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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 28 marzo 2011, n. 7038



DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Vizio di motivazione - Valutazione delle risultanze in sede di giudizio di merito di merito - Sindacato di legittimità - Limiti. Spetta, in via esclusiva, al giudice del merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, cosi, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge), mentre al giudice di legittimità non é conferito il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito (Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267 e Cass. 27 luglio 2008 n. 2049). (conferma sentenza n. 771/2009 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 26/09/2009). Pres. Miani - Est. Napoletano - P.M. Fucci - Ric. AL. GE.. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 28 marzo 2011, n. 7038

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Obbligo di motivazione - Adempimento da parte del giudice.
Al fine di adempiere all'obbligo della motivazione, il giudice del merito non é tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte e argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (per tutte Cass. 25 maggio 1995 n. 5748). (conferma sentenza n. 771/2009 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 26/09/2009). Pres. Miani - Est. Napoletano - P.M. Fucci - Ric. AL. GE.. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 28 marzo 2011, n. 7038


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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio                         - Presidente
Dott. NOBILE Vittorio                                         - Consigliere
Dott. NAPOLETANO Giuseppe                           - Consigliere rel.
Dott. MORCAVALLO Ulpiano                             - Consigliere
Dott. MANCINO Rossana                                   - Consigliere

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
AL. GE., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIO FANI 106, presso lo studio dell'avvocato ROSSI MASSIMILIANO, rappresentata e difesa dall'avvocato BOTTINELLI BERNARDO MARIA, giusta delega in atti;

- ricorrente -


contro


IN. SA. PA. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell'avvocato ALESSI GAETANO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato CORDOLA MICHELE, giusta procura speciale atto notar RENATA MARIELLA di (Omissis) del (Omissis), rep. 27282;

- controricorrente -


contro


FALLIMENTO CO. S.R.L., SA. FO. S.P.A.;

- intimati -

- avverso la sentenza n. 771/2009 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 26/09/2009, r.g.n. 897/08;
- udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/01/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;
- udito l'Avvocato ROSSI MASSIMILIANO per delega BOTTINELLI BERNARDO MARIA;
- udito l'Avvocato CORDOLA MICHELE;
- udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


La Corte di Appello di Milano, pronunciando in sede di rinvio, respingeva la domanda proposta da Al. Ge. nei confronta della società In. sa. Pa. avente ad oggetto la condanna di quest'ultima al risarcimento dei danni conseguenti all'infortunio occorsole in data (omissis) mentre si trovava al lavoro negli uffici di (omissis) del Ba. di. La. - poi In. Sa. - siti in via (omissis).

La predetta Corte poneva a base del decisum il rilevo fondante che le risultanze processuali non fornivano la prova sufficiente atta a dimostrare che l'evento traumatico lamentato dalla Al. si era effettivamente verificato con le modalità indicate nell'atto introduttivo e che tale evento era sicuramente imputabile ad una condotta inadempiente della datrice di lavoro. Avverso tale sentenza l' Al. ricorre in cassazione sulla base di tre censure, illustrate da memoria.

La società In. Sa. Pa. resiste con controricorso.

Le altre parti intimate non svolgono attività difensiva.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con il primo motivo l' Al., denunciando omessa motivazione, assume che la Corte di Appello non procede ad alcuna approfondita disamina logica e giuridica degli elementi da cui trae il proprio convincimento e tanto con particolare riferimento alle dichiarazioni dei testimoni, alla denuncia all'INAIL dell'infortunio ed alla CTU. Con la seconda censura la ricorrente, deducendo vizio d'insufficiente motivazione in relazione al disposto dell'articolo 2087 c.c., prospetta che spettando ad essa ricorrente solo di provare, in mancanza di norme di sicurezza nominate, esclusivamente la nocività dell'ambiente di lavoro ed il nesso di causalità tra quest'ultima ed il danno subito, tanto ha dimostralo. Né, aggiunge la ricorrente, la Banca ha chiesto di provare l'assenza della propria responsabilità ovvero ha offerto di provare una condotta colpevole della lavoratrice. Su tutto ciò, conclude l' Al. , la Corte di Appello non procede ad una approfondita disamina logica e giuridica.

Con il terzo motivo la ricorrente, allega omessa motivazione relativamente alla tardiva denuncia fatta dell'infortunio all'INAIL, alla circostanza dell'esistenza del passaggio che poteva essere utilizzato sia dai dipendenti che dagli operai, alle dichiarazioni dei testi, alla CTU, alla circostanza che si trattava di misura di sicurezza innominata ed alle affermazioni negli scritti difensivi di controparte.

Le censure, in quanto strettamente connesse dal punto di vista logico e giuridico, vanno trattate congiuntamente. Rileva, innanzitutto, il Collegio che la sentenza impugnata risulta ancorata a due distinte rationes decidendi, autonome l'una dalla altra, e ciascuna, da sola, sufficiente a sorreggerne il dictum; da un lato, all'affermazione della mancata dimostrazione che l'evento traumatico si era effettivamente verificato secondo le modalità indicate nell'atto introduttivo; dall'altro, al rilievo della mancata prova circa l'imputabilità di tale evento ad una condotta inadempiente della datrice di lavoro. Decorre quindi, esaminare separatamente le critiche rivolte all'una e all'altra delle indicate rationes decidendi in quanto la resistenza di una di queste autonome ragioni agli appunti mossi con le richiamate censure comporterebbe che la decisione dovrebbe essere tenuta ferma sulla base del profilo della sua ratio censurato infondatamente e priverebbe l'impugnazione dell'idoneità al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (cfr., in merito, ex multis, Cass. 26 marzo 2001 n. 4349, Cass. 27 marzo 2001 n 4424 e da ultimo Cass. 20 novembre 2009 n. 24540).

Tanto precisato e passando all'esame delle critiche rivolte alla sentenza impugnata in ordine all'affermazione che le risultanze processuali non forniscono la prova sufficiente atta a dimostrare che l'evento traumatico lamentato dalla Al. si era effettivamente verificato con le modalità indicate nell'atto introduttivo, osserva il Collegio che la Corte del merito, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, da conto in modo adeguato delle risultanze processuali su cui fonda il proprie convincimento e da conto, altresì, delle ragioni in base alle quali ritiene tali prove inidonee a fornire la dimostrazione di quanto asserito nel ricorso introduttivo circa il nesso causale tra l'evento traumatico e la nocività dell'ambiente.

La Corte territoriale, infatti, rileva che i testi nulla hanno precisato circa le modalità del verificarsi dell'evento, ma solo che l' Al. aveva loro riferito, nel terminare la propria giornata lavorativa alle ore 16,53 che si. sarebbe recata presso il Pronto soccorso perché aveva qualcosa nell'occhio.

Né la ritenuta mancanza di dimostrazione di quanto assunto in ricorso -secondo il quale essa Al. veniva colpita agli occhi da corpuscoli che filtravano attraverso la protezione maldestramente eretta lungo il corridoio che portava ai servizi - é smentita dalle emergenze istruttorie richiamate nelle censure in esame, almeno per quanto nel ricorso, in adempimento del principio di autosufficienza, trascritto.

E tanto vale in relazione alle dichiarazioni testimoniali che, per la parte trascritta, sono riferibili esclusivamente all'esigenza palesata dall' Al. di recarsi al Pronto Soccorso, alla CTU che depone solo per la compatibilità delle lesioni con quanto denunciato dalla ricorrente, ed agli stessi scritti difensivi di controparte da: quali non sono affatto desumibili le modalità del verificarsi dell'evento.

Né, infine, e vale la pena di rilevarlo, é trascritta nel ricorso la richiamata denuncia all'INAIL di detto evento.

Deve, quindi ritenersi che ,sotto il profilo motivazionale, la sentenza impugnata, per quello che riguarda il punto in esame, é formalmente coerente con equilibrio dei vari elementi che ne costituiscono la struttura argomentativa.

Del resto, é al giudice del merito che spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, cosi, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge), mentre al giudice di legittimità non é conferito il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito (Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267 e Cass. 27 luglio 2008 n. 2049).

D'altro canto al fine di adempiere all'obbligo della motivazione, il giudice del merito non é tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte e argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (per tutte Cass. 25 maggio 1995 n. 5748).

Resistendo l'autonoma ratio decidendi in parola della sentenza impugnata alle critiche mosse dal ricorrente é del tutto ultroneo lo scrutinio delle censure articolate con riferimento all'altra autonoma indicata ratio decidendi.

Il ricorso in conclusione va respinto.

Le spese del giudizio di legittimità seguono, nei confronti della parte costituita, la soccomebenza.

Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità nei confronti delle parto ramaste intimate.


P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della società resistente delle spese del giudizio di legittimità liquidate in euro 25,00 per esborsi oltre euro 2.000,00 per onorario ed oltre IVA, CPA e spese. Nulla per le spese del giudizio di legittimità nei confronti delle parti rimaste intimate.



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