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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/05/2011 (Cc. 16/3/2011), Sentenza n. 17864
RIFIUTI - Ecopiazzole e titolo abilitativo - Presupposti - D.Lvo n. 4/08, che
modifica art. 183, D.L.vo n. 152/06 - D.M. 8/4/2008 e 13/5/2009. Al fine di
verificare la necessità o meno dell'autorizzazione regionale per le c.d.
ecopiazzole, occorrerà in concreto verificare se si sia in presenza di un centro
di raccolta dei rifiuti e se il centro sia rispondente ai requisiti indicati dai
decreti ministeriali di riferimento dovendosi escludere, in caso affermativo, la
necessità di autorizzazione regionale e, dunque la configurabilità del reato per
il mancato rilascio. Solo nel caso in cui si verifichi la non rispondenza alle
previsioni indicate o si accerti l'effettuazione presso il centro di raccolta di
attività che esulano dalla funzione propria di essi, si potrà valutare la
necessità dell'autorizzazione regionale traendo le necessarie conseguenze sul
piano penale dalla sua mancanza. (annulla con rinvio ordinanza n. 431/2010 TRIB.
LIBERTA' di SALERNO, del 24/09/2010) Pres. Ferrua Est. Sarno Ric. Ferraioli.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/05/2011 (Cc. 16/3/2011), Sentenza n.
17864
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure cautelari reali - Diversa qualificazione
al reato - Provvedimento di sequestro - Tribunale di riesame - Poteri - Artt.
324. C.7° e c.9° 309 cod. proc. pen.. In tema di riesame delle misure
cautelari reali, in base al richiamo del settimo comma dell'art. 324 cod. proc.
pen. al nono comma dell'art. 309 cod. proc. pen. il tribunale di riesame è
autorizzato a confermare il provvedimento di sequestro anche per ragioni diverse
da quelle indicate nella motivazione del relativo decreto, ed eventualmente a
rimediare alla sua mancanza sino a dare, sia pure ai fini cautelari, una diversa
corretta qualificazione al reato, purché ovviamente sia riaffermata la
correlazione della cosa con il fatto per cui si procede (Cass. Sez. 5, n. 1202
del 11/03/1997). (annulla con rinvio ordinanza n. 431/2010 TRIB. LIBERTA' di
SALERNO, del 24/09/2010) Pres. Ferrua Est. Sarno Ric. Ferraioli. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/05/2011 (Cc. 16/3/2011), Sentenza n. 17864
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIULIANA FERRUA
- Presidente
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere
Dott. RENATO GRILLO - Consigliere
Dott. GIULIO SARNO - Rel. Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) FERRAIOLI RAFFAELE N. IL 16/09/1942
avverso l'ordinanza n. 431/2010 TRIB. LIBERTA' di SALERNO, del 24/09/2010
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Fraticelli Mario rigetto del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Ferraioli Raffaele, indagato per il reato di cui all'articolo 256 comma 1 d.L.gs
152/06 per avere effettuato, quale sindaco del comune di Furore, attività di
stoccaggio abusivo in località Schiato su un sito di circa 400 m quadri
completamente delimitato realizzando una piazzola ecologica in assenza della
prescritta iscrizione comunicazione e o autorizzazione, propone ricorso per
cassazione avverso l'ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale di Salerno
ha rigettato la richiesta di riesame proposta avverso il decreto di sequestro
preventivo dell'area in questione emesso dal gip del medesimo tribunale.
Deduce in questa sede il ricorrente:
1) violazione di legge e vizio di motivazione avendo il tribunale del riesame
integrato la motivazione del primo giudice in relazione al fumus delicti;
2) violazione di legge e difetto di motivazione non necessitando per il sito
l'autorizzazione regionale ma soltanto la semplice presa d'atto da parte
dell'amministrazione comunale.
Sono stati successivamente depositati due motivi aggiunti.
Con il primo si rileva l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge
penale nonché la mancanza e/o la manifesta illogicità della motivazione
evidenziandosi che l'articolo 183 comma 1 lettera cc) DLgs 152/06 offre
attualmente una nozione di centro di raccolta; che tale normativa integrata con
quella dei DM 8 aprile 2008 e 13 maggio 2009 rende non necessaria per tale
tipologie di sito l'autorizzazione regionale e che il tribunale non ha in alcun
modo considerato il mutamento del quadro normativo.
Con il secondo si eccepisce l'inosservanza della legge penale; la mancanza e/o
la manifesta illogicità della motivazione avendo il giudice erroneamente
escluso, sulla base delle definizioni contenute nell'articolo 183 del DLGS
152/06, che la raccolta dei rifiuti in questione dovesse essere qualificata come
attività di deposito temporaneo.
Motivi della decisione
Si appalesa infondato il primo motivo di ricorso.
Questa Corte ha più volte affermato, infatti, che in tema di riesame delle
misure cautelari reali, in base al richiamo del settimo comma dell'art. 324 cod.
proc. pen. al nono comma dell'art. 309 cod. proc. pen. il tribunale di riesame è
autorizzato a confermare il provvedimento di sequestro anche per ragioni diverse
da quelle indicate nella motivazione del relativo decreto, ed eventualmente a
rimediare alla sua mancanza sino a dare, sia pure ai fini cautelari, una diversa
corretta qualificazione al reato, purché ovviamente sia riaffermata la
correlazione della cosa con il fatto per cui si procede (Sez. 5, n. 1202 del
11/03/1997 Rv. 207395).
Per quanto concerne gli altri motivi di ricorso essi possono essere trattati
congiuntamente per le ragioni di seguito indicate.
Il sequestro - come si rileva dalla motivazione del riesame - risulta effettuato
dai Carabinieri del NOE di Salerno nel luglio 2010 avendo gli stessi accertato
nell'area utilizzata quale centro di raccolta comunale RSU la presenza di
rifiuti pericolosi e non, depositati sui lati del terreno, esposti agli agenti
atmosferici e privi di copertura, taluni dei quali contenuti in cassonetti,
altri in buste di plastica, altri ancora depositati invece alla rinfusa
direttamente sulla pavimentazione.
La denuncia ed il sequestro erano in particolare determinati dal mancato
rinvenimento dell'autorizzazione regionale da parte degli operanti.
Il tribunale ha rigettato la richiesta di riesame rilevando che l'autorizzazione
regionale si rendeva necessaria in quanto non appariva manifestamente infondata
la tesi accusatoria che qualificava le attività eseguite nell'area come
stoccaggio posto che non ricorrevano le condizioni del deposito temporaneo.
Il ricorrente muove in questa sede sostanzialmente due obiezioni:
a) il tribunale del riesame non avrebbe tenuto conto della nozione di "centro di
raccolta" prevista dall'articolo 183 comma 1 lettera cc) del DLgs 152/06 come
modificato nel 2008, e dei decreti ministeriali integrativi dovendosi escludere
sulla base di tali disposizioni che i centri di raccolta siano assoggettati ad
autorizzazione regionale;
b) il tribunale stesso avrebbe erroneamente escluso la natura di deposito
temporaneo dei rifiuti contenuti nel centro di raccolta equivocando sulla
definizione di esso e della nozione di stoccaggio ricavabili dall'art. 183
citato.
Fatta tale premessa si appalesa evidente come si renda necessario soffermarsi
anzitutto sui principi applicati in sede di riesame.
Il tribunale sembra in effetti avere proceduto nella valutazione richiamandosi
al principio espresso in passato da questa Sezione, secondo cui l'attività di
raccolta differenziata di rifiuti urbani ad opera dei cittadini nelle piazzole
ecologiche, cosiddette ecopiazzole, istituite dai Comuni, non è qualificabile in
termini di deposito temporaneo ai sensi dell'art. 6, lett. m), del decreto n. 22
del 1997, atteso che nel concetto di luogo di produzione dei rifiuti non rientra
l'intero territorio comunale rispetto ai rifiuti prodotti dai suoi cittadini, ma
lo stesso si estende al massimo sino a ricomprendere siti infrastrutturali
collegati tra loro all'interno di un'area delimitata. Conseguentemente si verte
in tema di stoccaggio quale fase preliminare alle attività di smaltimento o
recupero, e come tale necessitante la prevista autorizzazione (Sez. 3, n. 45084
del 26/10/2005 Rv. 232353).
Il principio di fondo ribadito anche in altre decisioni ed, invero, contestato
da autorevole dottrina, è che l'attività di gestione dei rifiuti operata dal
Comune nelle cosiddette piazzole ecologiche o ecopiazzole, ove i rifiuti vengono
conferiti dai cittadini in modo differenziato, configura un deposito preliminare
in vista dello smaltimento o una messa in riserva in vista del recupero, con la
conseguente necessità della preventiva autorizzazione regionale, la cui mancanza
configura reato (ex multis Sez. 3, n. 34665 del 27/06/2005 Rv. 232178).
Va detto tuttavia che l'orientamento citato si è formato precedentemente alle
modifiche apportate alla disciplina sui rifiuti dal DLGS numero 4/08, che ha
modificato l'articolo 183 del DLgs 152/06 introducendo la lettera cc) la nozione
di centro di raccolta dei rifiuti, nonché dai decreti ministeriali in data 8
aprile 2008 e 13 maggio 2009.
Alla luce di ciò si impongono, pertanto, alcune puntualizzazioni certamente
rilevanti per il procedimento in esame.
Ed invero l'art. 183 co. 1 lett. cc) introdotto dal DLgs n. 4/08, offre una
definizione di centro di raccolta nei termini che seguono:
cc) centro di raccolta: area presidiata ed allestita, senza ulteriori oneri a
carico della, finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante
raggruppamento differenziato dei rifiuti per frazioni omogenee conferiti dai
detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La
disciplina dei centri di raccolta e' data con decreto del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata Stato
- Regioni, città e autonomie locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281;
Il Decreto 8 aprile 2008 del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare ha poi dettato la "Disciplina dei centri di raccolta dei
rifiuti urbani raccolti in modo differenziato, come previsto dall'articolo 183,"
definendo all'art. I il campo di applicazione della normativa, precisando tra
l'altro:
Art. 1
1. 1 centri di raccolta comunali o intercomunali disciplinati dal presente
decreto sono costituiti da aree presidiate ed allestite ove si svolge unicamente
attività di raccolta, mediante raggruppamento per frazioni omogenee per il
trasporto agli impianti di recupero, trattamento e, per le frazioni non
recuperabili, di smaltimento, dei rifiuti urbani e assimilati elencati in
allegato I, paragrafo 4.2, conferiti in maniera differenziata rispettivamente
dalle utenze domestiche e non domestiche, nonchè dagli altri soggetti tenuti in
base alle vigenti normative settoriali al ritiro di specifiche tipologie di
rifiuti dalle utenze domestiche.
All'art. 2.( Autorizzazioni e iscrizioni):
1. La realizzazione dei centri di raccolta di cui all'art. 1 è approvata dal
Comune territorialmente competente ai sensi della normativa vigente.
2. I centri di raccolta di cui all'art. 1 sono allestiti e gestiti in conformità
alle disposizioni di cui all'allegato I, che costituisce parte integrante del
presente decreto. (omissis)
L'Allegato I del decreto ministeriale detta a sua volta i requisiti tecnico
gestionali relativi al centro di raccolta dei rifiuti urbani e assimilati
individuando:
1. Ubicazione del centro di raccolta;
2. Requisiti del centro;
3. Struttura del centro
4. Modalità di conferimento e tipologie di rifiuti conferibili al centro di
raccolta;
5. Modalità di deposito dei rifiuti nel centro di raccolta;
6. Modalità di gestione e presidi del centro di raccolta;
7. Durata del deposito.
A tale proposito si stabilisce che:
7.1. La durata del deposito di ciascuna frazione merceologica conferita al
centro di raccolta non deve essere superiore a due mesi.
7.2. La frazione organica umida deve essere avviata agli impianti di recupero
entro 72 ore, al fine di prevenire la formazione di emissioni odorigene.
Tale decreto è stato in seguito dichiarato privo di effetti, in virtù della nota
dell'Ufficio legislativo dello stesso Ministero, in quanto privo dei necessari
riscontri da parte degli organi di controllo.
Di qui la necessità di un nuovo decreto ministeriale intervenuto alla data del
13 maggio 2009 recante "Modifica del decreto 8 aprile 2008, recante la
disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo
differenziato, come previsto dall'articolo 183, comma 1, lettera cc) del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche" ad opera del medesimo
Ministero con cui è stato revisionato il precedente decreto.
L'articolo 1 apporta modifiche al precedente decreto del 2008 prevedendo tra
l'altro:
1. All'articolo 1, comma 1, del decreto del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare 8 aprile 2008, dopo le parole "utenze
domestiche e non domestiche "sono aggiunte le parole "anche attraverso il
gestore del servizio pubblico".
2. Nel titolo dell'articolo 2 la parola "Autorizzazioni" è sostituita dalla
parola "Approvazioni ".
3. Il comma 1 dell'articolo 2 è sostituito dal seguente: "1. La realizzazione o
l'adeguamento dei centri di raccolta di cui all'articolo 1 è eseguito in
conformità con la normativa vigente in materia urbanistica ed edilizia e il
Comune territorialmente competente ne da comunicazione alla Regione e alla
Provincia ". (omissis).
Il comma 6 prevede l'integrazione dell'elenco di cui all'allegato 1, paragrafò
4.2., del decreto ministeriale 8 aprile 2008 concernente le categorie di rifiuti
conferibili nei centri di raccolta.
Il comma 10 sostituisce il al punto 7.1 dell'allegato 1 sostituire le parole
"due mesi" con le parole "tre mesi", così elevando così il termine di durata del
deposito di ciascuna frazione merceologica conferita al centro di raccolta.
Ciò posto si possono immediatamente evidenziare alcuni aspetti direttamente
rilevanti per la vicenda in esame.
Anzitutto si deve ritenere che per effetto delle nuove disposizioni l'attività
dei centri di raccolta non è più assoggettabile ad autorizzazione regionale in
quanto la realizzazione di essi è soggetta unicamente all'approvazione dal
Comune territorialmente competente.
Il centro di raccolta come tale non richiede, quindi, alcuna autorizzazione
regionale non potendo essere di per sé classificato alla stregua degli impianti
di smaltimento e/o recupero dei rifiuti per i quali continua a rendersi
necessaria, invece, l'autorizzazione regionale.
Ed a riprova di ciò si deve rilevare che nei centri di raccolta viene fatto dai
decreti menzionati in linea di principio espresso divieto di effettuare
trattamenti di qualsiasi tipo, fatte salve alcune eccezioni come accade per le
riduzioni volumetriche delle frazioni solide per agevolarne il successivo
trasporto.
Il regime autorizzatorio è ovviamente diverso nel caso in cui il centro di
raccolta sia realizzato in contrasto con le prescrizioni ed i requisiti indicati
nei DM citati o sia adibito, ad esempio, anche operazioni di recupero.
Non appare più possibile, dunque, nell'individuazione dell'autorità competente
al rilascio dell'autorizzazione, insistere sull'equazione centro di raccolta
uguale centro di stoccaggio e, dunque, necessità di autorizzazione regionale.
Tra l'altro, come evidenziato in dottrina, comunque devono ritenersi logicamente
connesse alla fase di raccolta alcune operazioni astrattamente riconducibili
nella tipologia dello stoccaggio (operazioni di gestione di rifiuti che si
riducano al raggruppamento degli stessi, alla loro cernita - eventualmente come
attività complementare della raccolta differenziata - e al loro provvisorio
stazionamento in loco in attesa del ritiro da parte di altri soggetti).
Al fine di verificare la necessità o meno dell'autorizzazione regionale,
occorrerà in concreto, dunque, anzitutto verificare se si sia in presenza di un
centro di raccolta dei rifiuti e se il centro sia rispondente ai requisiti
indicati dai DM citati dovendosi escludere, in caso affermativo, per le ragioni
esposte, la necessità di autorizzazione regionale e, dunque la configurabilità
del reato per il mancato rilascio.
Solo nel caso in cui si verifichi la non rispondenza alle previsioni indicate o
si accerti l'effettuazione presso il centro di raccolta di attività che esulano
dalla funzione propria di essi, si potrà valutare la necessità
dell'autorizzazione regionale traendo le necessarie conseguenze sul piano penale
dalla sua mancanza.
Ciò non è avvenuto nella specie essendosi la corte di merito limitata nella
specie a verificare sul piano astratto se nella specie potesse essere
configurabile un caso di deposito temporaneo dei rifiuti senza considerare in
alcun modo le disposizioni vigenti per i centri di raccolta in precedenza
illustrate.
L'ordinanza va dunque annullata con rinvio per consentire un nuovo esame della
questione che tenga conto dei principi affermati.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Salerno.
Così deciso in Roma il 16.3.2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 9 MAG. 2011
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