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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 1/06/2011 (Ud. 17/02/2011) Sentenza n. 21842
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Vincoli paesaggistici - Opere nel sottosuolo -
Configurabilità del reato - Artt. 181 c. 1 bis e 149, D. Lg.vo n.42/04. Il
reato di cui all'art. 181 comma 1 bis del D. L.vo n. 42/04 (che si pone come
tipica ipotesi di reato di pericolo), si configura anche in caso di lavori
realizzati, in difetto di autorizzazione, nel sottosuolo di zone sottoposte a
determinati vincoli paesaggistici in quanto la norma in parola vieta
l'esecuzione di lavori di qualunque genere su beni paesaggistici, dovendosi
ritenere realizzata anche in tali casi una modificazione, anche se non
immediatamente visibile, dell'assetto del territorio (Cass. Sez. 3^ 16.1.2007 n.
7292, Armenise ed altro). La ratio della norma incriminatrice è, quindi,
la tutela massima del paesaggio, dovendosi escludere il reato solo nella
residuale ipotesi che, nemmeno in via astratta, l'opera realizzata (o in corso
di esecuzione) sia idonea a pregiudicare il bene paesaggistico protetto dalla
norma (Cass. Sez. 3^ 24.5.202 nr. 26276). Ne consegue che la disposizione di cui
all'art. 149 del menzionato D. L.vo in tanto può valere, in quanto l'opera
realizzata non alteri lo stato dei luoghi. (conferma sentenza del 17/9/2010
Corte di Appello di Napoli) Pres. Gentile, Est. Grillo, Ric. Iacono. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III 1/06/2011 (Ud. 17/02/2011) Sentenza n. 21842
DIRITTO URBANISTICO - Opere nel sottosuolo - Reati di violazione della legge
urbanistica, edilizia ed antisismica - Artt. 44 lett. c), 93, 94 e 95 D.P.R.
n.380/01. Secondo le prescrizioni contenute nell'art. 93 del D.P.R. 380/01
qualsiasi opera edilizia - senza distinzione di sorta anche con riferimento alla
struttura dell'opera - laddove eseguita in zona sismica, abbisogna della previa
presentazione del progetto all'Ufficio del Genio Civile. Trattasi di violazioni
di tipo c.d. "formale" per le quali non assume alcun rilievo la eventuale
pericolosità della costruzione anche laddove attraverso una verifica postuma
dovesse accertarsi l'assenza di pericolo (Cass. Sez. 3^ 13.5.1997 n. 5738).
(conferma sentenza del 17/9/2010 Corte di Appello di Napoli) Pres. Gentile, Est.
Grillo, Ric. Iacono. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 1/06/2011 (Ud.
17/02/2011) Sentenza n. 21842
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Struttura motivazionale della sentenza di
appello - Integrazione con quella di primo grado - Elementi di prova concordanti
- Necessità. Laddove le due pronunce di primo e di secondo grado risultino
concordanti nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a
base delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di
appello si salda e si integra con quella precedente di primo grado (Cass. Sez.
2^ 10.1.2007 n. 5606, Conversa e altri; Cass. Sez. 1^ 26.6.2000 n. 8868,
Sangiorgi; Cass. Sez. Un. 4.2.1992 n. 6682, Pm: p.c., Musumeci ed altri).
(conferma sentenza del 17/9/2010 Corte di Appello di Napoli) Pres. Gentile, Est.
Grillo, Ric. Iacono. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 1/06/2011 (Ud.
17/02/2011) Sentenza n. 21842
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Sigg.:
1. Dott. GENTILE Mario
Presidente
2. Dott. FIALE Aldo
Consigliere
3. Dott. GRILLO Renato
Consigliere (est.)
4. Dott. MARINI Luigi
Consigliere
5. Dott. SARNO Giulio
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da IACONO Ernesto, nato a Capri il 30.05.1935;
- avverso la sentenza emessa il 17 settembre 2010 dalla Corte di Appello di
Napoli
- udita nella pubblica udienza del 17 febbraio 2011 la relazione fatta dal
Consigliere Dr. Renato GRILLO;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Sante SPINACI che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con sentenza del 17 settembre 2010 la Corte di Appello di Napoli confermava la
sentenza emessa dal Tribunale di Napoli - Sezione Distaccata di Ischia - emessa
in data 11 ottobre 2008 con la quale IACONO Ernesto, imputato dei reati di
violazione della legge urbanistica, edilizia ed antisismica (artt. 44 lett. c),
93, 94 e 95 D.P.R. 380/01 e 181 comma 1 bis del D. Lg.vo 42/04 [fatti commessi
in data 1 marzo 2006], era stato ritenuto colpevole dei suddetti reati e
condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e ritenuta
la continuazione, alla pena - condizionalmente sospesa - di mesi otto e giorni
quindici di reclusione.
In risposta agli specifici motivi di impugnazione (con i quali era stata
richiesta in principalità, l'assoluzione dai reati anzidetti con la più ampia
formula liberatoria, versandosi in tema di opere interne non abbisognevoli di
preventivi permessi, non incidenti sull'assetto territoriale e comunque di
dimensioni ridottissime e, in subordine, una congrua riduzione della pena da
ritenersi condonata, unitamente alla revoca del disposto ordine di demolizione
ed al ripristino dello stato dei luoghi), la Corte territoriale aveva disatteso
tutte le doglianze difensive, chiarendo che, indipendentemente dai riscontri
documentali di tipo fotografico, attestanti la realizzazione di lavori di entità
non trascurabile, il reato di cui all'art. 181 comma 1 bis D. L.vo 42/04 era in
ogni caso configurabile anche se i lavori erano stati eseguiti nel sottosuolo,
tenuto conto delle finalità perseguite dalla norma e del bene giuridico protetto
(tutela del paesaggio).
Rilevava poi, quanto ai motivi subordinati, che l'entità delle opere ostava alla
invocata riduzione della pena e che l'eventuale concedibilità dell'indulto
avrebbe potuto formare oggetto di valutazione in sede di esecuzione.
Ricorre avverso la detta sentenza l'imputato a mezzo del proprio difensore,
deducendo violazione della legge penale (art. 181 comma 1 bis D. L.vo 42/04)
sotto il profilo che i lavori realizzati ed in corso d'opera non avevano
alterato affatto - come ritenuto dalla Corte territoriale - le bellezze
paesaggistiche, in quanto si trattava di opere eseguite all'interno di una
grotta, senza interessamento della crosta terrestre superficiale soprastante,
tanto che la stessa Corte aveva affermato trattarsi di opere non visibili
dall'esterno.
Denuncia, anche, contraddittorietà della motivazione ed illogicità manifesta per
avere la Corte nonostante l'affermazione che si trattava di opere non visibili
dall'esterno - ritenuto che tali opere non erano consentite, in quanto
insistenti in zona vincolata.
Denuncia, poi, violazione della legge e difetto di motivazione con riferimento
al reato di cui al capo b) in quanto l'opera realizzata riguardava l'esecuzione
di un tramezzo interno non in cemento armato e dunque sottratto al regime
sanzionatorio previsto dagli artt. 61 e 72 del D.P.R. 380/01.
Con un terzo motivo il ricorrente lamenta violazione dell'art. 521 c.p.p. in
quanto la Corte aveva affermato, diversamente da quanto contestato, la
realizzazione di nuovi volumi in prosecuzione di un fabbricato preesistente
mediante scavo.
Con un quarto motivo viene poi denunciato travisamento dei fatti e della prova,
avendo la Corte affermato, diversamente da quanto riferito dal teste
verbalizzante, l'avvenuta constatazione di uno scavo teso alla creazione di
nuovi volumi.
Con l'ultimo motivo viene dedotta l'omessa motivazione relativamente al diniego
della riduzione della pena, esplicitato con il ricorso ad una clausola di stile,
lamentandosi, anche, la mancata applicazione dell'indulto, senza che venisse
revocata la concessa sospensione della pena.
Il ricorso è infondato.
La prima censura rivolta alla sentenza impugnata concerne la ritenuta
colpevolezza per il reato di cui all'art. 181 comma 1 bis D.P.R. 380/01, che il
ricorrente reputa non configurabile in quanto l'intervento edilizio non era
visibile dall'esterno ed, in ogni caso, non aveva interessato la crosta
superficiale terrestre ma aveva interessato il sottosuolo: da qui
l'inapplicabilità della normativa contestata afferente invece ad opere incidenti
sulla modifica dell'assetto territoriale, purchè esternamente visibili.
La norma invocata dal ricorrente (art. 149 del D. L.vo 42/04) non appare però
attinente alla fattispecie in esame: come più volte precisato dalla
giurisprudenza di questa Corte, il reato di cui all'art. 181 comma 1 bis del D.
L.vo 42/04 (che si pone come tipica ipotesi di reato di pericolo), si configura
anche in caso di lavori realizzati, in difetto di autorizzazione, nel sottosuolo
di zone sottoposte a determinati vincoli paesaggistici in quanto la norma in
parola vieta l'esecuzione di lavori di qualunque genere su beni paesaggistici,
dovendosi ritenere realizzata anche in tali casi una modificazione, anche se non
immediatamente visibile, dell'assetto del territorio (Cass. Sez. 3^ 16.1.2007 n.
7292, Armenise ed altro, Rv. 236080).
La ratio della norma incriminatrice è, quindi, la tutela massima del paesaggio,
dovendosi escludere il reato solo nella residuale ipotesi che, nemmeno in via
astratta, l'opera realizzata (o in corso di esecuzione) sia idonea a
pregiudicare il bene paesaggistico protetto dalla norma (Cass. Sez. 3^ 24.5.202
nr. 26276, Rv. 222231).
Ne consegue che la disposizione di cui all'art. 149 del menzionato D. L.vo in
tanto può valere, in quanto l'opera realizzata non alteri lo stato dei luoghi:
circostanza che la Corte - e prima ancora il Tribunale - aveva radicalmente
escluso con motivazione immune da vizi logici oltre che coerente con i dati
probatori acquisiti (non solo la riferita testimonianza resa dall'ufficiale di
P.G. verbalizzante di cui è cenno nella sentenza impugnata, ma soprattutto il
dato obiettivo fotografico attestante la tipologia dei lavori eseguiti).
Parimenti infondata la censura mossa in merito al difetto di motivazione
riguardante la richiesta di assoluzione dal reato di cui agli artt. 93 e 95 del
D.P.R. 380/01: anche in questo caso, infatti, la difesa ritiene che la norma in
questione non fosse applicabile sol perché il tramezzo realizzato non fosse in
cemento armato con conseguente non necessità del deposito di calcoli
strutturali.
Secondo le prescrizioni contenute nell'art. 93 del D.P.R. 380/01 qualsiasi opera
edilizia - senza distinzione di sorta anche con riferimento alla struttura
dell'opera - laddove eseguita in zona sismica, abbisogna della previa
presentazione del progetto all'Ufficio del Genio Civile: trattasi come
ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di violazioni di
tipo c.d. "formale" per le quali non assume alcun rilievo la eventuale
pericolosità della costruzione anche laddove attraverso una verifica postuma
dovesse accertarsi l'assenza di pericolo (in tal senso, v. Cass. Sez. 3^
13.5.1997 n. 5738, Rv. 208299).
Non appare poi condivisibile quanto sostenuto dal ricorrente circa la mancata
motivazione da parte della Corte sulla specifica doglianza mossa con l'atto di
appello, avendo la Corte napoletana richiamato nella sua integralità i contenuti
della sentenza di primo grado, specifica anche su tale punto, e,
conseguentemente, avendo reso una motivazione adeguata, sia pure per
relationem.
E' noto, in proposito, il principio in forza del quale la struttura
motivazionale della sentenza di appello, laddove le due pronunce di primo e di
secondo grado risultino concordanti nell'analisi e nella valutazione degli
elementi di prova posti a base delle rispettive decisioni, si salda e si integra
con quella precedente di primo grado (Cass. Sez. 2^ 10.1.2007 n. 5606, Conversa
e altri; Rv. 236181; Cass. Sez. 1^ 26.6.2000 n. 8868, Sangiorgi, Rv. 216906;
Cass. Sez. Un. 4.2.1992 n. 6682, Pm: p.c., Musumeci ed altri, Rv. 191229).
Considerazioni identiche - quanto alla infondatezza del relativo motivo -
possono essere svolte con riguardo al motivo afferente la mancata assoluzione
dal reato urbanistico di cui al capo a).
Allo IACONO era stata mossa la contestazione di avere effettuato, quale
committente, la realizzazione di opere consistite nella realizzazione di un vano
internamente ad un preesistente fabbricato in muratura per una superficie di mq.
12 circa ed un'altezza di mt.2,10: evidente, quindi, da una semplice lettura del
capo di imputazione, la realizzazione di volumi nuovi e non una diversa
suddivisione di un locale preesistente come pretenderebbe il ricorrente.
Orbene, anche su questo punto la Corte ha fornito sufficiente motivazione
attraverso il richiamo integrale alla sentenza di primo grado.
Inoltre è da disattendere la censura mossa dal ricorrente per violazione della
norma processuale (difetto di correlazione tra accusa e sentenza), in quanto è
la stessa lettura del capo di imputazione che esclude che da parte della Corte
sia stato espresso un giudizio su un fatto diverso da quello contestato.
Al riguardo va anche rilevato che, contrariamente alle affermazioni della difesa
secondo le quali la stessa Corte avrebbe scritto in premessa che `per
l'appellante, non necessitava quindi il preventivo rilascio del permesso di
costruire" (vds. pag. 4 dei motivi di ricorso), si tratta di una proposizione
attribuibile esclusivamente all'appellante (in quanto contenuta nei motivi di
appello come riportati sia pure per sintesi dalla Corte nelle premesse della
sentenza) ma non di certo alla Corte, che ha invece confermato l'illegittimità
dell'opera anche sotto il profilo strettamente urbanistico e dunque la necessità
del preventivo permesso di costruire.
Con riguardo al motivo di ricorso afferente omessa motivazione in ordine alla
asserita carenza di prova della materialità del reato, va precisato che la
stessa Corte, ancora una volta, sinteticamente, ha comunque spiegato -
richiamandosi alle considerazioni della sentenza del Tribunale - come nel caso
di specie fosse stata constatata la realizzazione di nuovi volumi in
prosecuzione ed ampliamento rispetto ad una struttura preesistente, proseguendo
poi in tale affermazione - fatta propria nella sentenza impugnata - con il
riferimento a riscontri oggettivi (fotografie e testimonianze) conclamanti la
prova del commesso reato e correttamente evidenziati dalla Corte di merito.
E, quanto al supposto travisamento della prova, nulla di tutto ciò è dato
rinvenire da una lettura coordinata della sentenza di primo grado e di quella di
appello, avendo la Corte territoriale esattamente riportato quanto riferito dal
teste e collegando poi tali testimonianze ai risultati oggettivi rappresentanti
dai rilievi fotografici.
Con riguardo al motivo di ricorso afferente alla omessa motivazione sulla
richiesta di riduzione della pena, va chiarito che la Corte ha reso una
motivazione convincente, richiamandosi alla entità delle opere realizzate, così
implicitamente riconoscendo valore negativo ostativo a tali opere, in piena
coerenza con le affermazioni precedenti riguardanti proprio la particolare
tipologia dell'intervento edilizio e la sua incidenza sull'assetto territoriale
e paesaggistico della zona.
Quanto all'ultimo motivo di doglianza riguardante la mancata applicazione
dell'indulto, dalla Corte rinviato ad una fase successiva (quella
dell'esecuzione), trattasi di valutazione di merito effettuata dal giudice
territoriale nell'ambito dei poteri riconosciutigli quale giudice della
cognizione, in maniera congrua ed immune da vizi, anche perché ancorata alla
mera richiesta di applicazione del beneficio senza alcun riferimento a questioni
legate al concesso beneficio della sospensione condizionale della pena, per come
è dato leggere dalla sentenza impugnata. Segue, al rigetto del ricorso, la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 17/2/2011 2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 1/06/2011
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