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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE, PENALE Sez. IV 26/01/2011, Sentenza n. 2578
SICUREZZA SUL LAVORO - Cantieri e norme antinfortunistiche - Prevenzione
degli incidenti sul lavoro - Obblighi del datore di lavoro e del capocantiere -
Assenza di una formale delega in materia di sicurezza sul lavoro -
Plurititolarità della sicurezza dei lavoratori - Responsabilità - Fattispecie:
ponteggio privo di parapetto e di tavole fermapiedi - caduta e decesso del
lavoratore. Il "capo cantiere", anche in assenza di una formale delega in
materia di sicurezza sul lavoro, è destinatario diretto dell'obbligo di
verificare che le concrete modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative
all'interno del cantiere rispettino le norme antinfortunistiche" (Cass., Sez. 4,
20/03/2009, n. 12673). D'altra parte, in via di principio generale, il capo
cantiere è certamente persona adatta ad individuare la corretta applicazione
delle norme antinfortunistiche, o quanto meno di quelle di comune prudenza, per
la prevenzione di incidenti in cui possono essere coinvolti i dipendenti ovvero
terze persone estranee ai lavori. Nè ha alcun rilievo che potessero esservi
ulteriori garanti della sicurezza dei lavoratori, in quanto, se piu' sono i
titolari della posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento,
ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge
(Cass. sez. 4, 19.5.2004 n. 46515) fin quando si esaurisce il rapporto che ha
legittimato la costituzione della suddetta posizione di garanzia, per cui
l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno
dei titolari di tale posizione. (conferma sentenza n. 6274/2008 CORTE APPELLO di
MILANO, del 21/04/2009) Pres. Morgigni, Rel. Romis, Ric. MA. AN.. CORTE DI
CASSAZIONE, PENALE Sez. IV 26/01/2011, Sentenza n. 2578
SICUREZZA SUL LAVORO - Prevenzione degli infortuni sul lavoro - Violazione
delle norme antinfortunistiche - Concorso di persone nel reato - Responsabilità
penali e circostanza attenuante - Art. 114 c.p. - Fattispecie: caduta e decesso
del lavoratore. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro chiunque,
in qualsiasi modo, abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad altri
lavoratori, così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul
lavoro da eseguire, deve essere considerato automaticamente tenuto, ai sensi del
Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 4, ad attuare
le prescritte misure di sicurezza e a disporre e ad esigere che esse siano
rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti contemporaneamente
gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo (Cass., Sez. 4,
19/02/1998, n. 3948). Sicché, in caso di concorso di persone nel reato, la
circostanza attenuante di cui all'articolo 114 c.p., è configurabile a
condizione che sia possibile, attraverso l'esame delle modalità di commissione
del fatto, stabilire che l'imputato abbia svolto un ruolo assolutamente
marginale di efficacia causale così lieve nella determinazione dell'evento
criminoso da risultare del tutto trascurabile (Cass., Sez. 2, 09/10/2008, n.
38492). (conferma sentenza n. 6274/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 21/04/2009)
Pres. Morgigni, Rel. Romis, Ric. MA. AN.. CORTE DI CASSAZIONE, PENALE Sez. IV
26/01/2011, Sentenza n. 2578
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso per cassazione - Mancanza di specificità
del motivo - Inammissibilità - Art. 591, c. 1, lett. c). È inammissibile il
ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già
discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi
considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve
essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma
anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità conducente, a mente dell'articolo 591, comma 1, lett. c),
all'inammissibilità" (Cass., Sez. 4, 03/05/2000, n. 5191; Conf: Cass. Sez. 5,
25/03/2005, n. 11933). (conferma sentenza n. 6274/2008 CORTE APPELLO di MILANO,
del 21/04/2009) Pres. Morgigni, Rel. Romis, Ric. MA. AN.. CORTE DI
CASSAZIONE, PENALE Sez. IV 26/01/2011, Sentenza n. 2578
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sentenza di primo grado e di appello - Doppia
conforme - Risultato organico ed inscindibile delle Motivazioni. Le
motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, nel caso di doppia
conforme, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato
organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per
giudicare della congruità della motivazione (Cass., Sez. 3, 23/04/1994, n.
4700). (conferma sentenza n. 6274/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 21/04/2009)
Pres. Morgigni, Rel. Romis, Ric. MA. AN.. CORTE DI CASSAZIONE, PENALE Sez. IV
26/01/2011, Sentenza n. 2578
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. IVPenale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORGIGNI Antonio
- Presidente
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe
- Consigliere
Dott. ROMIS Vincenzo
- Consigliere rel.
Dott. PICCIALLI Patrizia
- Consigliere
Dott. MONTAGNI Andrea
- Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MA. AN. N. IL (Omissis);
- avverso la sentenza n. 6274/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 21/04/2009;
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/11/2010 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. VINCENZO ROMIS;
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'ANGELO Giovanni che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Ma. An. e Ve. Si. venivano tratti a giudizio dinanzi al Tribunale di Monza per
rispondere del reato di cui all'articolo 589 c.p., perche', il primo quale
capocantiere ed il secondo (giudicato separatamente) quale amministratore della
Società Co. Ge. S. r. I. - che aveva ricevuto in appalto lavori di
ristrutturazione ambientale dalla Bo. Sa. Fr. SpA - avevano cagionato la morte
del lavoratore Go. Mu. Se. Ma. , il quale, mentre stava eseguendo lavori di
completamento della stuccatura di alcuni pilastri con mattoni a vista ad
un'altezza superiore a due metri, era caduto al suolo riportando gravi lesioni
cranio - cerebrali cui era seguito il decesso; agli imputati erano stati
addebitati i seguenti profili di colpa: negligenza e violazione della normativa
antinfortunistica per non aver predisposto adeguate precauzioni idonee ad
eliminare i pericoli di caduta dei lavoratori, consentendo l'utilizzo di un
ponteggio privo di dispositivi di sicurezza (parapetto, tavole fermapiedi).
Il Tribunale, per la parte che in questa sede rileva, dichiarava il Ma.
colpevole del reato ascrittogli e lo condannava alla pena di anni due di
reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
A seguito di gravame ritualmente interposto dal Ma., la Corte d'Appello di
Milano, dopo aver richiamato analiticamente il percorso motivazionale seguito
dal Tribunale ed aver illustrato i motivi di appello, confermava l'affermazione
di colpevolezza pronunciata dal primo giudice e motivava il proprio
convincimento richiamando integralmente "per relationem" le
considerazioni svolte dal primo giudice, e disattendendo le tesi difensive,
prospettate con i motivi di appello, con argomentazioni che possono così
sintetizzarsi:
a) appariva infondata l'eccezione di nullità della notifica dell'avviso di
deposito della sentenza all'imputato, effettuata presso il difensore di fiducia
e non personalmente all'imputato, sussistendo a carico del difensore l'obbligo
di far pervenire al proprio assistito gli atti a lui diretti: in ogni caso,
avendo il difensore proposto appello, e stante l'unicità del diritto di
impugnazione, si era consumato il diritto degli altri eventuali soggetti
legittimati a proporla, essendo stato conseguito l'effetto dell'avviso;
b) anche se il lavoratore che aveva subito l'infortunio fosse stato dipendente
del Di. Bi. - volendo seguire l'impostazione difensiva secondo cui a
quest'ultimo sarebbero stati dati in subappalto i lavori - non sarebbe venuta
meno la posizione di garanzia del Ma., con conseguente penale responsabilità per
l'accaduto, in ragione della qualifica di capocantiere che il Ma. ricopriva
nell'ambito dei lavori che la Co. Ge. aveva in corso, qualifica non contestata
ne' contestabile: era emerso che il Ma. dava in concreto le disposizioni circa i
lavori da eseguire, redigeva il giornale del cantiere, si recava in cantiere
anche allorquando era infortunato;
c) il Di. Bi. non era titolare di un'impresa dotata di reali mezzi propri, ma
era un lavoratore autonomo coadiuvato "in nero" dall'operaio poi rimasto vittima
dell'infortunio: il Ma. aveva consentito che quest'ultimo utilizzasse il
ponteggio senza le protezioni idonee ad evitare pericoli di caduta, allestito
alcuni giorni prima del sinistro e quindi certamente visto dal Ma.;
d) tutte le considerazioni suesposte inducevano a ritenere non configurabile
l'attenuante della minima partecipazione al fatto ex articolo 114 c.p.;
e) l'imputato appariva meritevole delle attenuanti generiche - negate dal primo
giudice - sia pure con giudizio di sola equivalenza rispetto all'aggravante
contestata avuto riguardo alle modalità del fatto. Ricorre per cassazione il
Ma., deducendo violazione di legge e vizio motivazionale con censure che,
formulate con riferimento alle tesi difensive già prospettate nelle sedi di
merito, possono così riassumersi:
A) nullità per l'irrituale notifica dell'avviso del deposito della sentenza di
primo grado all'imputato contumace;
B) vizio motivazionale in ordine alla ritenuta colpevolezza del Ma., con
particolare riferimento alle dichiarazioni del Di. Bi. da ritenersi
inattendibili dovendo riconoscersi in capo allo stesso un interesse a sminuire
le proprie responsabilità', al punto da negare l'esistenza di un contratto di
appalto che, secondo l'assunto difensivo, sarebbe stato stipulato tra le Co. Ge.
ed il Di. Bi. stesso; inoltre, i giudici del merito non avrebbero tenuto conto
della assenza per malattia del Ma. dal cantiere nel periodo in cui si era
verificato il mortale infortunio;
C) vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuate di
cui all'articolo 114 c.p., e dell'attenuante dell'avvenuto risarcimento del
danno, essendo stata pagata ai congiunti della vittima integralmente la
provvisionale;
D) eccessività della pena, anche per il mancato giudizio di prevalenza delle
attenuanti generiche, ad avviso del ricorrente negato senza adeguata
motivazione;
E) il ricorrente si duole infine della mancata conversione della pena in quella
pecuniaria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato per l'infondatezza delle doglianze dedotte.
Mette conto sottolineare, preliminarmente, che il Ma. con il ricorso ha
sostanzialmente riproposto le tesi difensive già sostenute in sede di merito e
disattese dal Tribunale prima e dalla Corte d'appello poi. Al riguardo giova
ricordare che nella giurisprudenza di questa Corte e' stato enunciato, e piu'
volte ribadito, il condivisibile principio di diritto secondo cui "e'
inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le
stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente
dell'articolo 591, comma 1, lett. c), all'inammissibilità" (in termini, Sez. 4,
n. 5191 del 29/03/2000 Ud. - dep. 03/05/2000 - Rv. 216473; CONF: Sez. 5, n.
11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Rv. 231708).
E va altresì evidenziato che il primo giudice aveva affrontato e risolto le
questioni sollevate dal Ma. seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da
completezza argomentativa e dalla puntualità dei riferimenti agli elementi
probatori acquisiti e rilevanti ai fini dell'esame della posizione del Ma.
stesso; di tal che, trattandosi di conferma della sentenza di primo grado, i
giudici di seconda istanza legittimamente hanno richiamato anche la motivazione
addotta dal Tribunale a fondamento del convincimento espresso, senza peraltro
limitarsi ad un semplice richiamo meramente ricettizio a detta motivazione, non
avendo mancato di fornire autonome valutazioni a fronte delle deduzioni
dell'appellante: e' principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, nel
caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di
appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico
ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare
della congruità della motivazione ("ex plurimis", Sez. 3, n. 4700 del
14/02/1994 Ud. - dep. 23/04/1994 -Rv. 197497).
Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta dunque formalmente
e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali - quali sopra
riportati (nella parte relativa allo "svolgimento del processo") e da intendersi
qui integralmente richiamati onde evitare superflue ripetizioni - forniscono,
con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle
risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti
l'infortunio oggetto del processo: la Corte distrettuale, dopo aver analizzato
tutti gli aspetti della vicenda (dinamica dell'infortunio e posizione di
garanzia del Ma.) ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente la
penale responsabilità del Ma..
Per completezza argomentativa si impongono solo talune ulteriori precisazioni in
relazione alle tesi difensive prospettate dal ricorrente.
Per quel che riguarda l'eccepita nullità per l'asserita irritualità della
notifica dell'avviso del deposito della sentenza di primo grado all'imputato
contumace, trattasi di censura infondata avendo questa Corte piu' volte
precisato che "la mancata notifica all'imputato dell'avviso di deposito di
sentenza (o di qualunque altro provvedimento impugnabile) configura una nullità
di ordine generale "a regime intermedio" e non assoluta, che resta sanata, per
il raggiungimento dello scopo, a norma dell'articolo 183 c.p.p., quando i motivi
di impugnazione siano stati tempestivamente presentati dal difensore e
riguardino il provvedimento effettivamente impugnato ed il suo contenuto
motivazionale" (in termini, "ex plurimis", Sez. 1, n. 10410 del
24/02/2010 Ud. - dep. 16/03/2010 - Rv. 246504; nello stesso senso, Sez. 4, n.
46540 del 29/09/2004 Ud. - dep. 01/12/2004 - Rv. 230572). Quanto alla doglianza
concernente la ritenuta sussistenza dell'obbligo di garanzia, a carico,
l'assunto del ricorrente risulta infondato alla luce del seguente principio
enunciato da questa Corte: "In materia di prevenzione degli incidenti sul
lavoro, il "capo cantiere", anche in assenza di una formale delega in materia di
sicurezza sul lavoro, e' destinatario diretto dell'obbligo di verificare che le
concrete modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative all'interno del
cantiere rispettino le norme antinfortunistiche" (in termini, Sez. 4, n. 12673
del 04/03/2009 Ud. - dep. 20/03/2009 - Rv. 243216). D'altra parte, in via di
principio generale, il capo cantiere - ruolo che ricopriva il Ma. - e'
certamente persona adatta ad individuare la corretta applicazione delle norme
antinfortunistiche, o quanto meno di quelle di comune prudenza, per la
prevenzione di incidenti in cui possono essere coinvolti i dipendenti ovvero
terze persone estranee ai lavori. Ne' ha alcun rilievo che potessero esservi
ulteriori garanti della sicurezza dei lavoratori, in quanto, come
condivisibilmente già ritenuto da questa Corte, se più sono i titolari della
posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento, ciascuno e' per
intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge (Cass. sez. 4,
19.5.2004 n. 46515 riv. 230398) fin quando si esaurisce il rapporto che ha
legittimato la costituzione della suddetta posizione di garanzia, per cui
l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica e' addebitabile ad ognuno
dei titolari di tale posizione. Dunque, anche se il lavoratore che aveva subito
l'infortunio fosse stato dipendente del Di. Bi. - volendo seguire l'impostazione
difensiva secondo cui a quest'ultimo sarebbero stati dati in subappalto i lavori
- non sarebbe venuta meno la posizione di garanzia del Ma., con conseguente
penale responsabilità per l'accaduto, proprio in ragione della qualifica di
capocantiere che, nell'ambito dei lavori che la Co. Ge. stava eseguendo,
ricopriva il Ma. il quale, come evidenziato dai giudici del merito dava in
concreto ai lavoratori le disposizioni relative ai lavori da svolgere; e'
sufficiente al riguardo richiamare il consolidato indirizzo interpretativo di
questa Corte secondo cui "in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro
chiunque, in qualsiasi modo, abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad
altri lavoratori, così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive
sul lavoro da eseguire, deve essere considerato automaticamente tenuto, ai sensi
del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 4, ad
attuare le prescritte misure di sicurezza e a disporre e ad esigere che esse
siano rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti
contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo
titolo" (in termini, "ex plurimis", Sez. 4, 19 febbraio 1998, n. 3948).
Prive di fondamento sono poi le doglianze del Ma. in ordine al diniego
dell'attenuante prevista dall'articolo 114 c.p., (minima partecipazione al
fatto): la Corte territoriale - con argomentazioni lineari, logiche ed in
sintonia con i principi affermati da questa Corte in materia - ha ritenuto di
non poter riconoscere connotazioni di marginalità al ruolo svolto dal Ma., avuto
riguardo alla dinamica dell'infortunio ed alle cause dello stesso riconducibili
all'inosservanza di specifiche misure di prevenzione di infortuni di cui il Ma.
era ben consapevole; giova ricordare il consolidato indirizzo interpretativo
affermatosi in materia nella giurisprudenza di questa Corte secondo i cui "in
tema di concorso di persone nel reato, la circostanza attenuante di cui
all'articolo 114 c.p., e' configurabile a condizione che sia possibile,
attraverso l'esame delle modalità di commissione del fatto, stabilire che
l'imputato abbia svolto un ruolo assolutamente marginale di efficacia causale
così lieve nella determinazione dell'evento criminoso da risultare del tutto
trascurabile" (in termini, "ex plurimi", Sez. 2, n. 38492 del 23/09/2008 Ud. -
dep. 09/10/2008 - Rv. 241461).
Infondata e' la censura circa il mancato riconoscimento dell'attenuante di cui
all'articolo 62 c.p., n. 6; il ricorrente ha precisato di aver sollecitato il
riconoscimento di detta attenuante muovendo dal presupposto dell'avvenuto
pagamento della provvisionale alla parte civile, e quindi così implicitamente
riconoscendo l'avvenuto versamento di una somma non satisfattiva dell'integrale
risarcimento del danno, tale non potendo ritenersi, infatti, il pagamento della
sola provvisionale: mette conto sottolineare che questa Corte ha piu' volte
precisato che ai fini della configurabilità dell'attenuante di cui all'articolo
62 c.p., n. 6, il risarcimento del danno deve essere integrale, comprensivo,
quindi, della totale riparazione di ogni effetto dannoso (cfr.: Sez. 1, n. 11207
del 29/09/1994 Ud. - dep. 09/11/1994 - Rv. 199623; Sez. 5, n. 46866 del
29/11/2005 Ud. - dep. 22/12/2005 -Rv. 233048).
Passando infine ad esaminare le censure relative al trattamento sanzionatorio,
va rilevata la manifesta infondatezza delle stesse in quanto concernenti
apprezzamenti di merito incensurabili in questa sede perché prive di qualsiasi
connotazione di illogicità: la Corte distrettuale ha infatti ancorato il suo
convincimento, circa il diniego del giudizio di prevalenza delle attenuanti
generiche, alle modalità dei fatti che il primo giudice aveva posto a base della
mancata concessione delle attenuanti stesse, ed in proposito non può che
richiamarsi quanto innanzi si e' avuto modo di dire circa la integrazione delle
motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado. Per quel che riguarda la
mancata conversione della pena detentiva in quella pecuniaria, la censura e'
stata dedotta con mera enunciazione assertiva, così come con i motivi di appello
la richiesta di conversione della pena era stata solo enunciata; quale
considerazione tranciante ed assorbente, giova peraltro sottolineare che
l'entità della pena inflitta al Ma. - anni uno e mesi sei di reclusione - non
consentiva la richiesta conversione in pena pecuniaria, essendo ciò possibile,
ai sensi della Legge n. 689 del 1981, articolo 53, per una pena detentiva entro
il limite di sei mesi.
Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
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