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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/02/2011, Sentenza n. 6265


INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Emissioni in atmosfera - Rilevanza penale ex art. 674 c.p. - Criteri interpretativi. In tema di emissioni in atmosfera, la seconda parte dell’art. 674 c.p. prevede la rilevanza penale delle emissioni di gas vapori o fumi "nei casi non consentiti dalla legge". Tale precisazione, da ricondursi al proposito del legislatore di operare un bilanciamento di opposti interessi, consente l'esercizio di attività socialmente utili nel rispetto dei limiti di legge al superamento dei quali acquista prevalenza l'esigenza di tutela dell'incolumità pubblica. La configurabilità della contravvenzione é da escludersi quando le emissioni di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone provengano da un'attività regolarmente autorizzata e siano inferiori ai limiti previsti per l'inquinamento atmosferico, sul presupposto che la clausola normativa "nei casi non consentiti dalla legge" costituisca una precisa indicazione della necessità che, per essere penalmente rilevanti, le emissioni devono violare le norme di settore che disciplinano l'inquinamento atmosferico, cosicché il rispetto di queste norme integra una presunzione di liceità penale. Nel caso in cui le emissioni, pur rispettando le norme speciali di settore, arrechino concreto disturbo ai proprietari dei fondi vicini, superando la normale tollerabilità, si configurerà invece l'illecito civile di cui all'articolo 844 cod. civ., la cui valutazione deve essere operata contemperando le ragioni della proprietà con le esigenze della produzione. In ogni caso, se l'emissione, ancorché autorizzata, non è una conseguenza naturale delle attività ma dipende da deficienze dell'impianto o da negligenze del gestore, é sufficiente la semplice idoneità a creare molestia alle persone perché si configuri l’ipotesi di reato di cui all’art. 674 c.p.. Pres. TERESI – Est. RAMACCI – P.G. IZZO – Ric. DI. CA. GA., PE. IR. - CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III penale, 21 febbraio 2011, n. 6265
 


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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TERESI Alfredo - Presidente
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere
Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere
Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:

1) DI. CA. GA. n. il (omissis);

2) PE. IR. n. il (omissis);

avverso l'ordinanza n. 14/2010 TRIB. LIBERTA' di PESCARA, del 21/04/2010;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

lette/sentite le conclusioni del PG, Dott. Izzo Gioacchino: rigetto del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con ordinanza del 21 aprile 2010, il Tribunale del Riesame di Pescara respingeva l'appello, proposto nell'interesse di DI. CA. Ga. e PE. Ir. , avverso il decreto in data 20 marzo 2010, con il quale il G.I.P. presso il medesimo Tribunale respingeva la richiesta di revoca del sequestro preventivo di una caldaia per riscaldamento e produzione acqua calda, installata presso l'abitazione degli appellanti, disposto con decreto del 9 marzo 2010 che autorizzava anche i predetti, indagati per i reati di cui agli articoli 674 e 650 c.p., all'esecuzione di lavori di sistemazione dello scarico dei fumi secondo le indicazioni della ASL di Pescara, fermo restando il sequestro.

I giudici, premessa la sussistenza del fumus del reato di getto pericoloso di cose, evidenziato anche dalla emissione di un decreto penale di condanna per i reati in contestazione, rilevavano che, in un verbale ispettivo dell'ASL, veniva evidenziato come il tubo di scarico dei fumi della caldaia fosse collocato con modalita' tali da rendere altamente probabile che l'emissione dei fumi di combustione potesse arrecare disturbo agli occupanti di appartamenti limitrofi, insistendo la canna fumaria in prossimita' di porte di ingresso e finestre.

Aggiungevano, inoltre, che la stessa ASL aveva evidenziato che la caldaia risultava essere stata installata in contrasto con l'articolo 58 del Regolamento di Igiene del Comune di (omissis), con il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 9 e con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993, articolo 5, comma 9 e che la situazione rilevata risultava ovviabile attraverso gli interventi, suggeriti dalla ASL, che gli appellanti ritenevano ingiustificatamente impraticabili.

Avverso il provvedimento DI. CA. Ga. e PE. Ir. proponevano ricorso per cassazione.

Deducevano, in particolare, violazione di legge e vizio di motivazione.

Osservavano che, per la vicenda, era pendente anche una controversia civile, nell'ambito della quale era stata depositata una consulenza dalla quale emergerebbe la regolarita' dell'impianto e la sua installazione a far data dal 1986.

Data tale premessa, rilevavano che, considerata la datazione dell'impianto, non erano applicabili, nella fattispecie, le disposizioni normative che si assumevano violate (Regolamento comunale, Decreto Legislativo n. 152 del 2006 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 2093) e richiamate in un'ordinanza sindacale con la quale veniva imposta l'elevazione della canna fumaria in modo da eliminare la situazione riscontrata.

Aggiungevano che le soluzioni tecniche ipotizzate nel provvedimento del Tribunale non erano praticabili e che tale assunto evidenziava l'illogicita' della decisione.

Insistevano, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso e' infondato.

Occorre premettere che, come chiaramente si evince dal provvedimento impugnato, il sequestro dell'impianto e' stato disposto per violazione dell'articolo 674 c.p..

Nello stesso provvedimento i giudici danno semplicemente atto delle caratteristiche dell'impianto riscontrate dalla ASL e riportate nel verbale ispettivo, osservando come la collocazione del tubo di scarico in prossimita' di porte e finestre sia sintomo evidente dell'attitudine offensiva delle emissioni provocate dall'impianto il quale, sempre secondo gli ispettori dell'ASL intervenuti, sarebbe risultato non a norma perche' installato in violazione delle disposizioni che il Tribunale richiama.

Il ricorso contesta applicabilita' delle disposizioni in precedenza richiamate alla vicenda per cui e' processo, originata da un esposto dei vicini che lamentavano il disturbo arrecato dai fumi, dilungandosi nel loro esame ed impostando le proprie argomentazioni sul presupposto che l'impianto sia stato realizzato nel 1986.

Osservano, infatti, i ricorrenti, che il Regolamento comunale e' entrato in vigore nel 2003 e non e' retroattivamente applicabile, che le disposizioni del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 si applicano solo ad impianti diversi da quello in sequestro, aventi potenza termica superiore ai 35 KW e che quelle del Decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993 riguardano solo gli impianti di nuova installazione o ristrutturati.

Rileva il Collegio che tali circostanze apparivano comunque non determinanti, nella fattispecie, ai fini del mantenimento della misura cautelare reale.

Infatti, l'ipotesi contravvenzionale considerata dall'articolo 674 c.p. configura, come e' noto, un reato di pericolo finalizzato a prevenire esiti dannosi o pericolosi per le persone conseguenti al getto o versamento di cose atte ad offendere, imbrattare o comunque molestare, ovvero all'emissione di gas, vapori o fumi idonei a cagionare i medesimi effetti.

Con specifico riferimento alle emissioni in atmosfera, e' tale ultima ipotesi che viene principalmente presa in considerazione (anche se non puo' escludersi, quale conseguenza di tali attivita', la emissione di polveri che, data la loro diversa consistenza, rientrano nel concetto di "cose" contemplato nella prima parte dell'articolo).

La seconda parte dell'articolo 674 c.p. prevede la rilevanza penale delle emissioni di gas vapori o fumi "nei casi non consentiti dalla legge". Tale precisazione e' stata considerata dalla giurisprudenza di questa Corte come il proposito del legislatore di operare "un bilanciamento di opposti interessi" consentendo, cosi', l'esercizio di attivita' socialmente utili nel rispetto dei limiti di legge al superamento dei quali "riacquista prevalenza l'esigenza di tutela dell'incolumita' pubblica" (Sez. 1 n. 3919, 28 aprile 1997).

Secondo un primo e risalente indirizzo giurisprudenziale, si riteneva che tale disposizione non dovesse essere interpretata nel senso che il possesso di un'autorizzazione amministrativa all'esercizio di una determinata attivita' escludesse, in ogni caso, la sussistenza del reato il quale, al contrario, doveva ritenersi sussistente ogni volta che le emissioni superassero la normale tollerabilita' e fossero comunque eliminabili attraverso opportuni accorgimenti tecnici (Sez. 3 n. 11295, 1 ottobre 1999; Sez. 1 n. 12497, 4 novembre 1999; Sez. 1 n. 739 21 gennaio 1998; Sez. 1 n. 863, 27 gennaio 1996; Sez. 1 n. 477, 19 gennaio 1994; Sez. 1 n. 9826, 19 novembre 1983 ed altre prec. conf.).

Successivamente si e', invece, esclusa la configurabilita' della contravvenzione quando le emissioni di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone provengano da un'attivita' regolarmente autorizzata e siano inferiori ai limiti previsti per l'inquinamento atmosferico, ritenendo che la clausola normativa "nei casi non consentiti dalla legge" costituisca una precisa indicazione della necessita' che, per essere penalmente rilevanti, le emissioni devono violare le norme di settore che disciplinano l'inquinamento atmosferico, cosicche' il rispetto di queste norme integra una presunzione di liceita' penale. Nel caso in cui le emissioni, pur rispettando le norme speciali di settore, arrechino concreto disturbo ai proprietari dei fondi vicini, superando la normale tollerabilita', si configurera' invece l'illecito civile di cui all'articolo 844 cod. civ., la cui valutazione deve essere operata contemperando le ragioni della proprieta' con le esigenze della produzione (Sez. 3 n. 16818, 3 maggio 2007. Si vedano anche Sez. 1 n. 8094 7 luglio 2000; Sez. 3 n. 9757, 3 marzo 2004; Sez. 3 n. 38297, 29 settembre 2004; Sez. 5 n. 26649 14 giugno 2004; Sez. 3 n. 9503, 10 febbraio 2005; Sez. 3 n. 33971, 10 ottobre 2006; Sez. 3 n. 1869, 23 gennaio 2007; Sez. 3 n. 21814, 5 giugno 2007; Sez. 3 n. 41582, 12 novembre 2007; Sez. 3 n. 15707, 15 aprile 2009; Sez. 3 n. 40849, 18 novembre 2010).

Si e' anche ammessa la possibilita' di desumere il superamento del limite di normale tollerabilita' sulla base della natura abusiva dell'insediamento e da altre circostanze, quali reiterate denunce e segnalazioni da parte dei vicini e ripetute verifiche da parte dell'autorita' preposta al controllo (v. Sez. 3 n. 11556 del 31 marzo 2006; Sez. 3 n. 19898,21 aprile 2005).

Si e' ulteriormente precisato che il problema del superamento dei limiti di tollerabilita' si pone, per le attivita' autorizzate, allorche' l'emissione di fumi e vapori sia una conseguenza diretta delle attivita' medesime.

Pertanto se l'emissione, ancorche' autorizzata, non e' una conseguenza naturale delle attivita' ma dipende da deficienze dell'impianto o da negligenze del gestore, ai fini della configurabilita' del reato e' sufficiente la semplice idoneita' a creare molestia alle persone (Sez. 3 n. 40191, 9 ottobre 2007 v. anche Sez. 3 n. 16286, 17 aprile 2009; Sez. 3 n. 15734 15 aprile 2009).

Cio' posto, si osserva come, nel caso di specie, la legittimita' del sequestro sia stata ritenuta in considerazione del fatto che l'impianto fosse stato installato in violazione delle disposizioni di legge che sono state piu' volte richiamate dal dipendente ASL, pubblico ufficiale addetto alla verifica e consacrate in una formale verbalizzazione. Il che avrebbe evidenziato, alla luce dell'orientamento giurisprudenziale maggioritario e piu' recente che il Collegio condivide, la sussistenza dell'ipotesi contravvenzionale di cui all'articolo 674 c.p..

In ogni caso, anche qualora il documento sul quale si fonda la decisione dovesse risultare inficiato da altre emergenze fattuali, quali quelle prospettate dai ricorrenti, il mantenimento della misura reale sarebbe comunque giustificato poiche' se, come affermato, la caldaia sequestrata non fosse soggetta alle disposizioni che l'autorita' di controllo assume violate, si verserebbe in una ipotesi in cui non opererebbe la presunzione di liceita' penale della condotta ritenuta dalla citata giurisprudenza con tutto cio' che ne consegue.

Il provvedimento impugnato e', pertanto, del tutto immune da censure e deve essere rigettato con le conseguenze indicate in dispositivo.


P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
 



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