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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3/02/2011 (Ud. 22/10/2010) Sentenza n. 3872


DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire - Titolo abilitante illegittimo - Effetti - Responsabilità e illiceità penale - Obblighi di verifica del giudice. I reati urbanistico - edilizi possono ravvisarsi anche in presenza di un titolo abilitante illegittimo. Pertanto, il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo edificatorio (Cass., Sez. Un., 28.11.2001, Salvini). Sicché, deve escludersi che - qualora sussista difformità dell'opera edilizia rispetto a previsioni normative statali o regionali ovvero a prescrizioni degli strumenti urbanistici - il giudice debba comunque concludere per la mancanza di illiceità penale qualora l'amministrazione abbia comunque rilasciato un titolo che abilita a costruire, in quanto tale provvedimento non è idoneo a definire esaurientemente lo statuto urbanistico ed edilizio dell'opera realizzanda. (riforma sentenza n. 2149 del 12/03/2009 CORTE APPELLO di PALERMO) Pres. Teresi, Est. Fiale, Ric. Legambiente in proc. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3/02/2011 (Ud. 22/10/2010) Sentenza n. 3872

TUTELA AMBIENTALE - DIRITTO URBANISTICO - Atti a contenuto urbanistico o edilizio - Associazioni ambientaliste - Legittimazione ad agire - Sussiste - Fattispecie: lottizzazione abusiva in area agricola. Le associazioni ambientaliste riconosciute sono legittimate ad agire in giudizio non solo per la tutela degli interessi ambientali "in senso stretto", ma anche per quelli ambientali "in senso lato", comprendenti cioè la conservazione e valorizzazione dell'ambiente in senso ampio, del paesaggio urbano, rurale, naturale, dei monumenti e dei centri storici, intesi tutti quali beni e valori idonei a caratterizzare in modo originale, peculiare ed irripetibile un certo ambito geografico territoriale rispetto ad altri. Ne consegue che dette associazioni possono agire anche in relazione ad atti a contenuto urbanistico o edilizio, purché idonei a pregiudicare il bene dell'ambiente come definito in termini normativi. Nella specie, è stata riconosciuta, piena legittimazione all’ass. Legambiente, dovendo ritenersi ormai pacifico che la destinazione di un'area a zona agricola riveste una finalità di tutela a valenza conservativa anche dei valori ambientali, venendo a costituire il polmone dell'insediamento urbano ed assumendo per tale via la funzione decongestionante e di contenimento dell'espansione dell'aggregato urbano. (riforma sentenza n. 2149 del 12/03/2009 CORTE APPELLO di PALERMO) Pres. Teresi, Est. Fiale, Ric. Legambiente in proc. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3/02/2011 (Ud. 22/10/2010) Sentenza n. 3872

TUTELA AMBIENTALE - Accesso alla giustizia - Legittimazione ad agire - Pregiudizio concreto ed attuale - Convenzione internazionale di Aarhus - Direttiva 2003/35. In materia di legittimazione ad agire le norme nazionali debbono in ogni caso garantire l'obiettivo dell'ampio accesso alla giustizia e l'effetto utile delle disposizioni della direttiva secondo cui coloro i quali vantino un interesse sufficiente per contestare un progetto e i titolari di diritti lesi da quest'ultimo, tra cui le associazioni di tutela ambientale, debbono potere agire dinanzi al giudice competente; né le normative degli Stati membri - alle quali spetta determinare ciò che costituisce "interesse sufficiente" - possono fissare limiti di portata tale da rendere disagevole la possibilità di un ampio accesso alla giustizia. (Corte di Giustizia Sez. II, 15.10.2009, nel proc. C-263/08). In specie, la sede regionale di un'associazione ambientalista radicata sull'intero territorio nazionale con vari organi decentrati è legittimata a costituirsi parte civile se il bene leso si trova nell'ambito della regione. Anzi uno stabile collegamento di interessi con una determinata zona costituisce elemento sintomatico della possibile sussistenza di un pregiudizio concreto ed attuale (Cass., Sez. III, 11.3.2009, n. 19883). Tale principio è aderente all'obbligo generale di interpretazione del diritto nazionale in conformità alle disposizioni del diritto comunitario, adeguandosi alla direttiva 2003/35, con cui l'Unione Europea ha contributo a dare attuazione agli obblighi derivanti dalla Convenzione internazionale di Aarhus "sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale". (riforma sentenza n. 2149 del 12/03/2009 CORTE APPELLO di PALERMO) Pres. Teresi, Est. Fiale, Ric. Legambiente in proc. Consiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3/02/2011 (Ud. 22/10/2010) Sentenza n. 3872
 


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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. ALFREDO TERESI                                     - Presidente -
Dott. MARIO GENTILE                                        - Consigliere -
Dott. ALDO FIALE                                              - Consigliere Rel. -
Dott. SILVIO AMORESANO                                - Consigliere -
Dott. ELISABETTA ROSI                                    - Consigliere -


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) LEGAMBIENTE REGIONE SICILIA,  nei confronti: CONSIGLIO SALVATORE N. IL 02/02/1960 * C/
- avverso la sentenza n. 21.49/2008 CORTE APPELLO di PALERMO, del 12/03/2009
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mario Fraticelli che ha concluso per il rigetto del ricorso.
- Udito - per la parte civile ricorrente - l'avv.to Antonio Andreozzi, quale sostituto processuale Daniela Ciancimino, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

Uditi i difensori avv.to Salvatore Raimondi, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 7.12.2007, aveva affermato la responsabilità penale di Consiglio Salvatore, legale rappresentante della s.r.l. IACEV, per il reato di lottizzazione abusiva (art. 44, lett. c, D.P.R. n. 380/2001) consistito nell'avere avviato e realizzato i lavori di costruzione di n. 150 alloggi di edilizia popolare, in Palermo - località Rocca Mezzomonreale, in un'area di mq. 51.000 ricadente in zona destinata a verde agricolo (E1, in assenza di titoli abilitativi legittimi.


Oltre alla condanna penale, l'imputato aveva subito la confisca dell'area interessata dai lavori e la condanna al risarcimento dei danni, da liquidarsi separatamente, in favore di "Legambiente - Comitato Regionale Siciliano", costituitosi parte civile.


In particolare, la responsabilità dell'imputato era stata riconosciuta per avere egli avviato i lavori oggetto di contestazione:
- in violazione di prescrizioni e strumenti urbanistici;
- sulla base della delibera n. 108 del 23.4.2003, ritenuta emanata illegittimamente dal commissario ad acta presso il Comune di Palermo (nominato in via sostitutiva dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente), che aveva approvato il "programma costruttivo" dei 150 alloggi della s.r.l. IACEV;
- senza la stipula di una convenzione con il Comune, ritenuta necessaria;
- in carenza di idoneo titolo abilitativo edilizio (essendo stata presentata una DIA non consentita).


La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 12.3.2009, in riforma della decisione di primo grado, assolveva l'imputato dal reato ascrittogli, con la formula "perché il fatto noti sussiste", e revocava la già disposta confisca.


A giudizio di quel giudice, la fattispecie in esame è caratterizzata dalla esistenza di un programma costruttivo approvato da organo competente e, in presenza di un titolo abilitativo edilizio, il giudice penale deve limitarsi a controllarne l'esistenza giuridica sulla base dell'esteriorità formale e della sua provenienza dall'organo legittimato ad emetterlo, non potendo disapplicarlo ai sensi degli art. 4 e 5 della legge n. 2248/1865, allegato E, ove lo ritenga contrario alla legge o agli strumenti urbanistici. Ciò con la sola eccezione dei casi in cui il provvedimento abilitante sia stato emanato da organo assolutamente incompetente ovvero sia flutto di collusione del soggetto pubblico che lo ha rilasciato.


Avverso tale sentenza assolutoria ha proposto ricorso la parte civile "Legambiente - Comitato Regionale Siciliano" e - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - con riferimento agli effetti di carattere civile, ha eccepito che:
- erroneamente la Corte di merito ha affermato la legittimità del provvedimento commissariale n. 108 del 23.4.2003, in quanto esso non solo era stato emanato dopo la scadenza temporale dei poteri conferiti al commissario ad acta, ma, non conformandosi a prescrizioni normative e pianificatone, aveva autorizzato l'insediamento del programma di edilizia popolare predisposto dalla s.r.l. IACEV in zona destinata a verde agricolo e non nelle zone residenziali di espansione previste dagli strumenti urbanistici vigenti.


L'esistenza di dette cause di illegittimità era stata affermata dal T.A.R. della Sicilia, Sezione II di Palermo, con sentenza del 23.3.2005, ma il provvedimento in oggetto era stato già annullato dal Comune di Palermo, in sede di autotutela, con delibera del 27.1.2004 ed in data 28.5.2004 la stessa Amministrazione comunale aveva pure ordinato la sospensione dei lavori;

- incongruamente deve ritenersi esclusa, per l'imputato, la sussistenza dell'elemento psicologico del reato, a fronte della chiara e ripetuta manifestazione di volontà negativa che il Comune di Palermo aveva espresso in molteplici provvedimenti anteriori alla nomina del commissario ad acta. Il prevenuto, inoltre, aveva ritenuto di iniziare i lavori con la procedura di DIA, benché il Comune, con tre successive note del marzo e del luglio 2004, avesse dichiarato la volontà di non sottoscrivere la proposta convenzione urbanistica.


Il difensore del Consiglio ha depositato memoria, in data 6.10.2010, con la quale ha eccepito la inammissibilità del ricorso, in quanto:
- sarebbe ravvisabile il difetto di legittimazione a ricorrere da parte del Comitato Regionale Siciliano di Legambiente, poiché, secondo la giurisprudenza amministrativa, la legittimazione processuale riguarderebbe "l'associazione ambientalistica nazionale formalmente riconosciuta e non le sue propaggini territoriali";
- pure a prescindere dall'anzidetto difetto di legittimazione, anche l'associazione nazionale Legambiente, come qualunque associazione ambientalistica, dovrebbe ritenersi non legittimata ad essere presente in giudizi concernenti la materia urbanistica ed edilizia, poiché essi non ineriscono ad interessi di natura ambientale, a tutela dei quali esclusivamente le associazioni riconosciute con il procedimento di cui all'art. 13 della legge n. 349/1986 possono intervenire in sede giurisdizionale;
- la richiesta della parte civile impugnante riguarderebbe esclusivamente l'affermazione della responsabilità penale dell'imputato prosciolto, sicché il gravame deve ritenersi riferito soltanto ad un effetto penale che esula dai limiti delle facoltà riconosciute dalla legge alla detta parte processuale.


Nella stessa memoria vengono poi dettagliatamente contestati, nel merito, i motivi di ricorso articolati dalla parte civile.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso della parte civile é fondato e deve essere accolto.

 

1. L'ammissibilità del ricorso


A fronte delle contestazioni della difesa dell'imputato va evidenziata, preliminarmente, l'ammissibilità del gravame.


1.1 In tema di legittimazione ad agire in giudizio delle associazioni ambientaliste riconosciute, a fronte di atti a contenuto urbanistico, questo Collegio - che è ben consapevole dell'esistenza anche di orientamenti più restrittivi nella giurisprudenza amministrativa - ritiene di dovere affermare il principio secondo il quale le associazioni ambientaliste riconosciute sono legittimate ad agire in giudizio non solo per la tutela degli interessi ambientali "in senso stretto", ma anche per quelli ambientali "in senso lato", comprendenti cioè la conservazione e valorizzazione dell'ambiente in senso ampio, del paesaggio urbano, rurale, naturale, dei monumenti e dei centri storici, intesi tutti quali beni e valori idonei a caratterizzare in modo originale, peculiare ed irripetibile un certo ambito geografico territoriale rispetto ad altri.
Ne consegue che dette associazioni possono agire anche in relazione ad atti a contenuto urbanistico o edilizio, purché idonei a pregiudicare il bene dell'ambiente come definito in termini normativi.
Nella fattispecie in esame, dunque, piena legittimazione deve riconoscersi alla ricorrente Legambiente, dovendo ritenersi ormai pacifico che la destinazione di un'area a zona agricola riveste una finalità di tutela a valenza conservativa anche dei valori ambientali, venendo a costituire il polmone dell'insediamento urbano ed assumendo per tale via la funzione decongestionante e di contenimento dell'espansione dell'aggregato urbano.

Il principio enunciato appare aderente all'obbligo generale di interpretazione del diritto nazionale in conformità alle disposizioni del diritto comunitario, adeguandosi alla direttiva 2003/35, con cui l'Unione Europea ha contributo a dare attuazione agli obblighi derivanti dalla Convenzione internazionale di Aarhus "sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale".


Sul punto la Corte di Giustizia, anche recentemente (II Sezione, 15.10.2009, nel proc. C-263/08), ha affermato che le norme nazionali debbono in ogni caso garantire l'obiettivo dell'ampio accesso alla giustizia e l'effetto utile delle disposizioni della direttiva secondo cui coloro i quali vantino un interesse sufficiente per contestare un progetto e i titolari di diritti lesi da quest'ultimo, tra cui le associazioni di tutela ambientale, debbono potere agire dinanzi al giudice competente; né le normative degli Stati membri - alle quali spetta determinare ciò che costituisce "interesse sufficiente" - possono fissare limiti di portata tale da rendere disagevole la possibilità di un ampio accesso alla giustizia.


1.2 In linea con l'insegnamento della Corte di Giustizia va ribadito altresì il principio - già affermato da questa Corte Suprema - secondo il quale la sede regionale di un'associazione ambientalista radicata sull'intero territorio nazionale con vari organi decentrati è legittimata a costituirsi parte civile se il bene leso si trova nell'ambito della regione; anzi uno stabile collegamento di interessi con una determinata zona costituisce elemento sintomatico della possibile sussistenza di un pregiudizio concreto ed attuale (vedi Cass., Sez. III, 11.3.2009, n. 19883).


1.3 Il ricorso in esame contrariamente a quanto si afferma nella memoria difensiva - non è rivolto a conseguire esclusivamente l'affermazione della responsabilità penale dell'imputato prosciolto, perché in esso, invece, adeguatamente si prospetta come la condotta da quello tenuta abbia cagionato "un gravissimo danno al territorio e all'ambiente" ed abbia "vanificato la costante azione di tutela ambientale svolta da `Legambiente - Comitato Regionale Siciliano', comprimendo, conseguentemente, il diritto dell'ente di protezione ambientale di vedere attuate le proprie finalità statutarie in un'area di sua primaria attenzione, ingenerando peraltro, all'interno ed all'esterno del sodalizio, la sensazione che l'associazione non sia un efficace baluardo per la protezione ambientale del territorio".


L'associazione ricorrente chiede espressamente, poi, l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, disponendosi in ogni caso le statuizioni conseguenti in merito agli interessi civili.


2. La verifica della liceità degli interventi urbanistico-edilizi demandata al giudice penale.


2.1 Accertata la ammissibilità del ricorso, va riaffermato che il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo edificatorio (vedi Cass., Sez. Un., 28.11.2001, Salvini).
Deve escludersi infatti che - qualora sussista difformità dell'opera edilizia rispetto a previsioni normative statali o regionali ovvero a prescrizioni degli strumenti urbanistici - il giudice debba comunque concludere per la mancanza di illiceità penale qualora l'amministrazione abbia comunque rilasciato un titolo che abilita a costruire, in quanto tale provvedimento non è idoneo a definire esaurientemente lo statuto urbanistico ed edilizio dell'opera realizzanda.

Nel caso di accertata difformità da disposizioni legislative o regolamentari, ovvero dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici, non si configura una non consentita "disapplicazione", da parte del giudice penale dell'atto amministrativo concessorio (vedi Cass., Sez. Un., 12.11.1993, Borgia), in quanto lo stesso giudice, qualora come presupposto o elemento costitutivo di una fattispecie di reato sia previsto un atto amministrativo ovvero l'autorizzazione del comportamento del privato da parte di un organo pubblico, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica dell'atto o provvedimento amministrativo, ma deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale, "in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela, nella quale gli elementi di natura extrapenale convergono organicamente, assumendo un significato descrittivo" (vedi Cass.: Sez. Un., 28.11.2001, Salvini; nonché Sez. VI, 18.3.1998, n. 3396, Calisse ed altro).
Punto fermo è, dunque, che i reati urbanistico-edilizi possono ravvisarsi anche in presenza di un titolo abilitante illegittimo (si vedano le ampie argomentazioni svolte in proposito da questa Sezione con la sentenza 21.3.2006, ric. Di Mauro ed altro, che il Collegio integralmente condivide).


2.2 Vanno ribaditi altresì i principi - già enunciati da questa Sezione nella sentenza riferita alla fase incidentale dell'applicazione del sequestro preventivo nella vicenda in esame (Cass,. Sez. III.28.9.2006. n. 40425, Consiglio) - secondo i quali:
a) il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale di un titolo abilitativo edilizio, procede ad una identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna "disapplicazione" riconducibile all'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), né incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice;
b) la non-conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico-edilizia ed alle previsioni degli strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto di attività criminosa, ed a prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto privato interessato con organi dell'amministrazione. Il sindacato del giudice penale, al contrario, é possibile tanto nelle ipotesi in cui l'emanazione dell'atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge quanto in quelle di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere.


3. La ricostruzione degli aspetti essenziali della vicenda


La vicenda che ci occupa è caratterizzata dalle seguenti scansioni fattuali e procedimentali:
- La s.r.l. IACEV aveva richiesto al Comune di Palermo l'approvazione di un progetto per la realizzazione di un programma costruttivo di 150 alloggi sociali, in quanto destinataria di un finanziamento ottenuto (ai sensi della legge n. 457 del 1978) nell'ambito dell'edilizia residenziale pubblica.
- Il Comune di Palermo, con nota del 14.1.2002, aveva comunicato a quella società "la necessità di localizzare il programma edificatorio nelle zone individuate con la delibera di indirizzo n. 225 adottata dal Consiglio comunale in data 3/08/1999", che escludeva la possibilità di realizzare alloggi di edilizia sociale in zone destinate a verde agricolo.

- La s.r.l. IACEV, con istanza presentata il 28.1.2002, richiedeva all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente la nomina di un commissario ad acta, finalizzata all'approvazione del programma costruttivo in via sostitutiva rispetto alla competenza comunale.
- Il commissario ad acta veniva nominato con decreto assessoriale n. 223 del 17.5.2002 e tale nomina veniva prorogata con decreti successivi: n. 674 del 28.8.2002, n. 1058 del 26.11.2002 e n. 246 del 27.2.2003.
- La medesima società presentava quindi (in data 31.10.2002) un progetto ricadente interamente in zona agricola (E1) del vigente P.R.G. e lo stesso commissario, in relazione a tale progetto, predisponeva la proposta n. 9 del 7.3.2003, avente ad oggetto l'approvazione dello stesso da parte del Consiglio comunale in variazione dello strumento urbanistico generale.
- Il commissario, quindi, con delibera n. 108 del 23.4.2003, ritenuto che il termine di 45 giorni assegnato al Consiglio comunale per pronunciarsi sulla proposta fosse scaduto e che, pertanto, fosse maturato il silenzio-assenso (ex art. 25 della legge regionale n. 22/1996), dichiarava approvato il programma costruttivo.
- Il Consiglio comunale di Palermo, con delibera adottata anch'essa in data 23.4.2003, respingeva, invece, la proposta di deliberazione inviata dal commissario, denegando la ritenuta maturazione del silenzio-assenso, in quanto l'intervento progettato si poneva in contrasto con una variante al piano regolatore generale, approvata con delibera regionale n. 124 del 13.3.2002, che prevedeva nuovi insediamenti di edilizia sociale nelle zone "C"; "B2" e "B3" e non in zona "E 1".
- Il Consiglio comunale di Palermo, con successiva delibera del 27.1.2004 (rettificata poi con nuova deliberazione del 6.10.2004), annullava l'anzidetta delibera n. 108 del 23.4.2003 del commissario ad acta.
- L'Assessorato regionale, al contrario, con nota n. 4764 del 30.1.2004, attestava che sul programma costruttivo si era formato il silenzio- assenso, a causa della decorrenza dei termini prescritti dall'art. 25, comma 2, della legge regionale n. 22 del 1996.
- Alla stregua di tale attestazione, la stessa società, in data 11.2.2004, formalizzava una DIA per l'esecuzione dei lavori sull'area assentita (DIA alternativa alla concessione edilizia, all'epoca prevista dalla legge n. 443 del 2001, art. 1, comma 6 - lett. c, per "gli interventi sottoposti a concessione, se sono specificamente disciplinati da piani attuativi che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata dichiarata dal Consiglio comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti)".
- Il settore urbanistica del Comune di Palermo, però, in forza dell'intervenuto annullamento in via di autotutela dell'atto di approvazione commissariale - con note del 19.3.2004 e del 27.4.2004 - dichiarava la volontà dell'amministrazione comunale di non sottoscrivere la convenzione urbanistica allegata al progetto presentato dalla società.
- In data 28.5.2004 il Comune emanava un provvedimento di sospensione dei lavori, sul rilievo che essi erano stati iniziati in assenza della sottoscrizione della convenzione urbanistica.
- La Regione Siciliana, con provvedimento dirigenziale del 3.8.2004, annullava la delibera 27.1.2004 con la quale il Consiglio comunale di Palermo aveva annullato la delibera n. 108/2003 del commissario ad acta.
- Il TAR. della Sicilia - sede di Palermo, con decisione del 7.10.2004 sospendeva l' esecutività di tutti i provvedimenti adottati dal commissario ad acta e poi, con sentenza del 23.3.2005, annullava tutti gli atti relativi all'approvazione del programma costruttivo in argomento e gli atti amministrativi consequenziali.


4. La normativa statale in materia di localizzazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica


A norma dell'art. 22, 2° comma, della legge n. 179/1992, come sostituito dall'art. 1, 10° comma, della legge n. 136/1999, gli interventi di edilizia residenziale pubblica possono essere localizzati:
- nell'ambito dei piani di zona di cui alla legge n. 167/1962 e succ. modif.;
- in aree delimitate ai sensi dell'art. 51 della legge n. 865/1971 e succ. modif;
- in aree esterne ai predetti piani e perimetrazioni, purché destinate dallo strumento urbanistico vigente all'edificazione a carattere residenziale. In tale ultimo caso gli interventi devono essere convenzionati con i Comuni, secondo criteri definiti dalle Regioni, ai sensi degli arti. 7 e 8 della legge n, 10/1977.


La localizzazione prevista dall'art. 51 della legge n. 865/1971 consente che, in mancanza del piano di zona, interventi di edilizia residenziale pubblica vengano localizzati su aree reperite nell'ambito delle zone residenziali individuate dallo strumento urbanistico generale (approvato o almeno adottato e trasmesso per l'approvazione all'autorità regionale). Eccezionalmente, però, essa è stata ammessa anche per i Comuni che dispongono di un piano di zona non ancora esaurito (art. 22 della legge n. 179/1992).


La procedura è assai più semplice di quella prevista per il piano di zona: la relativa delibera è approvata dal Consiglio comunale; non sono previste osservazioni ed opposizioni da parte dei soggetti interessati ma è obbligatoria, ad approvazione avvenuta, la notifica ai proprietari risultanti dagli atti catastali.


La delibera di localizzazione deve contenere le principali indicazioni prescritte per il piano di zona (indici tipologici e volumetrici ed indicazione della rete stradale, degli spazi riservati a parcheggi e a verde pubblico) e l'area prescelta non può superare l'aliquota percentuale massima del fabbisogno complessivo di edilizia nel periodo considerato assegnata per legge all'edilizia residenziale pubblica.


L'ultimo comma dell'ari 2 della legge n. 10/1977 disponeva che - nei Comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti (secondo i dati risultanti dall'ultimo censimento) - l'art. 51 della legge n. 865/1971 avrebbe potuto trovare applicazione fino al 31 dicembre 1980. Dopo una lunga serie di differimenti, però, ogni limite temporale è stato abolito dall'art. 2, comma 70, della legge n. 662/1996.


Le disposizioni dell'art. 51 sono state estese altresì a tutti i Comuni dall'art. 22 della legge n. 179/1992.


Tutti i Comuni possono pertanto, con delibera del Consiglio comunale ed in maniera estremamente semplificata, localizzare, nell'ambito delle zone residenziali dei piani regolatori o programmi di fabbricazione (sempre che questi risultino approvati o per lo meno adottati e trasmessi per le approvazioni di legge), aree da destinare alla realizzazione dei propri programmi di edilizia pubblica.


L'art. 22, 2° comma, della legge n. 179/1992 (come modificato dall'art. 1, 10° comma, della legge n. 136/1999) consente espressamente la localizzazione di interventi di edilizia agevolata anche su aree esterne sia ai piani di zona sia alle perimetrazioni di cui all'art. 51 della legge n. 865/1971 e succ. modif., purché destinate dallo strumento urbanistico vigente all'edificazione a carattere residenziale.


In tali casi gli interventi medesimi devono essere convenzionati con i Comuni secondo criteri fissati dalle Regioni.


5. La normativa della Regione Siciliana


La legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, all' art. 16, dispone che:
"1. I Comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti sono tenuti, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, all'adozione di piani per l'edilizia economica e popolare ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modifiche ed integrazioni.
2. All'adozione di detti piani sono tenuti, altresì, i Comuni indicati con decreto dell'assessore regionale per il territorio e l'ambiente, allorché ricorrano le condizioni previste dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, art. 1, comma 3.
4. Nei rimanenti Comuni i fabbisogni di edilizia residenziale pubblica, convenzionata e agevolata, da realizzare a favore dei soggetti previsti dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35, devono essere soddisfatti mediante programmi costruttivi da attuare con la procedura di cui alla predetta legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 51, salvo quanto disposto dal comma seguente.
5. Nell'ambito della Regione Siciliana, la disposizione di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 51, comma 3, è sostituita dalla seguente:
`La deliberazione del Consiglio comunale è adottata entro trenta giorni dalla richiesta formulata dagli aventi diritto e diventa esecutiva dopo che sia stata riscontrata legittima da parte della commissione provinciale di controllo'.
6. I piani per l'edilizia economica e popolare redatti in conformità delle previsioni degli strumenti urbanistici generali, e salvi i casi previsti alle lettere a), b), c), d) del precedente art. 12, sono approvati dai Comuni e diventano esecutivi dopo il riscontro di legittimità della commissione provinciale di controllo.
7. In tutti gli altri casi l'approvazione dei piani è demandata all'assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, che provvede nel termine massimo di tre mesi dalla presentazione dei piani".
La legge regionale 28 gennaio 1986, n. 1, all' art. 5, dispone a sua volta:
"l. 1 Comuni di cui all'art. 2, non dotati di strumenti necessari per la localizzazione degli alloggi o sprovvisti di sufficienti aree nell'ambito dei piani di zona adottati, sono tenuti all'approvazione di programmi costruttivi ai sensi della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, art. 16, nei modi e nei termini previsti dai commi successivi.
2. La delimitazione delle aree costituenti il programma costruttivo è effettuata dal Comune a mezzo del proprio ufficio tecnico.
3. La deliberazione di approvazione del programma costruttivo è pubblicata in un giorno festivo successivo alla data del provvedimento e diviene esecutiva dopo il riscontro di legittimità da parte della commissione provinciale di controllo.
4. Qualora le aree comprese nei programmi costruttivi ricadano in zone vincolate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, il parere della competente Soprintendenza deve essere reso entro il termine di due mesi dalla richiesta.
5. Trascorso infruttuosamente tale termine, il parere si intende espresso favorevolmente.
6. I programmi costruttivi di cui al presente articolo sono adottati dai Comuni, anche in variante degli strumenti urbanistici vigenti, entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge ove risultino esaurite le aree destinate all'espansione edilizia.
7. I programmi di cui al precedente comma, anche se in variante, possono essere redatti senza la preventiva autorizzazione dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente.
8.
9.
10. I Comuni, entro novanta giorni dalla comunicazione del programma, sono tenuti a localizzare le aree entro cui procedere alla costruzione degli alloggi.
11. In caso di inosservanza dei termini previsti al comma 6 del presente articolo, entro i trenta giorni successivi, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente è tenuto a nominare un commissario ad acta, che procederà agli adempimenti relativi, entro i successivi sessanta giorni".


La legge regionale 6 aprile 1996, n. 22, all'art. 25, prescrive poi:
"L'art. 2 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 86, art. 2 è cosi sostituito:
1. Limitatamente all'utilizzazione dei finanziamenti assegnati per la realizzazione di interventi di edilizia sovvenzionata, convenzionata e convenzionata-agevolata, i Comuni che seppur obbligati a dotarsi di piani di zona o programmi costruttivi ne siano ancora privi o non dispongano di sufficienti aree all'interno degli stessi, sono tenuti ad approvare i programmi costruttivi di cui alla L.R. 28 gennaio 1986, n. 1, art. 5 con le procedure, i termini e le modalità previste dal medesimo articolo.
2. Il programma è sottoposto ad approvazione dell'Assessore regionale per il territorio e per l'ambiente, che decide anche prescindendo dal parere del Consiglio regionale dell'urbanistica. Decorsi quarantacinque giorni dal ricevimento dell'istanza, in caso di silenzio il programma si intende approvato.
3. Qualora risultino esaurite od insufficienti le zone residenziali di espansione previste dagli strumenti urbanistici vigenti, limitatamente all'utilizzazione delle risorse finanziarie in qualunque forma destinate entro il 31 dicembre 1996 alla realizzazione di interventi di edilizia sovvenzionata, convenzionata e convenzionata-agevolata, i programmi costruttivi di cui al precedente comma 1 possono interessare zone destinate a verde agricolo contigue ad insediamenti abitativi e suscettibili di immediata urbanizzazione.
4. In presenza di piano di zona adottato, i programmi costruttivi di cui al comma I devono allocarsi prioritariamente all'interno dello stesso piano. Nel caso in cui lo schema di massima del Piano regolatore generale approvato abbia individuato le aree relative alla formazione del piano di zona, i programmi costruttivi devono essere allocati prioritariamente all'interno delle stesse aree.
5. Gli enti ed i soggetti interessati all'edilizia di cui al comma 1 possono presentare al Comune programmi costruttivi muniti di studi geologici ai fini dell'approvazione da parte del consiglio comunale, che vi provvede entro il termine di quarantacinque giorni.
6. ...".


6. La sentenza 23.3.2005 del T.A.R. della Sicilia, II Sezione di Palermo


Il TAR della Sicilia - sede di Palermo - con la dianzi citata sentenza del 23.3.2005, di annullamento degli atti relativi all'approvazione del programma costruttivo in argomento e dei provvedimenti consequenziali - ha svolto le seguenti argomentazioni (pagg. 20-24):
a) "Il commissariamento regionale relativo all'approvazione dei programmi costruttivi ex art. 25 della legge regionale n. 22/1996 non può spogliare i Comuni siciliani dei poteri propri in tema di programmazione urbanistica fino al punto da rendere irrilevante il contrasto di tali programmi con gli strumenti urbanistici vigenti e, nella fattispecie, con le delibere consiliari nn. 187/96, 232/97 e 225/99 (del Comune di Palermo: n.d.r.) che prevedono l'allocazione di detti programmi costruttivi nel centro storico, stante già la riduzione oltre ogni limite del verde agricolo previsto dal piano regolatore generale.
Pertanto, l'impugnato decreto assessoriale di nomina del commissario ad acta, al fine di proporre al Consiglio comunale l'approvazione del programma costruttivo della società IACEV in area di verde agricolo, o di approvare esso stesso il programma in caso di omessa pronuncia dell'organo comunale, si appalesa illegittimo, laddove si evince l'obbligo di approvare in ogni caso detto programma nell'area scelta dalla nominata società secondo proprie soggettive valutazioni, ritenute dal Consiglio comunale non compatibili con le previsioni del P.R.G. e delle diverse linee programmatiche contenute nelle delibere avanti citate nonché nella delibera n. 293/1992, con cui è stato previsto la redazione di un piano di settore compatibile con le risorse del territorio nel rispetto di un equilibrio tra aree verdi ed eventuali nuove aree di espansione edilizia".
b) L'art. 27 della legge regionale n. 71/1978 stabilisce che la durata in carica del commissario ad acta non può eccedere il termine di tre mesi, salvo proroga fino a dodici mesi per giustificati motivi in rapporto alla complessità degli atti da compiere.
Nella specie il decreto di proroga n. 674 del 28.8.2002 è intervenuto dopo la scadenza dei tre mesi dalla prima nomina (coincidente con il 17 maggio), laddove non è giuridicamente configurabile una proroga che intervenga su un atto ormai scaduto di efficacia, poiché l'effetto di estendere il termine di efficacia di un atto amministrativo deve intervenire nella piena vigenza ed efficacia dell'atto su cui il provvedimento di proroga si salda, costituendo con questo un unicum temporale.
Da ciò deriva "l'illegittimità del decreto assessoriale n. 674/2002 e, per derivazione, anche dei successivi decreti di proroga nonché degli atti adottati sulla base di tali decreti".
c) La nomina del commissario ad acta, intervenuta con il primo decreto assessoriale n. 223 del 17.5.2002, era finalizzata all'approvazione del programma costruttivo ed all'assegnazione della relativa area di impianto con riferimento alla domanda avanzata dalla s.r.l. IACEV il 28.12002. II provvedimento del commissario, invece, è stato emesso in seguito a successive istanze di localizzazione del programma in area diversa. Ciò integra il vizio di "eccesso di potere per sviamento", in quanto al commissario non era stato conferito alcun potere per l'adozione di un programma costruttivo da realizzarsi in area diversa da quella in relazione alla quale era stato attivato e disposto l'intervento commissariale medesimo.
d) Nella specie risultano violate sia la legge regionale n. 22 del 1996 sia la variante generale del P.R.G. del Comune di Palermo, approvata con delibera regionale n. 124 del 13.3.2002, dal momento che detta variante di piano ha specificamente previsto delle aree da destinare ad edilizia sovvenzionata, sicché, alla data dell'adozione della delibera commissariale di approvazione (23.4.2003), non sussistevano i presupposti individuati dalla stessa legge regionale n. 22 del 1996, art. 25, comma 3, per l'applicazione della normativa derogatoria sulla cui base può essere consentita l'edificazione in area destinata a verde agricolo (non risultavano, cioè, "esaurite od insufficienti le zone residenziali di espansione previste dagli strumenti urbanistici vigenti").


7. La configurazione della lottizzazione abusiva a cagione dell'illegittimità della localizzazione del programma costruttivo in area destinata a verde agricolo


Questo Collegio ritiene che il giudice di primo grado - tenuto anche conto delle anzidette argomentazioni svolte dal giudice amministrativo - legittimamente aveva ravvisato la configurazione di una lottizzazione abusiva.


Ciò in quanto:
- l'attività edificatoria della s.r.l. IACEV è stata intrapresa sulla base di un provvedimento attuativo di pianificazione illegittimo, perché inficiato da vizi genetici, contrastante con le prescrizioni del P.RG. ed inidoneo ad apportare ad esso varianti.
E' vero che l'art. 5 della legge regionale siciliana n. 1/1986 prevede espressamente, al comma 6, la possibilità, per i Comuni, di adottare i programmi costruttivi "anche in variante degli strumenti urbanistici vigenti", ma il potere di variare le scelte urbanistiche effettuate nel piano generale è limitata alle sole situazioni (diverse da quella che ci occupa) in cui "risultino esaurite le aree destinate all'espansione edilizia".
- L'invalidazione degli atti amministrativi di approvazione del programma costruttivo determina la carenza di un provvedimento amministrativo legittimante l'attività di trasformazione del terreno agricolo in zona destinata all'edilizia residenziale pubblica, posta in essere dalla società IACEV in violazione delle prescrizioni urbanistiche dello strumento di pianificazione generale del Comune.
- Resta così travolta anche la legittimità della DIA formalizzata dalla società in data 112.2004 [allorché il Comune, il precedente 27 gennaio, aveva già annullato in autotutela la delibera del commissario ad acta], in quanto la formulazione dell'art. 22, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, come sostituito dal D.Lgs. 27.12.2002, n. 301, art. 1, comma 1 - lett. a), consente di fare ricorso alla DIA, alternativamente al permesso di costruire ed in base alla scelta discrezionale dell'interessato, per "gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti".

Nella specie, esclusa la ravvisabilità dell'esistenza di un valido piano attuativo avente le caratteristiche dianzi enunciate, i lavori risultano eseguiti, quindi, in assenza di qualsiasi titolo abilitativo.


Ne consegue che, ai fini della domanda di risarcimento introdotta dalla parte civile, deve affermarsi la sussistenza della lottizzazione abusiva (che può realizzarsi sia quando manchi un provvedimento di autorizzazione sia quando questo esista ma contrasti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici).


Quanto al profilo psicologico - mentre la Corte territoriale ha escluso anche la colpa, sul solo presupposto che l'imputato abbia agito sulla base di un provvedimento della P.A. considerato valido e regolare - vanno condivise invece le considerazioni già svolte dal giudice di primo grado in ordine alla pluralità di circostanze, atti e provvedimenti amministrativi emessi dal Comune di Palermo, contrari alla localizzazione in zona agricola del programma costruttivo.


Si ricordi, in particolare, che l'Amministrazione comunale, con nota del 14.1.2002, aveva comunicato alla società IACEV - senza possibilità di equivoci - "la necessità di localizzare il programma edificatorio nelle zone individuate con la delibera di indirizzo n. 225 adottata dal Consiglio comunale in data 3/08/1999", che escludeva la possibilità di realizzare alloggi di edilizia sociale in zone destinate a verde agricolo.


La chiara e ripetuta manifestazione di volontà negativa espressa in quella comunicazione e ribadita nei molteplici provvedimenti comunali acquisiti, esclude, pertanto, che l'imputato non avesse la consapevolezza di agire in violazione dello strumento urbanistico.


8. La sentenza impugnata, per tutte le considerazioni dianzi svolte, deve essere annullata limitatamente agli effetti civili, con rinvio - ai sensi dell'art. 622 c.p.p. - alla Corte civile di appello di Palermo.


Segue la condanna di Consiglio Salvatore al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile, liquidate in euro 1.500,00, oltre accessori di legge.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 576, 615 e 622 c.p.p.,
annulla la sentenza impugnata, limitatamente agli effetti civili, e rinvia alla Corte civile di appello di Palermo.


Condanna Consiglio Salvatore al pagamento delle spese spese processuali ed alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile, liquidate in euro 1.500,00, oltre accessori di legge.


Roma, 22.10.2010


DEPOSITATO IN CANCELLERIA 3 Feb. 2011



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