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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/06/2011 (Ud. 23/03/2011) Sentenza n. 25015
DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Opere mobili - Assenza del
prescritto permesso di costruire - Reato di costruzione edilizia abusiva - Zona
sottoposta a vincolo paesaggistico - Art. 181 D.Lgs. n. 42/2004 - Artt. 44,
lett. c) e 3, 1° c. - lett. e.5), T.U. n. 380/2001. Ai sensi dell'art. 3, 1°
comma - lett. e.5), del T.U. n. 380/2001, è configurabile il reato di
costruzione edilizia abusiva anche nell'ipotesi di installazione di roulotte,
camper e case mobili, sia pure montati su ruote e non incorporati al suolo,
aventi una destinazione duratura per soddisfare esigenze abitative. Pertanto,
devono ritenersi, pienamente equiparate alle "nuove costruzioni", ai fini della
necessità del rilascio del permesso di costruire, le strutture abitative mobili
(quali quelle che caratterizzano la vicenda in esame: descritte negli stessi
documenti di acquisto come furgoni attrezzati per uso abitazione") che, pure
avendo la parvenza della mobilità, hanno caratteristiche obiettive di stabilità
e capacita di trasformare in modo durevole l'area occupata ed utilizzata
definitivamente a scopo edilizio. (dichiara inammissibile il ricorso avverso
sentenza n. 2158/2009 CORTE APPELLO di PALERMO, del 20/04/2010) Pres. De Maio
Est. Fiale Ric. Di Rocco. CORTE CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/06/2011 (Ud.
23/03/2011) Sentenza n. 25015
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Distruzione o l'alterazione delle bellezze
protette - Natura di reato di danno - Presupposto per la configurabilità del
reato - Art. 734 cod. pen.. La contravvenzione di cui all'art. 734 cod. pen.
si configura come un reato di danno, e non di pericolo (o di danno presunto),
richiedendo per la sua punibilità che si verifichi in concreto la distruzione o
l'alterazione delle bellezze protette. Non è sufficiente, pertanto, per
integrare gli estremi del reato, né l'esecuzione di un'opera né la semplice
alterazione dello stato naturale delle cose sottoposte a vincolo, ma occorre che
tale alterazione abbia effettivamente determinato la distruzione o il
deturpamento della bellezza naturale (Cass., Sez. Unite, 12.1.1993, n. 248).
(dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza n. 2158/2009 CORTE APPELLO
di PALERMO, del 20/04/2010) Pres. De Maio Est. Fiale Ric. Di Rocco. CORTE
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/06/2011 (Ud. 23/03/2011) Sentenza n. 25015
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. GUIDO DE MAIO
- Presidente
Dott. CIRO PETTI
- Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Consigliere Rel.
Dott. SILVIO AMORESANO
- Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da DI ROCCO GIACOMINA N. IL 20/08/1942
- avverso la sentenza n. 2158/2009 CORTE APPELLO di PALERMO, del 20/04/2010
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/03/2011 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Amelio Galasso che ha
concluso per il rigetto del ricorso
- Udito il difensore Avv. Antonino Sugamele, il quale ha chiesto l'accoglimento
del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 20.4.2010, confermava la
sentenza 11.2.2009 del Tribunale monocratico di Trapani, che aveva affermato la
responsabilità penale di Di Rocco Giacomina in ordine ai reati di cui:
- all'art. 44, lett. c), D.P.R. n. 380/2001 (per avere realizzato, in zona
sottoposta a vincolo paesaggistico, in assenza del prescritto permesso di
costruire, opere edilizie consistite: in una base in conglomerato cementizio di
mt. 10,70 x 10,70; nella installazione sulla stessa base di due case
prefabbricate munite di ruote gommate poggiate su conci di tufo, aventi ciascuna
le dimensioni esterne di mt. 7,50 x 2,50; in un corpo in muratura avente
superficie di circa 2 mq. - acc. in San Vito Lo Capo, il 17.5.2007);
- agli artt. 64, 65, 71 e 72 D.P.R. n. 380/2001;
- all'art. 181 D.Lgs. n. 42/2004 (per avere realizzato le opere anzidette senza
l'autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico);
- all'art. 734 cod. pen.
e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati tutti i reati nel
vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., la aveva condannata alla
pena complessiva di mesi uno di arresto ed euro 18.000,00 di ammenda.
Confermava gli ordini di demolizione delle opere abusive e di rimessione in
pristino dello stato dei luoghi e la concessione dei benefici della non-menzione
della condanna e della sospensione condizionale della pena, subordinato
quest'ultimo all'esecuzione della demolizione entro 90 giorni dalla formazione
del giudicato.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Di Rocco, la quale ha eccepito:
a) la carenza assoluta di prova in ordine alla riconducibilità dell'attività di
edificazione abusiva alla sua persona, in quanto la pronuncia di responsabilità
sarebbe stata ricollegata esclusivamente dalla circostanza che ella è
proprietaria del fondo sul quale le opere sono state realizzate;
b) la inconfigurabilità dei reati, posto che le due "case prefabbricate"
indicate nel capo di imputazione sono in realtà dei "caravan", che non possono
"determinare alcuna modificazione della realtà esteriore se non per il breve
periodo in cui vengono parcheggiati in una determinata area";
c) l'insussistenza del reato di cui all'art. 734 cod. pen., non potendo
ritenersi verificata una "permanente menomazione della situazione di bellezza
naturale attribuita al sito".
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente
infondato.
1. Va ribadito, anzitutto, l'orientamento costante di questa Corte e del
Consiglio di Stato - che il legislatore ha recepito nella previsione espressa
dell'art. 3, 1° comma - lett. e.5), del T.U. n. 380/2001 - secondo il quale è
configurabile il reato di costruzione edilizia abusiva anche nell'ipotesi di
installazione di roulotte, camper e case mobili, sia pure montati su ruote e non
incorporati al suolo, aventi una destinazione duratura per soddisfare esigenze
abitative.
Devono ritenersi, infatti, pienamente equiparate alle "nuove costruzioni", ai
fini della necessità del rilascio del permesso di costruire, le strutture
abitative mobili (quali quelle che caratterizzano la vicenda in esame, descritte
negli stessi documenti di acquisto come furgoni attrezzati per uso abitazione")
che, pure avendo la parvenza della mobilità, hanno caratteristiche obiettive di
stabilità e capacita di trasformare in modo durevole l'area occupata ed
utilizzata definitivamente a scopo edilizio.
2. Quanto alle doglianze riferite all'affermazione della responsabilità
dell'imputata, deve rilevarsi che la giurisprudenza ormai consolidata di questa
Corte Suprema è orientata nel senso che non può essere attribuito ad un
soggetto, per il solo fatto di essere proprietario di un area, un dovere di
controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione
abusiva.
Occorre considerare, invece, la situazione concreta in cui si è svolta
l'attività incriminata, tenendo conto della disponibilità, giuridica e di fatto,
della superficie edificata e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova
costruzione (principio del "cui prodest"), nonché di tutte quelle
situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi
elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche
morale, all'esecuzione delle opere [vedi Cass., Sez. III: 2.3.2004, n. 9536,
Mancuso ed altro; 28.5.2004, n. 24319, Rizzuto ed altro; 12.1.2005, n. 216,
Fucciolo; 15.7.2005, n. 26121, Rosato; 2.9.2005, n. 32856, Farzone. Vedi pure
Cass., Sez. V, 19.12.2007, n. 47083].
Grava, comunque, sull'interessato l'onere di allegare circostanze utili a
convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a
sua insaputa e senza la sua volontà (vedi Cass., Sez. feriale, 16.9.2003, n.
35537, Vitale ed altro).
Alla stregua di tali principi, nella fattispecie in esame, i giudici del merito
hanno fondato correttamente la responsabilità della attuale ricorrente, per
l'attività di edificazione abusiva contestata, non soltanto sulla circostanza
che ella risulta essere unica proprietaria del fondo su cui sono state
realizzate le opere dianzi descritte, ma altresì sulla piena disponibilità
giuridica e di fatto del fondo medesimo e sul rilievo che ella è stata
acquirente diretta di una delle due strutture abitative mobili, in una
situazione in cui l'imputata non ha mai prospettato che altro specifico soggetto
abbia disposto del terreno senza che ella ne fosse consapevole o contro il suo
volere e, in circostanze siffatte, abbia autonomamente intrapreso sullo stesso
l'attività illecita in contestazione.
3. Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema hanno affermato che la
contravvenzione di cui all'art. 734 cod. pen. si configura come un reato di
danno, e non di pericolo (o di danno presunto), richiedendo per la sua
punibilità che si verifichi in concreto la distruzione o l'alterazione delle
bellezze protette. Non è sufficiente, pertanto, per integrare gli estremi del
reato, né l'esecuzione di un'opera né la semplice alterazione dello stato
naturale delle cose sottoposte a vincolo, ma occorre che tale alterazione abbia
effettivamente determinato la distruzione o il deturpamento della bellezza
naturale (Cass., Sez. Unite, 12.1.1993, n. 248).
La relativa valutazione è riservata all'esclusivo apprezzamento del giudice di
merito e, nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha adeguatamente
motivato circa l'evidente esistenza di un danno in concreto arrecato alle
bellezze naturali, tenuto conto sia delle effettive caratteristiche del sito
protetto sia della valutazione operata dalla Soprintendenza competente (con nota
dei 10.8.2007) nel senso che "le opere abusive in questione sono gravemente
pregiudizievoli alle bellezze naturali e alle valenze paesaggistiche dei
luoghi".
4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto
il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a
norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello
del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro
1.000,00.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro mille/00 in favore della
Cassa delle ammende.
ROMA, 23.3.2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 22 GIU. 2011
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