesa ed allegate agli atti, avrebbero potuto
costituire base per un più approfondito accertamento, necessario a dare
contenuto all'indicazione fornita nel capo di imputazione circa la "prioritaria"
destinazione del terreno frutto degli scavi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. II primo motivo di ricorso non è fondato.
In base al D.P.R. n 380 del 2001, richiedono il permesso di costruire tutti gli
interventi che comportano una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio
comunale con perdurante modifica dello stato dei luoghi. Tra essi rientra di
certo la realizzazione di grandi vasche per allevamento ittico, mediante
escavazione del terreno, oggetto del presente giudizio, atteso che tale
intervento rappresenta un'opera di consistente entità che comporta la
trasformazione in via permanente del suolo. Tale assunto risulta in linea con la
giurisprudenza di legittimità (Cfr. Sez. 3, n. 14243 del 4/4/2008, Daltri, Rv.
239663) che ha precisato:"ai fine di stabilire se i movimenti di terreno
costituiscano o meno una trasformazione urbanistica del territorio, occorre
valutare l'entità dell'opera che si intende realizzare, potendo gli stessi
costituire sia spostamenti insignificanti sotto il profilo dell'insediamento
abitativo per i quali non è necessario alcun titolo abilitativo, sia rilevanti
trasformazioni del territorio, in quanto tali necessitanti il preventivo
rilascio del permesso di costruire, non essendo sufficiente la mera denuncia di
inizio attività." Tra l'altro, è comunque rilevante la finalità dei lavori di
scavo, anche quando lo stesso non sia destinato alla edificazione di un
manufatto o di altro lavoro edile; è stato infatti sottolineato che sono
assoggettate a titolo abilitativo edilizio le opere di scavo, di sbancamento e
di livellamento del terreno, finalizzate ad usi diversi da quelli agricoli (ad
esempio turistici o sportivi), in quanto incidono sul tessuto urbanistico del
territorio (in tal senso, Sez. 3, sentenze n. 8064 del 24/2/2009, PG c.
Dominelli e Gagliolo; n.6930, del 19/2/2004, Iaccarino, Rv. 227566; n. 38055 del
13/11/2002, Raciti, Rv. 222849; n. 3107 del 14/3/2000, Alliata e altro, Rv.
216521).
Nel caso di specie, l'elemento materiale della fattispecie ascritta, per quello
che concerne l'entità del terreno estratto con l'attività di escavazione e la
destinazione di una rilevante aliquota di esso a fini commerciali, diversamente
dall'utilizzo autorizzato, è stata accertata con motivazione congrua, la quale
ha tenuto conto dei numerosi elementi probatori acquisiti e che si sottrae a
censure di legittimità.
Infatti, alla luce di quanto sopra menzionato, si deve ritenere che sia una
prescrizione di natura urbanistico-edilizia del permesso rilasciato per la
realizzazione delle due vasche per allevamento ittico, l'inserimento
dell'obbligo di riutilizzare il terreno, frutto dei lavori di escavazione, per
arginatura ed opere di salvaguardia e di conferire il terreno in eccedenza nelle
discariche per copertura giornaliera o per appianamento degli avvallamenti: tale
obbligo, infatti, è certamente volto a tutelare l'assetto territoriale della
zona incisa dall'opera autorizzata e, per la parte di terreno in eccedenza, ne
impone un utile impiego in materia ambientale nella gestione della discarica di
zona. Il divieto di commercializzazione del terreno è in realtà la conseguenza
della vincolatività di tale obbligo.
2. Risulta infondato anche il secondo motivo di ricorso: nella motivazione della
sentenza impugnata il giudice ha tenuto conto del permesso di costruire in
sanatoria n. 24 del 18/5/2007, rilasciato dal Comune di Finale Emilia ed anche
della testimonianza del dirigente dell'ufficio urbanistica di tale Comune, il
quale ha chiarito che con tale permesso si era consentito il trasporto del
terreno, eccedente gli scopi del riutilizzo in loco, alla discarica, al di fuori
del fondo interessato ai lavori, ma che non sarebbe mai potuto essere
assentibile un utilizzo a fini commerciali del terreno, posto che il sito di
prelievo non poteva essere qualificato come cava ed inoltre il Comune di
Castefranco Emilia non era dotato di Piano per le attività estrattive.
Correttamente pertanto, il reato ascritto non poteva essere ritenuto estinto per
sanatoria, essendo la stessa applicabile unicamente in relazione al conferimento
del terreno in discarica.
3. II motivo di ricorso con cui è stata lamentata la mancanza della prova certa
di responsabilità in capo agli imputati, in riferimento all'elemento materiale e
a quello psicologico, è, del pari, infondato. Per quanto attiene all'elemento
materiale valgono le considerazioni già espresse al punto 1. di questa parte
motiva. Per quanto attiene poi all'elemento psicologico, la sentenza ha
individuato con chiarezza le ragioni per le quali la contravvenzione sia
ascrivibile, sotto il profilo della responsabilità penale, sia al committente
che al realizzatore, responsabili delle attività e consapevoli della
destinazione del terreno in violazione delle prescrizioni, ma anche al direttore
dei lavori, il quale ne risponde a titolo di colpa, avendo omesso di verificare
la conformità della destinazione del terreno frutto di scavo, prescritta nel
permesso rilasciato, verifica certamente esperibile nel cantiere attivo presso
il fondo in questione, mediante il controllo della documentazione di trasporto
del terreno in uscita dal cantiere.
4. Anche l'ultimo motivo di ricorso non è fondato.
La sentenza impugnata ha esaustivamente motivato in ordine agli elementi
probatori acquisiti nel corso dell'istruttoria dibattimentale, ritenendo
raggiunta la prova che rilevante parte di terreno frutto degli scavi era stata
trasportata alla fornace e quindi commercializzata, di conseguenza ha ritenuto
che fosse superfluo procedere alla richiesta consulenza tecnica volta a
quantificare con esattezza il terreno impiegato nei lavori di arginatura e
quello trasportato alla discarica.
I ricorsi devono pertanto essere rigettati ed i ricorrenti devono essere
condannati, ai sensi del disposto di cui all'art. 616 c.p.p., al pagamento delle
spese processuali
PQM
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2010.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 19 Gen. 2011
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