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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/02/2011, Sentenza n. 5604


SICUREZZA SUL LAVORO - Violazione degli obblighi di cui all’art. 35 D. Lgs. n. 626/1994 - Lesioni personali colpose - Concorso di reati
. Il reato di lesioni personali colpose può concorrere con la violazione della norma antinfortunistica di cui all’art. 35 Decreto Legislativo n. 626, del 19 settembre 1994, atteso che in tal caso non c'é reato complesso ex articolo 84 c.p., bensì concorso di reati distinti. Pertanto, ove vi siano, in ipotesi, due distinti procedimenti penali, manca il presupposto perché possa operare il principio del ne bis in idem. Pres. TERESI - Est. AMOROSO - P.M. VOLPE - Ric. Te. An. Ma. - CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III penale, 15 febbraio 2011, n. 5604
 


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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TERESI Alfredo - Presidente
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere
Dott. MARINI Luigi - Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:

Te. An. Ma. , n. (omissis);

avverso la sentenza del 22.10.2009 del tribunale di Como, sez. distaccata di Cantu';

Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Dott. Giovanni Amoroso;

Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Volpe Giuseppe che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

la Corte osserva:


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Te. An. Ma. era imputata del reato di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 35, comma 1, perche', nella sua qualita' di amministratrice unica della societa' TR. s.r.l., che gestiva un ristorante, metteva a disposizione dei lavoratori un'impastatrice non idonea ai fini della sicurezza e della salute in quanto era dotata di un microinterruttore di sicurezza non adeguato (acc. in (omissis)).

Con decreto emesso dal g.i.p. presso il Tribunale di Como in data 18.8.2008 a seguito di opposizione a decreto penale di condanna e' stato disposto il giudizio immediato nei confronti della Te. in relazione al reato previsto dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 35, comma 1.

L'imputata e' stata dichiarata contumace.

Il tribunale di Como, sez. dist. di Cantu', con sentenza del 22.10.2009 dichiarava la Te. colpevole del reato ascritto e, concesse le circostanze attenuanti di cui all'articolo 62 bis c.p., la condannava alla pena di euro 1.400 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.

2. Avverso questa pronuncia l'imputata propone ricorso per cassazione con quattro motivi.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Il ricorso - articolato in quattro motivi, con cui la ricorrente si duole della violazione del principio del ne bis in idem, del mancato rilievo dell'estinzione del reato per oblazione fatta da Ga. , legale rappresentante della societa' cessionaria che aveva rilevato la gestione del ristorante, della omessa autorizzazione all'oblazione, e della mancata considerazione della colpa del lavoratore - e' inammissibile perche' manifestamente infondato.

2. Innanzi tutto va ribadito, quanto al primo motivo, che possono concorrere il reato di lesioni personale colpose e la violazione della contestata norma antinfortunistica atteso che in tal caso non c'e' reato complesso ex articolo 84 c.p. - come gia' affermato da questa Corte (Cass., sez. 4 , 29 ottobre 2009 - 28 gennaio 2010, n. 3559) - bensi' si ha concorso di reati distinti sicche', ove vi siano in ipotesi, come nella specie, due distinti procedimenti penali, manca il presupposto perche' possa operare il principio del ne bis in idem.

3. Deve poi considerarsi, quanto al secondo motivo, che l'imputata, per il tramite della societa' di cui era legale rappresentante, ha gestito fino 12 dicembre 2006 il ristorante, dove e' avvenuto l'infortunio sul lavoro con violazione della citata disposizione di prevenzione; mentre il Ga. , cessionario dell'esercizio di ristorazione, risponde della stessa contravvenzione per il periodo successivo. Cio' incide solo sulla prescrizione del reato che pero' non e' interamente decorsa perche', pur retrodatando la condotta dell'imputata, il termine finale di prescrizione va fissato al 12 dicembre 2011.

4. Va inoltre rilevato che la ricorrente non censura le ragioni dell'ordinanza di rigetto della richiesta di ammissione all'oblazione ex articolo 162 bis sicche' il terzo motivo di ricorso e' inammissibile:

5. Parimenti inammissibile e' anche il quarto motivo atteso che l'eventuale concorrente colpa del lavoratore nella causazione dell'infortunio sul lavoro non esonera l'imputata dalla responsabilita' in ordine al contestato reato contravvenzionale,

6. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria dell'inammissibilita' medesima consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento di una somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 1.000,00.


P.Q.M.


la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di euro mille alla cassa delle ammende

 



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