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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 17/5/2011 (Ud. 27/4/2011), Sentenza n. 19316
DIRITTO URBANISTICO - Area di sosta e parcheggio a servizio dell'attività
commerciale - Attività edilizia libera - Art. 6 D.P.R. n. 380/01 - Applicazione
- Limiti - Contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici -
Fattispecie - Art. 5 D.L. n. 40/2010 (conv. L. n. 73/2010). La particolare
disciplina dell'attività edilizia libera, contemplata dall'articolo 6 D.P.R.
380/01 come modificato dall'articolo 5, comma secondo Legge 73/2010, non è
applicabile agli interventi che, pur rientrando nelle categorie menzionate da
tale disposizione, siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti
urbanistici. Nella specie, la realizzazione dei piazzali, da adibire ad area di
sosta e parcheggio a servizio dell'attività commerciale è avvenuta in area
classificata dallo strumento urbanistico come zona agricola E in contrasto con
la destinazione urbanistica dell'area. (conferma sentenza emessa il 19/3/2010
dalla Corte d'Appello di Salerno) Pres. Petti, Est. Ramacci, Ric. Ferraro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 17/5/2011 (Ud. 27/4/2011), Sentenza n. 19316
DIRITTO URBANISTICO - Regime delle pertinenze - Presupposti per la
qualificazione. Affinché un manufatto presenti la caratteristica di
pertinenza si richiede anche che esso non si ponga in contrasto con gli
strumenti urbanistici vigenti o adottati (Cass. Sez. III n. 39067, 8/10/2009;
Cass. Sez. III n. 37257, 1/10/2008). (conferma sentenza emessa il 19/3/2010
dalla Corte d'Appello di Salerno) Pres. Petti, Est. Ramacci, Ric. Ferraro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 17/5/2011 (Ud. 27/4/2011), Sentenza n. 19316
DIRITTO URBANISTICO - Opera abusiva - Difetto dei requisiti di condonabilità
- Sospensione del procedimento - Esclusione - Fattispecie: realizzazione in area
agricola, di piazzali da adibire ad area di sosta e parcheggio a servizio di
un'attività commerciale. Deve escludersi che il giudice debba procedere alla
sospensione del procedimento, in pendenza di una domanda di condono, quando
riscontri il difetto dei requisiti di condonabilità dell'opera che, nella
specie, era riconducibile ad una ipotesi di nuova costruzione non avente
destinazione residenziale e, come tale, non condonabile (Cass. Sez. III n. 8067,
27/2/2007; Cass. Sez. III n. 21679, 7/5/2004; Cass. Sez. III n. 14436,
24/3/2004; Cass. Sez. III n. 3358, 29/1/2004). (conferma sentenza emessa il
19/3/2010 dalla Corte d'Appello di Salerno) Pres. Petti, Est. Ramacci, Ric.
Ferraro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 17/5/2011 (Ud. 27/4/2011),
Sentenza n. 19316
DIRITTO PROCESSALE PENALE - Ricorso di legittimità - Vizio di motivazione per
travisamento delle risultanze probatorie - Presupposti - Onere dei ricorrente -
Autosufficienza dell'atto probatorio - Cc.d. prova dichiarativa - Criterio di
valutazione. In tema di vizio di motivazione per travisamento delle
risultanze probatorie, tale deduzione presuppone che la motivazione si fondi, in
modo decisivo, su una prova non esistente in atti, su un risultato di prova
incontestabilmente diverso da quello reale oppure sia evidentemente smentita da
una prova presente in atti ma non presa in considerazione (Cass. Sez. VI n.
18491, 14/5/2010; Cass. Sez. III n. 39729, 12/10/2009; Cass. Sez. V n. 39048,
23/10/2007). E' inoltre, onere dei ricorrente assicurare il requisito
dell'autosufficienza dell'atto probatorio provvedendo alla allegazione al
ricorso dell'atto integrale o della sua trascrizione essendone precluso l'esame
diretto in sede di legittimità salvo nel caso in cui il vizio non emerga dalla
stessa articolazione del ricorso (Cass. Sez. I n. 6112, 12/02/2009; Cass. Sez.
VI n. 20059, 20/5/2008). Infine, con specifico riferimento alla prova
dichiarativa, si è affermato che il giudice di legittimità deve limitarsi a
verificare se il senso probatorio, attribuito dal ricorrente in contrasto con
quello eletto nel provvedimento impugnato, presenti una verosimiglianza non
immediatamente smentibile e non imponga, per il suo apprezzamento, ulteriori
valutazioni in relazione al contenuto complessivo dell'esame del dichiarante.
(conferma sentenza emessa il 19/3/2010 dalla Corte d'Appello di Salerno) Pres.
Petti, Est. Ramacci, Ric. Ferraro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III
17/5/2011 (Ud. 27/4/2011), Sentenza n. 19316
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. Ciro PETTI
Presidente
Dott. Mario GENTILE
Consigliere
Dott. Aldo FIALE
Consigliere
Dott. Silvio AMORESANO
Consigliere
Dott. Luca RAMACCI
Consigliere Est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da FERRARO Michele nato a Sala Consilina il 27/5/1956
- avverso la sentenza emessa il 19/3/2010 dalla Corte d'Appello di Salerno
- Sentita la relazione fatta dal
Consigliere Dott. Luca Ramacci
- Sentito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Vito D'Ambrosio che ha
concluso per il rigetto del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 19 marzo 2010, la Corte d'Appello di Salerno confermava la
sentenza con la quale il Tribunale di Sala Consilina aveva condannato, il 1
aprile 2008, FERRARO Michele per il reato di cui all'articolo 44 D.P.R. 380\01
relativamente alla realizzazione, in area classificata come agricola ed in
assenza di permesso di costruire, di due piazzali, rispettivamente di mq 1.700 e
740, a servizio di un'attività commerciale dallo stesso gestita e concernente il
deposito di mezzi meccanici e la riparazione di veicoli industriali.
Avverso tale pronuncia il predetto proponeva ricorso per cassazione.
Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione degli articoli 3, 10 e 6
del D.P.R. 380\01, osservando che le opere realizzate dovevano ritenersi di
natura pertinenziale e, come tali, soggette a d.i.a. (denuncia di inizio
attività).
Aggiungeva che, a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 5 del D.L.
40\2010 (convertito nella Legge 73\2010) all'articolo 6 del D.P.R. 380\01, le
opere realizzate rientravano ora nell'attività edilizia libera in forza del
disposto del comma secondo, lettera c) del menzionato articolo 6 il quale
contempla tra gli interventi soggetti a mera comunicazione "le opere di
pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che
siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento
urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente
interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati".
Prevedendo tale disposizione, in caso di violazione, la sola sanzione
amministrativa pecuniaria, doveva ritenersi disposizione più favorevole che
andava, conseguentemente, applicata.
Con un secondo motivo di ricorso deduceva la violazione di legge e vizio di
motivazione, rivendicando la natura pertinenziale delle opere realizzate
erroneamente non considerata dalla Corte territoriale la quale, pur dando atto
della relazione "di servizio" sussistente tra le opere e la costruzione
principale, l'aveva poi esclusa ritenendo l'intervento come intervento di nuova
costruzione.
Con un terzo motivo di ricorso rilevava il vizio di motivazione per travisamento
delle risultanze probatorie conseguente alla errata valutazione delle
dichiarazioni di un teste da parte del giudice di prime cure che la Corte
territoriale aveva ratificato senza pronunciarsi sul punto specifico.
Con un quarto motivo di ricorso lamentava la violazione dell'articolo 45 D.P.R.
380\01, in quanto era stata rifiutata la sospensione del procedimento in attesa
dell'esito del procedimento amministrativo di sanatoria giustificata dalla
notifica di un preavviso di diniego con invito a formulare controdeduzioni entro
il termine di legge, che venivano prodotte facendo riferimento all'intenzione di
realizzare sul piazzale un impianto fotovoltaico, perfettamente compatibile con
la destinazione dell'area e rientrante nell'attività edilizia libera di cui al
menzionato articolo 6 D.P.R. 380\01.
Insisteva, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Occorre osservare, con riferimento all'attività edilizia libera disciplinata
dall'articolo 6 D.P.R. 380\01, che la stessa riguarda alcune tipologie di opere
che si ritiene non abbiano alcun impatto sull'assetto territoriale e, come tali,
non soggette ad alcun titolo abilitativo.
In tale categoria rientrano alcuni interventi specificamente indicati
dall'articolo 6 del dpr 380\01, ai quali vanno aggiunte altre tipologie
individuate dalla giurisprudenza.
L'articolo 6 è stato profondamente modificato ad opera della menzionata legge
73/2010 che ne ha sostituito il testo originario.
La disposizione, tuttavia, già nella primitiva versione poneva alcuni limiti al
libero esercizio dell'attività edilizia, che ora sono stati indicati in modo più
dettagliato nel testo attualmente in vigore.
Si specifica, infatti, che vengono fatte salve le prescrizioni degli strumenti
urbanistici comunali e non si prescinde dal rispetto delle altre normative di
settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in
particolare, dalle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-
sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica nonché delle
disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al
D.Lv. 42\2004.
Dal tenore letterale del testo deve ritenersi che l'elencazione non sia
tassativa ma esemplificativa, con la conseguenza che deve ritenersi richiesto il
rispetto di tutta la normativa di settore, ancorché non menzionata, che abbia
comunque rilevanza nell'ambito dell'attività edilizia.
Dovranno pertanto essere esclusi dall'applicazione di tale particolare regime di
favore tutti gli interventi eseguiti in contrasto con le disposizioni precettive
degli strumenti urbanistici comunali ed in violazione delle altre disposizioni
menzionate.
Può quindi affermarsi, in definitiva, il principio secondo il quale la
particolare disciplina dell'attività edilizia libera, contemplata dall'articolo
6 D.P.R. 380/01 come modificato dall'articolo 5, comma secondo Legge 73/2010,
non è applicabile agli interventi che, pur rientrando nelle categorie menzionate
da tale disposizione, siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti
urbanistici.
Alla luce del principio appena formulato deve pertanto escludersi
l'applicabilità della richiamata normativa nel caso posto all'esame della Corte
territoriale.
Come infatti emerge chiaramente dal contenuto del capo di imputazione, la
realizzazione dei piazzali, da adibire ad area di sosta e parcheggio a servizio
dell'attività commerciale del ricorrente, come indicato in sentenza e nel
ricorso, è avvenuta in area classificata dallo strumento urbanistico come zona
agricola E ed è pertanto in evidente contrasto con la destinazione urbanistica
dell' area.
Tale evidente contrasto con lo strumento urbanistico rileva anche con
riferimento alla rivendicata natura pertinenziale degli interventi.
Prescindendo infatti dal considerare la sussistenza degli altri requisiti che la
legge e l'elaborazione giurisprudenziale hanno enucleato con riferimento al
regime delle pertinenze, deve ricordarsi che affinché un manufatto presenti tale
caratteristica si richiede anche che esso non si ponga in contrasto con gli
strumenti urbanistici vigenti o adottati (Sez. III n. 39067, 8 ottobre 2009;
Sez. III n. 37257, 1 ottobre 2008).
Tali principio, che il Collegio condivide e dal quale non intende discostarsi,
deve pertanto essere nuovamente affermato.
Con riferimento al dedotto vizio di motivazione per travisamento delle
risultanze probatorie, si ricorda che, secondo la giurisprudenza di questa
Corte, tale deduzione presuppone che la motivazione si fondi, in modo decisivo,
su una prova non esistente in atti, su un risultato di prova incontestabilmente
diverso da quello reale oppure sia evidentemente smentita da una prova presente
in atti ma non presa in considerazione (Sez. VI n. 18491, 14 maggio 2010; Sez.
III n. 39729, 12 ottobre 2009; Sez. V n. 39048, 23 ottobre 2007).
E' inoltre onere dei ricorrente assicurare il requisito dell'autosufficienza
dell'atto probatorio provvedendo alla allegazione al ricorso dell'atto integrale
o della sua trascrizione essendone precluso l'esame diretto in sede di
legittimità salvo nel caso in cui il vizio non emerga dalla stessa articolazione
del ricorso (Sez. I n. 6112, 12 febbraio 2009; Sez. VI n. 20059, 20 maggio 2008
ed altre prec. conf.)
Con specifico riferimento alla prova dichiarativa, si è inoltre affermato che
"il giudice di legittimità deve limitarsi a verificare se il senso probatorio,
attribuito dal ricorrente in contrasto con quello eletto nel provvedimento
impugnato, presenti una verosimiglianza non immediatamente smentibile e non
imponga, per il suo apprezzamento, ulteriori valutazioni in relazione al
contenuto complessivo dell'esame del dichiarante" (Sez. VI n. 18491\10 cit.).
Ciò posto, deve rilevarsi come l'indicazione della prova che si assume travisata
si risolva nella generica indicazione del solo cognome di un teste e nella mera
affermazione che le sue dichiarazioni sarebbero diverse da quelle considerate
dal giudice di prime cure.
Di tali dichiarazioni viene inoltre fornita la sola indicazione dei temi
trattati, gran parte dei quali attengono a dati ricavabili dalla documentazione
relativa al procedimento amministrativo (esito della richiesta di permesso di
costruire) oppure a valutazioni di natura personale (natura pertinenziale delle
opere, compatibilità con il PRG).
Non vi è alcun elemento, ricavabile dalla sentenza impugnata, che consenta
inoltre di ritenere che le dichiarazioni del teste così sommariamente indicato
abbiano assunto un valore decisivo e determinante ai fini della decisione.
Altrettanto evidente appare, inoltre, l'infondatezza dell'ultimo motivo di
ricorso.
Viene a tale proposito denunciata la violazione dell'articolo 45 del D.P.R.
380\01 che concerne la sospensione dell'azione penale finché non siano stati
esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria di cui all'articolo 36 per
accertamento di conformità.
Nella sentenza impugnata, richiamando il contenuto dell'atto di appello, si fa
invece riferimento ad una richiesta di condono edilizio in ordine alla quale la
Corte territoriale aveva rilevato la mancanza dei presupposti di legge e
l'esistenza di un parere contrario al rilascio della sanatoria.
Si tratta, pertanto, di un riferimento errato ad una disposizione (l'articolo 45
D.P.R. 380\01) che non poteva essere comunque applicata, in quanto l'azione
penale era già stata esercitata al momento della richiesta di sospensione e che
non poteva in ogni caso riferirsi alla procedura di condono.
La valutazione della Corte territoriale appare comunque giuridicamente corretta
laddove esclude che debba procedersi, in ogni caso, alla sospensione del
procedimento in pendenza di una domanda di condono quando il giudice riscontri,
come nella fattispecie, il difetto dei requisiti di condonabilità dell'opera
che, nella fattispecie, era riconducibile ad una ipotesi di nuova costruzione
non avente destinazione residenziale e, come tale, non condonabile (v. Sez. III
n. 8067, 27 febbraio 2007; Sez. III n. 21679, 7 maggio 2004; Sez. III n. 14436,
24 marzo 2004; Sez. III n. 3358, 29 gennaio 2004)
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni
indicate in dispositivo
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio.
Così deciso in Roma il 27 aprile 2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 17/5/2011
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