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CORTE DI CASSAZIONE, Sezione Lavoro, 11 marzo 2011, n. 5896
SICUREZZA SUL LAVORO - Esposizione all’amianto - Attestazione di rischio
dell’INAIL per l’ottenimento di benefici previdenziali (artt. 18 co. 8 L.
179/2002 – 1, co. 20, L. 247/2007) - Rilevanza.
All'attestazione di rischio
dell'INAIL può attribuirsi valore di prova "privilegiata" soltanto se e in
quanto si tratti di certificazione rilasciata sulla base degli atti di indirizzo
emanati in materia dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, giusta
la previsione della Legge 31 luglio 2002, n. 179, articolo 18, comma 8
(confermata anche dalla Legge 24 dicembre del 2007, n. 247, articolo 1, comma
20). Solamente le anzidette certificazioni, se non contrastate da una specifica
prova contraria, consentono il riconoscimento del diritto al beneficio
previdenziale controverso, senza necessità di accertare altrimenti il periodo e
la consistenza della personale esposizione all'amianto del lavoratore
interessato, offrendo presunzioni gravi, precise e concordanti dell'avvenuto
superamento della prescritta "soglia" di rischio in tutto il periodo nelle
stesse indicato (Cass. sent. nn 10037/2007, 400/2007, 27451/2006).
(conferma sentenza n. 439/2008 della Corte di Appello di Genova). Pres. MIANI
CANEVARI - Est. COLETTI DE CESARIS - P.M. FINOCCHI GHERSI - Ric. RO. LU., CR. FR.
(avv. Storace) c. INAIL (avv.ti Valente, Patteri e Riccio). CORTE DI
CASSAZIONE, Sezione Lavoro, 11 marzo 2011, n. 5896
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Consulenza tecnica - Natura - Esercizio del
relativo potere da parte del giudice - Sindacato di legittimità - Esclusione.
La consulenza tecnica non è un mezzo di prova, bensì un mezzo istruttorio
sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento
del giudice, al quale spetta decidere sulla esaustività degli accertamenti già
compiuti e valutare l'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o
integrative di quelle già espletate, ovvero di sentire a chiarimenti il
consulente, nonché di procedere alla rinnovazione delle indagini con la nomina
di altri consulenti. L'esercizio di tale potere (così come il suo mancato
esercizio) non può essere sindacato in sede di legittimità sotto il profilo del
difetto di motivazione, salvo che l'esigenza di procedere a una nuova consulenza
(o di chiamare il consulente a chiarimenti o, ancora, di effettuare accertamenti
suppletivi o integrativi) sia stata segnalata dalle parti e il giudice non
ritenga di accogliere la relativa istanza (Cass. nn. 17906/2003, 5777/1998, 8611/1995, 10972/1994). (conferma sentenza n. 439/2008 della Corte
di Appello di Genova). Pres. MIANI CANEVARI - Est. COLETTI DE CESARIS - P.M.
FINOCCHI GHERSI - Ric. RO. LU., CR. FR. (avv. Storace) c. INAIL (avv.ti Valente,
Patteri e Riccio). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione Lavoro, 11 marzo 2011, n.
5896
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella - Consigliere
Rel.
Dott. LA TERZA Maura - Consigliere
Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14599/2009 proposto da:
RO. LU. , CR. FR. , elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. PISANELLI 2,
presso lo studio dell'avvocato FELSANI MARIA CECILIA, rappresentati e difesi
dall'avvocato STORACE Iside, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA
17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati VALENTE Nicola, PATTERI ANTONELLA, RICCIO
ALESSANDRO, giusta delega in
atti;
- controricorrente -
-
avverso la sentenza n. 439/2008 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il
17/06/2008, R.G.N. 820/06;
-
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 09/02/2011 dal
Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;
-
udito l'Avvocato STORACE ISIDE;
-
udito l'Avvocato CORETTI ANTONIETTA per delega RICCIO ALESSANDRO;
-
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI
GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'appello di Genova, in riforma di
decisione del Tribunale di Savona, ha rigettato la domanda proposta, tra gli
altri, da Ro. Lu. e Cr. Fr. nei confronti dell'INPS per ottenere la
rivalutazione dell'anzianità contributiva della Legge n. 257 del 1992, ex
articolo 13, comma 8, per i periodi in cui avevano lavorato, con esposizione
all'amianto, presso la società OM. di (Omissis).
Condividendo i risultati della nuova consulenza tecnica di ufficio disposta in
appello la Corte territoriale ha ritenuto che l'esposizione dei due lavoratori
non aveva superato la soglia di rischio richiesta dalla legge per l'attribuzione
del beneficio. A tale conclusione non era di ostacolo il fatto che il Ro. avesse
ottenuto dall'INAIL certificazione di esposizione per il periodo dal 6.2.1963 al
30.4.1976. dal momento che detta certificazione non era stata rilasciata sulla
base di atti di indirizzo del Ministero del lavoro e neppure risultava che la
OM. fosse azienda interessata da atti indirizzo ovvero che il Ro. avesse
prestato la propria attività con mansioni e nei reparti indicati negli stessi
atti di indirizzo.
Per la cassazione di questa sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso fondato
su due motivi.
L'INPS resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo e con denunzia di omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio (omessa
motivazione in punto rinnovo della CTU già esperita in primo grado) la sentenza
d'appello é censurata per aver disposto una nuova consulenza tecnica di ufficio
senza alcuna giustificazione, posto che da quella svolta in primo grado
emergevano tutti gli elementi di cognizione necessari per la verifica della
personale esposizione a rischio dei ricorrenti e non erano stati introdotti
elementi di fatto nuovi rispetto a quelli già valutati.
2. Il motivo non é fondato.
3. La sentenza impugnata da conto espressamente delle ragioni che avevano
indotto la Corte territoriale a disporre la rinnovazione della CTU, indicandole
nella esigenza di tener conto delle critiche (analiticamente descritte in parte
narrativa) che entrambe le parti avevano mosso, nei loro atti di appello,
all'operato dell'ausiliare tecnico di primo grado, in particolare quanto al
metodo di calcolo utilizzato e alle relative valutazioni (sent. pagg. 6 e 7).
4. Decisiva, comunque, é la considerazione che la consulenza tecnica non é un
mezzo di prova, bensì (come riconoscono gli stessi ricorrenti) un mezzo
istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente
apprezzamento del giudice, al quale spetta decidere sulla esaustività degli
accertamenti già compiuti e valutare l'opportunità di disporre indagini tecniche
suppletive o integrative di quelle già espletate, ovvero di sentire a
chiarimenti il consulente, nonché di procedere alla rinnovazione delle indagini
con la nomina di altri consulenti; e l'esercizio di tale potere (così come il
suo mancato esercizio) non può essere sindacato in sede di legittimità sotto il
profilo del difetto di motivazione, salvo che l'esigenza di procedere a una
nuova consulenza (o di chiamare il consulente a chiarimenti o, ancora, di
effettuare accertamenti suppletivi o integrativi) sia stata segnalata dalle
parti e il giudice non ritenga di accogliere la relativa istanza (vedi Cass. nn.
17906 del 2003, n. 5777 del 1998, 8611 del 1995, 10972 del 1994).
5. Nel secondo motivo, sempre con deduzione di vizio di omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio
(difetto di motivazione in ordine alla contestata inattendibilità del CTU), si
sostiene che la Corte di merito avrebbe deciso la causa sulla base di una CTU
nulla e, comunque, inattendibile giacché redatta "sulla base di un evidente
pregiudizio che avrebbe animato l'ausiliare"; tale pregiudizio risulterebbe dal
contenuto di una lettera del consulente di parte che riferiva delle
preoccupazioni espresse dal nuovo consulente di ufficio per il fatto della
pendenza di un gran numero di domande di riconoscimento di benefici
previdenziali per esposizione all'amianto. In ogni caso, il giudice di appello
non avrebbe risposto alle contestazioni al riguardo svolte dai ricorrenti
all'udienza del 16.4.2008, limitandosi ad esprimere un'acritica adesione a
conclusioni fondate su una scelta arbitraria ed immotivata dei coefficienti di
calcolo della esposizione a rischio e tanto più ingiustificate per il fatto che
altri lavoratori dello stesso reparto - e con le stesse mansioni dei ricorrenti
- avevano ricevuto l'attestazione di rischio da parte dell'INAIL e il
riconoscimento del diritto al richiesto beneficio contributivo. A questo
proposito contestano, in particolare, la sentenza impugnata per aver negato il
detto beneficio al Ro. , nonostante costui avesse ricevuto l'attestazione
dell'INAIL per il periodo dal 6.2.1963 al 30.4.1976.
6. Anche questo motivo é infondato.
7. Non può, invero, dubitarsi della imparzialità del CTU, rispetto alle
valutazioni da compiere (e poi espresse) con riferimento alla posizione
lavorativa degli odierni ricorrenti, per i solo fatto che l'ausiliare tecnico
avesse in qualche modo paventato le conseguenze di ordine politico-economico
derivanti dal numero di domande (all'epoca) pendenti per il riconoscimento dei
benefici previdenziali riconosciuti dalla Legge n. n. 257 del 1992, ai
lavoratori esposti all'amianto. é irrilevante, quindi, che la sentenza impugnata
manchi di una espressa motivazione sul punto. Peraltro, la confutazione delle
riserve in proposito avanzate dagli (allora) appellati é implicita nel giudizio
di piena attendibilità ed esaustività dell'elaborato tecnico che la Corte di
merito esprime e giustifica riferendo della correttezza della metodica seguita
dal proprio ausiliare - determinazione del tempo e della consistenza della
esposizione all'amianto effettuata, in relazione alle mansioni svolte da
ciascuno dei lavoratori, con l'utilizzo dei criteri, scientificamente validi,
apprestati, per la valutazione del rischio in attività similari, dalla banca
dati (), generalmente accreditata - e concludendo nel senso della non
percorribilità dell'ipotesi di una valutazione del rischio maggiore di quella
indicata dal CTU, perché non suffragata in causa da oggettivi elementi di
riscontro. A fronte di un siffatto accertamento, frutto della complessiva
valutazione del materiale istruttorio, diventa irrilevante la circostanza che il
consulente non avrebbe effettuato un sopraluogo nell'ambiente di lavoro (come
invece afferma la sentenza impugnata); così come irrilevante é la circostanza
che a colleghi di lavoro dei ricorrenti, operanti nello stesso ambiente e con le
stesse mansioni, sarebbe stata riconosciuta l'esposizione a rischio, posto che
dall'avvenuta esposizione di un lavoratore non é lecito inferire, in assenza di
ulteriori precisi elementi di prova, il verificarsi di un'identica esposizione
per un altro lavoratore. Si aggiunga che diversamente da quanto sostengono i
ricorrenti, all'attestazione di rischio dell'INAIL può attribuirsi valore di
prova "privilegiata" soltanto se e in quanto si tratti di certificazione
rilasciata sulla base degli atti di indirizzo emanati in materia dal Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, giusta la previsione della Legge n. 179
del 2002, articolo 18, comma 8 (confermata anche dalla Legge n. 247 del 2007,
articolo 1, comma 20), così come costantemente interpretata dalla giurisprudenza
di questa Corte, espressasi nel senso che solamente le certificazioni in
questione, se non contrastate da una specifica prova contraria, consentono il
riconoscimento del diritto al beneficio previdenziale controverso, senza
necessità di accertare altrimenti il periodo e la consistenza della personale
esposizione all'amianto del lavoratore interessato, offrendo presunzioni gravi,
precise e concordanti dell'avvenuto superamento della prescritta "soglia" di
rischio in tutto il periodo nelle stesse indicato (cfr. Cass. sent. nn 10037 del
2007, 400 del 2007, 27451 del 2006 e numerose altre conformi). Legittimamente,
pertanto, il giudice di appello ha ritenuto che un simile valore non potesse
essere riconosciuto alla certificazione rilasciata dall'INAIL al Ro., una volta
accertato, sulla base delle prove raccolte, che la OM. non era azienda
interessata da atti di indirizzo e che il Ro. non aveva prestato la propria
attività con le mansioni e nei reparti nei medesimi indicati; e, altrettanto
legittimamente, ha considerato la certificazione in parola una valutazione della
esposizione a rischio suscettibile di essere contrastata - e nel caso
effettivamente contrastata - dall'accertamento della realtà lavorativa del Ro.
eseguito dal consulente tecnico di ufficio.
8. In definitiva, le censure di vizio di motivazione che i ricorrenti addebitano
alla sentenza impugnata non evidenziano lacune o vizi logici del suo impianto
motivazionale, tali da rendere la decisione priva di razionale giustificazione,
ma si risolvono, per la gran parte, attraverso la messa in discussione
dell'operato e delle conclusioni del CTU, in critiche strumentali a una
revisione del merito del convincimento del giudice (che quelle conclusioni ha
fatto proprie) e, per ciò stesso, devono ritenersi inammissibili, in quanto
incompatibili con il sindacato di (sola) legittimità proprio del giudizio di
cassazione.
9. In conclusione il ricorso é rigettato.
10. Non vi é luogo a condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione ai sensi dell'articolo 152 disp. att. c.p.c., nel testo
anteriore alle modifiche apportate dal Decreto Legge n. 269 del 2003 (conv. in
Legge n. 326 del 2003), nella specie inapplicabile ratione temporis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese
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