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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/02/2011 (Ud. 2/02/2011), Sentenza n. 6256
RIFIUTI - Trasporto di rifiuti speciali non pericolosi - Inosservanza delle
prescrizioni dell’autorizzazione - Reato di cui all’art. 256, c.4°, D.L.vo
n.152/2006 - Natura di reato formale di pericolo - Configurabilità - Concreto
pregiudizio per il bene giuridico protetto - Necessità - Esclusione. Il
reato previsto dall’articolo 256, quarto comma D.L.vo n. 152/2006 è reato
formale di pericolo per la configurabilità del quale è sufficiente lo
svolgimento di una delle attività soggette a titolo abilitativo senza osservarne
le prescrizioni, non essendo richiesto che la condotta sia anche idonea a
configurare una situazione di concreto pregiudizio per il bene giuridico
protetto (Cass. Sez. III, 8/10/2003 n. 38186). Pertanto, la natura di reato di
mera condotta fa sì che, per l'integrazione della fattispecie, non assuma
rilievo l'idoneità della condotta medesima a recare concreto pregiudizio al bene
finale, atteso che il bene protetto è anche quello strumentale del controllo
amministrativo da parte della pubblica amministrazione (Cass. Sez. III,
18/04/2007 n. 15560; Cass. Sez. III, 21/05/2008, n. 20277). Fattispecie: i
ricorrenti, nelle rispettive qualità di rappresentante legale della società
autorizzata a trasporto dei rifiuti e proprietaria dei veicoli e di esecutore
materiale del trasporto, avevano violato le prescrizioni dell'autorizzazione,
effettuando un trasporto di rifiuti speciali non pericolosi senza disporre di
una copia autentica del provvedimento di iscrizione all'Albo nazionale delle
imprese che effettuano la raccolta ed il trasporto di rifiuti non pericolosi
prodotti da terzi (punto 1 dell'autorizzazione) e per aver effettuato detto
trasporto senza idonea copertura dei rifiuti, lasciandoli esposti agli agenti
atmosferici (punto 2 dell'autorizzazione) in quanto protetti solo da un tela
traforato. (conferma sentenza n. 148/2008 TRIB. SEZ. DIST. di POGGIBONSI, del
10/06/2010) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Mariottini ed altro. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/02/2011 (Ud. 2/02/2011), Sentenza n. 6256
RIFIUTI - Trasporto di rifiuti - Pericolo di un pregiudizio - Struttura della
norma e contenuto offensivo del reato - Natura di reato di mera condotta - Art.
256, c.4°, D.L.vo n.152/2006. Lo scopo del legislatore, nel reato previsto
dall’articolo 256, quarto comma D.L.vo n. 152/06, è quello di apprestare una
difesa anticipata del bene giuridico protetto, facendo si che alcune condotte
eminentemente formali e non collegate alla tutela di un interesse esplicitamente
indicato e neppure immediatamente percepibile siano scrupolosamente osservate,
con la conseguenza che la loro violazione viene punita indipendentemente da
qualsiasi accertamento di una qualsiasi lesione concreta e da qualsiasi concreto
interesse (Cass. Sez. III, 27/09/2007 n. 35621; conf. Cass. Sez. III, 7/03/2003,
n. 10641 con riferimento ad altro reato di pericolo - articolo 163 del decreto
legislativo 29 ottobre 1999 n. 490). (conferma sentenza n. 148/2008 TRIB. SEZ.
DIST. di POGGIBONSI, del 10/06/2010) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Mariottini
ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/02/2011 (Ud. 2/02/2011),
Sentenza n. 6256
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALFREDO TERESI
- Presidente -
Dott. CLAUDIA SQUASSONI - Consigliere -
Dott. RENATO GRILLO
- Consigliere -
Dott. GUICLA MULLIR
- Consigliere -
Dott. LUCA RAMACCI
- Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
1) MARIOTTINI LIDO N. IL 25/07/1948
2) SANTORO LEONARDO N. IL 23/02/1974
- avverso la sentenza n. 148/2008 TRIB. SEZ. DIST. di POGGIBONSI, del 10/06/2010
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/02/2011 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giocchino Izzo che ha
concluso per l’inammissibilità
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 10 giugno 2010, il Tribunale di Siena - Sezione Distaccata di
Poggibonsi condannava alla pena dell'ammenda MARIOTTINI Lido e SANTORO Leonardo
per il reato di cui all'articolo 256, comma quarto, D.L.vo n.152/06 in quanto,
nelle rispettive qualità di rappresentante legale della società autorizzata a
trasporto dei rifiuti e proprietaria dei veicoli e di esecutore materiale del
trasporto, avevano violato le prescrizioni dell'autorizzazione, effettuando un
trasporto di rifiuti speciali non pericolosi senza disporre di una copia
autentica del provvedimento di iscrizione all'Albo nazionale delle imprese che
effettuano la raccolta ed il trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da
terzi (punto 1 dell'autorizzazione) e per aver effettuato detto trasporto senza
idonea copertura dei rifiuti, lasciandoli esposti agli agenti atmosferici (punto
2 dell'autorizzazione) in quanto protetti solo da un tela traforato.
Avverso tale decisione entrambi proponevano un unico ricorso per cassazione.
Con un primo motivo di ricorso deducevano la inosservanza o erronea applicazione
della legge penale in ordine all'affermazione della loro penale responsabilità
con riferimento all'articolo 256, comma quarto D.L.vo n.152/06.
Rilevavano, a tale proposito, che la violazione contestata riguardava solo
aspetti formali, essendo effettiva e valida l'iscrizione all'Albo nazionale
delle imprese che effettuano la raccolta ed il trasporto di rifiuti non
pericolosi prodotti da terzi (tanto che una copia era stata fatta pervenire
all'autorità di polizia, immediatamente dopo il controllo, a mezzo fax) e le
condizioni meteorologiche del giorno del controllo erano tali da non esporre il
carico ad alcun agente atmosferico.
Aggiungevano che la contravvenzione, ancorché consistente in un reato di
pericolo, richiederebbe comunque una condotta idonea, almeno potenzialmente, ad
arrecare danni all'ambiente, risultando, in caso contrario, penalmente
irrilevante.
Con un secondo motivo di ricorso denunciavano il vizio di motivazione,
lamentando che il Tribunale aveva omesso di considerare se la condotta
sanzionata era idonea a determinare un concreto pericolo di inquinamento,
limitandosi ad un richiamo a prevedenti giurisprudenziali ritenuti in
conferenti.
Insistevano, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
L'articolo 256, comma quarto D.L.vo n.152/06 sanziona, come in precedenza
l'ormai abrogato articolo 51, comma quarto D.Lv. 22\97, le ipotesi di
inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni,
nonché le ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le
iscrizioni o comunicazioni, prevedendo le pene stabilite nei precedenti tre
commi, ma ridotte della metà.
Con riferimento alla natura del reato, la giurisprudenza di questa Corte ha
ritenuto (Sez. III n. 38186, 8 ottobre 2003) che trattasi di reato formale, la
cui configurabilità è ipotizzabile sulla base della semplice effettuazione di
una delle attività soggette a titolo abilitativo senza osservarne le
prescrizioni.
Inoltre, la natura di reato di mera condotta fa sì che, per l'integrazione della
fattispecie, non assuma rilievo l'idoneità della condotta medesima a recare
concreto pregiudizio al bene finale, atteso che il bene protetto è anche quello
strumentale del controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione
(Sez. III n. 15560, 18 aprile 2007; Sez. III n. 20277, 21 maggio 2008).
In altra occasione (Sez. III n. 35621, 27 settembre 2007), si è chiarito che,
nel reato in esame, lo scopo del legislatore è quello di apprestare una difesa
anticipata del bene giuridico protetto, facendo si che alcune condotte
eminentemente formali e non collegate alla tutela di un interesse esplicitamente
indicato e neppure immediatamente percepibile siano scrupolosamente osservate,
con la conseguenza che la loro violazione viene punita indipendentemente da
qualsiasi accertamento di una qualsiasi lesione concreta e da qualsiasi concreto
interesse.
La citata decisione, peraltro, richiama il contenuto di altra pronuncia di
questa Sezione (n. 10641, 7 marzo 2003) ove si precisa, con riferimento ad altro
reato di pericolo (articolo 163 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490),
che in tali casi ""il contenuto offensivo del reato è espresso dalla stessa
struttura della norma" e si rileva che il legislatore ritiene, con una sua
valutazione vincolante per l' interprete, che certe formalità debbano essere
osservate con il suggello addirittura della sanzione penale.
E' il caso di aggiungere che tali conclusioni non risultano contraddette dalla
decisione menzionata in ricorso (Sez. III n. 39861,12 ottobre 2004). Il testo
riportato è, infatti, incompleto e altera il senso del contenuto.
La decisione richiamata afferma, infatti, testualmente "...la natura di reato di
pericolo, che palesemente riveste quello di realizzazione o gestione di
discarica abusiva (per il concreto e rilevante impatto ambientale determinato da
siffatti insediamenti), comporta che analoga natura debba essere attribuita
anche a quelle condotte che, rendendosi inosservanti delle condizioni e
prescrizioni apposte ai provvedimenti autorizzativi, sono idonee a dar luogo a
danni all'ambiente o comunque ad aggravare i pregiudizi oltre i limiti
previsti."
E' chiaro, dunque, il riferimento alla scelta del legislatore di sanzionare
anche condotte meramente formali, in considerazione del potenziale pericolo
derivante dallo svolgimento di determinate attività che chiaramente giustifica
la necessità di una scrupolosa osservanza di quanto disposto con il titolo
abilitativo.
Così delimitato l'ambito di operatività della disposizione in esame, deve
concludersi che il Tribunale ha fatto buon uso delle disposizioni applicate,
fornendo adeguata e coerente indicazione delle ragioni poste a sostegno
dell'affermazione di penale responsabilità degli imputati e rispondendo in modo
esauriente e privo di cedimenti logici ai rilievi della difesa.
In definitiva, deve dunque nuovamente affermarsi che il reato previsto
dall'articolo 256, quarto comma D.L.vo n. 152/06 è reato formale di pericolo per
la configurabilità del quale è sufficiente lo svolgimento di una delle attività
soggette a titolo abilitativo senza osservarne le prescrizioni, non essendo
richiesto che la condotta sia anche idonea a configurare una situazione di
concreto pregiudizio per il bene giuridico protetto.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni
indicate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
Cosi deciso in Roma il 2 febbraio 2011
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 21 Feb. 2011
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