AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 20/04/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 15630
RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito - Natura
monosoggettiva del reato – Dato oggettivo della condotta - Art. 53 bis del D.
L.vo n. 22/97 (oggi trasfuso nell'art. 260 del D. L.vo n. 152/06). In tema
di rifiuti, va riconosciuta la natura monosoggettiva e non plurisoggettiva della
fattispecie delineata dall'art. 53 bis del D. L.vo n. 22/97 (oggi trasfuso
nell'art. 260 del D. L.vo n. 152/06), per la cui configurabilità non è affatto
richiesta una pluralità di soggetti agenti come si deduce agevolmente dalla
stessa terminologia adoperata dal legislatore nell'incipit della norma
("chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto... cede, trasporta,
esporta, etc."): né tale affermazione muta con riferimento alla necessità di una
pluralità di operazioni in continuità temporale tra loro, afferendo tale
circostanza ad un dato oggettivo della condotta (Cass. Sez. 3^ 16.12.2005 n.
4503, Samarati). (annulla in parte e riforma sentenza emessa il 10/02/2010 dalla
Corte di Appello di Milano) Pres. Lombardi Est. Grillo Ric. Costa ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 20/04/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n.
15630
www.AmbienteDiritto.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
1 . Dott. LOMBARDI Alfredo Maria
Presidente
2. Dott. GENTILE Mario
Consigliere
3. Dott. GRILLO Renato
Consigliere (est.)
4. Dott. SARNO Giulio
Consigliere
5. Dott. ROSI Elisabetta
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
CO. Carlo, nato a Milano il 3.1 L1938;
PA. Michele, nato a Rotello il 3.09.1951;
FO. RI. s.p.a. quale responsabile civile;
- avverso la sentenza emessa il 10 febbraio 2010 dalla Corte di Appello di
Milano;
- udita nella udienza pubblica del 12 gennaio 2011 la relazione fatta dal
Consigliere Dr. Renato GRILLO;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Gioacchino IZZO che ha concluso per l'annullamento senza rinvio nei -
confronti del ricorrente CO. Carlo per estinzione del reato per prescrizione;
l'inammissibilità del ricorso proposto da PA. Michele; dichiararsi
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale ed
annullamento con rinvio sulle statuizioni civili;
- udito il difensore della parte civile SEI s.r.l. Avv. Manfredi BETTONI
Sostituto processuale dell'Avv. Tiziano GIOVANNELLI che ha concluso come da
comparsa;
- udito il difensore del responsabile civile Avv. Simon Pietro CIOTTI sostituto
processuale dell'Avv., GILLI che ha concluso per l'annullamento senza rinvio
relativamente alla condanna del responsabile civile;
- udito il difensore del ricorrente CO. Carlo, che ha concluso per
l'accoglimento del ricorso;
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con sentenza del 10 febbraio 2010 la Corte di Appello di Milano, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di. Milano - Sezione Distaccata di Legnano
- dell'8 maggio 2007, appellata da ASPRENTI Marco, ASPRENTI Sergio; CO. Carlo,
RI VI. Sebastiano e PA. Michele (tutti imputati - in concorso con altri - del
reato di cui agli artt. 81 cpv., 110, 112 comma 1° c.p. e 53 bis del D. Lg.svo
22/97 come riprodotto nell'art. 260 del D. L.vo 152/06), nonché dal Procuratore
Generale nei riguardi degli imputati CO. Carlo e RI VI. Sebastiano (per ciò che
afferiva al trattamento sanzionatorio) e dal responsabile civile "FO. RI. s.p.a".
sia con riferimento alle pronunce di condanna nei riguardi degli imputati CO. e
RI VI., sia con riferimento alle disposte statuizioni civili, riduceva - per
quanto qui rileva - la pena inflitta a CO. Carlo, previo riconoscimento delle
cirCO.nze attenuanti generiche (che dichiarava prevalenti, unitamente alla già
concessa cirCO.nza attenuante di cui all'art. 114 n. 3 c.p. già ritenuta dal
primo giudice equivalente alla contestata aggravante), ad anno uno e mesi due di
reclusione, revocando anche la pena accessoria della interdizione dai pp.uu.
disposta dal primo giudice; analogamente disponeva con riferimento alla pena
accessoria applicata a RI VI. Sebastiano, nei cui confronti revocava, poi, in
accoglimento del gravame del P.G., anche il beneficio della sospensione
condizionale della pena concessogli (erroneamente) dal Tribunale, lasciando
inalterata la pena inflittagli di anni due e mesi sei di reclusione; confermava,
anche, la sentenza resa nei confronti dell'appellante PA. Michele
(precedentemente condannato ad anni sei di reclusione); confermava, infine, le
statuizioni civili risarcitorie a carico degli appellanti PA., CO. e RI VI. in
favore delle parti civili e, nei confronti del solo CO., anche la statuizione
civile risarcitoria per i danni patiti dalla Regione Lombardia, dalla Provincia
di Lodi e dalla SEI s.r.l.; con riferimento, poi, al responsabile civile FO. RI.
s.p.a. precisava, in ultimo, che la sua condanna andava ricollegata al
risarcimento dei danni a carico dell'imputato PA. Michele in favore delle parti
civili che si erano costituite nei suoi confronti (Regione Lombardia, Ministero
dell'Ambiente,. S.E.I. s.r.l. e Comune di Milano); ancora, precisava che la
condanna disposta nei riguardi dell'altro responsabile civile EDINERT s.r.l. era
solidalmente prevista con PA. Michele per i danni richiesti nei riguardi di
quest'ultimo dalla SEI s.r.l. e dal Comune di San Giuliano Milanese, mentre il
responsabile civile "FRATELLI PA. s.n.c.." doveva rispondere in solido con PA.
Michele per i danni richiesti nei riguardi di quest'ultimo dalla SEI s.r.l. e
dal Comune di Milano"; rigettava, in ultimo, la richiesta di provvisionale delle
parti civili in quanto non appellanti sul punto e confermava, nel resto, la
sentenza impugnata.
La Corte territoriale - recependo le considerazioni svolte dal Tribunale - e
dopo aver analiticamente ripercorso le vicende del complesso procedimento (nato
da una attività investigativa congiunta dei Carabinieri del N.O.E., del Corpo
Forestale e dell'A.R.P.A. in merito all'utilizzo di un'area, individuata nel
cantiere della P.E.I. s.r.l. sito in località Garbagnate Milanese, adoperata per
il deposito di materiale da riporto e nella quale venivano affastellati rifiuti
maleodoranti pericolosi compattati in blocchi) aveva parzialmente disatteso -
per come si vedrà in prosieguo - le censure mosse dall'imputato CO., rigettando
invece nella sua integralità l'appello proposto nell'interesse di PA. Michele;
aveva in parte accolto il gravame - circoscritto al solo aspetto sanzionatorio -
del Procuratore Generale e, in ultimo, precisato i limiti delle condanne di tipo
risarcitorio pronunciate nei riguardi dei responsabili civili Fond. Riva.s.p.a.,
Edinert srl e Frat. PA. S.n.c..
In sintesi ile doglianze dell'imputato CO. erano articolate:
a) sull'esclusione di qualsiasi apporto agevolativo da parte di costui in quanto del tutto estraneo ai fatti;
b) su una asserita contraddittorietà della motivazione, posto che detto appellante era stato individuato quale concorrente eventuale, ma, nello stesso tempo, ritenuto indispensabile alla gestione della attività criminosa;
c) sulla carenza del dolo specifico, in relazione alla inconsapevolezza da parte del CO. della natura dei rifiuti (classificati come speciali e pericolosi) e della destinazione di essi;
d) sulla mancata concessione delle cirCO.nze attenuanti generiche atteso il suo stato di incensuratezza;
e) sulla eccessività della pena.
In ordine ai detti motivi la Corte di Appello aveva disatteso quelli formulati
in principalità, ribadendo la sussistenza di un apporto agevolativo CO.nte e
concreto da parte del CO. nell'operazione di trasporto dei rifiuti, desunto da
alcuni dati significativi quali:
1) la sua trentennale esperienza nel settore;
2) la sua particolare professionalità nell'attività di pesatura dei camions;
3) la sua consapevolezza in ordine alla pericolosità dei rifiuti originata anche dalla sua lunghissima esperienza lavorativa;
4) la preventiva consapevolezza circa l'economicità delle illecite operazioni di smaltimento dei rifiuti, in contrapposizione al notevole costo che esse avrebbero comportato ove quell'attività di trasporto fosse stata gestita da altra impresa abilitata (in particolare una società tedesca).
La Corte - come accennato - aveva invece accolto le doglianze difensive in punto
di mancata concessione delle cirCO.nze attenuanti generiche che riconosceva,
unitamente alla già concessa attenuante di cui all'art. 114 n. 3 (che il
Tribunale aveva ritenuto equivalente all'aggravante) in termini di prevalenza
rispetto all'aggravante contestata, riducendo la pena entro i limi edittali
della sospensione condizionale che veniva, pertanto, mantenuta (ancorché
illegittimamente disposta dal Tribunale per superamento del limite di cui
all'art. 163 c.p. come rilevato dal P.G. appellante su tale punto).
Con riferimento all'appello proposto dall'imputato PA., basato unicamente sulla
mancata concessione delle cirCO.nze attenuanti generiche da riconoscersi, quanto
meno, in termini di equivalenza rispetto alla aggravante ed alla recidiva
specifica contestate, la Corte rigettava le relative doglianze, evidenziando:
1) il ruolo primario svolto dal detto imputato;
2) l'imponenza della attività di smaltimento;
3) la gravità e pervicacia della condotta;
4) il requisito soggettivo della recidiva (assente, invece nei fratelli PA. Ugo e PA. Antonio) evidenziando - con riguardo alla lamentata severità della pena - che la pretesa disparità di trattamento rispetto ai fratelli lamentata dall'appellante non sussisteva in considerazione, anche, dell'avvenuta scelta da parte di costoro del rito premiale, non prescelto, invece dall'appellante.
Ancora più articolate e di diverso tenore le censure formulate dal responsabile
civile FOND. RI. s.p.a. che possono essere così riassunte: nullità della
sentenza:
a) per omesso avviso di deposito della sentenza di primo grado;
b) per la irrituale notificazione al responsabile civile del decreto che dispone il giudizio;
c) per il diniego di un termine a difesa richiesto per esaminare le produzioni documentali delle altre parti; d) per il disposto stralcio all'udienza del 29 maggio 2006 delle posizioni degli imputati PA. Ugo e PA. Antonio (che erano acceduti al rito speciale del patteggiamento) senza che sul punto venisse sentito esso responsabile civile che aveva richiesto di interloquire ai sensi dell'art. 19 c.p.p.; e) per la violazione dell'art. 72 u..c. Ord. Giud. relativamente alla partecipazione di un VPO anzichè di un P.M. togato; f) per la indeterminatezza del capo di imputazione.
Altre censure riguardavano l'inutilizzabilità dei verbali di interrogatorio
acquisiti nel corso dell'istruttoria dibattimentale in quanto strumento
adoperato per le contestazioni in corso dell'istruttoria dibattimentale in
quanto strumento adoperato per le contestazioni in corso di esame.
Quanto alle altre doglianze di merito, esse erano costituite dalla richiesta di assoluzione dell'imputato RI. Vi. e dalla revoca delle statuizioni civili, in relazione alle conclusioni rassegnate dalle varie parti intervenute.
La Corte, pronunciandosi sulle dedotte eccezioni, le aveva disattese tutte, limitandosi solo a sanare la nullità (che aveva riconosciuto nel corso del giudizio di appello) derivante dalla mancata notifica del dispositivo dell'avviso di deposito della motivazione della sentenza, disponendo per ciò il rinvio preliminare dell'udienza dell'ottobre 2009; aveva, parimenti, disatteso le richieste di merito relativamente alla mancata assoluzione dell'imputato RI. VI. e, per quanto riguardava le statuizioni civilistiche, attesa la generica dizione sul punto della sentenza di primo grado, aveva circoscritto la pronuncia di condanna solo nei riguardi di quelle parti civili che, costituitesi contro PA. Mi., avevano rivolto la loro richiesta di condanna nei suoi riguardi. Altre precisazioni riguardavano i responsabili civili ED.s.r.l. e "Fr. Pa." s.n.c. nei termini precedentemente esposti.
Ricorrono avverso la detta sentenza gli imputati CO. Ca. e PA. Mi. ed il
responsabile civile "FONDERIE RI. s.p.a.".
Il ricorrente CO. ha, nell'ordine, dedotto erronea applicazione della legge
penale (art. 260 D. L.vo 152/06) con specifico riguardo al punto relativo
all'elemento soggettivo del reato, rimarcando anche la contraddittorietà della
motivazione sul punto: ha in particolare rimarcato in punto di diritto, la
fondatezza della tesi del reato plurisoggettivo, disattesa, invece, dalla Corte
che si rifaceva alla opposta tesi del reato monosoggettivo per poi escludere il
dolo di partecipazione.
Con il secondo motivo ha dedotto carenza e/o manifesta illogicità della
motivazione in punto di riconoscimento del dolo in capo al soggetto agente,
quand'anche considerato come mero dolo generico, contestando, in particolare,
l'omesso esame delle censure mosse con specifico riguardo alla insufficiente
motivazione del Tribunale su tale specifico punto.
Ha sottolineato, al riguardo, come la Corte si fosse del tutto disinteressata
della alternativa spiegazione offerta secondo la quale esso CO.avrebbe, al più,
potuto sospettare elusioni di carattere fiscale, ma non certo il profitto che
l'impresa FO. RI. s.p.a. (di cui egli era storico dipendente), intendeva
perseguire; ha denunciato travisamento della prova, avendo la Corte male
interpretato il contenuto ed il significato delle numerose intercettazioni
telefoniche, aventi significati diversi per come alternativamente spiegato dalla
difesa.
Con il terzo motivo ha lamentato violazione della legge processuale penale
(artt. 82 e 523 c.p.p.) nella misura in cui la Corte di Appello, nonostante la
mancata conclusione orale in primo grado di due delle tre parti civili in cui
favore era stata pronunciata condanna a carico del CO., non superabile
dall'avvenuto deposito di conclusioni scritte, peraltro di data incerta e
comunque non effettuate in udienza, aveva ugualmente mantenuto la statuizione di
condanna in violazione del disposto di cui all'art. 523 c.p.p., che prevede - in
mancanza delle conclusioni della parte civile - la revoca tacita della
costituzione (revoca, invece, avvenuta da parte delle altre parti civili che la
avevano espressamente fatto in primo grado).
Il ricorrente PA. denuncia vizio di motivazione in merito alla mancata
utilizzazione da parte del Tribunale dei verbali di interrogatorio degli
imputati contumaci, segnalando al riguardo che una eventuale, doverosa
valutazione della condotta processuale del PA. definita "di tenore
collaborativo" avrebbe dovuto indurre sia il Tribunale, sia la Corte a concedere
le circostanze attenuanti generiche.
Con un secondo motivo denuncia omessa motivazione sulla doglianza relativa alla
iniquità del trattamento sanzionatorio se rapportata alle pene ben più miti
inflitte agli altri imputati e sulla doglianza relativa al mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il difensore del responsabile civile FO. RI. s.p.a. ha, con il primo motivo,
dedotto la nullità della sentenza per omessa o illogica motivazione in merito
alla richiesta di declaratoria di nullità del processo di primo grado in assenza
di valida notificazione del decreto che dispone il giudizio, non condividendo la
decisione assunta dalla Corte che avrebbe riconosciuto una distinzione di regime
tra imputato e persona offesa, da una parte, e altre parti private, dall'altra,
in materia di notificazione del decreto emesso ai sensi dell'art. 429 c.p.p.. Ha
in riferimento a tale specifico motivo, sollevato eccezione di illegittimità
costituzionale dell'art. 133 Disp. Att. c.p.p. per violazione dell'art. 3 Cost..
evidenziando che, a seguito della legge n. 479/99, doveva ritenersi obbligatoria
la notifica del decreto che dispone il giudizio nei riguardi di tutte le parti
rimaste contumaci e non presenti al momento della lettura del decreto che
dispone il giudizio, pena una irragionevole disparità di trattamento ex art. 3
Cost..
Ha, poi, denunciato con un secondo motivo violazione della legge processuale
penale in quanto la sentenza si sarebbe basata anche su prove acquisite in
violazione dell'art. 493 c.p.p., inutilizzabili ex art. 191 stesso codice; viene
anche eccepita nullità in relazione alla mancata motivazione da parte della
Corte di Appello di detta doglianza.
Con un terzo motivo ha riproposto l'eccezione di nullità per violazione del
disposto degli artt. 477 e 493 c.p.p., in relazione all'art. 178 lett. c) nella
misura in cui sarebbe stata negata alla difesa in prime cure, un termine
richiesto per esaminare la documentazione delle altre parti e vizio di
motivazione in relazione alla illogicità della motivazione su tale specifica
doglianza mossa in sede di proposizione dell'appello.
Con il quarto motivo ha riproposto l'eccezione di nullità in merito alla mancata
audizione del responsabile civile sullo stralcio disposto ai sensi degli artt.
18 e 19 c,.p.p., delle posizioni degli imputati PA. An. e PA. Ug., oltre che
vizio di motivazione da parte della Corte di Appello su tale specifica
doglianza.
Con il quinto motivo il ricorrente ha censurato l'avvenuta utilizzazione dei
verbali acquisiti, in quanto adoperati per le contestazioni, deducendo, ancora
una volta, vizio di motivazione sul punto. Ha ricordato, in proposito, che, al
di là dell'affermazione contenuta nella sentenza di 1 ° grado (pag. 8), il primo
giudice aveva utilizzato, di fatto, i verbali adoperati per le contestazioni per
scopi diversi dalla valutazione in ordine alla attendibilità dei testi
(assistiti). Con il sesto motivo il ricorrente ha dedotto nullità o inesistenza
delle statuizioni civilistiche pronunciate nei confronti di esso responsabile
civile, in quanto disposte in grado di appello e comunque al di fuori delle
azioni civili esercitate nei confronti del responsabile e per erronea
applicazione dell'art. 185 c.p..
In particolare ha lamentato che, a fronte della generica statuizione di condanna
disposta dal Tribunale in favore delle parti civili costituitesi nei riguardi
del responsabile civile, la Corte di Appello, tentando di rimediare all'errore,
era andata ben oltre le previsioni, nulla statuendo a carico del responsabile
civile in favore di quelle parti civili che si erano costituite contro CO. Carlo
e RI VI. Se. (unici soggetti con i quali poteva intercorrere un rapporto di
garanzia ex art. 2049 c.c., in relazione alla circostanza dell'essere, entrambi,
dipendenti della ditta FO. RI. s.p.a.), dimenticando, anche, di considerare che
né il Comune di Mediglia, né quello di Cassano d'Adda, né la Provincia di
Milano, né il Comune di San Giuliano Milanese avevano concluso nei riguardi del
responsabile civile e che l'unico a concludere nei suoi riguardi - il Ministero
dell'Ambiente - non aveva avanzato alcuna richiesta risarcitoria nei riguardi
dei dipendenti CO. e RI VI., sicché il Ministero sarebbe stato carente di
interesse.
Proseguendo nelle sue considerazioni sul punto, il ricorrente ha rilevato come,
in modo del tutto incomprensibile, la Corte avesse poi precisato che le
statuizioni civili verso il responsabile civile riguardavano solo la
responsabilità del PA. Michele e i soggetti costituitisi parte civile nei suoi
confronti, nonostante nessun rapporto, al di là di un mero vincolo contrattuale
di appalto privato del tutto inidoneo a giustificare un legame in termini di
responsabilità del responsabile civile verso un terzo estraneo, intercorresse
tra il PA. e le FO. RI. s.p.a..
Ha, in proposito, sottolineato una vera e propria reformatio in pejus, in
quanto il Tribunale, quando aveva disposto le statuizioni civili, nulla aveva
preveduto con riguardo al responsabile civile nei riguardi dell'imputato PA.
Michele, senza che tale capo della sentenza avvenisse impugnato.
Tanto premesso, dei tre ricorsi in esame, mentre quello proposto nell'interesse
di Pa. Mi. va dichiarato inammissibile, vanno accolti per le ragioni di seguito
specificate, quelli rispettivamente proposti nell'interesse del ricorrente CO.
Ca. e del responsabile civile "Fond. RI. s.p.a..".
L'inammissibilità del ricorso proposto da PA. Michele è legata sia alla
deduzione di circostanze di fatto (la pretesa collaborazione prestata dal PA.
all'Autorità Giudiziaria della quale il Tribunale non avrebbe tenuto conto)
correlata ad una diversa ed alternativa lettura della vicenda processuale,
improponibile in questa sede, sia alla manifesta infondatezza dei motivi in
ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche: su tale
ultimo punto si osserva che in modo logico ed esente da censure di qualsiasi
tipo la Corte ha dato adeguata risposta alle doglianze difensive correttamente
negando specificamente e puntualmente motivandone le ragioni - le circostanze
attenuanti generiche. Analoga correttezza argomentativa è dato rilevare anche in
ordine alle ragioni per le quali la Corte di merito ha ritenuto adeguata la pena
inflitta all'odierno ricorrente, esattamente comparando la sua, diversa,
situazione processuale, rispetto a quella degli altri fratelli e soprattutto,
tenendo presente alcuni indici ineludibili quali la gravità della condotta e la
personalità dell'imputato ricavata dal suo certificato penale, così mostrando di
prestare ossequio ai criteri ermeneutici in tema di determinazione della pena
come enunciati dall'art. 133 c.p..
Segue alla pronuncia di inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente
PA. al pagamento delle spese processuali e - trovandosi lo stesso in colpa per
avere dato causa all'inammissibilità al versamento della somma - ritenuta
congrua - di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Diverse, come detto, le sorti degli altri due ricorsi.
Quanto a quello proposto nell'interesse di CO. Ca., non appare condivisibile la
tesi difensiva che pretende di far leva sull'asserita natura di reato
plurisoggettivo della fattispecie delineata dall'art. 53 bis del D. L.vo 22/97
(oggi trasfuso nell'art. 260 del D. L.vo 1 52/06).
In proposito va ribadito quanto già affermato da questa Corte in merito alla
natura monosoggettiva e non plurisoggettiva - della fattispecie in esame, per la
cui configurabilità non è affatto richiesta una pluralità di soggetti agenti
come si deduce agevolmente dalla stessa terminologia adoperata dal legislatore
nell'incipit della norma ("chiunque, al fine di conseguire un ingiusto
profitto... cede, trasporta, esporta, etc."): né tale affermazione muta con
riferimento alla necessità di una pluralità di operazioni in continuità
temporale tra loro, afferendo tale circostanza ad un dato oggettivo della
condotta (in termini Cass. Sez. 3^ 16.12.2005 n. 4503, Samarati, rv. 233292).
La riconosciuta natura monosoggettiva implica quindi l'esattezza della
conclusione cui la Corte territoriale è pervenuta in punto di riconoscimento
dell'elemento psicologico del reato in capo al CO..
Quanto poi alla pretesa illogicità e assenza della motivazione sul punto
relativo all'elemento psicologico del reato, la tesi difensiva non è fondata,
avendo la Corte territoriale correttamente affermato la consapevolezza del CO.
desumendola da una serie di indici ricavati dalle numerose intercettazioni ed
opportunamente ricordando come il dolo di profitto non dovesse essere
circoscritto all'aspetto monetario individuale (riferito ovviamente al CO.) ma,
molto più genericamente, alla consapevolezza, in capo a costui, del dolo di
profitto che ispirava la condotta dei concorrenti.
E, sotto tale profilo, è certamente condivisibile sul piano logico la
conclusione della Corte secondo la quale una eventuale non conoscenza da parte
del CO. dei prezzi praticati dal trasportatore (PA.) non escludeva di per sé la
consapevolezza del CO. circa l'economicità della operazione di trasporto
illecito dei rifiuti, a riprova, quindi, del dolo di partecipazione in capo allo
stesso.
Anche il terzo motivo di ricorso - legato alla presunta revoca tacita della
costituzione di parte civile della Provincia di Lodi e della SEI s.r.l.
conseguente alla mancata presentazione di conclusioni scritte nel giudizio di
appello - non appare meritevole di accoglimento, in quanto, come
condivisibilmente ricordato dal giudice di appello, dette parti avevano concluso
nel giudizio di primo grado: del resto è la stessa difesa del ricorrente a
precisare che risultavano depositate conclusioni scritte da parte delle difese
di detti soggetti che valgono ad escludere in radice l'ipotesi della revoca
implicita.
Stante la non manifesta infondatezza dei motivi deve comunque annullarsi senza
rinvio la sentenza impugnata essendo decorso, rispetto alla data di consumazione
del reato (18 novembre 2002) il termine massimo prescrizionale (comprensivo
della proroga) pari ad anni sette e mesi sei, maturato il 18 maggio 2010, cui va
aggiunto un ulteriore, breve periodo di sospensione del corso della prescrizione
per rinvio dell'udienza conseguente a legittimo impedimento, pari a giorni
sette.
Vanno tuttavia mantenute ferme le statuizioni civili disposte dalla Corte di
Appello con la sentenza impugnata.
Segue la condanna del CO., in solido con il PA., alla rifusione delle spese
sostenute dalla parte civile SE. s.r.l. che liquida in complessivi € 3.000,00
oltre IVA e accessori di legge.
Passando all'esame, da ultimo, delle censure formulate dalla difesa del responsabile civile, le stesse vanno accolte nei termini e con le precisazioni che seguono.
Non meritano accoglimento tutte le censure di ordine processuale così come
enunciate nel ricorso, rilevandosi che si tratta di una sostanziale
riproposizione delle analoghe questioni già prospettate dinnanzi al giudice di
appello che ha dato, sui singoli punti, risposte assolutamente esaustive e
condivisibili, oltre che immuni da incongruenze sul piano logico.
A prescindere dalla avvenuta sanatoria della nullità collegata alla irrituale
notificazione al responsabile civile FO. RI. s.p.a. del decreto che dispone il
giudizio - sanatoria avvenuta all'udienza del mese di ottobre 2009 con rinvio
alla successiva del 10 febbraio 2010 e con notificazione del decreto di
citazione alfa parte appellante, così come ricordato dalla stessa Corte di
Appello (vds. pag. 19 in nota della sentenza impugnata) - vanno senz'altro
condivise le argomentazioni sviluppate dalla Corte meglio specificate alle pagg.
23-26 della sentenza impugnata.
Qualche ulteriore riflessione si impone con riferimento alla eccezione di
nullità riferita alla. violazione degli artt. 428 c.p.p. e 133 Disp. Att. c.p.p.,
tenuto conto della subordinata - ma in realtà preliminare - eccezione di
legittimità costituzionale sollevata dalla difesa del ricorrente per asserita
violazione dell'art. 3 Cost.
Già risolta in termini negativi dalla giurisprudenza di questa Corte sia pure
con riferimento all'art. 555 c.p.p. in materia di decreto di citazione a
giudizio dinnanzi al Pretore in rapporto all'art. 24 Cost. (vds. Cass. Sez. 1^
11.5.1992 n. 6932, Cova ed altri, rv. 190594), la questione oggi prospettata
dalla difesa, stavolta con riferimento al novellato (ex L. 479/99) art. 429
c.p.p. non si ritiene dimostrativa della riferita violazione del precetto
costituzionale di cui all'art. 3 Cost.
In effetti appare corretto quel giudizio di ultroneità della notifica del
decreto che dispone il giudizio al difensore del responsabile civile assente
alla lettura del decreto in sede di udienza preliminare così come espresso dal
Tribunale (e condiviso dalla Corte di Appello) posto che tra il testo dell'art.
429 c.p.p. (a tenore del quale il decreto deve essere notificato a soggetti ben
individuati - imputato e persona offesa - non presenti alla lettura) e quello
contenuto nell'art. 133 Disp. Att. c.p.p. (a tenore del quale la notifica è
obbligatoria per tutte quelle parti non presenti all'udienza preliminare) vi è
una differenza legata ai diversi segmenti dell'udienza preliminare, di guisa che
tale differenza di regime che muove da una diversa situazione delle parti
processuali in gioco spiega in modo razionale la non necessità della notifica
del decreto ex art. 429 c.p.p. al responsabile civile che sia risultato assente
alla lettura del decreto: ciò appare ragionevole anche alla luce del fatto che,
come esattamente ricordato dalla Corte territoriale, l'art,. 83 comma 2 c.p.p.
prevede che la citazione del responsabile civile (che solitamente avviene o ad
opera della parte civile, ovvero per intervento volontario dello stesso
responsabile civile) avvenga al più tardi per il dibattimento.
Ciò a riprova del fatto che laddove sia consentito l'ingresso (eventuale) del
responsabile civile, questo deve avvenire nel giudizio dibattimentale e non
necessariamente alla prima udienza, a condizione che non vengano vulnerati i
diritti difensivi spettatigli.
E' quindi pienamente giustificata la differenza di regime legata ad una diversa
posizione iniziale processuale del responsabile civile rispetto alle altre parti
che esclude quella supposta disparità di trattamento come denunciata dalla
difesa dei ricorrente.
Quanto alle rimanenti eccezioni di nullità, le esaustive e convincenti risposte
date dalla Corte di Appello giustificano in questa sede il rigetto delle
relative questioni riproposte nei medesimi termini e senza aggiunta di elementi
di novità tali da rimeditare la soluzione.
Vanno poi disattese le censure c.d. "di merito" relative alla posizione del
ricorrente CO., richiamandosi sul punto le considerazioni svolte da questa Corte
in merito alla infondatezza del ricorso da questi proposto relativamente alla
sua ritenuta colpevolezza.
Meritano, invece, di essere accolte le censure rivolte alle statuizioni civili
di tipo risarcitorio pronunciate nei confronti del responsabile civile FO. RI.
s.p.a., sia pure dando atto delle precisazioni contenute nella sentenza
impugnata che, tuttavia, non appaiono convincenti sul piano logico.
Invero tale condanna è - per quanto è dato leggere sia nella parte motiva che
nel dispositivo della sentenza impugnata - collegata al risarcimento dei danni
pronunciato a carico di PA. Mi. in favore delle parti civili costituitesi nei
suoi confronti (ovverosia Regione Lombardia, Ministero dell'Ambiente, SE.
s.r.l., Comune di Milano).
Se così è, è fondato quanto rilevato dal ricorrente in ordine, anzitutto, ad una
mancata costituzione o proposizione di conclusioni nei riguardi del responsabile
civile FO. RI. s.p.a. da parte di alcuni soggetti ben individuati (Comune di
Mediglia, Comune di Cassano d'Adda, Provincia di Milano, Comune di San Giuliano
Milanese, Ministero dell'Ambiente): il che ha giustificato quelle precisazioni
contenute nella sentenza impugnata. Ma tali precisazioni, come dedotto dal
ricorrente, sono andate ben al di là di quanto consentito, di fatto
determinandosi ad opera della Corte di Appello un sorta di solidarietà tra le
FO. RI. s.p.a. e l'imputato PA. Michele che, in quanto rappresentante di altra
società (la FRATELLI PA. s.n.c.) deve ritenersi assolutamente estraneo alle FO.
RI. s.p.a.
Né è ipotizzabile una responsabilità a carico del responsabile civile per il
fatto del terzo: in questo senso non risulta chiarito da parte della Corte di
Appello il rapporto organico o di garanzia in forza del quale è stata disposta,
con le precisazioni suddette, la condanna del responsabile civile nei confronti
di quelle parti civili costituitesi nei riguardi del PA., stante l'estraneità di
costui alla società (a differenza di quanto astrattamente ipotizzabile per il CO.
e per il RI VI. impiegati della società e dunque a questa legati da vincolo
contrattuale).
Inoltre non è superfluo osservare che, intesa in questi termini, la pronuncia
della Corte di Appello finisce con il concretizzare una vera e propria
reformatio in pejus ex art. 597 c.p.p. rispetto alle statuizioni contenute
nella sentenza di primo grado nella misura in cui nulla conteneva su tale
specifico punto la sentenza di primo grado.
Si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza in parte qua con rinvio alla
Corte di Appello di Milano - altra Sezione - per nuovo esame sul punto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di CO. Ca. per essere
il reato estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili nei suoi
confronti. Dichiara inammissibile il ricorso di PA. MI. che condanna al
pagamento delle spese processuali, nonché della somma di € 1.000.00 alla cassa
delle Ammende. Condanna il CO. e il PA. in solido, alla rifusione delle spese
sostenute dalla parte civile SE. s.r.l. che liquida in complessivi € 3.000,00
oltre IVA e accessori di legge. Annulla la sentenza impugnata relativamente alla
condanna del responsabile civile RI. FO. s.p.a. con rinvio ad altra Sezione
della Corte di Appello di Milano.
Così deciso in Roma il 12 gennaio 2011.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 20 APR. 2011
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562