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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 7/7/2011 (Ud. 24/3/2011), Sentenza n. 26710
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Contraffazione opere d’arte - Inidoneità della
condotta - Art. 178, c.1, lett. b), D.L.vo n. 42/2004. In materia di
contraffazione di opere d'arte, l'inidoneità della condotta, tale da rendere
configurabile il reato impossibile, sussiste solo quando, per la grossolanità
della contraffazione, il falso risulti così evidente da escludere la stessa
possibilità, e non soltanto la probabilità, che lo stesso venga riconosciuto
come tale non già da un esperto d'arte, ma da un aspirante compratore, magari
neppure troppo esperto. Nel caso di specie, l'aver messo in commercio l'opera,
consegnandola alla Galleria d'arte, munita di falsa dichiarazione di expertise,
esclude in radice il carattere grossolano della falsificazione, in quanto tale
attestazione correda la realizzazione dell'esemplare contraffatto del dipinto e
consente il sicuro affidamento, da parte del futuro compratore, nell'autenticità
dell'opera stessa. (conferma sentenza n. 4254/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
27/05/2010) Pres. Petti, Est. Rosi, Ric. Comini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 7/7/2011 (Ud. 24/3/2011), Sentenza n. 26710
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Tutela del patrimonio artistico e culturale -
Mercato delle opere d'arte - Circolazione di falsi - Reato a consumazione
anticipata - Art. 127, D.lgs n.490/99 (ora trasfusa nell'art. 178, c.1, lett.
b), D.Lgs. n. 42/2004. La fattispecie di cui all'art. 127 D.lgs n.490/99
(ora trasfusa nell'art. 178, c.1, lett. b), del D.Lgs. n. 42 del 2004) è volta
innanzitutto a tutelare il mercato delle opere d'arte, e quindi il patrimonio
artistico e culturale, punendo la presenza e la circolazione in esso di "falsi",
per cui è reato a consumazione anticipata (Cass., Sez. 3, n. 19249 del 4/5/2006,
Iacca). (conferma sentenza n. 4254/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
27/05/2010) Pres. Petti, Est. Rosi, Ric. Comini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 7/7/2011 (Ud. 24/3/2011), Sentenza n. 26710
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sentenze di primo e secondo grado - Integrazione
tra le due motivazioni - Unico complessivo corpo argomentativo - Criteri
omogenei e passaggi logico-giuridici. Quando le sentenze di primo e secondo
grado concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti
a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della
sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico
complessivo corpo argomentativo (Cass., Sez. 2, n. 5606 dell'8/2/2007, Conversa
e altro; Sez 1, n. 8868 dell'8/8/2000, Sangiorgi; Sez. 2, n. 11220 del
5/12/1997, Ambrosino). Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica
allorché i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte
dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con
frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi
logico-giuridici della decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di
appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a
prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di
primo grado (Cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002,
Lombardozzi, Rv. 221116). (conferma sentenza n. 4254/2009 CORTE APPELLO di
FIRENZE, del 27/05/2010) Pres. Petti, Est. Rosi, Ric. Comini. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 7/7/2011 (Ud. 24/3/2011), Sentenza n. 26710
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. CIRO PETTI
- Presidente
Dott. ALFREDO TERESI
- Consigliere
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI
- Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Rel. Consigliere
Dott. SANTI GAZZARA
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da: COMINI GIANCARLO N. IL 27/09/1935
- avverso la sentenza n. 4254/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 27/05/2010
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/03/2011 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giovanni D’Angelo
- che ha concluso per il rigetto del ricorso
- Udito, per la parte civile, l'Avv. //
- Udito il difensore Avv. Paolo Palleschi del foro di Roma che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze, in data 27 maggio 2010, ha confermato la
sentenza del 18 dicembre 2008 del Tribunale di Prato, che ha condannato Comini
Giancarlo, alla pena di mesi tre di reclusione ed 800,00 euro di multa, per il
delitto di cui all'art. 127, c.1, lett. b) D.L.gs n. 490/99, perché deteneva al
fine di farne commercio, un dipinto su tela apparentemente riferibile a Massimo
Campigli, fatto commesso a Firenze e Prato fino al 30 settembre 2003.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato chiedendone l'annullamento
per i seguenti motivi:
1. Mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell'ipotesi di cui
all'art. 49 c.p., per la grossolanità del falso;
2. Illogicità e contraddittorietà della motivazione rispetto alla sussistenza
dell'elemento soggettivo del reato, posto che la sentenza di primo grado aveva
assolto il Comini per altre tre opere e contraddittoriamente non aveva
considerato il fatto che non risultava che il Comini avesse consegnato in contro
vendita le opere; la censura era stata già avanzata in appello, ma tali giudici
avevano ripetuto lo stesso error in iudicando del primo, travisando le
dichiarazioni del teste Brovarone.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non sono fondati.
1. Questa Corte ha affermato il principio di diritto in base al quale, quando le
sentenze di primo e secondo grado concordino nell'analisi e nella valutazione
degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la
struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente
per formare un unico complessivo corpo argomentativo (Così, tra le altre, Sez.
2, n. 5606 dell'8/2/2007, Conversa e altro, Rv. 236181; Sez 1, n. 8868
dell'8/8/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, Ambrosino,
Rv. 209145). Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorché i
giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante
con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti
riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della
decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano
riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già
esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (Cfr. la parte
motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002, Lombardozzi, Rv. 221116).
Nel caso di specie, i giudici di appello, che pure hanno fatto riferimento alle
esaustive argomentazioni sviluppate nel dettaglio nella sentenza di primo grado,
hanno fornito una valutazione autonoma dei motivi di appello sui punti
specificamente indicati. Essi hanno evidenziato che era stata accertata la
diretta riferibilità del reato al Comini: l'opera, raffigurante "Letizia con
cappello" (figura di donna a mezzo busto), con expertise contraffatto, era stata
recuperata personalmente dall'imputato (presso il quale era stata poi sottoposta
a sequestro) dalla Galleria Penanti di Firenze, alla quale era stata consegnata
per essere commercializzata a seguito dell'interessamento del Bravarone,
conoscente del titolare della Galleria, ed il Bravarone con la sua testimonianza
aveva confermato la circostanza, pur affermando di non conoscere il nome del
pratese che gli aveva chiesto il contatto con la Galleria. Del resto, come
sottolineato dai giudici di appello, l'avere frapposto una persona per prendere
contatti con la Galleria d'arte risultava una cautela comprensibile proprio per
la falsità dell'opera ed ha rappresentato per i giudici una conferma circa la
sussistenza dell'elemento psicologico in capo all'imputato, sia sotto l'aspetto
conoscitivo (della contraffazione del dipinto), che per quello che attiene al
profilo volitivo della condotta delittuosa (immissione nel mercato delle opere
d'arte).
Infatti la fattispecie di cui all'art. 127 Dlgs 490/99 (ora trasfusa nell'art.
178, c.1, lett. b), del D.Lgs. n. 42 del 2004) è volta innanzitutto a tutelare
il mercato delle opere d'arte, e quindi il patrimonio artistico e culturale,
punendo la presenza e la circolazione in esso di "falsi", per cui è reato a
consumazione anticipata (in tal senso, Sez. 3, n. 19249 del 4/5/2006, Iacca, Rv.
234337).
2. Del tutto infondato, poi, il motivo di ricorso con il quale il ricorrente
avanza la tesi del reato impossibile e del falso grossolano. I giudici di
merito, nel ricostruire la vicenda hanno dato atto sia del fatto che tale opera
fosse stata posta in vendita in una stimata Galleria d'arte, sia
dell'allegazione dell'expertise, che avrebbe dovuto supportare la vendita del
falso quale opera autentica. In materia di contraffazione di opere d'arte,
l'inidoneità della condotta, tale da rendere configurabile il reato impossibile,
sussiste solo quando, per la grossolanità della contraffazione, il falso risulti
così evidente da escludere la stessa possibilità, e non soltanto la probabilità,
che lo stesso venga riconosciuto come tale non già da un esperto d'arte, ma da
un aspirante compratore, magari neppure troppo esperto; nel caso di specie,
l'aver messo in commercio l'opera, consegnandola alla Galleria d'arte, munita di
falsa dichiarazione di expertise, esclude in radice il carattere grossolano
della falsificazione, in quanto tale attestazione correda la realizzazione
dell'esemplare contraffatto del dipinto e consente il sicuro affidamento, da
parte del futuro compratore, nell'autenticità dell'opera stessa.
Ritiene in conclusione questa Corte che i giudici di appello abbiano
esaustivamente e correttamente motivato le ragioni in base alle quali sono
giunti alla conferma della pronuncia di primo grado e pertanto il ricorso deve
essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese.
Così deciso in Roma, il 24 marzo 2011.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 7/07/2011
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