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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 10/06/2011 (Ud. 28/04/2011) Sentenza n. 23427
DIRITTO URBANISTICO - Parcheggi pertinenziali - Aree destinate a parcheggio e
vincolo di pertinenza - Disciplina applicabile - L. n. 122/1989 modif. art. 17,
L. n. 127/1997, e art. 37 L. n. 472/1999 - Art. 18, L. n. 765/1967 - Art. 44
lett. b) d.P.R. n.380/2001; 4 e 14, 2 e 13 L.n. 1086/1971; 349 cod. pen.. La
costruzione di autorimesse o parcheggi destinati a pertinenza di fabbricati
esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita, ai sensi della L. 24 marzo
1989, n. 122, come modificata dalla L. 15 maggio 1997, n. 127, art. 17 e dalla
L. 7 dicembre 1999, n. 472, art. 37, a condizione che nella relativa domanda sia
preventivamente indicato il fabbricato servito, di modo che sia immediatamente
identificabile il vincolo funzionale previsto per la deroga alla normale
sottoposizione al regime concessorio. (Cass. Sez. 3, n. 44010 del 09/11/2001).
Peraltro, in tema di disciplina legale delle aree destinate a parcheggio, il
vincolo di pertinenza ex lege a favore delle unità immobiliari del
fabbricato ha carattere limitato e non si estende nemmeno ai parcheggi
realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dalla L. 6 agosto
1967, n. 765, art. 18, quand'anche realizzati dallo stesso
proprietario-costruttore (Cass. S.U. n. 12793 del 15/06/2005). (annulla per
prescrizione sentenza della Corte d'Appello di Bari dell’1.02.2010) Pres. De
Maio, Est. Teresi, Ric. Tragni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III
10/06/2011 (Ud. 28/04/2011) Sentenza n. 23427
DIRITTO URBANISTICO - Struttura precaria - Intervento sul suolo o nel suolo -
Stabilità del manufatto e irremovibilità dello struttura - Differenza -
Carattere della precarietà - Temporaneità e contingenza. In materia
edilizia, le opere di ogni genere con le quali s'intervenga sul suolo o nel
suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata
assicurata la stabilità del manufatto, che può essere infisso o anche appoggiato
al suolo, in quanto la stabilità non va confusa con I'irremovibilità dello
struttura o con la perpetuità della funzione a essa assegnata, ma si estrinseca
nell'oggettiva destinazione dell'opera a soddisfare bisogni non provvisori,
ossia nell'attitudine a un'utilizzazione che non abbia il carattere della
precarietà, cioè non sia temporanea e contingente [Cassazione Sezione III
n.12022/1997, Fulgoni]. (annulla per prescrizione sentenza della Corte d'Appello
di Bari dell’1.02.2010) Pres. De Maio, Est. Teresi, Ric. Tragni. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III 10/06/2011 (Ud. 28/04/2011) Sentenza n. 23427
DIRITTO URBANISTICO - Apposizione dei sigilli - Funzione - Violazione di
sigilli - Condotta idonea a eludere l'obbligo d'immodificabilità del bene -
Configurabilità del reato di cui all'art. 349 cod. pen. - Custode -
Responsabilità personale diretta - Eccezione per caso fortuito o forza maggiore.
Con l'apposizione dei sigilli, si attua una custodia meramente simbolica
mediante la quale si manifesta la volontà dello Stato di assicurare cose, mobili
o immobili, contro ogni atto di disposizione di persone non autorizzate. Sicché,
il fatto costitutivo del reato di cui all'art. 349 cod. pen. consiste in
qualsiasi atto che renda vana la predetta volontà e di esso risponde, "da solo o
in concorso con altri, il custode giudiziario della cosa sottoposta a sequestro,
il quale [hai il dovere giuridico di impedire che il fatto si verifichi]. In tal
caso si verte in ipotesi di responsabilità personale diretta, non oggettiva, e
incombe sul custode l'onero della prova degli eventuali caso fortuito o forza
maggiore, quali case impeditive dell'esercizio dei dovere di vigilanza e
custodia" [Cassazione Sezione III. n. 2989/2000, Capogna]. Ne consegue che,
qualora sia riscontrata la violazione di sigilli, senza che il custode abbia
avvertito dell'accaduto l'autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia
opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo
stesso dimostri di essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso
fortuito o per forza maggiore. Infine, la sussistenza del reato de quo si
perfeziona con qualsiasi condotta idonea a eludere l'obbligo d'immodificabilità
del bene, pur in assenza di sigilli o segni esteriori dell' avvenuto sequestro,
sempre che si tratti di soggetto comunque edotto dei vincolo posto sul bene
[Cassazione Sezione III n. 37570/2002]. (annulla per prescrizione sentenza della
Corte d'Appello di Bari dell’1.02.2010) Pres. De Maio, Est. Teresi, Ric. Tragni.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 10/06/2011 (Ud. 28/04/2011) Sentenza n.
23427
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
dott. Guido De Maio
Presidente
1. dott. Ciro Petti
Consigliere
2. dott. Alfredo Teresi
Consigliere rel.
3. dott. Silvio Amoresano
Consigliere
4. dott. Santi Gazzara
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Tragni Giuseppe, nato in Altamura il 18.07.1945,
- avverso la sentenza della Corte
d'Appello di Bari in data 1.02.2010 che ha confermato la condanna alla pena
della reclusione e della multa inflittagli nel giudizio di primo grado per i
reati di cui agli art. 44 lettera b) d.P.R. n.380/2001; 4 e 14, 2 e 13 legge n.
1086/1971; 349 cod. pen.;
- Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
- Sentito il PM nella persona del PG, dott. Alfredo Montagna, che ha chiesto
l'annullamento senza rinvio della sentenza per essere le contravvenzioni estinte
per prescrizione con l'eliminazione della relativa pena e il rigetto del ricorso
nel resto;
osserva
Con sentenza in data 1.02.2010 la Corte d'Appello di Bari confermava la condanna
alla pena di mesi 8 di reclusione €. 400 di multa inflitta nel giudizio di primo
grado a Tragni Giuseppe quale colpevole di avere eseguito su un immobile
seminterrato, senza permesso di costruire, pilastri portanti in cemento armato e
per avere violato i sigilli apposti al manufatto abusivo.
Proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando violazione di legge e
mancanza di motivazione
• sulla ritenuta configurabilità delle contravvenzioni edilizie perché non era
stata realizzata una "costruzione" per la quale occorreva il permesso di
costruire ma una pilastratura funzionale alla delimitazione di un'area,
sovrastante il solaio di copertura di un locale seminterrato, destinata a
parcheggio [opera pertinenziale prevista dalla legge regionale n. 11/2003 per
l'insediamento di medie e grandi strutture di vendita];
• sul disconoscimento del suo diritto di costruire, ai sensi della legge n.
122/1989, autorimesse o parcheggi destinati a fabbricati esistenti soggetti ad
autorizzazione gratuita;
• sul disconoscimento del suo diritto di eseguire ex d. Igs. n. 387/2003 opere
per la realizzazione di un impianto fotovoltaico;
• sul diniego della declaratoria di estinzione per prescrizione delle
contravvenzioni essendo la permanenza del reato di cui all'art. 44 lett. b)
della legge citata cessata col primo sequestro del cantiere [23.04.2005] e
decorrendo il termine di prescrizione, per le altre contravvenzioni, dalla data
del loro accertamento;
• sulla ritenuta configurabilità del delitto di cui all'art. 349 cod. pen. per
la lacunosità degli accertamenti dei VVUU, sicché non era possibile stabilire se
la situazione dei luoghi fosse diversa da quella riscontrata al momento del
primo sopralluogo, circostanza negata dall'imputato e da un suo dipendente.
Illogicamente, poi, non era stato dato credito a quanto riferito sulla rimozione
delle casseforme di legno, che era stata necessita da un incidente sul lavoro ed
effettuata a sua insaputa dai dipendenti. Non era ravvisabile, infine,
l'elemento soggettivo del delitto.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Il primo motivo censura con argomentazioni giuridiche palesemente erronee e in
punto di fatto la decisione fondata, invece, su congrue argomentazioni esenti da
vizi logico-giuridici, essendo stati esaminati gli elementi probatori emersi a
carico dell'imputato e confutata ogni obiezione difensiva.
La prescrizione dell'obbligo di munirsi del permesso di costruire persegue le
finalità di controllo del territorio e di corretto uso dello stesso ai fini
urbanistici e edilizi, sicché sono assoggettati al regime permissorio tutti gli
interventi che incidono sull'assetto del territorio, comportando una
trasformazione urbanistica e edilizia del territorio comunale, donde
l'infondatezza dei rilievi dell'appellante secondo cui l'esecuzione -
all'interno di un'area adibita a opificio industriale - di una sopraelevazione
di un piano seminterrato mediante l'erezione di pilastri in cemento armato
sarebbe penalmente irrilevante, rientrando, invece, tale opera nella figura
giuridica di costruzione per la quale occorre, ex art. 10 comma 1 lettera a)
d.P.R. n. 380/2001, il permesso di costruire, come per "le opere di ogni genere
con le quali s'intervenga sul suolo o nel suolo, senza che abbia rilevanza
giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata assicurata la stabilità del
manufatto, che può essere infisso o anche appoggiato al suolo, in quanto la
stabilità non va confusa con I'irremovibilità dello struttura o con la
perpetuità della funzione a essa assegnata, ma si estrinseca nell'oggettiva
destinazione dell'opera a soddisfare bisogni non provvisori, ossia
nell'attitudine a un'utilizzazione che non abbia il carattere della precarietà,
cioè non sia temporanea e contingente" [Cassazione Sezione III n.12022/1997,
Fulgoni, RV. 209199].
Nel caso in esame, i giudici di merito hanno assolto l'obbligo della motivazione
spiegando esaurientemente le ragioni del proprio convincimento e ritenendo
infondati i rilievi dell'imputato per essere stato ampliato un edificio
preesistente.
Non sono puntuali le censure sull'addotta destinazione dell'opera, realizzata
sul solaio di un fabbricato seminterrato, a parcheggio o a sostegno di un
impianto fotovoltaico essendo state tali prospettazioni ritenute, con logico
argomentare, sganciate da qualsiasi dato obiettivo.
Sul punto va rammentato che per la legge n. 122 del 1989, art. 9, la
realizzazione di box e di parcheggi interrati è consentita in base a semplice
DIA solo nel caso in cui i proprietari di immobili realizzino nel sottosuolo
degli stessi ovvero nel suolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato purché
non in contrasto con i piani urbani del traffico.
La costruzione di autorimesse o parcheggi destinati a pertinenza di fabbricati
esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita, ai sensi della L. 24 marzo
1989, n. 122, come modificata dalla L. 15 maggio 1997, n. 127, art. 17 e dalla
L. 7 dicembre 1999, n. 472, art. 37, a condizione che nella relativa domanda sia
preventivamente indicato il fabbricato servito, di modo che sia immediatamente
identificabile il vincolo funzionale previsto per la deroga alla normale
sottoposizione al regime concessorio. (Sez. 3, n. 44010 del 09/11/2001 RV.
220741).
Peraltro, come affermato dalle Sezioni Unite civili, in tema di disciplina
legale delle aree destinate a parcheggio, il vincolo di pertinenza ex lege
a favore delle unità immobiliari del fabbricato ha carattere limitato e non si
estende nemmeno ai parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo
richiesto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18, quand'anche realizzati dallo
stesso proprietario-costruttore (SU n. 12793 del 15/06/2005 RV. 581954).
Nella specie, mancano gli accordi circa la destinazione del locale non
risultando assunto alcun impegno formale con l'amministrazione comunale, donde
l'assoluta genericità dell'asserzione del ricorrente.
Anche la pretesa destinazione dell'opera quale sostegno di un impianto
fotovoltaico, non solo manca di qualsiasi aggancio fattuale, ma è giuridicamente
insostenibile stante che l'asserita futura istallazione - è stato ritenuto - si
sarebbe innestata su un manufatto abusivo.
Trattasi di motivazione che si fonda su una lettura coerente delle risultanze
processuali e, pertanto, immune dalle censure di manifesta illogicità.
Fondato è il motivo sulla prescrizione delle contravvenzioni.
La corte distrettuale ha fatto coincidere la cessazione della permanenza con la
sentenza di primo grado con conseguente spostamento del termine finale non
ancora maturatosi ma tale decisione è errata poiché non risulta che dopo
l'ultimo sequestro del 4.07.2005 sia proseguita l'attività abusiva.
Conseguentemente le contravvenzioni si sono prescritte, per il decorso del
termine massimo di anni 4 mesi 6, il 4.01.2010 prima della pronuncia della
sentenza d'appello.
Va quindi annullata la sentenza impugnata con l'eliminazione della pena relativa
alle contravvenzioni nella misura di mesi 4 di reclusione €. 200 di multa
stabilita dai giudici di merito.
Quanto al delitto, è stato ritenuto che il primo verbale di sequestro del
manufatto abusivo costituisce valido elemento di prova sulla situazione di fatto
riscontrata al momento del primo sopralluogo e sul vincolo su esso apposto,
mentre il secondo verbale dimostra l'intervenuta prosecuzione dei lavori
abusivi.
E' stato accertato, in fatto, alla stregua del verbale di sequestro in data
22.04.2005, redatto dalla Polizia municipale, e dal relativo fascicolo
fotografico quale fosse lo stato del manufatto abusivo sottoposto a sequestro e
affidato alla custodia dell'imputato, e che in data 15.06.2005 è stata costatata
I'immutazione dello stato dei luoghi con l'eliminazione di parte del ponteggio
collocato nel cantiere e delle casseforme, sicché esattamente è stato ritenuto
che tali elementi obiettivi comprovassero l'intervenuta prosecuzione dei lavori.
Ha affermato questa Corte [RV. 166001] che, con l'apposizione dei sigilli, si
attua una custodia meramente simbolica mediante la quale si manifesta la volontà
dello Stato di assicurare cose, mobili o immobili, contro ogni atto di
disposizione di persone non autorizzate.
Pertanto, il fatto costitutivo del reato di cui all'art. 349 cod. pen. consiste
in qualsiasi atto che renda vana la predetta volontà e di esso risponde, "da
solo o in concorso con altri, il custode giudiziario della cosa sottoposta a
sequestro, il quale [hai il dovere giuridico di impedire che il fatto si
verifichi]. In tal caso si verte in ipotesi di responsabilità personale diretta,
non oggettiva, e incombe sul custode l'onero della prova degli eventuali caso
fortuito o forza maggiore, quali case inpeditive dell'esercizio dei dovere di
vigilanza e custodia" [Cassazione Sezione III. n. 2989/2000, Capogna, RV.
215768].
Ne consegue che, qualora sia riscontrata la violazione di sigilli, senza che il
custode abbia avvertito dell'accaduto l'autorità, è lecito ritenere che detta
violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri,
tranne che lo stesso dimostri di essere stato in grado di avere conoscenza del
fatto per caso fortuito o per forza maggiore.
Non può, quindi, essere censurata la sentenza impugnata che ha ritenuto, alla
stregua di concreti elementi, la sussistenza del reato de quo [che 'si
perfeziona con qualsiasi condotta idonea a eludere l'obbligo d'immodificabilità
del bene, pur in assenza di sigilli o segni esteriori dell' avvenuto sequestro,
sempre che si tratti di soggetto comunque edotto dei vincolo posto sul bene"
[Cassazione Sezione III n. 37570/2002; RV. 222557] essendo emerso che
l'imputato, pur in presenza dei sigilli e pur consapevole di non essere in
possesso di titolo autorizzativo, ha violato il divieto di assoluta
intangibilità della cosa.
Va, infine, osservato che la tesi della buona fede è stata riproposta in questa
sede in termini meramente enunciativi e non corredati di rilievi specifici alla
motivazione.
PQM
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere tutte le
contravvenzioni estinte per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi
quattro di reclusione €. 200 di multa.
Rigetta il ricorso nel resto.
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 28.04.2011.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 10 GIU. 2011
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