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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/05/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n. 18503
RIFIUTI - Bonifica dei siti - Procedure operative ed amministrative - Omessa
comunicazione dell’accertamento di inquinamento storico - Responsabilità - Artt.
257, 245 e 242 D.L.gs n.152/06. Il comma I dell’art. 257 sanziona penalmente
due ipotesi distinte: l’omessa bonifica del sito inquinato e la mancata
comunicazione dell’evento inquinante alle autorità competenti secondo le
modalità indicate dall’art. 242. In entrambi i casi il destinatario del precetto
è tuttavia lo stesso e, cioè, colui il quale cagiona l’inquinamento. L'autonomia
della posizione di colui il quale cagiona l'inquinamento rispetto a quella di
colui il quale accerti la sussistenza di contaminazioni sul suolo è rimarcata
dall'art. 245 che ha per oggetto gli obblighi di intervento e di notifica da
parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione. (annulla
senza rinvio, sentenza n. 7095/2009 TRIBUNALE di MILANO, del 24/02/2010) Pres.
Ferrua, Est. Sarno, Ric. Burani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
11/05/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n. 18503
RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Testo unico sull’ambiente - Superamento o
pericolo concreto e attuale del superamento delle concentrazione soglia di
contaminazione (CSC) - Obbligo di comunicazione - Risarcimento del danno
ambientale - Azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente
patrimoniale - L. n. 308/2004 - D.L.vo n.152/06. Il Decreto Legislativo
n.152 del 2006 e successive modifiche, a differenza della precedente normativa (D.L.GS
n.22/97), ha individuato anche per il proprietario del terreno che non abbia
cagionato l'inquinamento, l'obbligo di comunicazione alle autorità preposte nel
caso in cui si avveda di tale situazione. In particolare, il comma 2
dell'articolo 245 che, pure in apparente contrasto con il comma 1 - secondo il
quale le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di
ripristino ambientale possono essere comunque attivate su iniziativa degli
interessati - stabilisce che il proprietario o il gestore dell'area che rilevi
il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento delle
concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla
regione ed agli altri enti preposti. Inoltre, il recepimento dei principi
contenuti nella legge 15 dicembre 2004, n. 308 ha portato alla formulazione
dell'art. 311 comma 2 del Decreto Legislativo n.152 del 2006 che, prevede
l'azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale nei
confronti dello Stato per chiunque, realizzando un fatto illecito, o omettendo
attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento di
provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza, o
violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo,
deteriorandolo o distruggendolo in tutto in parte. (annulla senza rinvio,
sentenza n. 7095/2009 TRIBUNALE di MILANO, del 24/02/2010) Pres. Ferrua, Est.
Sarno, Ric. Burani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/05/2011 (Ud.
16/03/2011) Sentenza n. 18503
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Norma penale - Interpretazione estensiva e
analogia - Differenza - Art. 12 delle Disp. Gen.. Con l'analogia vietata in
via di principio, non va confusa l'interpretazione estensiva, che si ha quando
l'ambito di applicazione di una norma penale viene, per necessità logica e non
per similitudine di rapporti, esteso ad un caso, che non essendo ivi previsto,
si deve ritenere compreso nella norma stessa, risalendo all'intenzione del
legislatore, cui si riferisce l'art. 12 delle Disposizioni della legge in
generale. (Cass. Sez. 4, n. 11380 del 27/04/1990). (annulla senza rinvio,
sentenza n. 7095/2009 TRIBUNALE di MILANO, del 24/02/2010) Pres. Ferrua, Est.
Sarno, Ric. Burani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/05/2011 (Ud.
16/03/2011) Sentenza n. 18503
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIULIANA FERRUA
- Presidente
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere
Dott. RENATO GRILLO
- Consigliere
Dott. GIULIO SARNO
- Rel. Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) BURANI EUGENIO N. IL 19/07/1959
avverso la sentenza n. 7095/2009 TRIBUNALE di MILANO, del 24/02/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/03/2011 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. GIULIO SARNO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fraticelli Mario che ha
concluso per il rigetto del ricorso
Udito, per la parte civile, (omissis)
Udit i difensor Avv. (omissis)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Burani Eugenio propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe
con la quale il tribunale di Milano lo ha condannato alla pena di euro 10.000 di
ammenda ed al risarcimento del danno in favore della parte civile - provincia di
Milano - per il reato di cui all'articolo 257 commi 1 e 2 D.L.vo n.152/06 in
relazione all'articolo 242 perché, quale persona formalmente delegata per il
fondo pensione COMIT, ometteva di effettuare la comunicazione agli uffici
territorialmente competenti dell'accertamento di inquinamento storico della
predetta area provocato da sostanze pericolose, nella specie idrocarburi con
concentrazioni comunque superiore a 1000 mg/Kg.
Deduce in questa sede il ricorrente l'inosservanza o erronea applicazione della
legge penale rilevando che erroneamente il giudice di merito ha ritenuto
configurabile il reato di omessa comunicazione a suo carico. Al riguardo fa
rilevare che l'articolo 257, nell'attuale formulazione, distingue l'obbligo di
bonifica dall'obbligo di comunicazione e, solo per il responsabile
dell'inquinamento sanziona penalmente, con la norma in questione, la condotta di
omessa bonifica e di omessa comunicazione.
A carico di esso ricorrente, in quanto proprietario del terreno incolpevole
della contaminazione, non sarebbe, pertanto, configurabile alcun reato non
potendosi ammettere in sede penale l'analogia in malam partem e ciò in
quanto l'articolo 257 farebbe inequivocabilmente riferimento esclusivamente alla
persona che cagiona l'inquinamento richiamando anche espressamente l'articolo
242 dello stesso decreto legislativo anch'esso incentrato sull'autore della
condotta di inquinamento.
Il ricorso è fondato.
Recita l'art. 257 (bonifica dei siti) comma 1 del DLgs 152/06:
1. Chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque
superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni
soglia di rischio e' punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con
l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla
bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente
nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di
mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il
trasgressore e' punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con
l'ammenda da mille euro a ventiseimila euro.
L'art. 242 (procedure operative ed amministrative), richiamato dall'art. 257, al
comma 1, stabilisce a sua volta che:
1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il
sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le
misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con
le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica
all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora
comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.
L'esame delle due disposizioni consente immediatamente di percepire che il comma
1 dell'art. 257 sanziona penalmente due ipotesi distinte: l'omessa bonifica del
sito inquinato e la mancata comunicazione dell'evento inquinante alle autorità
competenti secondo le modalità indicate dall'art. 242.
In entrambi i casi il destinatario del precetto è tuttavia lo stesso e, cioè,
colui il quale cagiona l'inquinamento.
Ad avvalorare tale conclusione sta il rilievo che il comma 1 dell'art. 257 non
menziona altri soggetti e ciò benché l'art. 242 preveda che la procedura di
comunicazione debba trovare applicazione anche all'atto di individuazione di
contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento
della situazione di contaminazione.
L'autonomia della posizione di colui il quale cagiona l'inquinamento rispetto a
quella di colui il quale accerti la sussistenza di contaminazioni sul suolo è
rimarcata dall'art. 245 che ha per oggetto gli obblighi di intervento e di
notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione.
Prevede infatti tale ultima disposizione:
1. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di
ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque
attivate su iniziativa degli interessati non responsabili.
2. Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di
cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il
superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento delle
concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla
regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le
misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. (omissis).
Da quanto precede emerge che sotto il profilo formale l'obbligo di comunicazione
per gli "interessati non responsabili" risiede in realtà nell'art. 245 e non già
nell'art. 242 richiamato unicamente dall'art. 245 stesso per la disciplina degli
aspetti procedimentali.
Per cui se il legislatore avesse voluto fare riferimento nell'art. 257 anche a
coloro che non hanno cagionato l'inquinamento, come correttamente rilevato dal
ricorrente, non solo avrebbe dovuto menzionare anche questi ultimi quali
soggetti attivi del reato, ma necessariamente avrebbe dovuto fare riferimento
all'art. 245 (e non 242) per individuare l'obbligo di comunicazione gravante su
questi ultimi.
Il che non è.
Il tribunale motiva la soluzione prescelta evidenziando in premessa il carattere
innovativo della nuova normativa in quanto nella vigenza del DLGS 22/97 il
proprietario del sito non era tenuto agli interventi di messa in sicurezza e di
bonifica di ripristino ambientale, nè aveva obblighi di comunicazione della
situazione di inquinamento che avesse rilevato.
Fa altresì rilevare che le nuove disposizioni prevedono attraverso il richiamo
all'articolo 242 la medesima procedura da seguire sia per colui che ha cagionato
l'inquinamento che per colui che si sia limitato a rilevarlo e sostiene
l'irragionevolezza di sanzionare penalmente solo uno dei soggetti obbligati alla
comunicazione, escludendo al contempo l'analogia in malam partem.
Il ragionamento, seppure fondato su premesse almeno in parte incontrovertibili,
non può essere condiviso nelle conclusioni.
Si deve senz'altro concordare sulla circostanza che l'attuale normativa, a
differenza della precedente, ha individuato anche per il proprietario del
terreno che non abbia cagionato l'inquinamento, l'obbligo di comunicazione alle
autorità preposte nel caso in cui si avveda di tale situazione.
In questo senso sembra in effetti orientata l'intera normativa di riferimento
ed, in particolare, il comma 2 dell'articolo 245 che, pure in apparente
contrasto con il comma 1 - secondo il quale le procedure per gli interventi di
messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere
comunque attivate su iniziativa degli interessati - stabilisce che il
proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo
concreto e attuale del superamento delle concentrazione soglia di contaminazione
(CSC) deve darne comunicazione alla regione ed agli altri enti menzionati.
Ma il riconoscimento dell'obbligo di comunicazione non può condurre
all'automatica conclusione cui perviene il tribunale che ritiene applicabile
anche per il caso in esame la disposizione dell'articolo 257.
Al riguardo occorre anzitutto ricordare che in linea con le disposizioni della
legge delega le sanzioni penali rappresentano solo uno dei rimedi previsti per
contrastare il danno ambientale.
La legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante la "Delega al Governo per il
riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia
ambientale e misure di diretta applicazione" all'art. 1 co. 9 lett. e) indicava
la necessità di procedere contestualmente in più direzioni e, cioè, conseguire
l'effettività delle sanzioni amministrative per danno ambientale mediante
l'adeguamento delle procedure di irrogazione e delle sanzioni medesime; rivedere
le procedure relative agli obblighi di ripristino, al fine di garantire
l'efficacia delle prescrizioni delle autorità competenti e il risarcimento del
danno; definire le modalità di quantificazione del danno; prevedere, oltre a
sanzioni a carico dei soggetti che danneggiano l'ambiente, anche meccanismi
premiali per coloro che assumono comportamenti ed effettuano investimenti per il
miglioramento della qualità dell'ambiente sul territorio nazionale.
Il recepimento di tali principi ha portato alla formulazione dell'art. 311 comma
2 che, in particolare, prevede l'azione risarcitoria in forma specifica e per
equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato per chiunque, realizzando un
fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di
legge, di regolamento di provvedimento amministrativo, con negligenza,
imperizia, imprudenza, o violazione di norme tecniche, arrechi danno
all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto in parte.
E, dunque, il mancato adempimento all'obbligo di comunicazione per colui che non
abbia cagionato l'inquinamento espone senz'altro l'autore della omissione alle
conseguenze indicate dalla disposizione citata.
Il che vuoi dire che per l'omissione vi può essere comunque autonoma sanzione
indipendentemente dalla applicazione delle disposizioni penali.
Né si può invocare l'irrazionalità dell'impianto normativo.
Ed invero sul piano dei principi potrebbe semmai destare perplessità un sistema
che dovendo tra l'altro farsi carico di dare specifica attuazione al principio
"chi inquina paga" prevedesse la medesima tipologia di intervento sanzionatorio
per colui il quale si rende responsabile della condotta di inquinamento e che
ha, quindi, in prima persona l'obbligo di elidere le conseguenze di quanto da
lui stesso provocato e per colui che, invece, la situazione di inquinamento
abbia per così dire "subito" accertandola occasionalmente in tempi successivi
senza avervi dato comunque causa. Sarebbe poi tutta da verificare la
compatibilità della introduzione di una fattispecie di reato in precedenza mai
prevista (l'art. 51 bis del dLgs 22/97 si riferiva, infatti, solo a colui che
cagiona l'inquinamento) con i limiti imposti dalla legge 15 dicembre 2004, n.
308, recante la "Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e
l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta
applicazione" in relazione alla disposizione dell'art. 1 co. 8 lett. i) secondo
cui:
8. 1 decreti legislativi di cui al comma 1 si conformano, nel rispetto dei
principi e delle norme comunitarie e delle competenze per materia delle
amministrazioni statali, nonche' delle attribuzioni delle regioni e degli enti
locali, ....... e del principio di sussidiarietà, ai seguenti principi e criteri
direttivi generali:
(omissis)
i) garanzia di una più efficace tutela in materia ambientale anche mediante il
coordinamento e l'integrazione della disciplina del sistema sanzionatorio,
amministrativo e penale, fermi restando i limiti di pena e l'entità delle
sanzioni amministrative già stabiliti dalla legge;
(omissis).
In ogni caso si appalesa evidente rispetto alle conclusioni cui perviene il
tribunale la lesione del principio che fa divieto dell'analogia in malam
partern.
Non sembra infatti in alcun modo possibile fare riferimento nel caso di specie
alla nozione di interpretazione estensiva per giustificare l'opzione
interpretativa del giudice di merito avuto riguardo alla disposizione dell'art.
257 co. 1.
Nella specie non si tratta, infatti, di individuare diversi significati
letterali delle espressioni lessicali utilizzate dal legislatore o di dare
concretezza ad una casistica esemplificativa ma di procedere nel senso di una
vera e propria integrazione della norma penale con evidente vulnus per i
principi di legalità e tassatività.
Peraltro questa Corte ha da tempo chiarito che con l'analogia, vietata in via di
principio, non va confusa l'interpretazione estensiva, che si ha quando l'ambito
di applicazione di una norma penale viene, per necessità logica e non per
similitudine di rapporti, esteso ad un caso, che non essendo ivi previsto, si
deve ritenere compreso nella norma stessa, risalendo all'intenzione del
legislatore, cui si riferisce l'art. 12 delle Disposizioni della legge in
generale. (Sez. 4, n. 11380 del 27/04/1990 Rv. 185084)
Da quanto sopra deriva che la sentenza impugnata deve essere annullata senza
rinvio perché il fatto non sussiste.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Cosi deciso in Roma il 16.3.2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 11 MAG. 2011
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