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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 31/05/2011 (Ud. 27/04/2011) Sentenza n. 21781
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Reato di cui all'art. 181, c. 1, D.L.vo n.
42/2004 - Configurabilità - Elementi - Reato di pericolo - C.d. "condono
paesaggistico" - Fattispecie - L. n. 308/2004 - Art. 167 D.Lgs. n. 42/2004.
Il reato di cui all'art. 181, comma 1, del D.Lgs. n. 42/2004 è reato di pericolo
e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un effettivo
pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte
penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in
astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli
edifici. [C. Cost., sent. n. 247/1997 ed ord. n. 68/1988; Cass., Sez. III,
16.11.2001, n. 40862, Fara; 23.1.2002, n. 2398, Zecca ed altro; 28.3.2003, n.
14461, Carparelli; 29.4.2003, n. 19761, Greco ed altri; 28.9.2004, n. 38051,
Coletta; 11.1.2006, n. 564, Villa]. Tuttavia, la pronuncia favorevole sul
condono estingue il reato di cui all'art. 181 del D.Lgs. n. 42/2004 (già art.
163 del D.Lgs. n. 490/1999) e ogni altro reato in materia paesaggistica.
Fattispecie: esistenza del vincolo paesaggistico, riferito alla presenza di un
corso d'acqua oggetto di tutela e richiesta di c.d. condono paesaggistico.
(conferma sentenza n. 462/2008 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 17/03/2010) Pres.
Petti, Est. Fiale, Ric. Grop ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
31/05/2011 (Ud. 27/04/2011) Sentenza n. 21781
DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Zona sottoposta a
vincolo paesaggistico - Permesso di costruire - Variazioni essenziali - Nuova
valutazione del progetto da parte dell'amministrazione concedente - Necessità -
Artt. 32, lett. c) e 44 T.U. n. 380/2001. Ai sensi dell'art. 32, lett. c),
del T.U. n. 380/2001 - costituiscono variazioni essenziali le "modifiche
sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della
localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza". Ne consegue che la
modifica della localizzazione dell'edificio integra una variazione essenziale
rispetto al progetto qualora si sia in presenza di una traslazione tale da
comportare lo spostamento del fabbricato su un'area totalmente o pressoché
totalmente diversa da quella originariamente prevista. Pertanto, a detta
modifica, si connette la necessità di una nuova valutazione del progetto da
parte dell'amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità
con i parametri urbanistici e con la considerazione dell'area. Inoltre, gli
interventi in variazione essenziale vengono ritenuti generalmente punibili con
la pena prevista dalla lettera a) dell'art. 44 del T.U. n. 380/2001. Essi, però,
"sono considerati in totale difformità dal permesso di costruire (già
concessione edilizia)" quando sono realizzati (come nella specie) in zona
sottoposta a vincolo paesaggistico (art. 32, 3° comma dello stesso T.U.).
(conferma sentenza n. 462/2008 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 17/03/2010) Pres.
Petti, Est. Fiale, Ric. Grop ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
31/05/2011 (Ud. 27/04/2011) Sentenza n. 21781
DIRITTO URBANISTICO - Violazioni edilizie - Richiesta di sanatoria - Azione
penale - Sospensione - Presupposti - Poteri del giudice penale - Artt. 36 e 45,
1° c., T.U.E. n. 380/2001. L'art. 45, 1° comma, del T.U. n. 380/2001 (allo
stesso modo dell'art. 22 della legge n. 47/1985) dispone che - qualora venga
richiesto l'accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 dello stesso T.U.
(già art. 13 della legge n. 47/1985), I'azione penale relativa alle violazioni
edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti i procedimenti
amministrativi di sanatoria. La norma ricollega, dunque, la durata della
sospensione all'esaurimento dei soli "procedimenti amministrativi di sanatoria",
limitandola temporalmente alla decisione degli organi comunali sulla relativa
domanda, manifestata anche nella forma del silenzio-rifiuto prevista dal 4°
comma dell'art. 36 [Cass., Sez. III, 24.6.2010, n. 24245, Chiarello; 6.5.2008,
n. 17954, Termini; 8.4.2004, n. 16706, Brilla; 7.3.2003, n. 10640, Petrillo.
Tuttavia, l'emissione del provvedimento sospensivo resta pur sempre condizionata
al previo accertamento del giudice penale in ordine alla effettiva sussistenza
dei presupposti necessari per il conseguimento della sanatoria (vedi Cass., Sez.
III, 7.3.1997, n. 2256, Tessari ed altro). In ogni caso - nell'ipotesi in cui il
giudice di merito non abbia sospeso, ex art. 45, 10 comma, del T.U. n. 380/2001,
il procedimento relativo ai reati di cui all'art. 44 dello stesso T.U. - non
consegue alcuna nullità, mancando qualsiasi previsione normativa in tal senso e
non configurandosi pregiudizi al diritto di difesa dell'imputato, poiché questi
può far valere nei successivi gradi di giudizio l'esistenza o la sopravvenienza
della causa estintiva. (conferma sentenza n. 462/2008 CORTE APPELLO di TRIESTE,
del 17/03/2010) Pres. Petti, Est. Fiale, Ric. Grop ed altro. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 31/05/2011 (Ud. 27/04/2011) Sentenza n. 21781
DIRITTO URBANISTICO - Concessione edilizia in sanatoria - Attività vincolata
della P.A. - Potere-dovere del giudice - Conformità alla normativa urbanistica -
Artt. 13 e 22 L. n. 47/1985 oggi artt. 36 e 45 del T.U. n. 380/2001. Gli
artt. 13 e 22 della legge n. 47/1985 (le cui previsioni sono state trasfuse
negli artt. 36 e 45 del T.U. n. 380/2001) vanno interpretati in stretta
connessione ai fini della declaratoria di estinzione dei "reati
contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti" e il giudice
penale, pertanto, ha il potere-dovere di verificare la legittimità della
concessione edilizia rilasciata "in sanatoria" e di accertare che l'opera
realizzata sia conforme alla normativa urbanistica. In mancanza di tale
conformità, la concessione non estingue i reati ed il mancato effetto estintivo
non si ricollega ad una valutazione di illegittimità del provvedimento della
P.A. cui consegua la disapplicazione dello stesso ex art. 5 della legge
20.3.1865, n. 2248, all. E), bensì alla effettuata verifica della inesistenza
dei presupposti di fatto e di diritto dell'estinzione del reato in sede di
esercizio del doveroso sindacato della legittimità del fatto estintivo incidente
sulla fattispecie tipica penale (Cass., Sez. III, 1.7.2008, n. 26144, Papa;
20.5.2005, n. 19263, Scollato; 11.10.2000, n. 10601, Marinaro). Ai fini del
corretto esercizio di tale controllo deve ricordarsi che si pone quale
presupposto indispensabile, per il rilascio della concessione in sanatoria ex
art. 36 del T.U. n. 380/2001, la necessità che l'intervento sia "conforme alla
disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione
dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda". Il rilascio del
provvedimento sanante, inoltre, consegue ad un'attività vincolata della P.A.,
consistente nell'applicazione alla fattispecie concreta di previsioni
legislative ed urbanistiche a formulazione compiuta e non elastica, che non
lasciano all'Amministrazione medesima spazi per valutazioni di ordine
discrezionale (C. Stato, sez. V, 252.2009, n. 1126). (conferma sentenza n.
462/2008 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 17/03/2010) Pres. Petti, Est. Fiale, Ric.
Grop ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 31/05/2011 (Ud.
27/04/2011) Sentenza n. 21781
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. CIRO PETTI
- Presidente
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Consigliere - Rel.
Dott. SILVIO AMORESANO
- Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1) GROP BRIAN N. IL 28/03/1972
2) GROP GIACOMO N. IL 12/07/1968
avverso la sentenza n. 462/2008 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 17/03/2010
visti gli atti, la sentenza e i ricorsi;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/04/2011 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ALDO FIALE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vito D'Ambrosio che ha
concluso per il rigetto dei ricorsi
SVOLGIMENTO del PROCESSO
La Corte di appello di Trieste, con sentenza del 17.3.2010, in parziale riforma
della sentenza 3.2.2009 pronunziata dal G.T.P. del Tribunale di Udine in esito a
giudizio celebrato con il rito abbreviato:
a) ribadiva l'affermazione della responsabilità penale di Grop Brian e Grop
Giacomo in ordine ai reati di cui:
- all'art. 44, lett. a), D.P.R. n. 380/2001 (per avere - il primo in qualità di
proprietario ed esecutore dei lavori ed il secondo quale direttore dei lavori
medesimi - edificato, in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, un
fabbricato residenziale diversamente localizzato rispetto alla posizione
autorizzata con la ottenuta concessione edilizia ed in contrasto con le
prescrizioni di una variante di piano adottata - acc. in Porpetto, il
27.10.2007, con lavori in corso d'opera);
- all'art. 181 D.Lgs. n. 42/2004 (per avere realizzato l'opera anzidetta senza
la prescritta autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela del vincolo);
b) confermava la condanna, per ciascun imputato, alla pena complessiva di curo
18.532,00 di ammenda, di cui euro 532,00 in sostituzione della pena detentiva di
giorni 14 di arresto;
c) concedeva ad entrambi il beneficio della sospensione condizionale delle pene
inflitte.
Avverso tale sentenza hanno proposto separati ma identici ricorsi gli imputati,
i quali - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione -
hanno eccepito:
- violazione di legge per essere stata iniziata e proseguita l'azione penale in
pendenza del termine di sospensione di cui all'art. 45, 1° comma, del D.P.R. n.
380/2001, operante in seguito alla intervenuta presentazione di domanda di
accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 dello stesso T.U.;
- violazione di legge per errata applicazione dell'art. 36 del D.P.R. n.
380/2001, in quanto il Comune di Porpetto aveva rilasciato, in data 19.6.2008,
concessione in sanatoria ai sensi di detta norma ed i giudici del merito
avrebbero incongruamente considerato illegittimo tale titolo concessorio con
riferimento alle previsioni di una variante dello strumento urbanistico generale
soltanto "adottata" e non ancora approvata;
- la legittimità della intervenuta traslazione del manufatto;
- la insussistenza di un vincolo paesaggistico sull'area oggetto dell'intervento
e, comunque, la "buona fede" di essi ricorrenti nell'avere ritenuto che non
sussistesse alcun vincolo, considerato che di ciò non veniva fatto cenno nella
concessione edilizia n. 14 rilasciata l'11.4.2001;
- l'estinzione del reato paesaggistico contestato, in quanto sarebbe stato
emesso, dall'autorità preposta alla tutela del vincolo, un provvedimento di
condono ai sensi dell'art. 1, comma 37, della legge n. 308/2004;
- l'immotivata eccessività delle pene.
E' stata depositata memoria difensiva, con particolare illustrazione della
prospettazione di "buona fede" in ordine alla ritenuta insussistenza del vincolo
paesaggistico.
MOTIVI della DECISIONE
I ricorsi devono essere rigettati, perché tutte le doglianze anzidette sono
infondate.
1. Quanto all'eccezione di nullità per mancata sospensione dell'azione penale in
pendenza della domanda di sanatoria, va rilevato che l'art. 45, 1° comma, del
T.U. n. 380/2001 (allo stesso modo dell'art. 22 della legge n. 47/1985) dispone
che - qualora venga richiesto l'accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36
dello stesso T.U. (già art. 13 della legge n. 47/1985) - "I 'azione penale
relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti
i procedimenti amministrativi di sanatoria".
La norma ricollega, dunque, la durata della sospensione all'esaurimento dei soli
"procedimenti amministrativi di sanatoria", limitandola temporalmente alla
decisione degli organi comunali sulla relativa domanda, manifestata anche nella
forma del silenzio-rifiuto prevista dal 4° comma dell'art. 36 [vedi, tra le
decisioni più recenti, Cass., Sez. III: 24.6.2010, n. 24245, Chiarello;
6.5.2008, n. 17954, Termini; 8.4.2004, n. 16706, Brilla; 7.3.2003, n. 10640,
Petrillo. Tale interpretazione è stata considerata legittima dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 370/1988 e con l'ordinanza n. 247/2000].
L'emissione del provvedimento sospensivo, inoltre, resta pur sempre condizionata
al previo accertamento del giudice penale in ordine alla effettiva sussistenza
dei presupposti necessari per il conseguimento della sanatoria (vedi Cass., Sez.
III, 7.3.1997, n. 2256, Tessari ed altro).
In ogni caso - nell'ipotesi in cui il giudice di merito non abbia sospeso, ex
art. 45, 10 comma, del T.U. n. 380/2001, il procedimento relativo ai reati di
cui all'art. 44 dello stesso T.U. - non consegue alcuna nullità, mancando
qualsiasi previsione normativa in tal senso e non configurandosi pregiudizi al
diritto di difesa dell'imputato, poiché questi può far valere nei successivi
gradi di giudizio l'esistenza o la sopravvenienza della causa estintiva.
Nella vicenda in esame risulta che la richiesta di accertamento di conformità
era stata già presentata alla data del 27.10.2007 e, ai sensi dei 3° comma
dell'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, non essendo intervenuta pronuncia entro i
60 giorni successivi alla presentazione, la richiesta medesima doveva intendersi
"rifiutata".
L'Amministrazione comunale non aveva certamente perduto il potere di provvedere
in merito all'istanza, poiché questo poteva essere legittimamente esercitato
anche una volta formatosi il silenzio-rifiuto, ma, al momento in cui il P.M.
esercitò l'azione penale richiedendo al G.I.P. l'emissione di decreto di
condanna (7.1.2008), non sussisteva alcun motivo di sospensione del
procedimento.
2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, gli artt. 13 e 22 della
legge n. 47/1985 (le cui previsioni sono state trasfuse negli artt. 36 e 45 del
T.U. n. 380/2001) vanno interpretati in stretta connessione ai fini della
declaratoria di estinzione dei "reati contravvenzionali previsti dalle norme
urbanistiche vigenti" e il giudice penale, pertanto, ha il potere-dovere di
verificare la legittimità della concessione edilizia rilasciata "in sanatoria" e
di accertare che l'opera realizzata sia conforme alla normativa urbanistica.
In mancanza di tale conformità, infatti, la concessione non estingue i reati ed
il mancato effetto estintivo non si ricollega ad una valutazione di
illegittimità del provvedimento della P.A. cui consegua la disapplicazione dello
stesso ex art. 5 della legge 20.3.1865, n. 2248, all. E), bensì alla effettuata
verifica della inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell'estinzione
del reato in sede di esercizio del doveroso sindacato della legittimità del
fatto estintivo incidente sulla fattispecie tipica penale (vedi Cass., Sez. III:
1.7.2008, n. 26144, Papa; 20.5.2005, n. 19263, Scollato; 11.10.2000, n. 10601,
Marinaro).
Ai fini del corretto esercizio di tale controllo deve ricordarsi che si pone
quale presupposto indispensabile, per il rilascio della concessione in sanatoria
ex art. 36 del T.U. n. 380/2001, la necessità che l'intervento sia "conforme
alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della
realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda".
Secondo la precedente formulazione dell'art. 13 della legge n. 47/1985 - invece
- l'intervento doveva risultare "conforme agli strumenti urbanistici generali e
di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati, sia al momento
della realizzazione dell'opera, sia al momento della presentazione della
domanda".
Nella fattispecie in esame la difformità realizzata risulta non conforme ad una
variante di piano regolatore soltanto "adottata" e non ancora approvata, ma il
mutamento lessicale della formulazione normativa (di cui si è dato conto dianzi)
deve considerarsi irrilevante, in quanto la conformità alla "disciplina
urbanistica vigente" si riferisce sicuramente pure al rispetto delle norme di
salvaguardia connesse alle prescrizioni dello strumento urbanistico adottato
(sul punto già Cass., sez. III, 9.1.2004, n. 291, Fammiano).
Il rilascio del provvedimento sanante, inoltre, consegue ad un'attività
vincolata della P.A., consistente nell'applicazione alla fattispecie concreta di
previsioni legislative ed urbanistiche a formulazione compiuta e non elastica,
che non lasciano all'Amministrazione medesima spazi per valutazioni di ordine
discrezionale (vedi C. Stato, sez. V, 252.2009, n. 1126).
Nel caso che ci riguarda - in conclusione - i giudici del merito hanno
correttamente affermato che la concessione edilizia rilasciata in sanatoria non
comporta l'estinzione del reato urbanistico, perché non è applicabile l'art. 45
del T.U. n. 380/2001 (difettandone i presupposti).
3. E' incontestato che, nella specie, vi è stata una diversa collocazione del
manufatto rispetto al progetto originario.
In relazione a tale condotta, attuata in difformità dalla concessione edilizia
rilasciata, i giudici del merito hanno ritenuto sussistente il reato di cui
all'art. 44, lett. a), D.P.R. n. 380/2001, previa derubricazione
dell'imputazione originariamente riferita alla lettera c) dello stesso art. 44.
Va rilevato, in proposito, che - secondo le disposizioni dell'art. 32, lett. c),
del T.U. n. 380/2001 - costituiscono variazioni essenziali le "modifiche
sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della
localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza". Ne consegue che la
modifica della localizzazione dell'edificio integra una variazione essenziale
rispetto al progetto qualora si sia in presenza (come nella fattispecie in
esame) di una traslazione tale da comportare lo spostamento del fabbricato su
un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente
prevista: a detta modifica, pertanto, si connette la necessità di una nuova
valutazione del progetto da parte dell'amministrazione concedente, sotto il
profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con la
considerazione dell'area.
Gli interventi in variazione essenziale vengono ritenuti generalmente punibili
con la pena prevista dalla lettera a) dell'art. 44 del T.U. n. 380/2001. Essi,
però, "sono considerati in totale difformità' dal permesso di costruire (già
concessione edilizia)" quando sono realizzati (come nella specie) in zona
sottoposta a vincolo paesaggistico (art. 32, 3° comma dello stesso T.U.).
Il P.M., comunque, nella vicenda in oggetto, non ha avuto a dolersi della
effettuata derubricazione.
In relazione alle doglianze dei ricorrenti deve evidenziarsi, però, che - anche
ai fini della configurazione del reato ritenuto in sentenza - è irrilevante che
il diverso posizionamento del fabbricato fosse o meno consentito dalla
pianificazione vigente, in quanto esso, comunque, non era stato autorizzato nel
titolo abilitativo edilizio.
La questione può assumere rilievo soltanto in relazione alla possibilità di
sanatoria ex art. 36 del T.U. n. 380/2001, ma tale possibilità deve ritenersi
correttamente esclusa alla stregua delle argomentazioni svolte nel precedente
paragrafo.
4. L'esistenza del vincolo paesaggistico, riferito alla presenza di un corso
d'acqua oggetto di tutela, è attestata dalla acquisita documentazione
proveniente sia dall'Amministrazione comunale sia dalla competente
Soprintendenza ed i giudici del merito, con argomentazioni logiche, hanno
disatteso la prospettazione di "buona fede" che la difesa ricollega alla mancata
menzione di tale vincolo nella concessione edilizia originariamente rilasciata.
Il rilascio dei titolo abilitativo edilizio, infatti, non può essere
interpretato nel senso del verificato rispetto della disciplina vincolistica
vigente, in quanto il provvedimento relativo alla concessione edilizia (ora
permesso di costruire) e l'autorizzazione paesaggistica sono tra loro autonomi
ed indipendenti, realizzando interessi distinti e fondandosi su presupposti
diversi.
Va ribadito poi l'orientamento costante di questa Corte Suprema [vedi, tra le
molteplici pronunzie, Cass., Sez. III: 16.11.2001, n. 40862, Fara; 23.1.2002, n.
2398, Zecca ed altro; 28.3.2003, n. 14461, Carparelli; 29.4.2003, n. 19761,
Greco ed altri; 28.9.2004, n. 38051, Coletta; 11.1.2006, n. 564, Villa] secondo
il quale il reato di cui all'art. 181, comma 1, del D.Lgs. n. 42/2004 è reato di
pericolo e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un
effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle
condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure
in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli
edifici [vedi pure, in proposito, Corte Cost., sent. n. 247 del 1997 ed ord. n.
68 del 1988].
La fattispecie in esame - come esattamente evidenziato dai giudici del merito -
è caratterizzata ad evidenza da difformità esecutive oggettivamente non
irrilevanti ed astrattamente idonee a compromettere l'ambiente: sussiste,
pertanto, un'effettiva messa in pericolo del paesaggio, oggettivamente insita
nella minaccia ad esso portata e valutabile come tale ex ante, nonché una
violazione dell'interesse dalla P.A. ad una corretta informazione preventiva ed
all'esercizio di un efficace e sollecito controllo.
5. Quanto poi al c.d. "condono paesaggistico" - introdotto dal comma 37
dell'unico articolo della legge n. 308/2004 ed applicabile ai reati
paesaggistici compiuti entro e non oltre il 30 settembre 2004 - deve rilevarsi
che tale disposizione si riferisce genericamente ai "lavori compiuti su beni
paesaggistici senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa" ma
pone poi la condizione "che le tipologie edilizie realizzate e i materiali
utilizzati, anche se diversi da quelli indicati nell'eventuale autorizzazione,
rientrino fra quelli previsti e assentiti dagli strumenti di pianificazione
paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il
contesto paesaggistico".
Ulteriore condizione è che "che i trasgressori abbiano previamente pagato":
- la sanzione pecuniaria di cui all'art. 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004,
maggiorata da un terzo alla metà;
- una sanzione pecuniaria aggiuntiva, determinata, dall'autorità amministrativa
competente, tra un minimo di 3.000,00 euro ed un massimo di 50.000,00 euro.
La procedura è legislativamente delineata in termini estremamente scarni, in
quanto viene previsto soltanto che il proprietario, il possessore o il detentore
a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati all'intervento, devono
presentare la domanda per l'accertamento della "compatibilità paesaggistica" dei
lavori eseguiti all'autorità preposta alla gestione dei vincolo e che tale
autorità deve pronunciarsi previo parere della Soprintendenti.
La pronuncia favorevole estingue il reato di cui all'art. 181 del D.Lgs. n.
42/2004 (già art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999) e "ogni altro reato in materia
paesaggistica".
Nella fattispecie in esame (ove i lavori erano in corso d'opera alla data del
27.10.2007, di gran lunga successiva al termine massimo del 30 settembre 2004)
non risulta che la procedura anzidetta sia stata esperita e che siano state
pagate le prescritte sanzioni pecuniarie.
6. Le pene, infine, sono state determinate con corretto riferimento ai criteri
direttivi di cui all'art. 133 cod. pen. (entità effettiva dei fatti e loro
disvalore sociale)-
7. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
ROMA, 27.4 2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 31/05/2011
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