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CORTE
DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 05/01/2011, Sentenza n. 237
DIRITTO URBANISTICO - Violazione delle norme sulle distanze tra costruzioni -
Qualificazione di "costruzione" ai fini dell’applicabilità dell’art 873 c.c.
Ai fini dell’applicazione delle norme sulle distanze dettate dall'articolo 873
c.c. e segg. o dalle disposizioni regolamentari integrative del codice civile,
per "costruzione" deve intendersi qualsiasi opera non completamente interrata
avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo,
indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata, a secco o con l’impiego
di malta cementizia. Pres. ODDO, Est. MANNA - P.M. LETTIERI - Ric. FL. MA. C.F.,
F. M. C.F., FL. AN. C.F., LA. MA. C.F. (avv. ROSAPEPE) - CORTE DI CASSAZIONE,
Sezione II civile, 5 gennaio 2011, n. 237
DIRITTO URBANISTICO - Violazione delle norme sulle distanze tra costruzioni -
Qualificazione del muro di contenimento ai fini dell’applicabilità dell’art 873
c.c. Costituisce costruzione il muro di sostegno di un terrapieno di carattere
artificiale. Non può considerarsi tale, invece, quello avente la funzione di
contenere una scarpata di origine naturale, non modificata dall’intervento
antropico. Pertanto, il muro di contenimento tra due fondi posti a livelli
differenti, qualora il dislivello derivi dall’opera dell’uomo o il naturale
preesistente dislivello sia stato artificialmente accentuato, deve considerarsi
costruzione a tutti gli effetti e soggetta, conseguentemente, agli obblighi
delle distanze previste dall’articolo 873 cod. civ. e dalle eventuali norme
integrative.Pres. ODDO, Est. MANNA - P.M. LETTIERI - Ric. FL. MA. C.F., F. M.
C.F., FL. AN. C.F., LA. MA. C.F. (avv. ROSAPEPE) - CORTE DI CASSAZIONE,
Sezione II civile, 5 gennaio 2011, n. 237
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo - Presidente
Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere
Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere
Dott. MANNA Antonio - rel. Consigliere
Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FL. MA. C.F. (omissis), F. M. C.F. (omissis), FL. AN. C.F. (omissis), LA. MA.
C.F. (omissis), tutti eredi di Fl. Gi. elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE
GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell'avvocato ROMANO CESAREO GERARDO,
rappresentati e difesi dall'avvocato ROSAPEPE ROBERTO;
- ricorrenti -
contro
SC. AD. (omissis), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato MASCOLO SERGIO;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 640/2004 della CORTE D'APPELLO di SALERNO, depositata il
03/12/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/11/2010 dal
Consigliere Dott. FELICE MANNA;
udito l'Avvocato Rosapepe Roberto difensore dei ricorrenti che ha chiesto
l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avv. Mascolo Sergio difensore del resistente che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LETTIERI
Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Fl.Gi. , proprietario di un fondo rustico sito in (omissis), composto da tre
terrazzamenti di terreno sostenuti da muri a secco - c.d. macere - agiva in
negatoria servitutis e risarcimento del danno, in forma specifica e per
equivalente, innanzi al Tribunale di Salerno nei confronti di Sc.Ad. ,
proprietaria di un fondo declive e confinante, alla quale addebitava sia
innovazioni edilizie varie realizzate in violazione dell'articolo 873 c.c., non
essendo stata rispettata la distanza tra queste e la macera posta al confine,
sia l'occupazione di tre metri quadri della sua proprieta'.
Nel resistere in giudizio la Sc. domandava, in via riconvenzionale, l'accessione
dell'area occupata, ai sensi dell'articolo 938 c.c..
Il Tribunale di Salerno rigettava la domanda negatoria (accoglieva in parte
quella di risarcimento del danno in forma specifica, quanto a profili non piu'
rilevanti in questa sede di legittimita') e accoglieva quella riconvenzionale,
ponendo a carico della Sc. il pagamento della somma di lire 600.000, quale
indennita' di accessione invertita.
Avverso detta pronuncia Fl.Gi. proponeva appello innanzi alla Corte di Salerno,
che con sentenza n. 4775 del 3.12.2004 rigettava l'impugnazione.
La Corte salernitana, in particolare, riteneva inapplicabile alla fattispecie
l'articolo 873 c.c., invocato dall'appellante. Sebbene dagli accertamenti
tecnici rinnovati in grado d'appello fosse emerso che in epoca imprecisata erano
stati realizzati nella costiera amalfitana terrazzamenti per regimentare le
sostanze di natura piroclastica, sicche' lo stato dei luoghi non era naturale ma
antropico, la c.d. macera, consistendo in un muretto a secco formato da conci di
pietra non ben collegati tra loro, privo di idonea fondazione e avente una
limitata altezza, esulava dal concetto di costruzione, essendo privo, altresi',
dei requisiti di stabilita' e solidita'. Osservava, quindi, che tale conclusione
era confortata dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui anche un muro di
contenimento di un terrapieno puo' essere considerato costruzione, ai sensi
dell'articolo 873 c.c., quando sia un'opera edilizia, vale a dire quando abbia
attitudine per la sua tecnica cotruttiva a determinare intercapedini, il che non
ricorreva nel casa della macera in oggetto.
Avverso detta sentenza La.Ma. e Ma. , M. e Fl.An. , eredi di Fl.Gi. propongono
ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Sc.Ad. resiste con controricorso, illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e la falsa
applicazione degli articoli 873 e 878 c.c. Secondo l'univoco orientamento della
giurisprudenza di legittimita', sostengono, ai fini del computo della distanza
legale tra costruzioni occorre verificare se il muro, oltre a delimitare il
fondo, assolva la funzione di contenimento del naturale declivio del terreno,
ovvero se abbia lo scopo di contenere un terrapieno creato dall'uomo mediante
l'apporto di terra e pietrame, potendo essere considerato, in relazione a tali
caratteristiche, come costruzione in senso tecnico - giuridico, soggetta come
tale alle norme previste dal codice civile e dagli strumenti urbanistici.
A stregua di tale affermazione di principio, proseguono i ricorrenti, la
questione centrale della causa risiede nel verificare se il terrazzamento sia
stato o non opera dell'uomo, e cio' perche', in applicazione del predetto
principio della S.C., il carattere artificiale e antropico di un terrapieno come
quello della proprieta' Fl. non puo' che far ritenere che il relativo muro di
contenimento sia qualificabile come costruzione.
L'assunto del giudice d'appello, secondo cui il muro di contenimento di un
terrapieno puo' essere considerato costruzione solo quando consista in un'opera
edilizia realizzata con tecnica costruttiva (ad esempio con l'impiego di malta
che unisca delle grosse pietre) non tiene conto del fatto che secondo l'unanime
giurisprudenza di legittimita' i muri di cinta tra fondi a dislivello, che
assolvono la funzione ulteriore di contenere la scarpata o il terrapieno,
facendo corpo con il terreno che sostengono, modificando attraverso l'opera
dell'uomo lo stato naturale dei luoghi con la costruzione di un manufatto sono
idonei a creare intercapedini nocive con l'altrui costruzione.
2. - Con il secondo motivo si deduce l'omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia (proposizione nell'atto
d'appello delle domande di condanna dell'appellata al risarcimento dei danni e
alla restituzione in favore dell'appellante dell'area di sua proprieta'
illegittimamente occupata).
Sostiene parte ricorrente che il giudice d'appello ha erroneamente ritenuto,
quanto al capo della sentenza di primo grado relativa alla domanda
riconvenzionale ex articolo 938 c.c., che l'appellante non avesse formulato
specifiche richieste, mentre, al contrario, il Fl. nell'atto introduttivo del
giudizio di secondo grado aveva ben esplicitato la propria domanda di condanna
dell'appellata alla restituzione della porzione del fondo illegittimamente
occupata e al risarcimento del danno.
3. - Il primo motivo e' fondato e assorbe l'esame del secondo.
3.1. - La giurisprudenza di questa Corte e' costante nel ritenere che ai fini
dell'applicazione delle norme sulle distanze dettate dall'articolo 873 c.c. e
segg. o dalle disposizioni regolamentari integrative del codice civile, per
"costruzione" deve intendersi qualsiasi opera non completamente interrata avente
i caratteri della solidita' ed immobilizzazione rispetto al suolo (e pluribus e
tra le piu' recenti, Cass. nn. 22127/09, 25837/08, S.U 7067/92 e 3199/02),
indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata e, segnatamente,
dall'impiego di malta cementizia (Cass. n. 4196/87).
3.2. - Nel caso di fondi a dislivello, questa Corte afferma, altrettanto
costantemente, che costituisca costruzione il muro di sostegno di un terrapieno
di carattere artificiale, mentre non e' tale quello avente la funzione di
contenere una scarpata di origine naturale, non modificata, cioe',
dall'intervento antropico. Si afferma, infatti, che il muro di contenimento tra
due fondi posti a livelli differenti, qualora il dislivello derivi dall'opera
dell'uomo o il naturale preesistente dislivello sia stato artificialmente
accentuato, deve considerarsi costruzione a tutti gli effetti e soggetta,
pertanto, agli obblighi delle distanze previste dall'articolo 873 cod civ. e
dalle eventuali norme integrative (Cass. nn. 1217/10, 4511/07 e 145/06).
3.3. - Nello specifico la Corte territoriale, pur avendo accertato, sulla base
della relazione dei c.t.u. nominati in appello, che nella costiera amalfitana
(nel cui comprensorio rientra il comune di (omissis)) in epoca imprecisata
furono realizzati dei terrazzamenti per la regimentazione delle sostanze di
natura piroclastica, al fine di evitarne lo smottamento in occasione di eventi
meteorici eccezionali, ha ritenuto che la preesistente macera di proprieta' Fl.
non costituisse essa stessa costruzione, in quanto consistente in un muro a
secco, composto da conci di pietra non ben collegati tra loro, privo d'idonea
fondazione e avente una limitata altezza.
3.3.1. - Tale conclusione disattende, senza alcuna motivazione di contrasto e
invertendone il significato, entrambi gli orientamenti sopra richiamati, poiche'
da un lato attribuisce rilievo alla tecnica costruttiva impiegata piuttosto che
alle caratteristiche di solidita' e di immobilizzazione del manufatto al suolo,
e dall'altro non trae alcuna conseguenza - in un senso o nell'altro - ne'
dall'origine antropica del terrazzamento che segna l'attuale dislivello tra i
fondi di rispettiva proprieta' delle parti, ne' dall'inclinazione naturale che
connota la morfologia del territorio in questione, cosi' come accertato dai
c.tu., ritenendo la Corte territoriale evidentemente esaustiva la circostanza
che la macera in esame non integrerebbe di per se' gli estremi della
costruzione.
3.3.2. - Poiche', per le superiori ragioni esposte, la tecnica, sebbene sommaria
e arcaia, impiegata per erigere la macera non e' motivo per escluderne la
qualificazione come costruzione a termini dell'articolo 873 c.c., la sentenza
impugnata e' incorsa nella violazione di tale norma e va, conseguentemente,
cassata, con rinvio ad altra Corte d'appello, che si uniformera' ai seguenti
principi di diritto: 1) "ai fini dell'applicazione delle norme sulle distanze
dettate dall'articolo 873 c.c. e segg. o dalle disposizioni regolamentari
integrative del codice civile, per "costruzione" deve intendersi qualsiasi opera
non completamente interrata avente i caratteri della solidita' ed
immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva
adoperata, a secco o con l'impiego di malta cementizia"; 2) "il muro di
contenimento tra due fondi posti a livelli differenti, qualora il dislivello
derivi dall'opera dell'uomo o il naturale preesistente dislivello sia stato
artificialmente accentuato, deve considerarsi costruzione a tutti gli effetti e
soggetta, pertanto, agli obblighi delle distanze previste dall'articolo 873 cod.
civ. e dalle eventuali norme integrative".
4. - Il giudice di rinvio provvedera' anche sulle spese del presente giudizio di
cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE
accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte d'appello di Napoli che provvedera' anche sulle spese del
giudizio di cassazione
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