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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 14/07/2011 (Ud. 23/03/2011) Sentenza n. 27703
DIRITTO URBANISTICO - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Abuso d’ufficio - Dirigente
dell'ufficio tecnico - Rilascio concessione edilizia in sanatoria per opera non
conforme agli strumenti urbanistici generali vigenti - Configurabilità -
Artt.81, 323, 378 c.p.. Configura un ingiusto vantaggio patrimoniale anche
il mero incremento del valore commerciale dell'immobile, per cui ben può essere
chiamato a rispondere di abuso di ufficio il responsabile del settore
urbanistico del Comune che abbia rilasciato una concessione edilizia in
sanatoria per un'opera non conforme agli strumenti urbanistici generali vigenti
in quel Comune (Cass. Sez.6, del 6/6/2008, n.35856 Morelli). (conferma sentenza
n. 1493/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del 11/02/2010) Pres. De Maio, Est. Rosi,
Ric. Capodieci. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 14/07/2011 (Ud.
23/03/2011) Sentenza n. 27703
DIRITTO URBANISTICO - Struttura definita di carattere precario e provvisorio
- Permesso di costruire in precario condizionato a future esigenze urbanistiche
- Illegittimità - Responsabile ufficio tecnico - Abuso d’ufficio -
Configurabilità - Artt.81, 323, 378 c.p.. E’ illegittima la concessione in
sanatoria (oggi permesso di costruire) rilasciata, con la quale si consente di
mantenere una struttura definita "di carattere precario e provvisorio" e quindi
rimovibile a cura e spese del proprietario in caso di future esigenze
urbanistiche. E' stato infatti chiarito che la c.d. "concessione edilizia in
precario" - sia pure non "in sanatoria" come quella di cui al presente processo
- è non solo extra legem, in quanto non è espressamente prevista da alcuna fonte
normativa, ma anche contra legem, in quanto è destinata a consentire una
situazione di abuso edilizio (Cass. Sez.3, n. 111 del 13/1/2000, La Ganga
Ciciritto). (conferma sentenza n. 1493/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del
11/02/2010) Pres. De Maio, Est. Rosi, Ric. Capodieci. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 14/07/2011 (Ud. 23/03/2011) Sentenza n. 27703
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Motivazione delle sentenze di primo e secondo
grado - Valutazione concordante degli elementi di prova - Unico complessivo
corpo argomentativo. Quando le sentenze di primo e secondo grado concordino
nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento
delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello
si salda con quella precedente e forma con essa un unico complessivo corpo
argomentativo (cfr. Sez. 4, n. 15227 dell'11/4/2008, Baretti; Sez. 6, n. 1307
del 14/1/2003, Delvai). (conferma sentenza n. 1493/2008 CORTE APPELLO di LECCE,
del 11/02/2010) Pres. De Maio, Est. Rosi, Ric. Capodieci. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 14/07/2011 (Ud. 23/03/2011) Sentenza n. 27703
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. GUIDO DE MAIO
- Presidente
Dott. CIRO PETTI
- Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Consigliere
Dott. SILVIO AMORESANO
- Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) CAPODIECI PAOLINO N. IL 07/05/1949
- avverso la sentenza n. 1493/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del 11/02/2010
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/03/2011 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Aurelio Galasso che ha
concluso per .7 l’inammissibilità del ricorso
- Udito, per la parte civile, l'Avv. //
- Udito il difensore Avv. S. P. in sostituzione dell’avv. A.V. che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 11 febbraio 2010 ha confermato la
sentenza di primo grado del Tribunale di Lecce, del 26 marzo 2008, con la quale
Capodieci Paolino è stato condannato, in concorso con altri, alla pena di mesi
quattro di reclusione, interdizione dei pubblici uffici, con sospensione
condizionale della pena e non menzione, in ordine il reato di cui agli artt.81,
323, 378 c.p., perché, nella qualità di dirigente dell'ufficio tecnico del
Comune di Trepuzzi, aveva rilasciato a Perrone Giampietro l'autorizzazione in
sanatoria, atto illegittimo in quanto non esistente in riferimento ad opere
temporanee ed in contrasto con la normativa vigente, in modo da consentire a
questi l'ingiusto vantaggio patrimoniale rappresentato dalla permanenza delle
opere adibite a deposito della società amministrata dal Perrone, nonché a
garantirgli l'impunità nel procedimento nel quale quest'ultimo era indagato per
abuso edilizio, fatto accertato in Trepuzzi I'1 ottobre 2003;
L'imputato, tramite il proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione per
i seguenti motivi:
1. Contraddittorietà ed illogicità della motivazione. I presupposti da cui trae
convincimento il Giudice d'appello ai fini della conferma della pronuncia di
condanna del Capodieci si baserebbero sulla pretesa "inesistenza del carattere
di precarietà dell'immobile", sulla impossibilità per l'Amministrazione di
"adozione di un provvedimento in sanatoria di un manufatto precario, il quale
non abbisogna di alcun provvedimento abilitativo in sanatoria, e sulla non
esistenza della doppia conformità. Per cui l'autorizzazione in sanatoria ex art.
13 L. n. 47/85 delle opere realizzate da Perrone (un vano in muratura con
copertura in ferro, della superficie di circa mq 168), che consentiva il
"mantenimento della struttura muraria, nell'intesa che trattasi di opere con
carattere precario e provvisorio, da rimuovere a cura e spese del proprietario
in caso di future esigenze urbanistiche o anche nell'ipotesi di eventuale
assegnazione di lotto PIP su cui trasferire la struttura", sarebbe stata
illegittima. Ma invero il manufatto contestato era localizzato nel mezzo di
un'area già oggetto di edificazione e di realizzazione delle principali opere di
urbanizzazione, per cui sarebbe stato irragionevole negare il titolo edilizio
solo perché non ancora attuato (né più attuabile) lo specifico strumento
urbanistico. La Corte di appello avrebbe pertanto attribuito un significato non
corretto al certificato di destinazione urbanistica (datato 10 aprile 2001) che
dichiarava l'area di che trattasi come zona C - edificatoria di tipo
semi-intensivo, tuttavia non edificabile "perché subordinata alla redazione e
successiva approvazione di piano particolareggiato esecutivo", senza tenere in
alcun conto la giurisprudenza amministrativa che ritiene suscettibile di censura
la condotta di un'amministrazione che neghi il rilascio di titoli edilizi sulla
base della supposta necessità della preventiva adozione di strumenti attuativi
del Piano qualora, per le condizioni oggettive che si sono nel tempo determinate
nell'area interessata, l'adozione di tale strumento non sia più utile e
possibile.
2. Errata interpretazione e applicazione articolo 323 c.p. in base ad un
consolidato principio in sede amministrativa, "ove sia decorso un notevole lasso
di tempo dalla commissione dell'abuso edilizio, l'Amministrazione è tenuta a
specificare la sussistenza dell'interesse pubblico alla eliminazione dell'opera
realizzata o addirittura ad indicare le ragioni della sua prolungata inerzia".
Tali circostanze sono state considerate dal Capodieci, che ha cercato, anche se
con strumenti non tipici, di contemperare l'interesse pubblico di governo e
pianificazione del territorio e l'interesse del privato al mantenimento dello
status quo. Si dovrebbe quindi quanto meno escludere il dolo, anche tenuto conto
che lo specifico interesse pubblico non ha subito alcuna illegittima
compressione, dal momento che si trattava di permesso edilizio "condizionato",
avendo subordinato il mantenimento della struttura ad eventuali future esigenze
urbanistiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non sono fondati.
1. Innanzitutto correttamente i giudici di merito hanno ritenuto illegittima la
concessione in sanatoria rilasciata dall'imputato al Perrone, con la quale gli
fu consentito di mantenere la struttura realizzata, definita "di carattere
precario e provvisorio" e quindi rimovibile a cura e spese del proprietario in
caso di future esigenze urbanistiche . E' stato infatti chiarito che la c.d.
"concessione edilizia in precario" - sia pure non "in sanatoria" come quella di
cui al presente processo - è non solo extra legem, in quanto non è espressamente
prevista da alcuna fonte normativa, ma anche contra legem, in quanto è destinata
a consentire una situazione di abuso edilizio (in tal senso Sez.3, n. 111 del
13/1/2000, La Ganga Ciciritto, Rv.2160000).
Inoltre i giudici di merito hanno posto in evidenza che l'assunto difensivo, che
è stato riproposto anche in questa sede - con il quale è stata richiamata la
giurisprudenza amministrativa circa le situazioni di "mutamento delle condizioni
oggettive di urbanizzazione della maglia oggetto dell'intervento contestato" -
non risultava calzante nel caso di specie, come accertato dagli stessi giudici
sulla base anche della rappresentazione grafica dello stato dei luoghi, dalla
quale era emerso che il manufatto per cui è processo risultava inserito in una
vasta area non edificata, dove era ben possibile che le determinazioni del piano
particolareggiato esplicassero i loro effetti. Conseguentemente i giudici di
appello, confermando le determinazione del giudizio di primo grado, hanno
ritenuto l'attualità del certificato di destinazione urbanistica e, con
motivazione esaustiva e priva di smagliature logiche, hanno concluso per la
palese illegittimità della concessione in sanatoria.
2. Per quanto attiene al secondo motivo di ricorso, con il quale si è lamentata
l'errata applicazione ed interpretazione della fattispecie di abuso di ufficio,
è bene ricordare che quando le sentenze di primo e secondo grado concordino
nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento
delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello
si salda con quella precedente e forma con essa un unico complessivo corpo
argomentativo (cfr. Sez. 4, n. 15227 dell'11/4/2008, Baretti, Rv. 239735; Sez.
6, n. 1307 del 14/1/2003, Delvai, Rv. 223061) e, proprio in riferimento a questo
capo della sentenza, la Corte di appello di Lecce ha fatto riferimento ai
convincenti argomenti della sentenza del giudice di prime cure.
Peraltro la censura proposta in sede di legittimità più che attenere, come
enunciato, all'elemento soggettivo, sembra proporre una censura di mancata
offensività del fatto contestato, per assenza di qualunque compressione
dell'interesse pubblico tutelato dalla fattispecie incriminatrice, nel rilascio
di un permesso a costruire in sanatoria "condizionato" e quindi revocabile dalla
p.a..
Il rilievo è infondato, in quanto il provvedimento concessorio rilasciato, "pur
condizionato", ha consentito al Perrone di mantenere la struttura abusiva,
ricavandone quindi un'utilità ed anche di realizzare un incremento del valore
economico del proprio lotto di terreno.
A tal proposito la giurisprudenza di legittimità ha infatti affermato che
configura un ingiusto vantaggio patrimoniale anche il mero incremento del valore
commerciale dell'immobile, per cui ben può essere chiamato a rispondere di abuso
di ufficio il responsabile del settore urbanistico del Comune che abbia
rilasciato una concessione edilizia in sanatoria per un'opera non conforme agli
strumenti urbanistici generali vigenti in quel Comune (Cfr. Sez.6, n.35856 del
6/6/2008, Morelli, Rv.241248).
Pertanto il ricorso deve essere rigettato ed al rigetto consegue, ex art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2011.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 14/07/2011
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