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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/06/2011 (Ud. 23/03/2011) Sentenza n. 25011
DIRITTO URBANISTICO - Disposizione di confisca mediante procedura di correzione
dell’errore materiale - Ordine di demolizione e confisca dei terreni
abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite - Artt. 31, c. 9 e
44, 2° c. D.P.R. n. 380/2001. L'ordine di demolizione - che deve essere
impartito dal giudice penale a norma dell'art. 31, comma 9, del D.P.R. n.
380/2001 - si configura, come sanzione amministrativa qualificata da
connotazioni diverse rispetto a quella della confisca dei terreni abusivamente
lottizzati e delle opere abusivamente costruite, che, ai sensi dell'art. 44, 2°
comma, dello stesso T.U. n. 380/2001, deve essere disposta con la sentenza
definitiva che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, indipendentemente
da una pronuncia di condanna. Ne consegue che, nel caso in cui l'ordine di
confisca non venga impartito dal giudice del merito unitamente alla declaratoria
di prescrizione, alla integrazione della sentenza con la statuizione di detto
ordine attraverso la procedura di correzione dell'errore materiale potrà farsi
ricorso esclusivamente quando la motivazione della stessa sia estesa ai profili
oggettivi e soggettivi della vicenda lottizzatoria e configuri la
partecipazione, quanto meno colpevole, dei soggetti sui quali incombe il
provvedimento ablatorio. Solo in tal caso, infatti, la correzione integrativa
non si risolve nella "modifica essenziale o nella sostituzione" della decisione
già assunta. (riforma sentenza n. 10387/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
16/02/2010) Pres. De Maio, Est. Fiale, Ric. Corandente ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/06/2011 (Ud. 23/03/2011) Sentenza n. 25011
DIRITTO URBANISTICO - Confisca - Declaratoria di estinzione del reato per
prescrizione - Disposizione della confisca - Presupposti - Art. 44, 2° c. TU. n.
380/2001 (prima art. 19 L. n. 47/1985). Per disporre la confisca prevista
dall'art. 44, 2° comma del TU. n. 380/2001 (e precedentemente dall'art. 19 della
legge n. 47/1985), il soggetto proprietario della res non deve essere
necessariamente “Condannato”, in quanto detta sanzione ben può essere disposta
allorquando sia stata comunque accertata la sussistenza del reato di
lottizzazione abusiva in tutti i suoi elementi (soggettivo ed oggettivo) anche
se per una causa diversa, quale è, ad esempio, l'intervenuto decorso della
prescrizione, non si pervenga alla condanna del suo autore ed alla inflizione
della pena (Cass., Sez. III, 30.4.2009, n. 21188, Casasanta). Nell'ipotesi di
declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, il giudice, per disporre
legittimamente la confisca, deve svolgere tutti gli accertamenti necessari per
la configurazione sia della oggettiva esistenza di una illecita vicenda
lottizzatoria sia di una partecipazione, quanto meno colpevole, alla stessa dei
soggetti nei confronti dei quali la sanzione venga adottata, e di ciò deve dare
conto con motivazione adeguata. (Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza
n. 75909/01 su ricorso proposto contro l'Italia dalla s.r.l. "Sud Fondi" ed
altri). (riforma sentenza n. 10387/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 16/02/2010)
Pres. De Maio, Est. Fiale, Ric. Corandente ed altri. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 22/06/2011 (Ud. 23/03/2011) Sentenza n. 25011
DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione abusiva - Responsabilità del venditore e
degli acquirenti - Contributo causale all'attività illecita. In materia
urbanistica, il venditore non può predisporre l'alienazione degli immobili in
una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata
destinazione della zona in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che
acquistano devono essere cauti e diligenti nell'acquisire conoscenza delle
previsioni urbanistiche e pianificatone di zona. Sicché, il compratore che
omette di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità
dell'acquisto si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che
fornisce, comunque, un determinante contributo causale all'attività illecita del
venditore (Cass., Sez. III, 2. 10.2008, n. 37472, Belloi ed altri; Cass., Sez.
III, 29.4.2009, n. 17865, P.M. in proc. Quarta). (riforma sentenza n. 10387/2007
CORTE APPELLO di NAPOLI, del 16/02/2010) Pres. De Maio, Est. Fiale, Ric.
Corandente ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/06/2011 (Ud.
23/03/2011) Sentenza n. 25011
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Definitività delle sentenze - Rapporti tra
ricorso straordinario per errore di fatto e procedura di correzione degli errori
materiali - Artt.130 e 625-bis c.p.p.. Non è consentito ricorrere alla
procedura per la correzione degli errori materiali al fine di emendare gli
errori di fatto in cui sia incorso il giudice: in tal modo, infatti, verrebbe
dato ingresso ad un mezzo volto non già ad un'emenda del testo della sentenza,
ma ad una inammissibile modifica della decisione. Inoltre, non è consentito il
ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, prevista
dall'art.130 c.p.p., per porre rimedio ad errori di fatto contenuti in
provvedimenti della Corte di Cassazione, emendabili soltanto a norma
dell'art.625-bis dello stesso codice che disciplina l'unico rimedio esperibile
per l'eliminazione di quest'ultimo tipo di errori. (riforma sentenza n.
10387/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 16/02/2010) Pres. De Maio, Est. Fiale,
Ric. Corandente ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/06/2011 (Ud.
23/03/2011) Sentenza n. 25011
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GUIDO DE MAIO
- Presidente
Dott. CIRO PETTI
- Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Rel. Consigliere
Dott. SILVIO AMORESANO
- Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
1) CARANDENTE PASQUALE N. IL 01/07/1949
2) CORRADO IMMACOLATA N. IL 30/10/1953
3) MEROLLA GIOVANNA N. IL 06/07/1954
4) COSTANTINO SALVATORE N. IL 02/07/1961
5) PISCOPO VINCENZA N. IL 13/03/1965
- avverso la sentenza n. 10387/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 16/02/2010
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/03/2011 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Aurelio Galasso ( che ha
concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso
- Udito, il difensore avvocato Raffaele Monaco, il quale ha chiesto
l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO del PROCESSO
Il Tribunale monocratico di Napoli, con sentenza del 25.9.2006, dichiarava non
doversi procedere per intervenuta prescrizione - nei confronti di Carandente
Pasquale, Corrado Immacolata, Merolla Giovanna, Costantino Salvatore e Piscopo
Vincenza - in ordine al reato di cui:
- all'art. 44, lett. c), D.P.R. n. 380/2001 [perché - quali acquirenti di
porzioni di un terreno originariamente esteso mq. 6.630 - concorrevano ad una
lottizzazione abusiva di tale fondo, assoggettato ad un assetto urbanistico non
consentito - acc. in Napoli, via Monti, il 17.62000].
Lo stesso Tribunale monocratico, poi, su istanza del P.G., con la procedura di
correzione di errore materiale ex artt. 127 e 130 c.p.p., disponeva (con
ordinanza dell'8.1.2007), ai sensi dell'art. 44, 2° comma, del T.U. n. 380/2001,
la confisca delle particelle immobiliari di proprietà degli anzidetti imputati.
La Corte di Appello di Napoli - con sentenza del 16.2.2010 - confermava la
decisione di primo grado (ritenuta comprensiva della disposizione di confisca),
evidenziando che:
- sussiste l'elemento materiale del reato di lottizzazione abusiva, "essendo
stata accertata la scomposizione dell'originario appezzamento in più lotti per
scopi edilizi, attraverso la vendita plurima di parti del terreno
originariamente unico e la realizzazione di opere di urbanizzazione ... in
violazione degli strumenti urbanistici vigenti";
- appare "evidente l'adesione preventiva alla convenzione di abusiva
lottizzazione" da parte di tutti gli imputati;
- il provvedimento ablatorio, trattandosi di confisca obbligatoria, deve
ritenersi legittimamente emesso con Ia procedura di correzione degli errori
materiali.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli
imputati, il quale ha eccepito:
- l'illegittimo diniego della rinnovazione del dibattimento, che sarebbe stata
richiesta al fine:
a) di procedere all'escussione dei tecnici comunali "sulla specifica circostanza della liceità del frazionamento presentato dall'originario dante causa degli imputati" (negli appelli di Piscopo e Costantino);
b) di acquisire i titoli di
proprietà (negli appelli di Carandente e Corrado);
- vizio di motivazione quanto alla sussistenza del "dolo", che sarebbe elemento
soggettivo precipuo del reato di lottizzazione abusiva;
- violazione di legge quanto alla applicazione della confisca attraverso la
procedura di cui all'art. 130 c.p.p., mentre la originaria omissione integrava
un vitium in iudicando rettificabile solo dal giudice dell'impugnazione
in seguito alla proposizione di appello del pubblico ministero.
MOTIVI della DECISIONE
1. Il terzo motivo ricorso è fondato e merita accoglimento.
1.1 Ai sensi dell'art. 44, 2° comma, del T.U. n. 380/2001 (con previsione
analoga a quella già posta dell'art. 19 della legge n. 47/1985): "La sentenza
definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva
dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere
abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di
diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune nel cui territorio è avvenuta
la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione
nei registri immobiliari".
La giurisprudenza largamente maggioritaria di questa Corte Suprema si era
consolidata nel senso che trattavasi di sanzione amministrativa che doveva
essere obbligatoriamente applicata dal giudice penale, nel caso di accertata
sussistenza di una lottizzazione abusiva, indipendentemente da una pronuncia di
condanna, eccettuata esclusivamente l'ipotesi di assoluzione perché il fatto non
sussiste [vedi Cass., Sez. III: 30.9.1995, n. 10061, ric. Barletta ed altri;
20.12.1995, n. 12471, ric. P.G. in proc. Besana ed altri; 12.12.1997, n. 11436,
ric. Sapuppo ed altri; 23.12.1997, n. 3900, ric. Farano ed altri; 11.1.1999, n.
216, ric. Iorio Gnisci Ascoltato ed altri; 8.11.2000, n. 3740, ric. Petrachi ed
altri; 4.12.2000, n. 12999, ric. Lanza; 22.5.2003, n. 22557, ric. Matarrese ed
altri; 4.10.2004, n. 38728, ric. Lazzara; 13.10.2004, n. 39916, ric. Lamedica ed
altri; 21.3.2005, n. 10916, ric. Visconti; 15.2.2007, n. 6396, ric. Cleri;
21.9.2007, n. 35219, ric. Arcieri ed altri].
Tale orientamento è stato rielaborato - più recentemente - da questa stessa
Corte [in seguito alle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo,
pronunziate rispettivamente il 30.8.2007 ed il 20.1.2009 sul ricorso n. 75909/01
proposto contro l'Italia dalla s.r.l. "Sud Fondi" ed altri] nella prospettiva
della valutazione dei rapporti tra l'ordinamento statuale e quelle peculiari
norme internazionali contenute nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre
1950, e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il
20 marzo 1952, ai quali è stata data esecuzione con la legge di ratifica
4.8.1955, n. 848.
Sono stati affermati, pertanto, i principi di diritto - che questo Collegio
ribadisce - secondo i quali:
* "Per disporre la confisca prevista dall'art. 44, 2° comma del TU. n. 380/2001
(e precedentemente dall'art. 19 della legge n. 47/1985), il soggetto
proprietario della res non deve essere necessariamente 'Condannato", in
quanto detta sanzione ben può essere disposta allorquando sia stata comunque
accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva in tutti i suoi
elementi (soggettivo ed oggettivo) anche se per una causa diversa, quale è, ad
esempio, l'intervenuto decorso della prescrizione, non si pervenga alla condanna
del suo autore ed alla inflizione della pena" (vedi Cass., Sez. III, 30.4.2009,
n. 21188, Casasanta).
Nel caso di declaratoria della prescrizione, in particolare, al commesso reato
viene esclusa l'applicazione della pena per il solo decorso del tempo, il cui
effetto sull'inflizione delle sanzioni penali è regolato dal legislatore interno
secondo una discrezionalità sulla quale non hanno incidenza le disposizioni
della Convenzione.
* `Nell'ipotesi di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, il
giudice, per disporre legittimamente la confisca, deve svolgere tutti gli
accertamenti necessari per la configurazione sia della oggettiva esistenza di
una illecita vicenda lottizzatoria sia di una partecipazione, quanto meno
colpevole, alla stessa dei soggetti nei confronti dei quali la sanzione venga
adottata, e di ciò deve dare conto con motivazione adeguata".
1.2 Nella fattispecie in esame, però - a giudizio del Collegio - la confisca non
poteva essere disposta attraverso la procedura di correzione dell'errore
materiale della sentenza di primo grado (ex artt. 127 e 130 c.p.p.), poiché tale
procedura - come meglio verrà illustrato di seguito - è stata utilizzata per
introdurre una modificazione essenziale della sentenza stessa, che sul punto,
era rettificabile esclusivamente dal giudice dell'impugnazione, in seguito a
rituale appello del pubblico ministero.
1.3 Va rilevato, in proposito, che - in tema di correzione di errore materiale -
le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 18 maggio 1994, n. 8,
depositata il 29 settembre 1994, ric. Armati, hanno affermato che deve ritenersi
esclusa l' applicabilità dell'art. 130 c.p.p., quando la correzione si risolve
nella modifica essenziale o nella sostituzione di una decisione già assunta.
"L'errore, quale che sia la causa che possa averlo determinato, una volta
divenuto partecipe del processo formativo della volontà del giudice, non può che
diffondere i suoi effetti sulla decisione: ma questa, nella sua organica unità e
nelle sue essenziali componenti, non può subire interventi correttivi, per
quanto ampio significato si voglia dare alla nozione di `errore materiale'
suscettibile di correzione.
Viceversa sono sempre ammissibili gli interventi correttivi imposti soltanto
dalla necessità di armonizzare l'estrinsecazione formale della decisione con il
suo reale intangibile contenuto, proprio perché intrinsecamente incapaci di
incidere sulla decisione già assunta".
Tale principio è stato ribadito da una successiva decisione delle Sezioni Unite
(9 ottobre 1996, n. 19, depositata il 6 dicembre 1996, ric. Armati) ove è stato
riaffermato, con riferimento alla definitività delle sentenze della Corte di.
Cassazione, che "non è consentito ricorrere alla procedura per la correzione
degli errori materiali al fine di emendare gli errori di fatto in cui sia
incorso il giudice: in tal modo, infatti, verrebbe dato ingresso ad un mezzo
volto non già ad un'emenda del testo della sentenza, ma ad una inammissibile
modifica della decisione".
Le Sezioni Unite, poi, si sono pronunciate sul tema dei rapporti tra ricorso
straordinario per errore di fatto e procedura di correzione degli errori
materiali, affermando (con la sentenza 27 marzo 2002, n. 16102, depositata il 30
aprile 2002, Chiatellino) il principio secondo il quale "Non è consentito il
ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, prevista
dall'art.130 c.p.p., per porre rimedio ad errori di fatto contenuti in
provvedimenti della Corte di Cassazione, emendabili soltanto a norma
dell'art.625-bis dello stesso codice che disciplina l'unico rimedio esperibile
per l'eliminazione di quest'ultimo tipo di errori".
Le Sezioni Unite, infine, con un più recente intervento (sentenza 31 gennaio
2008, n. 7945, depositata il 20 febbraio 2002, Boccia), hanno ribadito il
principio secondo il quale "la omissione di una statuizione obbligatoria di
natura accessoria e a contenuto predeterminato non determina nullità e non
attiene a una componente essenziale dell'atto, onde ad essa può porsi rimedio
con la procedura di correzione di cui all'art. 130 c.p.p." e sulla base di tale
principio sono pervenute alla conclusione che "in tema di applicazione della
pena su richiesta delle parti, laddove il giudice abbia omesso di condannare
l'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, può farsi
ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, sempre che non
emergano specifiche circostanze idonee a giustificare l'esercizio della facoltà
di compensazione, totale o parziale, delle stesse".
1.4 Appare opportuno altresì ricordare che con specifico riferimento alla
questione dell'adottabilità o meno della procedura di correzione dell'errore
materiale ex art. 130 c.p.p. in relazione all'omessa statuizione dell'ordine di
demolizione conseguente ad una sentenza di condanna per il reato di costruzione
abusiva edilizia (art. 31 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) - del quale è
incontestata la natura di sanzione amministrativa non discrezionale e
obbligatoria - si profila un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte.
Un primo orientamento, infatti, ritiene possibile disporre con la procedura di
correzione dell'errore materiale, in caso di omissione dello stesso da parte del
giudice del merito, l'ordine di demolizione che deve essere irrogato in seguito
a sentenza di condanna per costruzione abusiva, dal momento che si tratta di una
sanzione amministrativa costituente esercizio di un potere autonomo del giudice
penale e di un atto dovuto [vedi Cass., Sez. III: 8 novembre 1995, n. 3752, Di
Renzo; 28 marzo 1996, n. 1530, De Benedictis; 4 febbraio 1999, n. 758, Sperandio].
Tale orientamento è stato recentemente ribadito da Cass., Sez. III, 6.3.2009, n.
10067, P.G. in proc. Guadagno, che ha affermato come "l'omessa statuizione
dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo o dell'ordine di rimessione in
pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato è rimediabile mediante il
ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, in quanto si tratta
di sanzioni amministrative accessorie di natura obbligatoria ed a contenuto
predeterminato".
L'orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene, diversamente, non
emendabile, con il ricorso al meccanismo di cui all'art. 130 c.p.p., la sentenza
irrevocabile che abbia omesso di impartire l'ordine di demolizione delle opere
abusive attualmente previsto dell'art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, anzitutto
sul rilievo che la relativa omissione in sentenza, incidendo sul nucleo
essenziale della decisione, si risolve in un vitium in indicando e quindi
non è rettificabile, potendosi disporre eventuali modifiche o integrazioni della
decisione solo dal giudice dell'appello mediante la relativa impugnazione sul
punto [in tal senso vedi Cass.: Sez. III, 14 aprile 1992, n. 6301, Pergola; Sez.
I, 21 settembre 1998, n. 4455, Mancusi; nonché Sez. III: 24 febbraio 2004, n.
21022, Alberti e altro; 10 ottobre 2006, n. 33939, Salata; 8 maggio 2007,
n.17380, P.G. in proc. Ruocco; 30 gennaio 2008, n. 4751, Gabrielli e altro; 18
novembre 2010, n. 40861, Pozzessere].
1.5 Ritiene, però, il Collegio che il contrasto giurisprudenziale di cui si è
appena dato conto non si riflette con perfetta aderenza sulla questione che
costituisce oggetto precipuo della vicenda in esame.
L'ordine di demolizione - che deve essere impartito dal giudice penale a norma
dell'art. 31, comma 9, del D.P.R. n. 380/2001 - si configura, infatti, come
sanzione amministrativa qualificata da connotazioni diverse rispetto a quella
della confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente
costruite, che, ai sensi dell'art. 44, 2° comma, dello stesso T.U. n. 380/2001,
deve essere disposta con la sentenza definitiva che accerta che vi è stata
lottizzazione abusiva, indipendentemente da una pronuncia di condanna.
Ciò per l'essenziale considerazione che la sanzione della confisca - nei casi di
pronunciata estinzione del reato di lottizzazione abusiva per intervenuta
prescrizione o di assoluzione dell'imputato con formula diversa da quella
dell'insussistenza del fatto - non si pone come "atto dovuto a contenuto
predeterminato" di natura indiscriminatamente obbligatoria , dovendo ritenersi
invece subordinata, alla stregua della citata giurisprudenza sia della Corte di
Giustizia sia di questa Corte, al puntuale accertamento della configurazione non
soltanto della oggettiva esistenza di una illecita vicenda lottizzatoria ma
altresì della partecipazione alla stessa, quanto meno colpevole, dei soggetti
nei confronti dei quali la sanzione va ad incidere.
Ne consegue che, nel caso in cui l'ordine di confisca non venga impartito dal
giudice del merito unitamente alla declaratoria di prescrizione, alla
integrazione della sentenza con la statuizione di detto ordine attraverso la
procedura di correzione dell'errore materiale potrà farsi ricorso esclusivamente
quando la motivazione della stessa sia estesa ai profili oggettivi e soggettivi
della vicenda lottizzatoria e configuri la partecipazione, quanto meno
colpevole, dei soggetti sui quali incombe il provvedimento ablatorio.
Solo in tal caso, infatti, la correzione integrativa non si risolve nella
"modifica essenziale o nella sostituzione" della decisione già assunta.
Nella fattispecie che ci occupa, invece, l'adottato provvedimento di correzione
della sentenza di primo grado non contiene alcun riferimento a valutazioni già
espresse dal Tribunale in relazione ai profili soggettivi delle condotte tenute
dagli imputati e si pone, quindi, quale modificazione essenziale della sentenza
stessa, non consentita in pendenza dell'appello proposto esclusivamente da
quelli.
2. Il ricorso deve essere rigettato nel resto, perché le ulteriori doglianze
sono infondate.
2.1 L'ormai consolidato orientamento di questa Corte - che il Collegio
pienamente condivide - è nel senso che la contravvenzione di lottizzazione
abusiva, sia negoziale sia materiale, possa essere commessa per colpa [vedi
Cass., Sez. III: 13.10.2004, n. 39916, Lamedica ed altri; 12.10,2005, n. 36940,
Stiffi ed altri; 10,1.2008, Zortea; 5.3.2008, n. 9982, Quattrone; 2.10.2008, n.
37472, Belloi ed altri; 8.10.2009, n. 39078, Apponi ed altri].
Deve ribadirsi, pertanto, che non è ravvisabile alcuna eccezione al principio
generale stabilito per le contravvenzioni dall'art. 42, 4° comma, cod. pen.
Il venditore non può predisporre l'alienazione degli immobili in una situazione
produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della
zona in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che acquistano devono essere
cauti e diligenti nell'acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e
pianificatone di zona: "Il compratore che omette di acquisire ogni prudente
informazione circa la legittimità dell'acquisto si pone colposamente in una
situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinante
contributo causale all'attività illecita del venditore" (così testualmente
Cass., Sez. III, 2. 10.2008, n. 37472, Belloi ed altri. Vedi pure Cass., Sez.
III, 29.4.2009, n. 17865, P.M. in proc. Quarta).
Nel caso in questione non viene prospettato, in ricorso, alcun elemento,
evidenziante la buona fede degli acquirenti, che i giudici dei merito avrebbero
incongruamente disatteso.
2.2 Nessuna specifica istanza di rinnovazione del dibattimento (inconciliabile,
comunque, con la già intervenuta declaratoria di prescrizione del reato) risulta
inoltre formulata con i motivi di appello.
P. Q. M.
la Corte Suprema di Cassazione,
annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nonché quella di primo grado come
integrata dal provvedimento dell'8.1.2007, entrambe limitatamente alla
disposizione di confisca.
Rigetta il ricorso nel resto.
ROMA, 23.3,2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 22/06/2011
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