AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza


Dottrina LegislazioneGiurisprudenzaConsulenza On Line

AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15/02/2011, Sentenza n. 5597


SICUREZZA SUL LAVORO - Prevenzione incendi - Certificato di prevenzione incendi - Abrogazione del D.P.R. 547/1955 - Abolitio criminis - Esclusione - Art. 16 D. Lgs. 139/2006 - Art. 46 D.Lgs. 81/2008.  In tema di prevenzione incendi, anche dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo del 9 aprile 2008, n. 81, che ha abrogato il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, le aziende e le lavorazioni indicate nelle tabelle A e B approvate con il Decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1959, n. 689 (determinazione delle aziende e lavorazioni soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del comando del Corpo dei vigili del fuoco) devono, ad oggi, ritenersi assoggettate al rilascio del certificato di prevenzione incendi. Con l'entrata in vigore del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 il sopraindicato decreto è stato sì abrogato, ma la fattispecie criminosa é oggi prevista dal Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n. 139, articolo 16, richiamato dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 46 (Prevenzione incendi), per ribadire la sua perdurante vigenza anche a seguito dell'abrogazione del Decreto n. 547 del 27 aprile 1955. Pres. TERESI - Est. AMOROSO - P.M. D’AMBROSIO - Ric. Tr. Vi. - CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III penale, 15 febbraio 2011, n. 5597
 


 www.AmbienteDiritto.it



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TERESI Alfredo - Presidente
Dott. FIALE Aldo - Consigliere
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere
Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere


ha pronunciato la seguente:

SENTENZA


sul ricorso proposto da:

Tr. Vi. , n. (OMESSO);

avverso la sentenza del 24.9.2009 del tribunale di Catania, sez. distaccata di Giarre;

Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Dott. Giovanni Amoroso;

Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. D'Ambrosio Vito che ha concluso per il rigetto del ricorso.


La Corte osserva:

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Tr. Vi. era imputato del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articoli 36 e 37 e articolo 389, lettera B), per avere, in qualita' di amministratore della societa' F. Tr. di. Vi. e. Nu. snc, esercente l'attivita' di autotrasporti, abusivamente detenuto kg. 539 di gasolio in assenza del prescritto certificato di prevenzione incendi da parte del Comando del Corpo dei Vigili del Fuoco (in omissis).

In data (OMESSO) la Guardia di Finanza di Riposto effettuava un sopralluogo presso l'azienda di autotrasporti di cui era amministratore unico l'imputato. Rinveniva suoi luoghi all'aperto su un piazzale un serbatoio metallico per liquidi carburanti della capacita' di 5000 litri.

I militari provvedevano ad effettuare il sequestro del serbatoio in quanto mancava il certificato di prevenzione incendi relativo al serbatoio metallico e di prevenzione incendi relativo ai sensi della Legge n. 966 del 1965, articolo 4 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, degli articoli 36 e 37.

Successivamente in data 28.04.2008 veniva notificato decreto penale di condanna n. 707/08 con cui il Tr. veniva condannato alla pena di euro 550,00 di ammenda.

Veniva proposta tempestivamente opposizione a decreto penale da parte dell'imputato.

All'udienza dibattimentale, contumace l'imputato, erano assunte le prove; in particolare veniva escusso il militare, teste del P.M., che aveva provveduto al sopralluogo il quale riferiva dell'esistenza del suddetto serbatoio 650 di gasolio.

Il tribunale di Catania, sez. dist. Di Giarre, con sentenza del 24.9.2009, dichiarava il Tr. colpevole del reato ascritto e lo condannava alla pena di euro 2.000/00 di ammenda e alle spese.

2. Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione con due motivi.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Il ricorso, articolato in due motivi con cui deduce che non c'era necessita' di certificazione antincendi e che la disposizione di cui alla contestazione era stata abrogata dalla normativa successiva piu' favorevole, e' infondato.

Il Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, articolo 36, recante norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, che disciplina le lavorazioni pericolose e controllo dei Vigili del fuoco, prevede che le aziende e le lavorazioni nelle quali si producono, si impiegano, si sviluppano o si detengono prodotti infiammabili, incendiagli o esplodenti sono soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando del Corpo dei vigili del fuoco competente per territorio. Il successivo articolo 37 poi prescrive che i progetti di nuovi impianti o costruzioni di cui al precedente articolo o di modifiche di quelli esistenti devono essere sottoposti al preventivo esame del Comando del Corpo dei vigili del fuoco, al quale dovra' essere richiesta la visita di collaudo ad impianto o costruzione, ultimati, prima dell'inizio delle lavorazioni.

Trattandosi nella specie di un deposito di piu' di 500 litri di gasolio, trovava applicazione la disciplina suddetta. In particolare l'impugnata sentenza ha accertato, con valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimita' in quanto assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria, che dalla deposizione resa dal teste Brig. Fu. , in servizio presso la Compagnia G. F. di Riposto, emergeva che l'imputato, amministratore della societa' F. Tr. di. Vi. e. Nu. snc, esercente l'attivita' di autotrasporti, deteneva gasolio per il quantitativo di kg. 539 senza essere munito di certificato di prevenzione incendi.

2. Con riferimento poi in particolare al secondo motivo del ricorso, deve considerarsi che e' vero che le disposizioni citate sono state abrogate dal Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 304, ma vi e' continuita' normativa con le nuove disposizioni (Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e Decreto Legislativo n. 81 del 2008) sicche' non vi e' abolitio criminis.

Come questa Corte (Cass., sez. 3 , 25 febbraio 2009 - 17 aprile 2009) ha gia' ritenuto, in materia di prevenzione incendi erano assoggettate al rilascio del certificato di prevenzione incendi e al controllo del Comando dei vigili del fuoco - in difetto del quale certificato era configurabile il reato previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, articoli 36 e 37, cit. - le aziende e le lavorazioni indicate nelle tabelle A e B approvate con il Decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1959, n. 689. Con l'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 il sopraindicato decreto e' stato si' abrogato, ma la fattispecie criminosa e' oggi prevista dal Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n. 139, articolo 16 richiamato dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 46 (Prevenzione incendi), per ribadire la sua perdurante vigenza anche a seguito dell'abrogazione del Decreto n. 547 del 1955.

Sussiste, quindi continuita' normativa tra la fattispecie criminosa abrogata e quella inserita nel vigente Decreto Legislativo n. 139 del 2006 stante che per entrambe opera la disposizione, in tema di lavorazioni pericolose, che ritiene sufficiente per l'assoggettamento al controllo dei vigili del fuoco che nell'azienda si detengano o si impieghino prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti.

Pertanto, in applicazione di tale assetto normativo, correttamente e' stata affermata la configurabilita' del reato contestato rientrando l'azienda (di cui l'imputato era legale rappresentante e presso la quale era stato istallato il serbatoio suddetto) tra quelle assoggettate, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando del Corpo dei vigili del fuoco.

3. In conclusione il ricorso va dichiarato rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 



 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it

 AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562