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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n. 16592
DIRITTO URBANISTICO - INCENDI - BOSCHI E FORESTE - Realizzazione di
costruzioni in soprasuoli percorsi dal fuoco - Specifica localizzazione
dell'area antecedente all'incendio dagli strumenti urbanistici - Art. 10 L. n.
353/2000. L'articolo 10 della Legge n. 353/2000, laddove consente la
realizzazione di edifici, strutture ed infrastrutture finalizzate ad
insediamenti civili ed attività produttive nei soprassuoli percorsi dal fuoco
nei casi in cui la realizzazione sia stata prevista in data antecedente
all'incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data, si riferisce alla
specifica localizzazione dell'area riservata all'intervento da parte dello
strumento urbanistico e non anche alla previsione di zona, con la conseguenza
che non rileva, ai fini della speciale deroga, la generica compatibilità
dell'intervento con la destinazione dell'area, essendo al contrario richiesto
che l'area medesima sia già riservata dallo strumento urbanistico alla
realizzazione delle predette opere.(conferma ordinanza del 16/9/2010 dal
Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric. Siracusa. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n. 16592
DIRITTO URBANISTICO - INCENDI - BOSCHI E FORESTE - Aree percorse dal fuoco -
Divieto decennale di inedificabilità - Applicazione e limiti - Localizzazione di
area e PRG - Art. 7 L. n. 1150/1942 - Art. 27 L. n. 457/1978 - Art. 10 L. n.
353/2000. In tema di aree percorse dal fuoco, ai sensi dell'articolo 10
della Legge 21 novembre 2000, n. 353, l'ipotesi di esclusione del divieto
decennale di inedificabilità deve essere affrontata e risolta tenendo presente
che il richiamo alla previsione della realizzazione delle infrastrutture, in
data precedente l'incendio, dagli strumenti urbanistici vigenti - non si
riferisce ad una previsione di zona, bensì ad una localizzazione di area (Cass.
Sez. III n. 7608, 25/02/2010). In particolare, il riferimento riguarda
l'articolo 7 della Legge 17 agosto 1942, n. 1150, il quale indica i contenuti
essenziali dello strumento urbanistico generale. Tali contenuti sono
individuati, per quanto attiene alla localizzazione: - nella rete delle
principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei
relativi impianti; - nelle aree destinate a formare spazi di uso pubblico o
sottoposte a speciali servitù; - nelle aree da riservare ad edifici pubblici o
di uso pubblico nonché ad opere ed impianti di interesse collettivo o sociale.
Sono invece contenuti riferiti alla zonizzazione: - la divisione in zone del
territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all'espansione
dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da
osservare in ciascuna zona; - i vincoli da osservare nelle zone a carattere
storico, ambientale, paesistico; - le norme per l'attuazione del piano. Ad essi
deve aggiungersi, inoltre, l'individuazione delle zone di recupero del
patrimonio edilizio esistente di cui tratta l'articolo 27 della Legge 5 agosto
1978, n. 457 recante "Norme per l'edilizia residenziale". (conferma ordinanza
del 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric.
Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011)
Sentenza n. 16592
BOSCHI E FORESTE - INCENDI - DIRITTO URBANISTICO - Zona boscata - Natura e
tutela - Art. 142, c.1°, lett. g) D. L.vo n. 42/2004. La natura di zona
boscata, comporta la sua collocazione nelle aree tutelate per legge, in ragione
di quanto disposto dall'articolo 142, comma primo, lettera g) D. L.vo n.
42/2004. (conferma ordinanza del 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres.
Gentile, Est. Ramacci, Ric. Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n. 16592
DIRITTO URBANISTICO - Titolo abilitativo edilizio illegittimo - Poteri del
Giudice penale - Disapplicazione dell'atto amministrativo - Esclusione -
Identificazione fattispecie e sanzione. In presenza di un titolo abilitativo
edilizio illegittimo, l'attività svolta dal giudice consiste nel valutare la
sussistenza dell'elemento normativo della fattispecie e non nel disapplicare
l'atto amministrativo o effettuare comunque valutazioni proprie della P.A..
Pertanto, quando il giudice penale accerta profili di illegittimità sostanziale
del titolo abilitativo edilizio procede ad una identificazione in concreto della
fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna "disapplicazione" né incide,
con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla P.A. poiché esercita un
potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa
incriminatrice (Cass. Sez. III, 21/06/2006 n. 21487; Cass. Sez. III 12/12/2006
n. 40425; Conf. Cass. Sez., 23/1/2007 III n. 1894; Cass. Sez. III, 13/11/2007 n.
41620; Cass. Sez. III, , 10/07/2008 n. 28225; Cass. Sez. III, 16/09/2008 n.
35389; Cass. Sez. III, 2/3/2009 n. 9177; Cass. Sez. III, 2/4/2009 n. 14504;
Cass. Sez. III, 8/9/2009 n. 34809; Cass. Sez. III, 30/9/2010 n.35391). (conferma
ordinanza del 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci,
Ric. Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC.
31/03/2011) Sentenza n. 16592
RIFIUTI - DIRITTO URBANISTICO - Discarica di rifiuti in area a destinazione
agricola - Limiti - Attività di gestione di rifiuti - Specifica localizzazione -
PRG - Giurisprudenza amministrativa condivisa. La realizzazione di un
impianto destinato a discarica ed attività di gestione di rifiuti in area a
destinazione agricola non può non riguardare opere per le quali gli strumenti
urbanistici non prevedano una specifica localizzazione e che, per loro natura,
non possono essere ubicati altro che in zona agricola. Diversamente
argomentando, verrebbe vanificata la zonizzazione del territorio e
l'individuazione delle diverse destinazioni d'uso. Tale opzione ermeneutica pare
peraltro condivisa anche dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato Sez. V
n. 7243, 1 ottobre 2010; Sez. V n. 1557, 18 marzo 2002). (conferma ordinanza del
16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric.
Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011)
Sentenza n. 16592
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro probatorio - Motivazione idonea -
Necessità - Richiami per relationem - Atti redatti dalla polizia
giudiziaria - Art. 324 c.6° C.P.P. - Rapporto di pertinenza fra le cose
sequestrate ed il reato - Esclusione. Con riferimento alla motivazione del
sequestro probatorio va ricordato, che, anche tale tipologia di sequestro deve
essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione circa il presupposto
della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti (Cass. SS.
UU., 13/02/2004, n. 5876). Di conseguenza, il Pubblico Ministero deve fornire il
provvedimento con il quale dispone o convalida il sequestro di adeguata
motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per
l'accertamento dei fatti (Cass. Sez. VI, 29/05/2008, n. 21736). Con riferimento
a tale motivazione si è ritenuto sufficientemente argomentato il provvedimento
nel quale il Pubblico Ministero richiami per relationem, ai fini
dell'individuazione del fatto per cui si procede e delle ragioni del sequestro,
gli atti redatti dalla polizia giudiziaria, senza necessità di riprodurli ed è
stata esclusa, in tale ipotesi, una eventuale lesione del diritto di difesa, che
risulta garantito dalla consegna del verbale di sequestro e, comunque, dalla
notifica del provvedimento del PM e dal successivo deposito ex art. 324 comma
sesto C.P.P. (Cass. Sez. V, 28/02/2006 n. 7278; Cass. Sez. V, 8/06/2000 n.
2108). In definitiva, tranne nei casi in cui l'esigenza probatoria del "corpus
delicti" sia in "re ipsa" (Cass. Sez. IV, 3/3/2010 n. 8662, relativa
ad un sequestro di stupefacenti) è necessario che il provvedimento di convalida
di sequestro probatorio effettuato dal Pubblico Ministero o il decreto di
sequestro probatorio dallo stesso emesso contengano, quantomeno, una
indicazione, ancorché essenziale e sintetica, delle esigenze probatorie che
giustificano il vincolo. Tali esigenze, peraltro, non presuppongono
necessariamente che il rapporto di pertinenza fra le cose sequestrate ed il
reato per cui si procede debba essere considerato in termini esclusivi di
relazione immediata, poiché può assumere rilievo e, conseguentemente, essere
oggetto di ricerca ed apprensione ogni elemento utile a ricostruire i fatti che,
anche in forma indiretta, possono contribuire al giudizio sul merito della
contestazione (Cass. Sez. III, 10/04/2002 n. 13641). (conferma ordinanza del
16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric.
Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011)
Sentenza n. 16592
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro probatorio - Sindacato del giudice del
riesame - Limiti. In tema di sequestro probatorio, che il sindacato del
giudice del riesame non può investire la concreta fondatezza dell'accusa, ma è
circoscritto alla verifica dell'astratta possibilità di sussumere il fatto in
una determinata ipotesi di reato e al controllo circa la qualificazione
dell'oggetto sequestrato come corpus delitti e, quindi, all'esistenza di una
relazione di immediatezza tra il bene stesso e l'illecito penale (Sez. V n.
9258, 2 marzo 2009; Sez. II n. 34625, 27 settembre 2005; Sez. I n. 4274, 23
luglio 1997). (conferma ordinanza del 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro)
Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric. Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.
III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n. 16592
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Mario GENTILE
Presidente
Dott. Amedeo FRANCO
Consigliere
Dott. Guida I. MULLIRI
Consigliere
Dott. Giulio SARNO
Consigliere
Dott. Luca RAMACCI
Consigliere Est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da: SIRACUSA Stefano nata a Catanzaro il 10/12/1965
- avverso l'ordinanza emessa il 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro Sentita la
relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
- Sentito Pubblico Ministero nella persona del Dott. Tindari Baglione che ha
concluso per il rigetto del ricorso
- Uditi i difensori Avv.ti Adolfo Larussa e Raffaele Floresta del Foro di
Catanzaro i quali hanno concluso per l'accoglimento del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza in data 16/09/2010, il Tribunale del Riesame di Catanzaro
rigettava il ricorso proposto da SI. St. confermando il decreto di perquisizione
e sequestro emesso dal Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale
e concernente i reati di cui agli articoli 110, 734 C.P., 44 lettera C) D.P.R.
n. 380/01 e 10, n.353/2000 ipotizzati con riferimento alla realizzazione in un
impianto destinato allo smaltimento ed al recupero di rifiuti da parte della
SIRIM srl, della quale il predetto SI. é legale rappresentante pro tempore.
Avverso il provvedimento il predetto proponeva ricorso per cassazione.
Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione dell'articolo 354 C.P.P. e
la conseguente nullità del sequestro, rilevando che la motivazione posta a
sostegno del provvedimento si riferiva non solo ai reati per i quali si stava
procedendo, ma anche al reato di falso in atto pubblico denunciato dalla polizia
giudiziaria in ordine al quale era necessario procedere ad ulteriori verifiche e
che tale reato era solo ipotizzato e comunque a lui non contestato, con la
conseguenza che il sequestro era stato disposto anche con riferimento a
fattispecie di reato riferibili ad altri soggetti ed a lui non contestate.
Con un secondo motivo di ricorso deduceva violazione di legge e vizio di
motivazione, lamentando che, a fronte del rilascio di tutte le necessarie
autorizzazioni richieste dalla disciplina urbanistica, ambientale e
paesaggistica, i giudici del riesame, con indebita ingerenza nell'attività
amministrativa, avevano posto in dubbio la liceità del realizzando impianto
affermata da diverse e tecnicamente competenti autorità amministrative.
Osservava, in particolare, come la positiva valutazione di compatibilità
ambientale assicurava la conformità dell'insediamento da realizzare alla vigente
disciplina urbanistica e paesaggistica e che errata risultava, inoltre, la
lettura data dal Tribunale dell'articolo 10 della Legge n. 353\2001 laddove
aveva ritenuto che lo stesso, nel consentire la realizzazione di edifici,
strutture ed infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività
produttive nei soprassuoli percorsi dal fuoco nei casi in cui la realizzazione
sia stata prevista in data antecedente all'incendio dagli strumenti urbanistici
vigenti a tale data, sia riferito all'opera specifica e non anche ad una
generica tipologia.
Aggiungeva, inoltre, che i giudici del riesame non avevano neppure tenuto in
considerazione che la presenza di un vincolo idrogeologico nell'area interessata
dall'intervento non consentiva di ritenere configurabile la violazione
paesaggistica.
Con un terzo motivo di ricorso denunciava la violazione degli articoli 42 e 43
C.P., osservando che la presenza dei titoli abilitativi richiesti per
l'esecuzione dell'intervento denotavano l'assenza dell'elemento psicologico e la
conseguente illegittimità ed inutilità del sequestro.
Insisteva, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.
All’udienza del 31 marzo 2011, avendo il ricorrente presentato due identici
ricorsi avverso identici provvedimenti, separatamente iscritti, veniva disposta
la riunione dei procedimenti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Con riferimento alla motivazione del sequestro probatorio va ricordato, in primo
luogo, come le Sezioni Unite di questa Corte abbiano avuto modo di stabilire che
anche tale tipologia di sequestro deve essere sorretto, a pena di nullità, da
idonea motivazione circa il presupposto della finalità perseguita, in concreto,
per l'accertamento dei fatti (SS. UU. n. 5876, 13 febbraio 2004)
Il Pubblico Ministero deve fornire il provvedimento con il quale dispone o
convalida il sequestro di adeguata motivazione in ordine al presupposto della
finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti (Sez. VI n.
21736, 29 maggio 2008).
Con riferimento a tale motivazione (e considerati i principi fissati dalle SS.
UU. nella pronuncia in precedenza richiamata) si è ritenuto sufficientemente
argomentato il provvedimento nel quale il Pubblico Ministero richiami per
relationem, ai fini dell'individuazione del fatto per cui si procede e delle
ragioni del sequestro, gli atti redatti dalla polizia giudiziaria, senza
necessità di riprodurli ed è stata esclusa, in tale ipotesi, una eventuale
lesione del diritto di difesa, che risulta garantito dalla consegna del verbale
di sequestro e, comunque, dalla notifica del provvedimento del PM e dal
successivo deposito ex art. 324 comma sesto C.P.P. (Sez. V n. 7278, 28 febbraio
2006; Sez. V n. 2108, 8 giugno 2000).
In definitiva, tranne nei casi in cui l'esigenza probatoria del "corpus
delicti" sia in "re ipsa" (v. Sez. IV n. 8662, 3 marzo 2010 relativa
ad un sequestro di stupefacenti) è necessario che il provvedimento di convalida
di sequestro probatorio effettuato dal Pubblico Ministero o il decreto di
sequestro probatorio dallo stesso emesso contengano, quantomeno, una
indicazione, ancorché essenziale e sintetica, delle esigenze probatorie che
giustificano il vincolo.
Tali esigenze, peraltro, non presuppongono necessariamente che il rapporto di
pertinenza fra le cose sequestrate ed il reato per cui si procede debba essere
considerato in termini esclusivi di relazione immediata, poiché può assumere
rilievo e, conseguentemente, essere oggetto di ricerca ed apprensione ogni
elemento utile a ricostruire i fatti che, anche in forma indiretta, possono
contribuire al giudizio sul merito della contestazione (Sez. III n. 13641, 10
aprile 2002).
Date tali premesse, deve osservarsi che, sul punto, nella impugnata ordinanza
non è ravvisabile la dedotta violazione di legge.
Invero, i giudici del riesame hanno dato compiutamente atto che il Pubblico
Ministero, nel procedere alla doverosa motivazione del provvedimento, ha
adeguatamente richiamato per relationem il contenuto degli atti del
procedimento indicando specificamente le finalità probatorie perseguite.
Il provvedimento del Pubblico Ministero contiene inoltre un richiamo ad
ulteriori esigenze probatorie relative ad eventuali successivi sviluppi delle
indagini in merito ad ipotesi di falso in atto pubblico, già denunciate dalla
polizia giudiziaria operante ma non contestate agli indagati ritenendo
necessarie altre indagini.
Tale giustificazione completa adeguatamente la motivazione del provvedimento ed
è inequivoca nel suo contenuto: diversamente da quanto affermato in ricorso, il
riferimento riguarda reati la cui commissione risulta già accertata ma che
richiedono ulteriori verifiche per individuare i soggetti responsabili e
l'espletamento di tali verifiche rende necessario il vincolo probatorio.
Tale modus operandi appare pienamente legittimo, anche in considerazione della
particolare complessità della vicenda che, come risulta dal tenore del
provvedimento impugnato e dal ricorso, comporta, ad esempio, l'analisi di
articolati procedimenti amministrativi all'esito dei quali sono stati rilasciati
i titoli abilitanti alla realizzazione dell'impianto e la verifica del regolare
svolgimento degli stessi che la ipotizzata sussistenza di falsi documentali
rende ancor più necessaria.
I giudici del riesame hanno inoltre chiaramente delineato i limiti della loro
cognizione, attraverso il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte.
In effetti, si è avuto modo di affermare, in più occasioni, con riferimento al
sequestro probatorio, che il sindacato del giudice del riesame non può investire
la concreta fondatezza dell'accusa, ma è circoscritto alla verifica
dell'astratta possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di
reato e al controllo circa la qualificazione dell'oggetto sequestrato come
corpus delitti e, quindi, all'esistenza di una relazione di immediatezza tra il
bene stesso e l'illecito penale (Sez. V n. 9258, 2 marzo 2009; Sez. II n. 34625,
27 settembre 2005; Sez. I n. 4274, 23 luglio 1997).
Il Tribunale ha quindi correttamente proceduto alla valutazione della
legittimità del vincolo imposto con il provvedimento del Pubblico Ministero
entro tale ambito e, così facendo, ha proceduto ad una sommaria analisi delle
disposizioni applicabili nella fattispecie e della compatibilità tra queste e le
opere da realizzare.
Tale doverosa verifica non determina alcuna ingerenza nell'attività
amministrativa, contrariamente a quanto affermato in ricorso attraverso
argomentazioni del tutto infondate che vorrebbero il giudice penale supinamente
acquiescente in presenza di qualsivoglia provvedimento amministrativo se non nel
caso in cui lo stesso non sia frutto di collusione tra soggetto privato e
funzionario che lo ha emesso.
Si tratta, in verità, di una questione da tempo affrontata e risolta dalla
giurisprudenza di questa Corte, specie con riferimento alla disciplina
urbanistica, nei casi di interventi edilizi autorizzati con permesso di
costruire illegittimo, chiarendo quali siano i poteri del giudice penale in
presenza di vizi di legittimità del titolo abilitativo.
All'esito di un articolato dibattito (e sulla scia della nota sentenza delle
Sezioni Unite n. 11635, 21 dicembre 1993) si è infatti giunti alla conclusione
che l'attività svolta dal giudice in presenza di un titolo abilitativo edilizio
illegittimo consiste nel valutare la sussistenza dell'elemento normativo della
fattispecie e non nel disapplicare l'atto amministrativo o effettuare comunque
valutazioni proprie della P.A..
Si è così precisato che quando il giudice penale accerta profili di
illegittimità sostanziale del titolo abilitativo edilizio procede ad una
identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere
alcuna "disapplicazione" né incide, con indebita ingerenza, sulla sfera
riservata alla P.A. poiché esercita un potere che trova fondamento e
giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice (Sez. III n.
21487, 21 giugno 2006; v. anche Sez. III n. 40425, 12 dicembre 2006. Conf. Sez.
III n. 1894, 23 gennaio 2007; Sez. III n. 41620, 13 novembre 2007, Sez. III, n.
28225, 10 luglio 2008, Sez. III n. 35389, 16 settembre 2008, Sez. III n. 9177, 2
marzo 2009, Sez. III n. 14504, 2 aprile 2009, Sez. III n. 34809, 8 settembre
2009, Sez. III n.35391, 30 settembre 2010).
Ciò posto, appare pertanto del tutto legittima l'analisi effettuata dal
Tribunale, entro i limiti della cognizione propria della fase incidentale del
riesame, sulla compatibilità dell'impianto da realizzare e le disposizioni dello
strumento urbanistico del comune interessato dall'intervento (articolo 48 delle
NTA del PRG di S. Flora) correttamente osservando come la localizzazione in zone
agricole di attività non compatibili con le zone A, B, C e D sia subordinata al
rispetto delle caratteristiche insediative della zona, al fatto che non siano
inquinanti e non comportino pregiudizio al paesaggio ed all'ambiente e si ponga
in evidente contrasto con la tipologia di intervento assentito che riguarda un
impianto destinato a discarica ed attività di gestione di rifiuti.
Peraltro, in linea generale, deve osservarsi che la realizzazione di interventi
quale quello oggetto di esame da parte del Tribunale in area a destinazione
agricola non può non riguardare opere per le quali gli strumenti urbanistici non
prevedano una specifica localizzazione e che, per loro natura, non possono
essere ubicati altro che in zona agricola. Diversamente argomentando, verrebbe
vanificata la zonizzazione del territorio e l'individuazione delle diverse
destinazioni d'uso. Tale opzione ermeneutica pare peraltro condivisa anche dalla
giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato Sez. V n. 7243, 1 ottobre 2010; Sez.
V n. 1557, 18 marzo 2002)
Altrettanto corretta appare, inoltre, la lettura, da parte dei giudici del
riesame, dell'articolo 10 della Legge 21 novembre 2000, n. 353 "Legge quadro
sugli incendi boschivi" (erroneamente richiamata nel provvedimento impugnato con
l'indicazione "D.Lv. 227/2001").
Le disposizioni in essa contenute sono, come è noto, finalizzate "alla
conservazione e alla difesa dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale
quale bene insostituibile per la qualità della vita" (art. 1, comma 1). Tale
obiettivo, perseguito anche attraverso misure di "previsione, di prevenzione e
di lotta attiva contro gli incendi boschivi" e di `formazione, informazione ed
educazione ambientale" (art. 1, comma 2) giustifica anche i vincoli di
destinazione e le limitazioni d'uso fissati dall'art. 10 quale deterrente del
fenomeno degli incendi finalizzati alla successiva speculazione edilizia e per
la conseguente salvaguardia del patrimonio boschivo.
Oggetto di valutazione, nel caso in esame, è il comma primo dell'articolo 10 che
cosi recita: "le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati
percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella
preesistente all'incendio per almeno quindici anni. E' comunque consentita la
costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica
incolumità e dell'ambiente. In tutti gli atti di compravendita di aree e
immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi
previsti dal presente comma, deve essere espressamente richiamato il vincolo di
cui al primo periodo, pena la nullità dell'atto. Nei comuni sprovvisti di piano
regolatore e' vietata per dieci anni ogni edificazione su area boscata percorsa
dal fuoco. E' inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la
realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad
insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui detta
realizzazione sia stata prevista in data precedente l'incendio dagli strumenti
urbanistici vigenti a tale data".
Il tribunale osserva che la deroga prevista dall'ultima parte della disposizione
deve essere intesa nel senso che lo strumento urbanistico deve prevedere in
termini puntuali le opere da realizzare, non essendo sufficiente una indicazione
in termini generici, in quanto vanificherebbe lo scopo della norma.
Tale lettura della norma, contestata in ricorso, appare condivisibile e conforme
a principi già affermati da questa Corte.
Invero, in una recente pronuncia (Sez. III n. 7608, 25 febbraio 2010), si è
avuto modo di precisare che l'ipotesi di esclusione del divieto decennale di
inedificabilità deve essere affrontata e risolta tenendo presente che il
richiamo alla previsione della realizzazione delle infrastrutture, in data
precedente l'incendio, dagli strumenti urbanistici vigenti - non si riferisce ad
una previsione di zona, bensì ad una localizzazione di area.
Il riferimento riguarda l'articolo 7 della Legge 17 agosto 1942, n. 1150, il
quale indica i contenuti essenziali dello strumento urbanistico generale.
Tali contenuti sono individuati, per quanto attiene alla localizzazione:
- nella rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e
navigabili e dei relativi impianti;
- nelle aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali
servitù;
- nelle aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico nonché ad opere
ed impianti di interesse collettivo o sociale
Sono invece contenuti riferiti alla zonizzazione:
- la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone
destinate all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e
dei caratteri da osservare in ciascuna zona;
- i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico;
- le norme per l'attuazione del piano.
Ad essi deve aggiungersi, inoltre, l'individuazione delle zone di recupero del
patrimonio edilizio esistente di cui tratta l'articolo 27 della Legge 5 agosto
1978, n. 457 recante "Norme per l'edilizia residenziale".
Tale principio deve pertanto essere riaffermato nel senso che l'articolo 10
della Legge n. 353/2000, laddove consente la realizzazione di edifici, strutture
ed infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive nei
soprassuoli percorsi dal fuoco nei casi in cui la realizzazione sia stata
prevista in data antecedente all'incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a
tale data, si riferisce alla specifica localizzazione dell'area riservata
all'intervento da parte dello strumento urbanistico e non anche alla previsione
di zona, con la conseguenza che non rileva, ai fini della speciale deroga, la
generica compatibilità dell'intervento con la destinazione dell'area, essendo al
contrario richiesto che l'area medesima sia già riservata dallo strumento
urbanistico alla realizzazione delle predette opere.
Il provvedimento impugnato si presenta pertanto immune dalle censure mosse in
ricorso ed appare sorretto da argomentazioni del tutto coerenti e prive di
cedimenti logici che forniscono adeguata e puntuale risposta alle allegazioni
difensive.
Del tutto infondata appare, inoltre, l'affermazione secondo la quale il
Tribunale avrebbe errato nel non considerare che la presenza di un vincolo
idrogeologico nell'area interessata dall'intervento non consentiva di ritenere
configurabile la violazione paesaggistica.
Come emerge infatti dal ricorso e dal provvedimento impugnato, l'area in
questione è boscata.
Tale sua natura comporta la sua collocazione nelle aree tutelate per legge, in
ragione di quanto disposto dall'articolo 142, comma primo, lettera g) D. L.vo n.
42/2004.
In conclusione, il Tribunale nei limiti del procedimento incidentale di riesame,
ha proceduto ad una completa ed esaustiva analisi della vicenda con riferimento
ai presupposti per l'applicazione del sequestro facendo buon uso delle
disposizioni sostanziali e processuali applicati e della lettura offertane dalla
giurisprudenza di questa Corte.
L'astratta configurabilità dei reati ipotizzati, idonea a sostenere il
sequestro, era inoltre pienamente sussistente, anche sotto il profilo
soggettivo, trattandosi di ipotesi contravvenzionali per le quali è sufficiente
la colpa.
Ulteriori approfondimenti e valutazioni sul merito della imputazione sono
estranei al procedimento di riesame che riguarda peraltro, nella fattispecie, un
mezzo di ricerca della prova, con la conseguenza che non può richiedersi che
tale prova sia sussistente fin dall'atto di imposizione del vincolo.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni
indicate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Cosi deciso in Roma il 31 marzo 2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 28 APR. 2011
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