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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3/02/2011 (Ud. 22/10/2010) Sentenza n. 3872
DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire - Titolo abilitante illegittimo -
Effetti - Responsabilità e illiceità penale - Obblighi di verifica del giudice.
I reati urbanistico - edilizi possono ravvisarsi anche in presenza di un
titolo abilitante illegittimo. Pertanto, il giudice penale, nel valutare la
sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la
conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti
edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo edificatorio
(Cass., Sez. Un., 28.11.2001, Salvini). Sicché, deve escludersi che - qualora
sussista difformità dell'opera edilizia rispetto a previsioni normative statali
o regionali ovvero a prescrizioni degli strumenti urbanistici - il giudice debba
comunque concludere per la mancanza di illiceità penale qualora
l'amministrazione abbia comunque rilasciato un titolo che abilita a costruire,
in quanto tale provvedimento non è idoneo a definire esaurientemente lo statuto
urbanistico ed edilizio dell'opera realizzanda. (riforma sentenza n. 2149 del
12/03/2009 CORTE APPELLO di PALERMO) Pres. Teresi, Est. Fiale, Ric. Legambiente
in proc. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3/02/2011 (Ud.
22/10/2010) Sentenza n. 3872
TUTELA AMBIENTALE - DIRITTO URBANISTICO - Atti a contenuto urbanistico o
edilizio - Associazioni ambientaliste - Legittimazione ad agire - Sussiste -
Fattispecie: lottizzazione abusiva in area agricola. Le associazioni
ambientaliste riconosciute sono legittimate ad agire in giudizio non solo per la
tutela degli interessi ambientali "in senso stretto", ma anche per quelli
ambientali "in senso lato", comprendenti cioè la conservazione e valorizzazione
dell'ambiente in senso ampio, del paesaggio urbano, rurale, naturale, dei
monumenti e dei centri storici, intesi tutti quali beni e valori idonei a
caratterizzare in modo originale, peculiare ed irripetibile un certo ambito
geografico territoriale rispetto ad altri. Ne consegue che dette associazioni
possono agire anche in relazione ad atti a contenuto urbanistico o edilizio,
purché idonei a pregiudicare il bene dell'ambiente come definito in termini
normativi. Nella specie, è stata riconosciuta, piena legittimazione all’ass.
Legambiente, dovendo ritenersi ormai pacifico che la destinazione di un'area a
zona agricola riveste una finalità di tutela a valenza conservativa anche dei
valori ambientali, venendo a costituire il polmone dell'insediamento urbano ed
assumendo per tale via la funzione decongestionante e di contenimento
dell'espansione dell'aggregato urbano. (riforma sentenza n. 2149 del 12/03/2009
CORTE APPELLO di PALERMO) Pres. Teresi, Est. Fiale, Ric. Legambiente in proc.
Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3/02/2011 (Ud. 22/10/2010)
Sentenza n. 3872
TUTELA AMBIENTALE - Accesso alla giustizia - Legittimazione ad agire -
Pregiudizio concreto ed attuale - Convenzione internazionale di Aarhus
- Direttiva 2003/35. In materia di legittimazione ad agire le norme
nazionali debbono in ogni caso garantire l'obiettivo dell'ampio accesso alla
giustizia e l'effetto utile delle disposizioni della direttiva secondo cui
coloro i quali vantino un interesse sufficiente per contestare un progetto e i
titolari di diritti lesi da quest'ultimo, tra cui le associazioni di tutela
ambientale, debbono potere agire dinanzi al giudice competente; né le normative
degli Stati membri - alle quali spetta determinare ciò che costituisce
"interesse sufficiente" - possono fissare limiti di portata tale da rendere
disagevole la possibilità di un ampio accesso alla giustizia. (Corte di
Giustizia Sez. II, 15.10.2009, nel proc. C-263/08). In specie, la sede regionale
di un'associazione ambientalista radicata sull'intero territorio nazionale con
vari organi decentrati è legittimata a costituirsi parte civile se il bene leso
si trova nell'ambito della regione. Anzi uno stabile collegamento di interessi
con una determinata zona costituisce elemento sintomatico della possibile
sussistenza di un pregiudizio concreto ed attuale (Cass., Sez. III, 11.3.2009,
n. 19883). Tale principio è aderente all'obbligo generale di interpretazione del
diritto nazionale in conformità alle disposizioni del diritto comunitario,
adeguandosi alla direttiva 2003/35, con cui l'Unione Europea ha contributo a
dare attuazione agli obblighi derivanti dalla Convenzione internazionale di
Aarhus "sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai
processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale". (riforma
sentenza n. 2149 del 12/03/2009 CORTE APPELLO di PALERMO) Pres. Teresi, Est.
Fiale, Ric. Legambiente in proc. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 3/02/2011 (Ud. 22/10/2010) Sentenza n. 3872
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALFREDO TERESI
- Presidente -
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere -
Dott. ALDO FIALE
- Consigliere Rel. -
Dott. SILVIO AMORESANO
- Consigliere -
Dott. ELISABETTA ROSI
- Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) LEGAMBIENTE REGIONE SICILIA, nei confronti: CONSIGLIO SALVATORE N. IL
02/02/1960 * C/
- avverso la sentenza n. 21.49/2008 CORTE APPELLO di PALERMO, del 12/03/2009
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2010 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mario Fraticelli che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
- Udito - per la parte civile ricorrente - l'avv.to Antonio Andreozzi, quale
sostituto processuale Daniela Ciancimino, che ha concluso chiedendo
l'accoglimento del ricorso.
Uditi i difensori avv.to Salvatore Raimondi, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 7.12.2007, aveva affermato la
responsabilità penale di Consiglio Salvatore, legale rappresentante della s.r.l.
IACEV, per il reato di lottizzazione abusiva (art. 44, lett. c, D.P.R. n.
380/2001) consistito nell'avere avviato e realizzato i lavori di costruzione di
n. 150 alloggi di edilizia popolare, in Palermo - località Rocca Mezzomonreale,
in un'area di mq. 51.000 ricadente in zona destinata a verde agricolo (E1, in
assenza di titoli abilitativi legittimi.
Oltre alla condanna penale, l'imputato aveva subito la confisca dell'area
interessata dai lavori e la condanna al risarcimento dei danni, da liquidarsi
separatamente, in favore di "Legambiente - Comitato Regionale Siciliano",
costituitosi parte civile.
In particolare, la responsabilità dell'imputato era stata riconosciuta per avere
egli avviato i lavori oggetto di contestazione:
- in violazione di prescrizioni e strumenti urbanistici;
- sulla base della delibera n. 108 del 23.4.2003, ritenuta emanata
illegittimamente dal commissario ad acta presso il Comune di Palermo
(nominato in via sostitutiva dall'Assessore regionale per il territorio e
l'ambiente), che aveva approvato il "programma costruttivo" dei 150 alloggi
della s.r.l. IACEV;
- senza la stipula di una convenzione con il Comune, ritenuta necessaria;
- in carenza di idoneo titolo abilitativo edilizio (essendo stata presentata una
DIA non consentita).
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 12.3.2009, in riforma della
decisione di primo grado, assolveva l'imputato dal reato ascrittogli, con la
formula "perché il fatto noti sussiste", e revocava la già disposta confisca.
A giudizio di quel giudice, la fattispecie in esame è caratterizzata dalla
esistenza di un programma costruttivo approvato da organo competente e, in
presenza di un titolo abilitativo edilizio, il giudice penale deve limitarsi a
controllarne l'esistenza giuridica sulla base dell'esteriorità formale e della
sua provenienza dall'organo legittimato ad emetterlo, non potendo disapplicarlo
ai sensi degli art. 4 e 5 della legge n. 2248/1865, allegato E, ove lo ritenga
contrario alla legge o agli strumenti urbanistici. Ciò con la sola eccezione dei
casi in cui il provvedimento abilitante sia stato emanato da organo
assolutamente incompetente ovvero sia flutto di collusione del soggetto pubblico
che lo ha rilasciato.
Avverso tale sentenza assolutoria ha proposto ricorso la parte civile
"Legambiente - Comitato Regionale Siciliano" e - sotto i profili della
violazione di legge e del vizio di motivazione - con riferimento agli effetti di
carattere civile, ha eccepito che:
- erroneamente la Corte di merito ha affermato la legittimità del provvedimento
commissariale n. 108 del 23.4.2003, in quanto esso non solo era stato emanato
dopo la scadenza temporale dei poteri conferiti al commissario ad acta,
ma, non conformandosi a prescrizioni normative e pianificatone, aveva
autorizzato l'insediamento del programma di edilizia popolare predisposto dalla
s.r.l. IACEV in zona destinata a verde agricolo e non nelle zone residenziali di
espansione previste dagli strumenti urbanistici vigenti.
L'esistenza di dette cause di illegittimità era stata affermata dal T.A.R. della
Sicilia, Sezione II di Palermo, con sentenza del 23.3.2005, ma il provvedimento
in oggetto era stato già annullato dal Comune di Palermo, in sede di autotutela,
con delibera del 27.1.2004 ed in data 28.5.2004 la stessa Amministrazione
comunale aveva pure ordinato la sospensione dei lavori;
- incongruamente deve ritenersi esclusa, per l'imputato, la sussistenza dell'elemento psicologico del reato, a fronte della chiara e ripetuta manifestazione di volontà negativa che il Comune di Palermo aveva espresso in molteplici provvedimenti anteriori alla nomina del commissario ad acta. Il prevenuto, inoltre, aveva ritenuto di iniziare i lavori con la procedura di DIA, benché il Comune, con tre successive note del marzo e del luglio 2004, avesse dichiarato la volontà di non sottoscrivere la proposta convenzione urbanistica.
Il difensore del Consiglio ha depositato memoria, in data 6.10.2010, con la
quale ha eccepito la inammissibilità del ricorso, in quanto:
- sarebbe ravvisabile il difetto di legittimazione a ricorrere da parte del
Comitato Regionale Siciliano di Legambiente, poiché, secondo la giurisprudenza
amministrativa, la legittimazione processuale riguarderebbe "l'associazione
ambientalistica nazionale formalmente riconosciuta e non le sue propaggini
territoriali";
- pure a prescindere dall'anzidetto difetto di legittimazione, anche
l'associazione nazionale Legambiente, come qualunque associazione
ambientalistica, dovrebbe ritenersi non legittimata ad essere presente in
giudizi concernenti la materia urbanistica ed edilizia, poiché essi non
ineriscono ad interessi di natura ambientale, a tutela dei quali esclusivamente
le associazioni riconosciute con il procedimento di cui all'art. 13 della legge
n. 349/1986 possono intervenire in sede giurisdizionale;
- la richiesta della parte civile impugnante riguarderebbe esclusivamente
l'affermazione della responsabilità penale dell'imputato prosciolto, sicché il
gravame deve ritenersi riferito soltanto ad un effetto penale che esula dai
limiti delle facoltà riconosciute dalla legge alla detta parte processuale.
Nella stessa memoria vengono poi dettagliatamente contestati, nel merito, i
motivi di ricorso articolati dalla parte civile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso della parte civile é fondato e deve essere accolto.
1. L'ammissibilità del ricorso
A fronte delle contestazioni della difesa dell'imputato va evidenziata,
preliminarmente, l'ammissibilità del gravame.
1.1 In tema di legittimazione ad agire in giudizio delle associazioni
ambientaliste riconosciute, a fronte di atti a contenuto urbanistico, questo
Collegio - che è ben consapevole dell'esistenza anche di orientamenti più
restrittivi nella giurisprudenza amministrativa - ritiene di dovere affermare il
principio secondo il quale le associazioni ambientaliste riconosciute sono
legittimate ad agire in giudizio non solo per la tutela degli interessi
ambientali "in senso stretto", ma anche per quelli ambientali "in senso lato",
comprendenti cioè la conservazione e valorizzazione dell'ambiente in senso
ampio, del paesaggio urbano, rurale, naturale, dei monumenti e dei centri
storici, intesi tutti quali beni e valori idonei a caratterizzare in modo
originale, peculiare ed irripetibile un certo ambito geografico territoriale
rispetto ad altri.
Ne consegue che dette associazioni possono agire anche in relazione ad atti a
contenuto urbanistico o edilizio, purché idonei a pregiudicare il bene
dell'ambiente come definito in termini normativi.
Nella fattispecie in esame, dunque, piena legittimazione deve riconoscersi alla
ricorrente Legambiente, dovendo ritenersi ormai pacifico che la destinazione di
un'area a zona agricola riveste una finalità di tutela a valenza conservativa
anche dei valori ambientali, venendo a costituire il polmone dell'insediamento
urbano ed assumendo per tale via la funzione decongestionante e di contenimento
dell'espansione dell'aggregato urbano.
Il principio enunciato appare aderente all'obbligo generale di interpretazione
del diritto nazionale in conformità alle disposizioni del diritto comunitario,
adeguandosi alla direttiva 2003/35, con cui l'Unione Europea ha contributo a
dare attuazione agli obblighi derivanti dalla Convenzione internazionale di
Aarhus "sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai
processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale".
Sul punto la Corte di Giustizia, anche recentemente (II Sezione, 15.10.2009, nel
proc. C-263/08), ha affermato che le norme nazionali debbono in ogni caso
garantire l'obiettivo dell'ampio accesso alla giustizia e l'effetto utile delle
disposizioni della direttiva secondo cui coloro i quali vantino un interesse
sufficiente per contestare un progetto e i titolari di diritti lesi da
quest'ultimo, tra cui le associazioni di tutela ambientale, debbono potere agire
dinanzi al giudice competente; né le normative degli Stati membri - alle quali
spetta determinare ciò che costituisce "interesse sufficiente" - possono fissare
limiti di portata tale da rendere disagevole la possibilità di un ampio accesso
alla giustizia.
1.2 In linea con l'insegnamento della Corte di Giustizia va ribadito altresì il
principio - già affermato da questa Corte Suprema - secondo il quale la sede
regionale di un'associazione ambientalista radicata sull'intero territorio
nazionale con vari organi decentrati è legittimata a costituirsi parte civile se
il bene leso si trova nell'ambito della regione; anzi uno stabile collegamento
di interessi con una determinata zona costituisce elemento sintomatico della
possibile sussistenza di un pregiudizio concreto ed attuale (vedi Cass., Sez.
III, 11.3.2009, n. 19883).
1.3 Il ricorso in esame contrariamente a quanto si afferma nella memoria
difensiva - non è rivolto a conseguire esclusivamente l'affermazione della
responsabilità penale dell'imputato prosciolto, perché in esso, invece,
adeguatamente si prospetta come la condotta da quello tenuta abbia cagionato "un
gravissimo danno al territorio e all'ambiente" ed abbia "vanificato la costante
azione di tutela ambientale svolta da `Legambiente - Comitato Regionale
Siciliano', comprimendo, conseguentemente, il diritto dell'ente di protezione
ambientale di vedere attuate le proprie finalità statutarie in un'area di sua
primaria attenzione, ingenerando peraltro, all'interno ed all'esterno del
sodalizio, la sensazione che l'associazione non sia un efficace baluardo per la
protezione ambientale del territorio".
L'associazione ricorrente chiede espressamente, poi, l'annullamento della
sentenza impugnata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado
di appello, disponendosi in ogni caso le statuizioni conseguenti in merito agli
interessi civili.
2. La verifica della liceità degli interventi urbanistico-edilizi demandata al
giudice penale.
2.1 Accertata la ammissibilità del ricorso, va riaffermato che il giudice
penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento
edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati
dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal titolo
abilitativo edificatorio (vedi Cass., Sez. Un., 28.11.2001, Salvini).
Deve escludersi infatti che - qualora sussista difformità dell'opera edilizia
rispetto a previsioni normative statali o regionali ovvero a prescrizioni degli
strumenti urbanistici - il giudice debba comunque concludere per la mancanza di
illiceità penale qualora l'amministrazione abbia comunque rilasciato un titolo
che abilita a costruire, in quanto tale provvedimento non è idoneo a definire
esaurientemente lo statuto urbanistico ed edilizio dell'opera realizzanda.
Nel caso di accertata difformità da disposizioni legislative o regolamentari,
ovvero dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici, non si configura una non
consentita "disapplicazione", da parte del giudice penale dell'atto
amministrativo concessorio (vedi Cass., Sez. Un., 12.11.1993, Borgia), in quanto
lo stesso giudice, qualora come presupposto o elemento costitutivo di una
fattispecie di reato sia previsto un atto amministrativo ovvero l'autorizzazione
del comportamento del privato da parte di un organo pubblico, non deve limitarsi
a verificare l'esistenza ontologica dell'atto o provvedimento amministrativo, ma
deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale, "in vista
dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela, nella quale gli
elementi di natura extrapenale convergono organicamente, assumendo un
significato descrittivo" (vedi Cass.: Sez. Un., 28.11.2001, Salvini; nonché Sez.
VI, 18.3.1998, n. 3396, Calisse ed altro).
Punto fermo è, dunque, che i reati urbanistico-edilizi possono ravvisarsi anche
in presenza di un titolo abilitante illegittimo (si vedano le ampie
argomentazioni svolte in proposito da questa Sezione con la sentenza 21.3.2006,
ric. Di Mauro ed altro, che il Collegio integralmente condivide).
2.2 Vanno ribaditi altresì i principi - già enunciati da questa Sezione nella
sentenza riferita alla fase incidentale dell'applicazione del sequestro
preventivo nella vicenda in esame (Cass,. Sez. III.28.9.2006. n. 40425,
Consiglio) - secondo i quali:
a) il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale
di un titolo abilitativo edilizio, procede ad una identificazione in concreto
della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna "disapplicazione"
riconducibile all'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), né
incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica
Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e
giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice;
b) la non-conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola
l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia
urbanistico-edilizia ed alle previsioni degli strumenti urbanistici può essere
rilevata non soltanto se l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto di attività
criminosa, ed a prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto privato
interessato con organi dell'amministrazione. Il sindacato del giudice penale, al
contrario, é possibile tanto nelle ipotesi in cui l'emanazione dell'atto sia
espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge quanto
in quelle di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere.
3. La ricostruzione degli aspetti essenziali della vicenda
La vicenda che ci occupa è caratterizzata dalle seguenti scansioni fattuali e
procedimentali:
- La s.r.l. IACEV aveva richiesto al Comune di Palermo l'approvazione di un
progetto per la realizzazione di un programma costruttivo di 150 alloggi
sociali, in quanto destinataria di un finanziamento ottenuto (ai sensi della
legge n. 457 del 1978) nell'ambito dell'edilizia residenziale pubblica.
- Il Comune di Palermo, con nota del 14.1.2002, aveva comunicato a quella
società "la necessità di localizzare il programma edificatorio nelle zone
individuate con la delibera di indirizzo n. 225 adottata dal Consiglio comunale
in data 3/08/1999", che escludeva la possibilità di realizzare alloggi di
edilizia sociale in zone destinate a verde agricolo.
- La s.r.l. IACEV, con istanza
presentata il 28.1.2002, richiedeva all'Assessorato regionale del territorio e
dell'ambiente la nomina di un commissario ad acta, finalizzata
all'approvazione del programma costruttivo in via sostitutiva rispetto alla
competenza comunale.
- Il commissario ad acta veniva nominato con decreto assessoriale n. 223
del 17.5.2002 e tale nomina veniva prorogata con decreti successivi: n. 674 del
28.8.2002, n. 1058 del 26.11.2002 e n. 246 del 27.2.2003.
- La medesima società presentava quindi (in data 31.10.2002) un progetto
ricadente interamente in zona agricola (E1) del vigente P.R.G. e lo stesso
commissario, in relazione a tale progetto, predisponeva la proposta n. 9 del
7.3.2003, avente ad oggetto l'approvazione dello stesso da parte del Consiglio
comunale in variazione dello strumento urbanistico generale.
- Il commissario, quindi, con delibera n. 108 del 23.4.2003, ritenuto che il
termine di 45 giorni assegnato al Consiglio comunale per pronunciarsi sulla
proposta fosse scaduto e che, pertanto, fosse maturato il silenzio-assenso (ex
art. 25 della legge regionale n. 22/1996), dichiarava approvato il programma
costruttivo.
- Il Consiglio comunale di Palermo, con delibera adottata anch'essa in data
23.4.2003, respingeva, invece, la proposta di deliberazione inviata dal
commissario, denegando la ritenuta maturazione del silenzio-assenso, in quanto
l'intervento progettato si poneva in contrasto con una variante al piano
regolatore generale, approvata con delibera regionale n. 124 del 13.3.2002, che
prevedeva nuovi insediamenti di edilizia sociale nelle zone "C"; "B2" e "B3" e
non in zona "E 1".
- Il Consiglio comunale di Palermo, con successiva delibera del 27.1.2004
(rettificata poi con nuova deliberazione del 6.10.2004), annullava l'anzidetta
delibera n. 108 del 23.4.2003 del commissario ad acta.
- L'Assessorato regionale, al contrario, con nota n. 4764 del 30.1.2004,
attestava che sul programma costruttivo si era formato il silenzio- assenso, a
causa della decorrenza dei termini prescritti dall'art. 25, comma 2, della legge
regionale n. 22 del 1996.
- Alla stregua di tale attestazione, la stessa società, in data 11.2.2004,
formalizzava una DIA per l'esecuzione dei lavori sull'area assentita (DIA
alternativa alla concessione edilizia, all'epoca prevista dalla legge n. 443 del
2001, art. 1, comma 6 - lett. c, per "gli interventi sottoposti a concessione,
se sono specificamente disciplinati da piani attuativi che contengano precise
disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui
sussistenza sia stata dichiarata dal Consiglio comunale in sede di approvazione
degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti)".
- Il settore urbanistica del Comune di Palermo, però, in forza dell'intervenuto
annullamento in via di autotutela dell'atto di approvazione commissariale - con
note del 19.3.2004 e del 27.4.2004 - dichiarava la volontà dell'amministrazione
comunale di non sottoscrivere la convenzione urbanistica allegata al progetto
presentato dalla società.
- In data 28.5.2004 il Comune emanava un provvedimento di sospensione dei
lavori, sul rilievo che essi erano stati iniziati in assenza della
sottoscrizione della convenzione urbanistica.
- La Regione Siciliana, con provvedimento dirigenziale del 3.8.2004, annullava
la delibera 27.1.2004 con la quale il Consiglio comunale di Palermo aveva
annullato la delibera n. 108/2003 del commissario ad acta.
- Il TAR. della Sicilia - sede di Palermo, con decisione del 7.10.2004
sospendeva l' esecutività di tutti i provvedimenti adottati dal commissario
ad acta e poi, con sentenza del 23.3.2005, annullava tutti gli atti relativi
all'approvazione del programma costruttivo in argomento e gli atti
amministrativi consequenziali.
4. La normativa statale in materia di localizzazione degli interventi di
edilizia residenziale pubblica
A norma dell'art. 22, 2° comma, della legge n. 179/1992, come sostituito
dall'art. 1, 10° comma, della legge n. 136/1999, gli interventi di edilizia
residenziale pubblica possono essere localizzati:
- nell'ambito dei piani di zona di cui alla legge n. 167/1962 e succ. modif.;
- in aree delimitate ai sensi dell'art. 51 della legge n. 865/1971 e succ. modif;
- in aree esterne ai predetti piani e perimetrazioni, purché destinate dallo
strumento urbanistico vigente all'edificazione a carattere residenziale. In tale
ultimo caso gli interventi devono essere convenzionati con i Comuni, secondo
criteri definiti dalle Regioni, ai sensi degli arti. 7 e 8 della legge n,
10/1977.
La localizzazione prevista dall'art. 51 della legge n. 865/1971 consente che, in
mancanza del piano di zona, interventi di edilizia residenziale pubblica vengano
localizzati su aree reperite nell'ambito delle zone residenziali individuate
dallo strumento urbanistico generale (approvato o almeno adottato e trasmesso
per l'approvazione all'autorità regionale). Eccezionalmente, però, essa è stata
ammessa anche per i Comuni che dispongono di un piano di zona non ancora
esaurito (art. 22 della legge n. 179/1992).
La procedura è assai più semplice di quella prevista per il piano di zona: la
relativa delibera è approvata dal Consiglio comunale; non sono previste
osservazioni ed opposizioni da parte dei soggetti interessati ma è obbligatoria,
ad approvazione avvenuta, la notifica ai proprietari risultanti dagli atti
catastali.
La delibera di localizzazione deve contenere le principali indicazioni
prescritte per il piano di zona (indici tipologici e volumetrici ed indicazione
della rete stradale, degli spazi riservati a parcheggi e a verde pubblico) e
l'area prescelta non può superare l'aliquota percentuale massima del fabbisogno
complessivo di edilizia nel periodo considerato assegnata per legge all'edilizia
residenziale pubblica.
L'ultimo comma dell'ari 2 della legge n. 10/1977 disponeva che - nei Comuni con
popolazione superiore a 20.000 abitanti (secondo i dati risultanti dall'ultimo
censimento) - l'art. 51 della legge n. 865/1971 avrebbe potuto trovare
applicazione fino al 31 dicembre 1980. Dopo una lunga serie di differimenti,
però, ogni limite temporale è stato abolito dall'art. 2, comma 70, della legge
n. 662/1996.
Le disposizioni dell'art. 51 sono state estese altresì a tutti i Comuni
dall'art. 22 della legge n. 179/1992.
Tutti i Comuni possono pertanto, con delibera del Consiglio comunale ed in
maniera estremamente semplificata, localizzare, nell'ambito delle zone
residenziali dei piani regolatori o programmi di fabbricazione (sempre che
questi risultino approvati o per lo meno adottati e trasmessi per le
approvazioni di legge), aree da destinare alla realizzazione dei propri
programmi di edilizia pubblica.
L'art. 22, 2° comma, della legge n. 179/1992 (come modificato dall'art. 1, 10°
comma, della legge n. 136/1999) consente espressamente la localizzazione di
interventi di edilizia agevolata anche su aree esterne sia ai piani di zona sia
alle perimetrazioni di cui all'art. 51 della legge n. 865/1971 e succ. modif.,
purché destinate dallo strumento urbanistico vigente all'edificazione a
carattere residenziale.
In tali casi gli interventi medesimi devono essere convenzionati con i Comuni
secondo criteri fissati dalle Regioni.
5. La normativa della Regione Siciliana
La legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, all' art. 16, dispone che:
"1. I Comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti sono tenuti, entro un
anno dall'entrata in vigore della presente legge, all'adozione di piani per
l'edilizia economica e popolare ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167, e
successive modifiche ed integrazioni.
2. All'adozione di detti piani sono tenuti, altresì, i Comuni indicati con
decreto dell'assessore regionale per il territorio e l'ambiente, allorché
ricorrano le condizioni previste dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, art. 1,
comma 3.
4. Nei rimanenti Comuni i fabbisogni di edilizia residenziale pubblica,
convenzionata e agevolata, da realizzare a favore dei soggetti previsti dalla
legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35, devono essere soddisfatti mediante
programmi costruttivi da attuare con la procedura di cui alla predetta legge 22
ottobre 1971, n. 865, art. 51, salvo quanto disposto dal comma seguente.
5. Nell'ambito della Regione Siciliana, la disposizione di cui alla legge 22
ottobre 1971, n. 865, art. 51, comma 3, è sostituita dalla seguente:
`La deliberazione del Consiglio comunale è adottata entro trenta giorni dalla
richiesta formulata dagli aventi diritto e diventa esecutiva dopo che sia stata
riscontrata legittima da parte della commissione provinciale di controllo'.
6. I piani per l'edilizia economica e popolare redatti in conformità delle
previsioni degli strumenti urbanistici generali, e salvi i casi previsti alle
lettere a), b), c), d) del precedente art. 12, sono approvati dai Comuni e
diventano esecutivi dopo il riscontro di legittimità della commissione
provinciale di controllo.
7. In tutti gli altri casi l'approvazione dei piani è demandata all'assessorato
regionale del territorio e dell'ambiente, che provvede nel termine massimo di
tre mesi dalla presentazione dei piani".
La legge regionale 28 gennaio 1986, n. 1, all' art. 5, dispone a sua volta:
"l. 1 Comuni di cui all'art. 2, non dotati di strumenti necessari per la
localizzazione degli alloggi o sprovvisti di sufficienti aree nell'ambito dei
piani di zona adottati, sono tenuti all'approvazione di programmi costruttivi ai
sensi della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, art. 16, nei modi e nei
termini previsti dai commi successivi.
2. La delimitazione delle aree costituenti il programma costruttivo è effettuata
dal Comune a mezzo del proprio ufficio tecnico.
3. La deliberazione di approvazione del programma costruttivo è pubblicata in un
giorno festivo successivo alla data del provvedimento e diviene esecutiva dopo
il riscontro di legittimità da parte della commissione provinciale di controllo.
4. Qualora le aree comprese nei programmi costruttivi ricadano in zone vincolate
ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, il parere della competente
Soprintendenza deve essere reso entro il termine di due mesi dalla richiesta.
5. Trascorso infruttuosamente tale termine, il parere si intende espresso
favorevolmente.
6. I programmi costruttivi di cui al presente articolo sono adottati dai Comuni,
anche in variante degli strumenti urbanistici vigenti, entro quattro mesi
dall'entrata in vigore della presente legge ove risultino esaurite le aree
destinate all'espansione edilizia.
7. I programmi di cui al precedente comma, anche se in variante, possono essere
redatti senza la preventiva autorizzazione dell'Assessorato regionale del
territorio e dell'ambiente.
8.
9.
10. I Comuni, entro novanta giorni dalla comunicazione del programma, sono
tenuti a localizzare le aree entro cui procedere alla costruzione degli alloggi.
11. In caso di inosservanza dei termini previsti al comma 6 del presente
articolo, entro i trenta giorni successivi, l'Assessore regionale per il
territorio e l'ambiente è tenuto a nominare un commissario ad acta, che
procederà agli adempimenti relativi, entro i successivi sessanta giorni".
La legge regionale 6 aprile 1996, n. 22, all'art. 25, prescrive poi:
"L'art. 2 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 86, art. 2 è cosi sostituito:
1. Limitatamente all'utilizzazione dei finanziamenti assegnati per la
realizzazione di interventi di edilizia sovvenzionata, convenzionata e
convenzionata-agevolata, i Comuni che seppur obbligati a dotarsi di piani di
zona o programmi costruttivi ne siano ancora privi o non dispongano di
sufficienti aree all'interno degli stessi, sono tenuti ad approvare i programmi
costruttivi di cui alla L.R. 28 gennaio 1986, n. 1, art. 5 con le procedure, i
termini e le modalità previste dal medesimo articolo.
2. Il programma è sottoposto ad approvazione dell'Assessore regionale per il
territorio e per l'ambiente, che decide anche prescindendo dal parere del
Consiglio regionale dell'urbanistica. Decorsi quarantacinque giorni dal
ricevimento dell'istanza, in caso di silenzio il programma si intende approvato.
3. Qualora risultino esaurite od insufficienti le zone residenziali di
espansione previste dagli strumenti urbanistici vigenti, limitatamente
all'utilizzazione delle risorse finanziarie in qualunque forma destinate entro
il 31 dicembre 1996 alla realizzazione di interventi di edilizia sovvenzionata,
convenzionata e convenzionata-agevolata, i programmi costruttivi di cui al
precedente comma 1 possono interessare zone destinate a verde agricolo contigue
ad insediamenti abitativi e suscettibili di immediata urbanizzazione.
4. In presenza di piano di zona adottato, i programmi costruttivi di cui al
comma I devono allocarsi prioritariamente all'interno dello stesso piano. Nel
caso in cui lo schema di massima del Piano regolatore generale approvato abbia
individuato le aree relative alla formazione del piano di zona, i programmi
costruttivi devono essere allocati prioritariamente all'interno delle stesse
aree.
5. Gli enti ed i soggetti interessati all'edilizia di cui al comma 1 possono
presentare al Comune programmi costruttivi muniti di studi geologici ai fini
dell'approvazione da parte del consiglio comunale, che vi provvede entro il
termine di quarantacinque giorni.
6. ...".
6. La sentenza 23.3.2005 del T.A.R. della Sicilia, II Sezione di Palermo
Il TAR della Sicilia - sede di Palermo - con la dianzi citata sentenza del
23.3.2005, di annullamento degli atti relativi all'approvazione del programma
costruttivo in argomento e dei provvedimenti consequenziali - ha svolto le
seguenti argomentazioni (pagg. 20-24):
a) "Il commissariamento regionale relativo all'approvazione dei programmi
costruttivi ex art. 25 della legge regionale n. 22/1996 non può spogliare i
Comuni siciliani dei poteri propri in tema di programmazione urbanistica fino al
punto da rendere irrilevante il contrasto di tali programmi con gli strumenti
urbanistici vigenti e, nella fattispecie, con le delibere consiliari nn. 187/96,
232/97 e 225/99 (del Comune di Palermo: n.d.r.) che prevedono l'allocazione di
detti programmi costruttivi nel centro storico, stante già la riduzione oltre
ogni limite del verde agricolo previsto dal piano regolatore generale.
Pertanto, l'impugnato decreto assessoriale di nomina del commissario ad acta,
al fine di proporre al Consiglio comunale l'approvazione del programma
costruttivo della società IACEV in area di verde agricolo, o di approvare esso
stesso il programma in caso di omessa pronuncia dell'organo comunale, si
appalesa illegittimo, laddove si evince l'obbligo di approvare in ogni caso
detto programma nell'area scelta dalla nominata società secondo proprie
soggettive valutazioni, ritenute dal Consiglio comunale non compatibili con le
previsioni del P.R.G. e delle diverse linee programmatiche contenute nelle
delibere avanti citate nonché nella delibera n. 293/1992, con cui è stato
previsto la redazione di un piano di settore compatibile con le risorse del
territorio nel rispetto di un equilibrio tra aree verdi ed eventuali nuove aree
di espansione edilizia".
b) L'art. 27 della legge regionale n. 71/1978 stabilisce che la durata in carica
del commissario ad acta non può eccedere il termine di tre mesi, salvo
proroga fino a dodici mesi per giustificati motivi in rapporto alla complessità
degli atti da compiere.
Nella specie il decreto di proroga n. 674 del 28.8.2002 è intervenuto dopo la
scadenza dei tre mesi dalla prima nomina (coincidente con il 17 maggio), laddove
non è giuridicamente configurabile una proroga che intervenga su un atto ormai
scaduto di efficacia, poiché l'effetto di estendere il termine di efficacia di
un atto amministrativo deve intervenire nella piena vigenza ed efficacia
dell'atto su cui il provvedimento di proroga si salda, costituendo con questo un
unicum temporale.
Da ciò deriva "l'illegittimità del decreto assessoriale n. 674/2002 e, per
derivazione, anche dei successivi decreti di proroga nonché degli atti adottati
sulla base di tali decreti".
c) La nomina del commissario ad acta, intervenuta con il primo decreto
assessoriale n. 223 del 17.5.2002, era finalizzata all'approvazione del
programma costruttivo ed all'assegnazione della relativa area di impianto con
riferimento alla domanda avanzata dalla s.r.l. IACEV il 28.12002. II
provvedimento del commissario, invece, è stato emesso in seguito a successive
istanze di localizzazione del programma in area diversa. Ciò integra il vizio di
"eccesso di potere per sviamento", in quanto al commissario non era stato
conferito alcun potere per l'adozione di un programma costruttivo da realizzarsi
in area diversa da quella in relazione alla quale era stato attivato e disposto
l'intervento commissariale medesimo.
d) Nella specie risultano violate sia la legge regionale n. 22 del 1996 sia la
variante generale del P.R.G. del Comune di Palermo, approvata con delibera
regionale n. 124 del 13.3.2002, dal momento che detta variante di piano ha
specificamente previsto delle aree da destinare ad edilizia sovvenzionata,
sicché, alla data dell'adozione della delibera commissariale di approvazione
(23.4.2003), non sussistevano i presupposti individuati dalla stessa legge
regionale n. 22 del 1996, art. 25, comma 3, per l'applicazione della normativa
derogatoria sulla cui base può essere consentita l'edificazione in area
destinata a verde agricolo (non risultavano, cioè, "esaurite od insufficienti le
zone residenziali di espansione previste dagli strumenti urbanistici vigenti").
7. La configurazione della lottizzazione abusiva a cagione dell'illegittimità
della localizzazione del programma costruttivo in area destinata a verde
agricolo
Questo Collegio ritiene che il giudice di primo grado - tenuto anche conto delle
anzidette argomentazioni svolte dal giudice amministrativo - legittimamente
aveva ravvisato la configurazione di una lottizzazione abusiva.
Ciò in quanto:
- l'attività edificatoria della s.r.l. IACEV è stata intrapresa sulla base di un
provvedimento attuativo di pianificazione illegittimo, perché inficiato da vizi
genetici, contrastante con le prescrizioni del P.RG. ed inidoneo ad apportare ad
esso varianti.
E' vero che l'art. 5 della legge regionale siciliana n. 1/1986 prevede
espressamente, al comma 6, la possibilità, per i Comuni, di adottare i programmi
costruttivi "anche in variante degli strumenti urbanistici vigenti", ma il
potere di variare le scelte urbanistiche effettuate nel piano generale è
limitata alle sole situazioni (diverse da quella che ci occupa) in cui
"risultino esaurite le aree destinate all'espansione edilizia".
- L'invalidazione degli atti amministrativi di approvazione del programma
costruttivo determina la carenza di un provvedimento amministrativo legittimante
l'attività di trasformazione del terreno agricolo in zona destinata all'edilizia
residenziale pubblica, posta in essere dalla società IACEV in violazione delle
prescrizioni urbanistiche dello strumento di pianificazione generale del Comune.
- Resta così travolta anche la legittimità della DIA formalizzata dalla società
in data 112.2004 [allorché il Comune, il precedente 27 gennaio, aveva già
annullato in autotutela la delibera del commissario ad acta], in quanto
la formulazione dell'art. 22, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, come sostituito
dal D.Lgs. 27.12.2002, n. 301, art. 1, comma 1 - lett. a), consente di fare
ricorso alla DIA, alternativamente al permesso di costruire ed in base alla
scelta discrezionale dell'interessato, per "gli interventi di nuova costruzione
o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi
comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano
attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche,
formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata
dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di
ricognizione di quelli vigenti".
Nella specie, esclusa la ravvisabilità dell'esistenza di un valido piano
attuativo avente le caratteristiche dianzi enunciate, i lavori risultano
eseguiti, quindi, in assenza di qualsiasi titolo abilitativo.
Ne consegue che, ai fini della domanda di risarcimento introdotta dalla parte
civile, deve affermarsi la sussistenza della lottizzazione abusiva (che può
realizzarsi sia quando manchi un provvedimento di autorizzazione sia quando
questo esista ma contrasti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici).
Quanto al profilo psicologico - mentre la Corte territoriale ha escluso anche la
colpa, sul solo presupposto che l'imputato abbia agito sulla base di un
provvedimento della P.A. considerato valido e regolare - vanno condivise invece
le considerazioni già svolte dal giudice di primo grado in ordine alla pluralità
di circostanze, atti e provvedimenti amministrativi emessi dal Comune di
Palermo, contrari alla localizzazione in zona agricola del programma
costruttivo.
Si ricordi, in particolare, che l'Amministrazione comunale, con nota del
14.1.2002, aveva comunicato alla società IACEV - senza possibilità di equivoci -
"la necessità di localizzare il programma edificatorio nelle zone individuate
con la delibera di indirizzo n. 225 adottata dal Consiglio comunale in data
3/08/1999", che escludeva la possibilità di realizzare alloggi di edilizia
sociale in zone destinate a verde agricolo.
La chiara e ripetuta manifestazione di volontà negativa espressa in quella
comunicazione e ribadita nei molteplici provvedimenti comunali acquisiti,
esclude, pertanto, che l'imputato non avesse la consapevolezza di agire in
violazione dello strumento urbanistico.
8. La sentenza impugnata, per tutte le considerazioni dianzi svolte, deve essere
annullata limitatamente agli effetti civili, con rinvio - ai sensi dell'art. 622
c.p.p. - alla Corte civile di appello di Palermo.
Segue la condanna di Consiglio Salvatore al pagamento delle spese processuali ed
alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile,
liquidate in euro 1.500,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 576, 615 e 622 c.p.p.,
annulla la sentenza impugnata, limitatamente agli effetti civili, e rinvia alla
Corte civile di appello di Palermo.
Condanna Consiglio Salvatore al pagamento delle spese spese processuali ed alla
rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile,
liquidate in euro 1.500,00, oltre accessori di legge.
Roma, 22.10.2010
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 3 Feb. 2011
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