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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 21/04/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n. 16054
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarichi di acque reflue industriali - Controllo di
conformità - Campionamento delle acque - Modalità - Particolari esigenze -
Motivazione espressa nel verbale - All. 5, D.Lv. n. 152/06. In tema di
campionamento delle acque, le disposizioni vigenti, nell'indicare le modalità,
non stabiliscono alcun criterio legale di valutazione della prova, limitandosi a
specificare che la metodica normale è quella del campionamento medio ma non
escludendo che l'organo di controllo possa procedere con modalità diverse di
campionamento, anche istantaneo, in situazioni particolari. Il D.Lv. n. 152/06,
nell'Allegato 5, specifica che le determinazioni analitiche ai fini del
controllo di conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono, di
norma, riferite ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore, ma precisa
che l'autorità preposta al controllo può, con motivazione espressa nel verbale
di campionamento, effettuarlo su tempi diversi al fine di ottenere il campione
più adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari
esigenze, quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute
nell'autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico,
dal tipo di scarico (in relazione alle caratteristiche di continuità dello
stesso), il tipo di accertamento (accertamento di routine, accertamento di
emergenza, ecc.). (conferma ordinanza emessa il 26/7/2010 dal Tribunale di
Chieti) Pres. Ferrua Est. Ramacci Ric. Catabbi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 21/04/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n. 16054
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarico in assenza di autorizzazione - Superamento dei
limiti di legge - Pericolo per la salute delle persone - Integrità dell'ambiente
- Inquinamento delle acque - Fattispecie - Art. 321, c. 3bis C.P.P.. In
materia di inquinamento delle acque, la presenza di uno scarico in assenza di
autorizzazione, con superamento dei limiti di legge o comunque con modalità tali
da determinare pericolo per la salute delle persone o l'integrità dell'ambiente
configura quella condizione di urgenza che la norma richiede per l'immediato
intervento della polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 321, comma 3bis
C.P.P.. Nella specie, il rilascio del titolo abilitativo, presuppone una serie
di adempimenti quali, ad esempio, il versamento della somma di cui al comma
undicesimo dell'articolo 124 e l'indicazione delle caratteristiche dello scarico
e di controlli che caratterizzano lo specifico procedimento amministrativo che
non può certo ritenersi neppure iniziato in presenza di una generica richiesta
di rinnovo o di un mero sollecito. (conferma ordinanza emessa il 26/7/2010 dal
Tribunale di Chieti) Pres. Ferrua Est. Ramacci Ric. Catabbi. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 21/04/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n. 16054
DIRITTO DELLE ACQUE - DIRITTO AGRARIO - Attività di trasformazione o di
valorizzazione della produzione agricola - Connessione funzionale - Insediamento
industriali - Configurabilità - Presupposti - Art. 74, lett. h) D.Lv. 152/06 -
Fattispecie: attività di produzione vitivinicola. L'attività di
trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola presuppone che
l'impresa eserciti esclusivamente l'attività agricola (o di allevamento) e che,
nell'ambito della stessa, in presenza di un rapporto di stretta connessione
funzionale, proceda poi alla trasformazione ed alla valorizzazione del prodotto
utilizzando, inoltre, materia prima lavorata che deve pervenire in misura
prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui l'impresa disponga a
qualsiasi titolo. Nella fattispecie si versa, al contrario, in una ipotesi in
cui l'insediamento dal quale proviene lo scarico esercita l'attività di
produzione vitivinicola senza alcun rapporto di complementarietà funzionale con
l'attività agricola che, peraltro, non viene svolta direttamente. Pertanto, si
tratta di un insediamento in cui si svolge la produzione di beni ed i cui reflui
sono certamente qualificabili come industriali ai sensi dell'articolo 74,
lettera h) D.Lv. 152/06. (conferma ordinanza emessa il 26/7/2010 dal Tribunale
di Chieti) Pres. Ferrua Est. Ramacci Ric. Catabbi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 21/04/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n. 16054
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo - Poteri della polizia
giudiziaria - Presupposti - Esecuzione del sequestro - Art. 321, c. 3bis C.P.P..
L'articolo 321, comma 3bis C.P.P. stabilisce, con riferimento al sequestro
preventivo eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria, che lo stesso può
essere effettuato, nel corso delle indagini preliminari, in tutti i casi in cui
una situazione di urgenza impedisca di attendere l'intervento del Pubblico
Ministero. Pertanto, l'esigenza per la polizia giudiziaria di fronteggiare una
eventuale situazione imprevista legittima l'esecuzione del sequestro non solo
nei casi in cui il personale di polizia agisca di iniziativa, ma anche qualora
l'intervento sia effettuato nell'ambito di attività delegata dall'autorità
giudiziaria (Cass. Sez. III n. 36174, 22/09/2003; Cass. Sez. II n. 3460,
31/07/1995). Si richiede, che sussista il pericolo che la libera disponibilità
di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di
esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati e che non sia possibile
attendere nel frattempo il provvedimento del Pubblico Ministero. (conferma
ordinanza emessa il 26/7/2010 dal Tribunale di Chieti) Pres. Ferrua Est. Ramacci
Ric. Catabbi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 21/04/2011 (Ud.
16/03/2011) Sentenza n. 16054
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Giuliana FERRUA
Presidente
Dott. Mario GENTILE
Consigliere
Dott. Renato GRILLO
Consigliere
Dott. Giulio SARNO
Consigliere
Dott. Luca RAMACCI
Consigliere Est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da: CATABBI Domenico nato a Crecchio il 14/10/1942
- avverso l'ordinanza emessa il 26\7\2010 dal Tribunale di Chieti Sentita la
relazione fatta dal Consigliere Dott. Luca Ramacci
- Udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Mario Fraticelli che ha
concluso per il rigetto del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza del 26 luglio 2010, il Tribunale di Chieti rigettava la richiesta
di riesame presentata, nell'interesse di CATABBI Domenico, avverso il sequestro
preventivo di uno scarico non autorizzato di reflui provenienti da un
insediamento esercente l'attività vitivinicola con recapito finale in pubblica
fognatura e per i quali risultava accertato il superamento dei limiti di legge
per il parametro relativo al rame, ipotizzandosi così la violazione
dell'articolo 137, commi primo e quinto D.Lv. n.152/06, eseguito in via
d'urgenza dalla polizia giudiziaria e successivamente convalidato dal G.I.P.
Avverso tale provvedimento il CATABBI proponeva ricorso per cassazione.
Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione dell'articolo 321 C.P.P.,
rilevando l'illegittimità del sequestro in quanto eseguito d'iniziativa dalla
polizia giudiziaria in assenza del requisito dell'urgenza richiesto dal comma
3bis della menzionata disposizione poiché, a suo dire, all'atto del sequestro
nessuno scarico era in corso di effettuazione ed al momento del campionamento
l'impianto di depurazione non era in funzione.
Con un secondo motivo di ricorso rilevava la violazione dell'articolo 137 D.Lv.
n.152\06, in quanto l'originaria autorizzazione allo scarico non era mai stata
sospesa o revocata ed era stata oggetto di puntuali richieste di rinnovo non
riscontrate dall'amministrazione competente, cosicché lo scarico poteva comunque
ritenersi lecitamente effettuato in ragione di quanto disposto dall'articolo 124
D.Lv. n. 152\06 (erroneamente indicato in ricorso come articolo 214).
Osservava, inoltre, che lo scarico non poteva essere qualificato come
industriale per essere lo stesso assimilabile, ai sensi dell'articolo 101 D.Lv.
n. 152\06, alle acque reflue domestiche in quanto attinente ad una delle
attività contemplate dalla disposizione richiamata.
Contestava, inoltre, la regolarità del prelievo di campioni effettuato per
attestare il superamento dei limiti tabellari avvenuto ad impianto di
depurazione fermo e, comunque, presso un pozzetto di ispezione posto all'interno
dell'impianto medesimo e lontano dal punto di immissione in fognatura, nonché
senza rispettare la metodologia richiesta che avrebbe previsto l'effettuazione
del "campionamento medio".
Insisteva, pertanto, per l'accoglimento del ricorso
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso é infondato.
Va in primo luogo rilevato che l'articolo 321, comma 3bis C.P.P. stabilisce, con
riferimento al sequestro preventivo eseguito di iniziativa dalla polizia
giudiziaria, che lo stesso può essere effettuato, nel corso delle indagini
preliminari, in tutti i casi in cui una situazione di urgenza impedisca di
attendere l'intervento del Pubblico Ministero.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'esigenza per la polizia giudiziaria
di fronteggiare una eventuale situazione imprevista legittima l'esecuzione del
sequestro non solo nei casi in cui il personale di polizia agisca di iniziativa,
ma anche qualora l'intervento sia effettuato nell'ambito di attività delegata
dall'autorità giudiziaria (Sez. III n. 36174, 22 settembre 2003; Sez. II n.
3460, 31 luglio 1995).
Si richiede, pertanto, che sussista il pericolo che la libera disponibilità di
una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso,
ovvero agevolare la commissione di altri reati e che non sia possibile attendere
nel frattempo il provvedimento del Pubblico Ministero.
Va conseguentemente affermato che, in materia di inquinamento delle acque, la
presenza di uno scarico in assenza di autorizzazione, con superamento dei limiti
di legge o comunque con modalità tali da determinare pericolo per la salute
delle persone o l'integrità dell'ambiente possa configurare quella condizione di
urgenza che la norma richiede per l'immediato intervento della polizia
giudiziaria ai sensi dell'articolo 321, comma 3bis C.P.P.
Nella fattispecie, risulta dal provvedimento impugnato che l'intervento del
personale del Corpo Forestale era stato sollecitato dal tecnico gestore
dell'impianto di depurazione della pubblica fognatura, nella quale lo scarico si
immetteva, in quanto la concentrazione dei reflui provenienti dall'insediamento
del ricorrente era tale da compromettere la funzionalità del depuratore.
Il personale intervenuto presso lo stabilimento verificava che lo scarico era in
atto e dal depuratore dell'azienda si immetteva nella rete fognaria.
In tale frangente, dunque, era indubitabile la condizione d'urgenza che
legittimava pienamente l'applicazione della misura poi convalidata dal G.I.P.
L'ordinanza impugnata è poi immune da censure anche per quanto riguarda la
riconosciuta mancanza di autorizzazione allo scarico.
Viene evidenziato, infatti, che l'unico atto abilitativo conseguito
dall'insediamento era un'autorizzazione datata 23 febbraio 1996, con validità
fissata in quattro anni e mai rinnovata , anche se veniva esibito un sollecito
diretto all'amministrazione comunale il 28 giugno 2005 e rimasto senza
riscontro.
Ciò posto, deve rilevarsi che, con riferimento allo scarico in questione, doveva
applicarsi la disciplina transitoria fissata dall'articolo 62, comma undicesimo
del D.Lv. 152\99 che, per l'adeguamento degli scarichi esistenti alla data di
entrata in vigore del decreto, muniti o meno di autorizzazione, prevedeva
termini specifici ormai scaduti all'atto del controllo da parte della polizia
giudiziaria.
Correttamente, dunque, il Tribunale ha ritenuto lo scarico non autorizzato, ai
fini della valutazione della legittimità della misura reale, a nulla rilevando
la presentazione di reiterate istanze di rinnovo, rimaste senza esito, di
un'autorizzazione rilasciata da oltre un decennio.
Non poteva inoltre ritenersi applicabile, nella fattispecie, il disposto
dell'articolo 124, comma ottavo che consente il mantenimento provvisorio degli
scarichi per i quali sia stato tempestivamente richiesto il rinnovo
dell'autorizzazione.
Il rilascio del titolo abilitativo, invero, presuppone una serie di adempimenti
quali, ad esempio, il versamento della somma di cui al comma undicesimo
dell'articolo 124 e l'indicazione delle caratteristiche dello scarico e di
controlli che caratterizzano lo specifico procedimento amministrativo che non
può certo ritenersi neppure iniziato in presenza di una generica richiesta di
rinnovo o di un mero sollecito.
Il Tribunale ha inoltre fatto buon uso delle disposizioni e dei principi
applicati riconoscendo la regolarità del campionamento.
A prescindere dal fatto che la legittimità dell'operato degli accertatori potrà
essere oggetto di esame nel giudizio di merito, va ricordato che anche le
disposizioni vigenti, nell'indicare le modalità di campionamento, non
stabiliscono alcun criterio legale di valutazione della prova, limitandosi a
specificare che la metodica normale è quella del campionamento medio ma non
escludendo che l'organo di controllo possa procedere con modalità diverse di
campionamento, anche istantaneo, in situazioni particolari.
Infatti il D.Lv. n. 152\06, nell'Allegato 5, specifica che le determinazioni
analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue
industriali sono, di norma, riferite ad un campione medio prelevato nell'arco di
tre ore, ma precisa che l'autorità preposta al controllo può, con motivazione
espressa nel verbale di campionamento, effettuarlo su tempi diversi al fine di
ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico qualora lo
giustifichino particolari esigenze, quali quelle derivanti dalle prescrizioni
contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo
tecnologico, dal tipo di scarico (in relazione alle caratteristiche di
continuità dello stesso), il tipo di accertamento (accertamento di routine,
accertamento di emergenza, ecc.).
Tale giustificazione, anche sommaria, dovrà consentire di verificare che il
campione prelevato sia comunque rappresentativo delle condizioni reali dello
scarico secondo la valutazione dell'organo accertatore.
Detta valutazione, come risulta chiaramente dal testo in precedenza richiamato,
non attiene esclusivamente ad aspetti tecnici, riferendosi anche alle condizioni
dello scarico ed alla tipologia dell'accertamento, con la conseguenza che sarà
fondata sull'insieme di tali elementi, globalmente considerati, poiché è di
tutta evidenza che se l'accertamento riguarda scarichi effettuati in assenza di
autorizzazione o superando i limiti tabellari, richiederà modalità ben diverse
da quelle di un controllo di routine presso un insediamento che svolge
regolarmente la propria attività.
Nella fattispecie, lo scarico in atto, l'assenza di titolo abilitativo ed il
pericolo di compromissione dell'impianto di depurazione della pubblica fognatura
legittimavano, senz'altro, l'espletamento del campionamento con la metodica
seguita che assicurava la tempestività del prelievo e la rappresentatività del
campione in relazione alle condizioni attuali.
Per quanto riguarda, infine, la pretesa assimilabilità dei reflui scaricati alle
acque reflue domestiche, la stessa è stata giustamente esclusa dal Tribunale non
ricorrendo, nella fattispecie, le condizioni di legge.
Invero, il ricorrente invoca l'applicabilità dell'articolo 101, comma settimo
D.Lv. 152\06 riferendosi, evidentemente, alla lettera c), ove è stabilito che
sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue provenienti da
imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla
silvicoltura o ad allevamento di bestiame che esercitano anche attività di
trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con
carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo
aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente
dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la
disponibilità.
Il tenore letterale della norma è inequivoco nell'indicare i requisiti richiesti
per l'assimilabilità.
In particolare, l'attività di trasformazione o di valorizzazione della
produzione agricola presuppone che l'impresa eserciti esclusivamente l'attività
agricola (o di allevamento) e che, nell'ambito della stessa, in presenza di un
rapporto di stretta connessione funzionale, proceda poi alla trasformazione ed
alla valorizzazione del prodotto utilizzando, inoltre, materia prima lavorata
che deve pervenire in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei
terreni di cui l'impresa disponga a qualsiasi titolo.
Nella fattispecie si versa, al contrario, in una ipotesi in cui l'insediamento
dal quale proviene lo scarico esercita l'attività di produzione vitivinicola
senza alcun rapporto di complementarietà funzionale con l'attività agricola che,
peraltro, non viene svolta direttamente.
Si tratta, in altre parole, di un insediamento in cui si svolge la produzione di
beni ed i cui reflui sono certamente qualificabili come industriali ai sensi
dell'articolo 74, lettera h) D.Lv. 152\06.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato con le consequenziali statuizioni
indicate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento
Così deciso in Roma il 16 marzo 2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 21 APR. 2011
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