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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/06/2011 (Cc. 27/04/2011) Sentenza n. 21859



RIFIUTI - Cantieri edili di demolizione - Impianti mobili di macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali inerti - Autorizzazione - Necessità - Art. 256, c. 1 - lett. a), del D.Lgs. n. 152/2006. Gli impianti mobili adibiti alla macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali inerti prodotti da cantieri edili di demolizione, sono assoggettati al procedimento autorizzatorio in quanto, non possono essere considerati impianti che effettuano una semplice riduzione volumetrica e separazione di eventuali frazioni estranee, essendo essi impiegati per effettuare un'operazione "di trattamento" il cui principale risultato è quello di permettere ai residui ferrosi "di svolgere un ruolo utile" (in linea anche con la nozione di "recupero" posta dal D.Lgs. 3.12.2010, n. 205, ove viene espressamente previsto che l'elenco delle operazioni di cui all'allegato C del D. L.vo n. 152/2006 non è per nulla esaustivo). (conferma ordinanza del 23/09/2010, n. 47 TRIBUNALE LIBERTA' di CHIETI) Pres. Petti, Est. Fiale, Ric. Colanzi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/06/2011 (Cc. 27/04/2011) Sentenza n. 21859

RIFIUTI - Impianti mobili di smaltimento e di recupero dei rifiuti - Autorizzazione - Necessità - Procedura semplificata - Violazione - Art. 256, c.1 - lett. a), D.Lgs. n. 152/2006 - Configurabilità - Attività esclusa alla procedura - Art. 208, c. 15, D. L.vo n. 152/2006.
In tema di rifiuti, l'art. 208, comma 15, del D.Lgs. n. 152/2006 prevede e disciplina una procedura semplificata per l'autorizzazione degli impianti mobili di smaltimento e di recupero dei rifiuti, disponendo che i soggetti interessati devono presentare domanda alla Regione (ove hanno la sede legale o quella di rappresentanza) per ottenere l'autorizzazione definitiva all'uso dell'impianto. Per lo svolgimento, poi, delle singole "campagne di attività" sul territorio nazionale, i soggetti che hanno ottenuto detta autorizzazione, almeno 60 giorni prima dell'installazione dell'impianto, devono comunicare alla Regione nel cui territorio si trova il sito prescelto, le "specifiche dettagliate" relative alla campagna di attività e la Regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica. Sono esclusi dall'osservanza della procedura anzidetta gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, nonché gli impianti che effettuano esclusivamente riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee. Sicché l’assenza della prescritta autorizzazione configura, conseguentemente, il fumus dell'ipotizzato reato di cui all'art. 256, comma i - lett. a), del D.Lgs. n. 152 del 2006. (conferma ordinanza del 23/09/2010, n. 47 TRIBUNALE LIBERTA' di CHIETI) Pres. Petti, Est. Fiale, Ric. Colanzi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/06/2011 (Cc. 27/04/2011) Sentenza n. 21859


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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. CIRO PETTI                                                     - Presidente
Dott. MARIO GENTILE                                             - Consigliere
Dott. ALDO FIALE                                                   - Consigliere Rel.
Dott. SILVIO AMORESANO                                     - Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI                                             - Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da: COLANZI FILIPPO N. IL 20/02/1965
- avverso l'ordinanza n. 47/2010 TRIB. LIBERTA' di CHIETI, del 23/09/2010
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
- sentite le conclusioni del PG Dott. Vito D’Ambrosio il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.


FATTO E DIRITTO


Il G.I.P. del Tribunale di Chieti, con decreto del 28.7.2010, convalidava il sequestro preventivo (adottato di urgenza dai Carabinieri del N.O.E. di Pescara) di un impianto mobile impiegato per la triturazione e la separazione magnetica di rifiuti provenienti dalla demolizione della ex cartiera "Burgo", sita in Chieti Scalo.


Detto sequestro é stato disposto in relazione al reato di cui:
- all'art. 256, comma 1 - lett. a), D.Lgs. 3.4.2006, n. 152, per avere, in assenza della prescritta autorizzazione, utilizzato un impianto mobile per frantumare rifiuti non omogenei, costituiti da inerti e ferro, che venivano separati attraverso un trattamento meccanico, dividendo le due tipologie di rifiuti
ipotizzato nei confronti di Colanzi Filippo, nella qualità di rappresentante legale della s.r.l. "Emoter".


Il Tribunale di Chieti - con ordinanza del 23.9.2010 - rigettava l'istanza di riesame proposta nell'interesse dell'anzidetto indagato.


Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore del Colanzi, il quale ne ha eccepito la illegittimità, prospettando che, nella specie, non vi sarebbe stata alcuna operazione non autorizzata di "recupero", ma un'attività di mera cernita o selezione di rifiuti costituente fase preliminare e/o preparatoria rispetto a quella successivamente rivolta a recuperare i rifiuti così separati.


****************


Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.


Risulta accertato - allo stato delle indagini finora svolte - che la s.r.l. "Emoter” eseguiva lavori di demolizione di un complesso industriale dismesso ed utilizzava, nel cantiere, l'impianto mobile sequestrato (trituratore e separatore magnetico) per ottenere la separazione del ferro dai materiali inerti.


L'art. 208, comma 15, del D.Lgs. n. 152/2006 prevede e disciplina una procedura semplificata per l'autorizzazione degli impianti mobili di smaltimento e di recupero dei rifiuti, disponendo che i soggetti interessati devono presentare domanda alla Regione (ove hanno la sede legale o quella di rappresentanza) per ottenere l'autorizzazione definitiva all'uso dell'impianto. Per lo svolgimento, poi, delle singole "campagne di attività" sul territorio nazionale, i soggetti che hanno ottenuto detta autorizzazione, almeno 60 giorni prima dell'installazione dell'impianto, devono comunicare alla Regione nel cui territorio si trova il sito prescelto, le "specifiche dettagliate" relative alla campagna di attività e la Regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica.


Sono esclusi dall'osservanza della procedura anzidetta gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, nonché gli impianti che effettuano esclusivamente riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee.

Devono ritenersi, invece, sicuramente assoggettati al procedimento autorizzatorio come sopra delineato gli impianti mobili adibiti alla macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali inerti prodotti da cantieri edili di demolizione, in quanto non possono essere considerati impianti che effettuano una semplice riduzione volumetrica e separazione di eventuali frazioni estranee, essendo essi impiegati per effettuare un'operazione "di trattamento" il cui principale risultato è quello di permettere ai residui ferrosi "di svolgere un ruolo utile" (in linea anche con la nozione di "recupero" posta dal D.Lgs. 3.12.2010, n. 205, ove viene espressamente previsto che l'elenco delle operazioni di cui all'allegato C del D. l.gs. n. 152/2006 non è per nulla esaustivo).

Questa Sezione ha già deciso in tal senso, sia pure senza una specifica disamina della normativa di riferimento, in relazione ad un impianto mobile similare, con la sentenza n. 12429 del 20.3.2008, ric. Pezzopane.


Si configura conseguentemente, nella fattispecie in esame, il fumus dell'ipotizzato reato di cui all'art. 256, comma 1 - lett. a), del D.Lgs. n. 152 del 2006 ed al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt_ 127 e 325 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Cosi deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 27.4.2011

DEPOSITATA IN CANCELLERIA l'1 GIU. 2011



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