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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010), Sentenza n. 7216
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Violazioni paesaggistiche e legittimità
costituzionale - Opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da
essa - Principio di offensività e valutazione di merito del giudice - Art. 181
c. 1-bis, lett. a) D. Lgs. n. 42/2004 - Artt. 13, 25 e 27 Cost.. Sul
principio di offensività nel delitto di cui all’art. 181 c. 1-bis, lett. a) del
d.lgs. n. 42/2004, la Corte Costituzionale, investita della questione di
legittimità costituzionale dell'originaria fattispecie ex art.1-sexies sotto il
profilo dell'asserito contrasto di detta norma con i principi costituzionali di
cui agli artt. 13, 25 e 27 Cost. nella parte in cui sottopone a sanzione penale
tutte le modifiche ed alterazioni, con opere non autorizzate, di beni
specificamente tutelati dal vincolo paesaggistico, senza valutare la concreta
incidenza dannosa per i beni tutelati, pur rigettando la questione, ha tuttavia
affermato (C. Cost. sentenza n. 247/1997) che "anche per i reati formali o di
pericolo presunto l'accertamento in concreto dell'offensività è devoluta al
giudice penale" configurandosi in ciò non un vizio di incostituzionalità, ma una
valutazione di merito dello stesso giudice. (conferma sentenza n. 2469/2009
CORTE APPELLO di FIRENZE, del 15/01/2010 e dichiara manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale) Pres. Ferrua, Est. Rosi, Ric. Zolesio
ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010),
Sentenza n. 7216
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Compatibilità paesaggistica - Interventi
minori - Valutazione postuma - Non applicabilità delle sanzioni penali -
Presupposti - L. n. 308/2004 (previsioni confluite in seguito nel D.Lgs. n.
42/2004, art. 181, cc. 1-ter e quater e, succ., art. 167, cc. 4 e 5 del codice
dell'ambiente. Il principio generale per il quale l'autorizzazione
paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla
realizzazione, anche parziale, degli interventi è stato derogato a seguito della
legge n. 308 del 2004 (con previsioni confluite per l'appunto in seguito nel
D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, commi 1-ter e quater e, successivamente,
nell'art. 167, commi 4 e 5 del codice dell'ambiente), prevedendo la possibilità
di una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica di alcuni
interventi minori, all'esito della quale non si applicano le sanzioni penali
stabilite per il reato contravvenzionale contemplato dall'art. 181, comma 1 dei
d.Lgs. n. n. 42 del 2004. Si tratta, in particolare dei lavori, realizzati in
assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano
determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli
legittimamente realizzati; dell'impiego di materiali in difformità
dall'autorizzazione paesaggistica; dei lavori configurabili quali interventi di
manutenzione ordinaria o straordinaria, ai sensi dell'art. 3 del testo unico. La
non applicabilità delle sanzioni penali è subordinata all'accertamento della
compatibilità paesaggistica dell'intervento, secondo l'art 181, comma 1-quater,
introdotto proprio dalla L. 15 dicembre 2004, n. 308 (presentazione di specifica
domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo, la quale deve
pronunciarsi entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante
della Soprintendenza, da rendersi entro il termine, anch'esso perentorio, di 90
giorni. Cass. Sez. 3, n. 15053 del 13/04/2007, Bugelli). In conclusione, il
reato può essere escluso solo in relazione ad interventi di minima rilevanza e
consistenza, non incidenti ovvero non idonei ad incidere sull'integrità del bene
ambiente. (conferma sentenza n. 2469/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
15/01/2010 e dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale) Pres. Ferrua, Est. Rosi, Ric. Zolesio ed altro. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010), Sentenza n. 7216
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Tutela "reale" dei beni paesaggistici ed
ambientali - Ripristino del bene paesaggistico - Condono - Condizione di non
punibilità - Disposizione derogatoria ed eccezionale - Principi affermati dalla
Corte costituzionale - Art. 181-quinquies d.Lgs n. 42/2004 - Art. 44 lett.c)
D.P.R. n.380/2001. I principi affermati dalla Corte costituzionale, con
l'ordinanza n. 144 del 2007, rappresentano riferimenti essenziali in sede
interpretativa e non consentono, alcuna interpretazione estensiva delle leggi
che prevedono forme di condono, sia per i reati in materia urbanistica ed
edilizia ed ancor più per i casi in cui la violazione costituisce anche offesa
alla tutela delle aree soggette a vincoli di natura ambientale o paesaggistica.
Pertanto, qualora le disposizioni di legge si prestino ad interpretazioni non
uniformi, il giudice deve dare di quelle disposizioni una interpretazione che si
ponga in linea con l'assetto costituzionale (Cass. Sez. 3, n.37243 del
1/10/2008, Fregapane). (conferma sentenza n. 2469/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE,
del 15/01/2010 e dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale) Pres. Ferrua, Est. Rosi, Ric. Zolesio ed altro. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010), Sentenza n. 7216
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - C.d. delitto paesaggistico - Figura autonoma
di reato - Fondamento - Art. 181, c. 1-bis, d.lgs. n. 42/2004. Il c.d.
delitto paesaggistico di cui all'art. 181, c. 1-bis, del d.lgs. n. 42/2004
rappresenta una figura autonoma di reato e non un'ipotesi di reato
circostanziato del reato base di cui al comma 1 del medesimo articolo. Di fatti
il legislatore ha ritenuto di sanzionare più severamente quelle condotte che
sono state ritenute maggiormente offensive, del bene tutelato dell'integrità
ambientale, consistenti o in lavori di qualsiasi genere eseguiti su immobili o
aree tutelate già in precedenza con apposito provvedimento di dichiarazione di
notevole interesse pubblico, ovvero in lavori di consistente entità (come
determinata con i parametri richiamati dalla lettera b) del citato comma) che
ricadono su immobile o aree tutelate per legge ai sensi dell'art. 142 dello
stesso corpus normativo. (conferma sentenza n. 2469/2009 CORTE APPELLO di
FIRENZE, del 15/01/2010 e dichiara manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale) Pres. Ferrua, Est. Rosi, Ric. Zolesio ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010), Sentenza n.
7216
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIULIANA FERRUA
- Presidente -
Dott. CLAUDIA SQUASSONI
- Consigliere -
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere -
Dott. ALDO FIALE
- Consigliere -
Dott. ELISABETTA ROSI
- Consigliere Rel. -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
1) ZOLESIO ALESSANDRA N. IL 24/06/1963
2) FANCIULLI MASSIMILIANO N. IL 15/03/1976
- avverso la sentenza n. 2469/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 15/01/2010
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2010 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI
- Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Giocchino Izzo che ha
concluso per il rigetto del ricorso e la manifesta infondatezza di legittimità
costituzionale della questione
- Udito il difensore B. L. che ha concluso per l'accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Firenze con sentenza del 15 gennaio 2010, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Grosseto, sezione distaccata di
Orbetello, aveva assolto Zolesio Alessandra (committente) e Fanciulli
Massimiliano (esecutore) dalla contravvenzione di cui all"art.44 lett.c) dpr
n.380/2001, confermando la decisione di condanna in riferimento al delitto di
cui all'art. 181 c. 1-bis, lett. a) del d.lgs. n. 42/2004, ed aveva
rideterminato la pena in mesi otto di reclusione, con revoca dell'ordine di
rimessione in pristino ed esclusione della subordinazione della sospensione
condizionale al suddetto adempimento, avuto riguardo alla abusiva realizzazione
di una muratura in pietra contro terra, lunga complessivamente m. 26,50, spessa
in media cm. 50 e con un'altezza di m 3,00, senza la prescritta autorizzazione
dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo e senza permesso di costruire,
fatti accertati il 27/12/2006 in Monte Argentario, frazione di Porto Santo
Stefano, loc. Lupaiola, area dichiarata di notevole interesse pubblico con
decreto ministeriale del 21 febbraio 1958.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati chiedendone in via
principale l'annullamento per i seguenti motivi:
1. Inosservanza dell'art. 181, c. 1-ter e 1-quater D. Lgs. 42/2004 -
Non_punibilità dei ricorrenti per il delitto di cui all'art. 181, c. 1-bis lett.
a) stante il conseguimento dell'accertamento di compatibilità paesaggistica
(art. 606, c. 1, lett, b, c.p.p.). Il ricorrenti hanno premesso in punto di
fatto che il comune di Monte Argentaria (ente territorialmente delegato allo
svolgimento delle funzioni per l'adozione dei provvedimenti autorizzatoci in
materia paesaggistica, giusta la L. Regionale Toscana 1/2005, artt. 87 ed 88),
previo conseguimento del parere favorevole della Sovrintendenza ai beni
ambientali e del paesaggio di Siena, ha accertato, ai sensi e per gli effetti di
cui agli artt. 167 e 181, c. 1-ter e 1-quater, la compatibilità paesaggistica
del manufatto. Su tale base i giudici di secondo grado avevano revocato l'ordine
di rimessione in pristino dello stato dei luoghi all'adempimento del quale era
subordinata la sospensione condizionale della pena ed avevano confermato la
condanna per il reato di cui all'art. 181 c. 1-bis lett. a), ritenendo che
l'art. 181 c. 1-ter limiti l'efficacia estintiva alla sola a fattispecie
contravvenzionale di cui al c. 1 dell'art. 181, senza alcun riferimento al
delitto di cui all'art. 181 c. 1-bis. A detta dei ricorrenti tali
interpretazione sarebbe errata alla luce di un'interpretazione sistematica delle
norme regolatrici della materia: l'accertamento di compatibilità paesaggistica
previsto dai c. 1-ter ed 1-quater dell'art. 181 D. Leg.vo 42/2004, dovrebbe
essere applicato a tutte le fattispecie incriminatrici contenute nella
disposizione, che sarebbero omogenee ed anzi omologhe, essendo formulate come
reati di pericolo con identica condotta.
2. Motivazione contraddittoria (art. 606, lett. e) c p.p.. I Giudici fiorentini
da un lato hanno ritenuto corretto l'accertamento di compatibilità paesaggistica
e dall'altro hanno confermato la condanna.
3. In subordine, i ricorrenti hanno posto la questione di illegittimità
costituzionale, a loro avviso non manifestamente infondata, dell'art. 181 c.
1-ter D. Lgs. 42/2004, nella parte in cui non prevede che, conseguito
l'accertamento di compatibilità paesaggistica secondo il procedimento di cui al
successivo c.1-quater ed all'art. 167 c.5, dello stesso corpo normativo, non
siano applicabili sanzioni penali previste dalla fattispecie incriminatrice di
cui al c. 1-bis lett. a) della medesima norma, per la violazione degli artt. 3,
25, c.2 e 27, c. 3, Cost. chiedendo la rimessione degli atti alla Corte
Costituzionale. La nuova concezione di paesaggio introdotta dalla L. n. 431/1985
e successivamente recepita nel D. Lgs. n. 42/2004 imporrebbe la valutazione
unitaria e la tutela unitaria di tutte le sue componenti, tutela che ha come
valore essenziale la rimessione in pristino dello stato dei luoghi e non sarebbe
quindi corretto distinguere tra beni ed aree dichiarati di notevole interesse
pubblico (in base alle legislazioni previgenti al D. Lgs. n.42/2004) ed aree
sottoposte al vincolo per categoria, nel senso di attribuire ai primi una
rilevanza maggiore rispetto alle seconde: pertanto la limitazione
dell'operatività della clausola di non punibilità alle sole opere eseguite nelle
zone di cui all'art. 142 del d.lgs. sarebbe una scelta irragionevole.
Oltre alla violazione dell'art. 3 Cost. sarebbe ravvisabile anche la violazione
degli artt. 25, c.2, e 27, c. 3 Cost. in quanto mantenere la criminalizzazione
nonostante il positivo accertamento di compatibilità paesaggistica dell'opera
realizzata si tradurrebbe nella previsione di una sanzione penale a fronte di
una condotta astrattamente priva di ogni offensività, in violazione anche del
principio della funzione rieducativa della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non sono fondati.
1. E' bene premettere che la disciplina in tema di tutela penale dell'ambiente e
del paesaggio si è sviluppata seguendo una linea coerente sin dall'emanazione
del D.L. 27 giugno 1985, n. 312 (art. 1-sexies) e successivamente del D.Lgs. 15
ottobre 1999, n. 490 (art. 163) e poi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (art.
181), e con carattere di piena autonomia rispetto ai reati in materia edilizia.
Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita - in assenza dell'autorizzazione
le cui procedure di rilascio sono disciplinate dall'art. 146 del D.Lgs. n. 42
del 2004 - ogni modificazione dell'assetto dei territorio, attuata sia
attraverso un'opera edilizia che mediante interventi "di qualunque genere" (ad
eccezione della manutenzione, ordinaria e straordinaria, del consolidamento
statico o restauro conservativo, purché non alterino lo stato dei luoghi e
l'aspetto esteriore degli edifici; dell'esercizio dell'attività agro-
silvo-pastorale, che non comporti alterazione permanente dello stato dei luoghi
con costruzioni edilizie od altre opere civili e sempre che si tratti di
attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico; del taglio
colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, antincendio e di
conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste, purché previsti ed
autorizzati in base alle norme vigenti in materia).
Anche la giurisprudenza di legittimità ha individuato nel corso del tempo alcune
linee guida interpretative. La posizione più rigorosa ritiene che gli illeciti
previsti costituiscono reati di pericolo, che si realizzano a seguito della
sottrazione delle opere al controllo preventivo delle autorità, senza che debba
accertarsi se sussista un'offesa rilevante ai beni paesaggistici; secondo tale
indirizzo tale offesa risulta sussistente anche quando dette autorità attestino
ex post la compatibilità ambientale dell'intervento (fra tutte, Sez.3, n. 16713,
dell'8/4/2004, Di Muzio, Rv. 227965 e n. 10463 del 17/3/2005, Di Cesare e altro,
Rv. 231247). Per altro orientamento il reato paesaggistico, ritenuto
concordemente quale reato di pericolo, si perfeziona quando viene messa in
pericolo l'integrità paesaggistico-ambientale, ritenuta esistente quando
l'agente abbia fatto un uso del bene diverso da quello cui esso è destinato od
abbia posto in essere interventi idonei anche solo astrattamente a mettere in
pericolo tale bene (per questa linea, tra le altre, Sez.3, n. 6180 del
29/5/2000, Faiola e altro, Rv. 216975 e n.2903 del. 22/1/2010, Soverini, Rv.
245908); in altre decisioni è stato affermato che il pericolo può dirsi
sussistente solo quando si sia realizzata una modificazione apprezzabile
dell'assetto ambientale, e quindi un'incidenza in senso fisico ed estetico,
rilevante anche sotto il profilo temporale, sulle caratteristiche del luogo
sottoposto alla speciale tutela ambientale (in tal senso, Sez. 3, n. 16036 dell'
11/5/2006, Senesi, Rv. 234329 e n. 5462 del 14/2/2005, Boscacci, Rv. 230845).
2. La censura dei ricorrenti si è proprio incentrata sul mancato rispetto del
principio dell'offensività del reato: è stato sostenuto che pur essendo la
fattispecie incriminatrice del 181 comma 1-bis destinata a tutelare sia
l'ambiente sia, strumentalmente, l'interesse a che la pubblica amministrazione
preposta al controllo venga posta in condizioni di esercitare efficacemente e
tempestivamente la funzione di salvaguardia del bene ambientale, nel caso di
specie, il positivo accertamento di compatibilità paesaggistica dell'intervento
implicherebbe il riconoscimento che nel caso concreto non vi era alcuna
necessità di tutelare il bene primario.
Tale censura non è fondata. Come correttamente asserito dai ricorrenti la
fattispecie di cui trattasi non si limita a tutelare l'ambiente, incriminando le
condotte che abbiano arrecato pregiudizio, ma anche in via prodromica,
sanzionando la messa in pericolo del bene ambiente, stabilendo la necessarietà
dei preventivi controlli sulle zone sottoposte a vincolo paesaggistico
attraverso il meccanismo procedimentale previsto. Sul principio di offensività
nel delitto di specie, la Corte Costituzionale, investita della questione di
legittimità costituzionale dell'originaria fattispecie di cui all'art.1-sexies
sotto il profilo dell'asserito contrasto di detta norma con i principi
costituzionali di cui agli artt. 13, 25 e 27 Cost, nella parte in cui sottopone
a sanzione penale tutte le modifiche ed alterazioni, con opere non autorizzate,
di beni specificamente tutelati dal vincolo paesaggistico, senza valutare la
concreta incidenza dannosa per i beni tutelati, pur rigettando la questione, ha
tuttavia affermato (sentenza n. 247 del 1997) che "anche per i reati formali o
di pericolo presunto l'accertamento in concreto dell'offensività è devoluta al
giudice penale" configurandosi in ciò non un vizio di incostituzionalità, ma una
valutazione di merito dello stesso giudice.
Per quanto attiene in particolare alla non punibilità conseguibile all'esito del
successivo riconoscimento della compatibilità paesaggistica dell'opera
realizzata, il principio generale per il quale l'autorizzazione paesaggistica
non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche
parziale, degli interventi è stato, è ben vero, derogato a seguito della legge
n. 308 del 2004 (con previsioni confluite per l'appunto in seguito nel D.Lgs. n.
42 del 2004, art. 181, commi 1-ter e quater e, successivamente, nell'art. 167,
commi 4 e 5 del codice dell'ambiente), prevedendo la possibilità di una
valutazione postuma della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi
minori, all'esito della quale non si applicano le sanzioni penali stabilite per
il reato contravvenzionale contemplato dall'art. 181, comma 1 dei d.Lgs. n. 42
del 2004: si tratta, in particolare dei lavori, realizzati in assenza o
difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato
creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente
realizzati; dell'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione
paesaggistica; dei lavori configurabili quali interventi di manutenzione
ordinaria o straordinaria, ai sensi dell'art. 3 del testo unico. La non
applicabilità delle sanzioni penali è subordinata all'accertamento della
compatibilità paesaggistica dell'intervento, secondo l'art 181, comma 1-quater,
introdotto proprio dalla L. 15 dicembre 2004, n. 308 (presentazione di specifica
domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo, la quale deve
pronunciarsi entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante
della Soprintendenza, da rendersi entro il termine, anch'esso perentorio, di 90
giorni. Cfr. Sez. 3, n. 15053 del 13/04/2007, Bugelli, Rv. 236337). In
conclusione, il reato può essere escluso solo in relazione ad interventi di
minima rilevanza e consistenza, non incidenti ovvero non idonei ad incidere
sull'integrità del bene ambiente.
Nel caso di specie la sentenza impugnata ha dato conto dell'entità dell'opera
eseguita e del fatto che la stessa è risultata - sulla base delle foto prodotte
dalla stessa difesa dell'imputato - non irrilevante sotto il profilo oggettivo
(individuata quale «non modesta "quinta" muraria configurante e delimitante
un'area verde», «vistosamente grandeggiando nel contesto osservabile») e tale
opera risulta realizzata in area dichiarata di notevole interesse pubblico con
apposito provvedimento, costituito dal D.M. del 21/2/1958, relativo all'intero
territorio del comune di Monte Argentario, emanato quindi in epoca antecedente
alla realizzazione dei lavori. Pertanto i giudici, dandone congrua motivazione,
hanno valutato la stessa idonea a compromettere l'ambiente paesaggistico,
concludendo per la realizzazione di una effettiva messa in pericolo del
paesaggio, valutabile come tale anche ex ante, nonché di una violazione
dell'interesse dalla P.A. ad una corretta informazione preventiva ed
all'esercizio di un efficace e sollecito controllo.
3. Per quanto attiene alla censura della mancata applicazione da parte dei
giudici di merito della condizione di esclusione della punibilità prevista dai
c. 1-ter ed 1- quater del D.Lgs n. 42 del 2004, in conseguenza dell'accertamento
di compatibilità paesaggistica, anche alla contestata incriminazione di cui
all'art. 181 c. 1-bis dello stesso decreto legislativo, la stessa è parimenti
infondata.
Come affermato dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 144 del 2007 (nel
corso del giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 181-quinquies del
d.Lgs n. 42 del 2004) proprio in considerazione della straordinaria importanza
della tutela "reale" dei beni paesaggistici ed ambientali, il legislatore ha
introdotto tale disposizione con lo scopo di incentivarla, riconoscendo valore
prevalente al ripristino del bene paesaggistico rispetto alla stessa pretesa
punitiva dello Stato, ma il giudice delle Leggi si è espresso nel senso della
impossibilità per la Corte costituzionale di operare una pronuncia additiva
della condizione di non punibilità, in quanto tesa ad estendere una disposizione
derogatoria ed eccezionale, estensione possibile solo quando sussista piena
identità di funzione fra le discipline poste a raffronto. I principi affermati
dalla Corte costituzionale rappresentano riferimenti essenziali in sede
interpretativa e non consentono, quindi, alcuna interpretazione estensiva delle
leggi che prevedono forme di condono, sia per i reati in materia urbanistica ed
edilizia ed ancor più per i casi in cui la violazione costituisce anche offesa
alla tutela delle aree soggette a vincoli di natura ambientale o paesaggistica.
Pertanto, qualora le disposizioni di legge si prestino ad interpretazioni non
uniformi, il giudice deve dare di quelle disposizioni una interpretazione che si
ponga in linea con l'assetto costituzionale (in tal senso si veda anche Sez. 3,
n.37243 del 1/10/2008, Fregapane, non mass.).
I giudici di merito si sono uniformati a questi principi ed hanno ritenuto che
non vi fosse una ragione costituzionalmente fondata per applicare estensivamente
l'esclusione della punibilità prevista dalle disposizioni di cui ai commi 1-ter
ed 1-quater dell'art. 181. Di fatti le successive modifiche legislative
all'impianto originario del decreto legislativo n. 42 del 2004 (legge n. 308 del
2004 e decreto legislativo n. 157 del 2006), non hanno alterato l'originaria
diversificazione tra i beni tutelati ex art. 136 del codice Urbani, in quanto
dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento, e le aree
tutelate per legge, di cui all'art. 142 del medesimo testo, caratterizzate da
interesse paesaggistico: non possono perciò essere ritenute identiche le
discipline poste a raffronto.
4. Anche in relazione al secondo motivo di ricorso, non si ravvisa alcuna
contraddittorietà nella motivazione fornita dai giudici della corte di appello
fiorentina, che hanno riferito dell'accertamento di compatibilità paesaggistica
ottenuta con provvedimento dirigenziale del comune di Monte Argentario in data
27 ottobre 2009, quale elemento dal quale è conseguita la revoca della sanzione
amministrativa dell'ordine di rimessione in pristino, ma non anche, per le
ragioni enunciate, la declaratoria di non doversi procedere in ordine al reato
ambientale, ed hanno pertanto confermato la condanna dei ricorrenti per il reato
di cui all'art. 181, c.1-bis del D.Lgs n. 42 del 2004. La riforma della
decisione di primo grado, con conseguente assoluzione per la violazione edilizia
di cui all'art. 44, lett. c) del D.P.R. 380 del 2001, risulta, di contro,
motivata sul piano della incertezza probatoria per mancanza di accertamenti sul
punto, quanto alla circostanza se l'intervento pertinenziale di cui è processo
sia o meno da annoverare fra gli "interventi di nuova costruzione", ai sensi
dell'art. 10, c.1, lett. a) del D.p.r. 380 del 2001.
5. Non è neppure accoglibile l'eccezione proposta, in via subordinata, dai
ricorrenti volta a sollecitare una pronuncia di non manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale dell'art.181, c.1-ter del D.Lsg n. 42
del 2004, laddove non prevede che, conseguito l'accertamento di compatibilità
paesaggistica secondo il procedimento di cui al comma 1-quater e all'art. 167,
c.5, non siano applicabili le sanzioni penali previste dal comma 1-bis lett.a)
della stessa disposizione, per violazione degli artt. 3, 25, c.2 e 27, c.3 della
Costituzione.
Va premesso che il c.d. delitto paesaggistico di cui all'art. 181, c. 1-bis,
come affermato anche dalla dottrina, rappresenta una figura autonoma di reato e
non un'ipotesi di reato circostanziato del reato base di cui al comma 1 del
medesimo articolo. Di fatti il legislatore ha ritenuto di sanzionare più
severamente quelle condotte che sono state ritenute maggiormente offensive, del
bene tutelato dell'integrità ambientale, consistenti o in lavori di qualsiasi
genere eseguiti su immobili o aree tutelate già in precedenza con apposito
provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico, ovvero in lavori
di consistente entità (come determinata con i parametri richiamati dalla lettera
b) del citato comma) che ricadono su immobile o aree tutelate per legge ai sensi
dell'art. 142 dello stesso corpus normativo.
Occorre poi richiamare i principi stabiliti dalla Corte costituzionale in base
ai quali la discrezionalità in materia di disciplina delle condizioni di
estinzione del reato o della pena spetta in via esclusiva al legislatore e -
quindi - l'estensione di una condizione di non punibilità, quale quella di cui
si tratta, attraverso una pronuncia del Giudice delle Leggi è possibile solo
quando risulti piena identità fra le discipline poste a raffronto.
Questo Collegio rileva, invece, che la diversificazione tra le situazioni poste
a raffronto non appare violare alcuno dei parametri costituzionali evocati,
trattandosi per l'appunto di situazioni non omogenee, in relazione alle quali
non risulta irragionevole una disciplina normativa diversa (in un caso, lavori
realizzati in aree o immobili tutelati in via specifica ed individualizzata, e
nell'altro, lavori realizzati in aree tutelate per legge, con richiamo generale
alla categoria ex art. 142 del Digs n. 42 del 2004). La questione di legittimità
costituzionale risulta pertanto manifestamente infondata.
I ricorsi devono pertanto essere rigettati ed i ricorrenti devono essere
condannati, ai sensi del disposto di cui all'art. 616 c.p.p., al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale;
rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2010.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 25 Feb. 2011
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