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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 4/5/2011 (Ud. 17/2/2011) Sentenza n. 17217
DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire - Assenza - Natura permanente del
reato - Cessazione della permanenza - Presupposti - Violazioni normativa
antisismica - Artt. 83, 95 e 94, 4° c., del D.P.R. n. 380/2001. Il reato di
costruzione edilizia senza permesso di costruire, ha natura permanente e la
permanenza cessa con il totale esaurimento dell'attività illecita, cioè o con la
totale sospensione dei lavori, sia essa volontaria (da provare rigorosamente) o
dovuta a provvedimento autoritativo, ovvero con l'ultimazione dell'opera nel suo
complesso, compresi i lavori di rifinitura interni ed esterni (intonaci,
infissi, tinteggiatura, impianti idrici, elettrici e di riscaldamento etc.).
(Cass., Sez. III, 10.6.2005, n. 21959, Di Liberto; Cass. 3.6.2003, n. 33013,
Sorrentino). Quanto alla disciplina per le costruzioni in zone sismiche, è
pacificamente consolidata l'affermazione della natura permanente del reato di
violazione delle norme tecniche (già previsto dagli artt. 3 e 20 della legge n.
64/1974 ed attualmente dagli artt. 83 e 95 del T.U. n. 380/2001), con la
specificazione che, ai fini della prescrizione, tale permanenza ha termine con
la ultimazione o la definitiva cessazione dei lavori di costruzione del
manufatto (Cass., Sez. Unite 27.2.2002, n. 17178, Cavallaio). Così, ha natura
permanente anche il reato di cui all’art. 94, 4° comma, del D.P.R. n. 380/2001,
ove il legislatore punisce l'inottemperanza alla disposizione secondo la quale
"I lavori devono essere diretti da un ingegnere, architetto, geometra o perito
edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze". In questo
caso la ratio legis è rivolta ad evitare che - in considerazione della
particolare delicatezza dell'edificazione in territori soggetti al fenomeno
sismico e, quindi, a sollecitazioni telluriche che potrebbero compromettere la
statica degli edifici - la realizzazione di interventi edilizi venga affidata a
soggetti sprovvisti delle necessarie competenze tecnico-scientifiche, sicché
(come emerge ad evidenza, del resto, dallo stesso dato letterale della norma) il
reato perdura oltre l'inizio della costruzione e per tutto lo svolgimento
dell'attività costruttiva. (dich. inamm. il ricorso avverso sentenza n.
4906/2006 CORTE APPELLO di CATANIA, del 16/04/2010) Pres. Gentile, Est. Fiale,
Ric. Galletti ed altra. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 4/5/2011 (Ud.
17/2/2011) Sentenza n. 17217
DIRITTO URBANISTICO - Lavori edili in zona sismica - Omesse denunzia dei
lavori e presentazione dei progetti - Inizio dei lavori senza preventiva
autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione - Reati
edilizi - Natura permanente dei reati - Presupposti - Condotta del
contravventore - Acquisizione dell'autorizzazione - Necessità - Artt. 93, 94, 1°
c. e 95 del D.P.R. n. 380/2001. In materia di violazioni edilizie, si
configura il reato di cui agli artt. 93 e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (omesse
denunzia dei lavori e presentazione dei progetti) e permane sino a quando chi
intraprende un lavoro edile in zona sismica non presenta la prescritta denuncia
con l'allegato progetto ovvero non porta ad ultimazione il lavoro medesimo. Fino
al verificarsi delle condizioni anzidette, persiste la lesione del bene
giuridico protetto, perché l'ufficio tecnico regionale non è messo in grado di
controllare la conformità delle opere alle norme tecniche stabilite al riguardo.
Il contravventore, inoltre, potrà fare cessare la condotta antigiuridica
presentando la denuncia anche dopo l'inizio dei lavori (oltre che interrompendo
i medesimi). Ne consegue, attesa la ratio della norma, che il dovere di
agire imposto dall'art. 93 perdura nel tempo anche dopo l'inizio dei lavori,
benché cominci ad essere vincolante prima di tale inizio. Mentre, il reato di
cui agli artt. 94, 1° comma, e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (inizio dei lavori
senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della
Regione) permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica
termina il lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione. Nelle more il
contravventore esegue e prosegue lavori non autorizzati in relazione ai quali
l'ufficio tecnico regionale non ha verificato la conformità alle norme tecniche
di sicurezza stabilite per le zone sismiche di media o alta intensità. In questi
casi, l'autorizzazione non svolge unicamente il ruolo di rimozione di un
ostacolo all'esercizio della facoltà di edificazione, ma é soprattutto rivolta a
controllare la realizzabilità dell'edificazione medesima nel rispetto della
normativa vigente; consegue a ciò che l'esigenza di controllo non cessa con la
scadenza del termine fissato per la richiesta dell'autorizzazione, ma prosegue
anche successivamente a tale momento. Deve aggiungersi che, se il dies a quo é
fissato per la regolare e tempestiva ottemperanza di una prescrizione che può
essere adempiuta in modo utile anche se tardivo, non viene meno l'obbligo di
agire dopo la scadenza del termine. (dich. inamm. il ricorso avverso sentenza n.
4906/2006 CORTE APPELLO di CATANIA, del 16/04/2010) Pres. Gentile, Est. Fiale,
Ric. Galletti ed altra. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 4/5/2011 (Ud.
17/2/2011) Sentenza n. 17217
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. MARIO GENTILE
- Presidente
Dott. ALDO FIALE
- Rel. Consigliere
Dott. RENATO GRILLO
- Consigliere
Dott. LUIGI MARINI
- Consigliere
Dott. GIULIO SARNO
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
1) GALLETTI GIUSEPPE N. IL 15/10/1935
2) PLATANIA MARIA N. IL 29/05/1937
- avverso la sentenza n. 4906/2006 CORTE APPELLO di CATANIA, del 16/04/2010
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/02/2011 la relazione fatta dal
-Consigliere Dott. ALDO FIALE
-Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Sante Spinaci che ha
concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Catania, con sentenza del 16.4.2010, confermava la
sentenza 4.11.2008 del Tribunale monocratico di quella città, che aveva
affermato la responsabilità penale di Galletti Giuseppe e Platania Maria in
ordine ai reati di cui:
- all'art. 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001 (per avere realizzato, in assenza
del prescritto permesso di costruire, in aderenza ad un immobile preesiste ed in
ampliamento dello stesso, un fabbricato in duplice elevazione, su una superficie
di mq. 50 per piano - acc. in Catania, il 3.3.2006);
- agli artt. 93, 94 e 95 D.P.R. n. 380/2001 (per avere realizzato i lavori
anzidetti, in zona sismica, senza avere dato il richiesto preavviso scritto,
senza l'autorizzazione preventiva dell'ufficio tecnico regionale e senza la
direzione di tecnico abilitato);
- agli artt. 64, 65, 71 e 72 D.P.R. n. 380/2001;
e, riconosciute ad entrambi circostanze attenuanti generiche, unificati i reati
nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., aveva condannato
ciascuno alla pena complessiva (condizionalmente sospesa) di mesi uno di arresto
ed euro 8.000,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, il quale
- sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha
eccepito:
- la incongruità del disconoscimento della intervenuta ultimazione dei lavori in
epoca antecedente al 31 marzo 2003, "con tutte le connesse conseguenze sul piano
dell'applicazione dell'indulto e del computo della prescrizione";
- la prescrizione, in particolare, dei reati di cui agli artt. 93, 94 e 95
D.P.R. n. 380/2001.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente
infondato.
1. I reati - in una situazione in cui i giudici del merito hanno accertato, in
punto di fatto, che le opere abusive erano ancora in corso di esecuzione alla
data dell'accertamento e di ciò hanno dato conto con motivazione adeguata e
coerente - non sono prescritti.
2. Il reato di costruzione edilizia senza permesso di costruire, in particolare
- secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (vedi, tra le pronunzie
massimate più recenti, Cass., Sez. III: 10.6.2005, n. 21959, Di Liberto;
3.6.2003, n. 33013, Sorrentino) - ha natura permanente e la permanenza cessa con
il totale esaurimento dell'attività illecita, cioè o con la totale sospensione
dei lavori, sia essa volontaria (da provare rigorosamente) o dovuta a
provvedimento autoritativo, ovvero con l'ultimazione dell'opera nel suo
complesso, compresi i lavori di rifinitura interni ed esterni (intonaci,
infissi, tinteggiatura, impianti idrici, elettrici e di riscaldamento etc.).
Nella fattispecie in esame i lavori non erano "ultimati' nel senso anzidetto
all'epoca dell'accertamento (3.3.2006), allorquando i verbalizzanti
riscontrarono la presenza di macchinari edili, quali una piccola betoniera, una
puleggia per sollevamento di materiali installata all'interno del terrazzino,
nonché mattoni, bidoni ed impalcature smontate. Non risultavano completati,
inoltra, il parapetto del terrazzo e le rifiniture esterne ed interne del
manufatto.
3. Quanto alla disciplina per le costruzioni in zone sismiche, nella
giurisprudenza di questa Corte deve ritenersi ormai pacificamente consolidata
l'affermazione della natura permanente del reato di violazione delle norme
tecniche (già previsto dagli artt. 3 e 20 della legge n. 64/1974 ed attualmente
dagli artt. 83 e 95 del T.U. n. 380/2001), con la specificazione che, ai fini
della prescrizione, tale permanenza ha termine con la ultimazione o la
definitiva cessazione dei lavori di costruzione del manufatto (vedi Cass., Sez.
Unite 27.2.2002, n. 17178, Cavallaio).
3.1 A giudizio del Collegio non vi è motivo di dubitare della natura permanente
anche del reato di cui agli artt. 94, 4° comma, e 95 del D.P.R. n. 380/2001
[contestato tra gli altri nella vicenda che ci occupa], ove il legislatore
punisce l'inottemperanza alla disposizione secondo la quale "I lavori devono
essere diretti da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto
nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze".
In questo caso la ratio legis è rivolta ad evitare che - in
considerazione della particolare delicatezza dell'edificazione in territori
soggetti al fenomeno sismico e, quindi, a sollecitazioni telluriche che
potrebbero compromettere la statica degli edifici - la realizzazione di
interventi edilizi venga affidata a soggetti sprovvisti delle necessarie
competenze tecnico-scientifiche, sicché (come emerge ad evidenza, del resto,
dallo stesso dato letterale della norma) il reato perdura oltre l'inizio della
costruzione e per tutto lo svolgimento dell'attività costruttiva.
3.2 Non altrettanto pacifica, invece, è la soluzione della questione della
natura giuridica delle contravvenzioni di edificazione in zona sismica senza
previa preavviso allo sportello unico, ovvero omettendo la sottoposizione del
progetto al vaglio della pubblica autorità, nonché di inizio dei lavori in
assenza dell'autorizzazione dell'autorità competente.
In relazione alle prescrizioni poste dagli artt. 17 e 18 della legge 2.2.1974,
n. 64 e sanzionate dal successivo art. 20 - era venuto a consolidarsi un
orientamento, espresso anche dalle Sezioni Unite con la sentenza 14.7.1999, n.
18, P.M. in proc. Lauriola ed altri, secondo il quale le correlate
contravvenzioni avevano natura di reato istantaneo con effetti permanenti.
Tale principio di diritto, confermato dalla quasi totalità delle pronunzie anche
dopo l'entrata in vigore del T.U. sull'edilizia (D.P.R. n. 380/2001), è stato
tuttavia contrastato da un orientamento minoritario recente, che é approdato
alla soluzione opposta secondo la quale, a seguito dell'entrata in vigore del
D.P.R. n. 380/2001, i reati attualmente previsti dagli artt. 93 e 94 di detto
testo normativo, sanzionati dall'art. 95, hanno natura di reati permanenti [vedi
le ampie argomentazioni svolte in proposito da Cass., Sez. III, 21.1.2008, n.
3069, Mirabelli e ribadite con mero richiamo da Cass., Sez. III, 19.9.2008, n.
35912. Nel contrario senso tradizionale si è però espressa, senza dare atto del
contrasto, sempre la III Sezione con la sentenza 7.11.2008, n. 41858].
Questo Collegio condivide l'orientamento minoritario di cui si è dato conto
dianzi, il quale - atteso che sono "istantanei" solo quei reati in cui la
condotta tipica esaurisce la lesione del bene tutelato, mentre sono "permanenti"
quelli in cui la condotta volontaria del soggetto protrae nel tempo la lesione
del bene - si configura nel senso che:
- Il reato di cui agli artt. 93 e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (omesse denunzia dei
lavori e presentazione dei progetti) permane sino a quando chi intraprende un
lavoro edile in zona sismica non presenta la prescritta denuncia con l'allegato
progetto ovvero non porta ad ultimazione il lavoro medesimo.
Fino al verificarsi delle condizioni anzidette, infatti, persiste la lesione del
bene giuridico protetto, perché l'ufficio tecnico regionale non è messo in grado
di controllare la conformità delle opere alle norme tecniche stabilite al
riguardo: il contravventore, inoltre, potrà fare cessare la condotta
antigiuridica presentando la denuncia anche dopo l'inizio dei lavori (oltre che
interrompendo i medesimi). Ne consegue, attesa la ratio della norma, che il
dovere di agire imposto dall'art. 93 perdura nel tempo anche dopo l'inizio dei
lavori, benché cominci ad essere vincolante prima di tale inizio.
- Il reato di cui agli artt. 94, 1° comma, e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (inizio
dei lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della Regione) permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in
zona sismica termina il lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione. Nelle
more il contravventore esegue e prosegue lavori non autorizzati in relazione ai
quali l'ufficio tecnico regionale non ha verificato la conformità alle norme
tecniche di sicurezza stabilite per le zone sismiche di media o alta intensità.
Appare opportuno ricordare, in proposito, che la Corte Costituzionale [con la
sentenza n. 520/1987, con la quale è stata dichiarata inammissibile la questione
di costituzionalità degli artt. 3 e 20 della legge n. 64/1974, in relazione agli
articoli 2 e 32 della Costituzione, per la mancata previsione, da parte del
legislatore, della natura permanente di quel reato] ha evidenziato che la
definizione del carattere permanente o istantaneo del reato non può dipendere da
una espressa qualificazione del legislatore, ma deve dipendere
dall'interpretazione del giudice il quale, solo se accerta che la lesione
dell'interesse protetto è collegata ad una condotta perdurante nel tempo nella
sua tipicità, può attribuire natura permanente al reato.
Alla stregua di tale assunto osserva il Collegio che - conformemente alla ratio
dei precetti (notificare al Comune che si intende procedere a lavori incidenti
sulla pubblica incolumità e mettere l'ufficio tecnico regionale in grado di
verificare la conformità dei lavori alle norme tecniche di sicurezza stabilite
per le zone di media o alta sismicità) l'autorizzazione non svolge unicamente il
ruolo di rimozione di un ostacolo all'esercizio della facoltà di edificazione,
ma é soprattutto rivolta a controllare la realizzabilità dell'edificazione
medesima nel rispetto della normativa vigente; consegue a ciò che l'esigenza di
controllo non cessa con la scadenza del termine fissato per la richiesta
dell'autorizzazione, ma prosegue anche successivamente a tale momento.
Deve anche aggiungersi che, se il dies a quo é fissato per la regolare e
tempestiva ottemperanza di una prescrizione che può essere adempiuta in modo
utile anche se tardivo, non viene meno l'obbligo di agire dopo la scadenza del
termine.
Nelle fattispecie in esame appaiono cosi integrati entrambi i requisiti della
permanenza, in quanto: a) la lesione dell'interesse pubblico tutelato ha
carattere continuativo poiché, malgrado la scadenza del termine di legge,
permangono pur sempre gli obblighi di informazione dell'autorità comunale, di
presentazione dei progetti e di ottenimento dell'autorizzazione regionale,
essendo anche oltre quel termine operante il precetto di agire e rilevante
penalmente la protrazione dell'omissione; b) il protrarsi della lesione al bene
giuridico protetto é imputabile ad una persistente condotta volontaria del
soggetto, il quale continua a "produrre l'effetto" del reato sottraendosi al
controllo dell'autorità competente.
Ciò non costituisce, a giudizio del Collegio, la riproposizione della c.d.
concezione "bifasica" del reato permanente (che imposta la condotta di tale tipo
di reato su due tempi: il primo di aggressione dell'interesse tutelato ed il
secondo di rimozione di tale illiceità) - da tempo abbandonata in dottrina ed il
giurisprudenza - poiché non si afferma l'obbligo per l'agente di "controagire",
ma si evidenzia che la durata dell'offesa è espressa da una contestuale duratura
condotta colpevole dell'agente medesimo, rilevandosi che, compiuta l'offesa nel
momento della scadenza del termine indicato nella norma, ne è possibile
configurare nel tempo la prosecuzione, persistendo, malgrado la scadenza del
termine, il dovere per il destinatario del precetto di assolvere l'obbligo.
Dopo l'entrata in vigore del T.U. n. 380/2001non può essere altresì trascurata
la valutazione dei rapporti di interazione tra la procedura di rilascio del
permesso di costruire e quella rivolta al conseguimento dell'autorizzazione per
l'edificazione nelle località sismiche.
L'art. 93 di detto T.U. - apportando delle modificazioni semplificative alle
procedure già richieste dagli artt. 17 e 19 della legge n. 64/1974 - ha
configurato lo sportello unico come l'interlocutore necessario fra le
amministrazioni coinvolte nel procedimento di rilascio del titolo abilitativo
edilizio e chiunque intenda procedere alla realizzazione di costruzioni,
riparazioni e sopraelevazioni nelle zone sismiche. E' lo sportello unico.
infatti che ricevuto il preavviso scritto di cui all'art. 93, cura gli
incombenti necessari ai fini dell'acquisizione, anche mediante conferenza di
servizi, delle autorizzazioni e certificazioni del competente ufficio tecnico
della Regione per le costruzioni in zone sismiche e tali atti devono essere
comunicati al Comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di propria
competenza.
Il preavviso adempie ad una funzione di controllo della progettazione e
configura il primo atto di quel procedimento che, attraverso le successive fasi
della presentazione dei progetti e del loro esame tecnico da parte degli uffici
competenti, confluisce nel finale giudizio di eseguibilità dell'opera. In
mancanza dell'acquisizione dell'autorizzazione regionale il permesso di
costruire non può essere rilasciato, sicché appare contraddittorio il
riconoscimento della natura permanente (fino all'ultimazione dei lavori) del
reato di costruzione in carenza del titolo abilitativo edilizio ed il
disconoscimento, invece, della medesima natura al reato di costruzione in
assenza di quella autorizzazione che si pone quale presupposto indefettibile del
permesso di costruire.
4. Nella fattispecie in esame, però, la questione della natura dei reati sismici
contestati non assume rilievo concreto (e perciò si ritiene di non sottoporla
nuovamente al vaglio delle Sezioni Unite), non essendo dimostrato che i lavori
edilizi in oggetto abbiano avuto "inizio" in data anteriore all'entrata in
vigore (coincidente con l'8 dicembre 2005) della legge n. 251/2005.
Solo se una circostanza siffatta fosse stata provata, potrebbe applicarsi -
nell'ipotesi in cui si ritenessero istantanee le contravvenzioni di cui agli
artt. 93 e 94, 1° comma, del T.U. n. 380/2001 - il più breve termine
prescrizionale massimo di anni tre previsto dalla normativa anteriore per le
contravvenzioni punite con la sola ammenda.
5. Ne consegue che la scadenza del termine ultimo di prescrizione (di 5 anni, ai
sensi degli artt. 157 e 160 cod. pen., come novellati dalla legge n. 251/2005)
deve ritenersi fissato - per tutti i reati - al 3.3.2011.
6. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto
il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a
norma dell'art. 616 c.p.p., per ciascun ricorrente, l'onere delle spese del
procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa
delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella
misura di euro 1.000,00.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché al versamento della somma di euro 1.000,00 in
favore della Cassa delle ammende.
ROMA, 17.2.2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 4/05/2011
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