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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010), Sentenza n. 7217
DIRITTO URBANISTICO - Nozione di volume tecnico - Presupposti. Per
l'identificazione della nozione di "volume tecnico", assumono valore tre ordini
di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, relativo al rapporto di
strumentalità necessaria del manufatto con l'utilizzo della costruzione alla
quale si connette; il secondo ed il terzo, negativi, ricollegati da un lato
all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse (nel senso che tali
costruzioni non devono potere essere ubicate all'interno della parte abitativa)
e dall'altro lato ad un rapporto di necessaria proporzionalità tra tali volumi e
le esigenze effettivamente presenti. Ne deriva che la nozione in esame può
essere applicata solo alle opere edilizie completamente prive di una propria
autonomia funzionale, anche potenziale, ed è invece esclusa rispetto a locali,
in specie laddove di ingombro rilevante, oggettivamente incidenti in modo
significativo sui luoghi esterni (T.a.r. Campania, Salerno, sez. II, 13.7.2009,
n. 3987; T.a.r. Puglia, Lecce, sez. I, 22.11.2007, n. 3963; T.a.r. Liguria,
Genova, sez. I, 30.1.2007, n. 1011). (riforma sentenza n. 668/2008 TRIBUNALE di
RAGUSA, del 07/01/2010) Pres. Ferrua, Est. Fiale, Ric. Pubblico Ministero in
proc. La Terra. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud.
17/11/2010), Sentenza n. 7217
DIRITTO URBANISTICO - Opere edilizie - Volumi tecnici - Nozione -
Realizzazione di un "locale tecnico" - Norme urbanistico-edilizie - Attività di
edilizia c.d. "libera" e titolo abilitativo - Conteggio dell'indice edificatorio
- Esclusione. Sono volumi tecnici quelli strettamente necessari a contenere
ed a consentire la sistemazione di quelle parti degli impianti tecnici, aventi
un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione (quali:
serbatoi idrici, extracorsa degli ascensori, vani di espansione dell'impianto
termico, canne fumarie e di ventilazione, vano scala al di sopra della linea di
gronda etc.), che non possono, per esigenze tecniche di funzionalità degli
impianti stessi, trovare allocazione entro il corpo dell'edificio realizzabile
nei limiti imposti dalle nonne urbanistiche (Cass., sez. III: 3.10.2008, n.
37575, Ronconi; 21.5.2008, n. 20267, Valguarnera; nonché C. Stato, sez. V,
31.1.2006, n. 354). Pertanto, la realizzazione di un "locale tecnico", non è
attività di edilizia c.d. "libera", che può essere cioè eseguita senza alcun
titolo abilitativo, essendo soltanto generalmente previsto (fatti salvi i casi
di diversa definizione o disciplina da parte della legislazione regionale o
delle norme urbanistico-edilizie vigenti in ambito comunale) che i "volumi
tecnici', da indicare pur sempre negli elaborati progettuali, siano esclusi dal
calcolo della cubatura utile di un edificio, che comunque deve essere
autorizzato nei modi di legge. Tuttavia, i volumi tecnici non rientrano nel
conteggio dell'indice edificatorio, in quanto non sono generatori del c.d.
"carico urbanistico" e la loro realizzazione è finalizzata a migliorare la
funzionalità e la salubrità delle costruzioni. Restano esclusi, invece, dalla
nozione e sono computabili nel volume i vani che assolvono funzioni
complementari all'abitazione (quali quelli di sgombero, le soffitte e gli
stenditoi chiusi). (riforma sentenza n. 668/2008 TRIBUNALE di RAGUSA, del
07/01/2010) Pres. Ferrua, Est. Fiale, Ric. Pubblico Ministero in proc. La Terra.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010), Sentenza
n. 7217
DIRITTO URBANISTICO - Illeciti edilizi e norma penale in bianco - Art. 44,
lett. a), D.P.R. n. 380/2001. In tema di illeciti edilizi, la previsione
legislativa più lieve di cui all'art. 44, lett. a), del D.P.R. n. 380/2001
introduce una ipotesi di norma penale in bianco configurante sostanzialmente una
categoria residuale di condotte penalmente rilevanti: nel caso di realizzazione
di opere in assenza o in totale difformità della concessione edilizia, pertanto,
il reato più grave ricomprende quello riferito all'inosservanza delle regole
fissate (dagli strumenti urbanistici ed in particolar modo dalle norme tecniche
di attuazione del piano regolatore generale, dal regolamento edilizio e dalla
concessione edilizia) per l'attività costruttiva [Cass., sez. III, 26.3.2001, n.
11716, Matarrese ed altri]. (riforma sentenza n. 668/2008 TRIBUNALE di RAGUSA,
del 07/01/2010) Pres. Ferrua, Est. Fiale, Ric. Pubblico Ministero in proc. La
Terra. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010),
Sentenza n. 7217
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIULIANA FERRUA
- Presidente
Dott. CLAUDIA SQUASSONI
- Consigliere
Dott. MARIO GENTILE
- Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Consigliere Rel.
Dott. ELISABETTA ROSI
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
1)PMT PRESSO TRIBUNALE DI RAGUSA
2) SCHEMBARI GIUSEPPA N. IL 06/06/1937 (parte civile)
3) LA TERRA SALVATORE N. IL
12/05/1964 * C/
- avverso la sentenza n. 668/2008 TRIBUNALE di RAGUSA, del 07/01/2010
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2010 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. ALDO FIALE
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gioacchino Izzo che ha
concluso per l'accoglimento del ricorso del P.M. e di quello della parte civile
limitatamente alle disposizione risarcitorie. Declaratoria di inammissibilità
del ricorso dell'imputato udito - per la parte civile - l'avv.to Salvatore
Schembari - il quale ha chiesto l'accoglimento del proprio ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale monocratico di Ragusa, con sentenza del 7.12010:
a) affermava la responsabilità penale di La Terra Salvatore in ordine ai reati
di cui:
- (capo A della rubrica) all'art.
44, lett. a), D.P.R. n. 380/2001 [per avere realizzato un manufatto di circa mt.
3,50 x 6,00, con struttura portante in muratura e solaio in cemento armato -
all'interno del quale è stata totalmente interrata una cisterna con diramazioni
della rete di riscaldamento verso un edificio separato assentito con concessione
edilizia del 10.2.2005 - senza che l'anzidetto manufatto fosse stato autorizzato
con quel titolo concessorio ed essendo stato esso edificato senza il rispetto
della distanza dai confini prescritta dalla normativa di piano - acc. in Comiso,
in epoca prossima e successiva al maggio 2006];
- (capo C della rubrica) agli arti. 94 e 95 D.P.R. n. 380/2001 [per avere
realizzato il manufatto anzidetto, in zona sismica, senza avere rispettato le
norme e le prescrizioni tecniche contenute nei decreti ministeriali vigenti,
senza avere denunciato l'inizio dei lavori alle competenti autorità e senza
avere ottenuto la necessaria autorizzazione scritta]
e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati i reati nel vincolo
della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., lo condannava alla pena
complessiva di euro 2.000,00 di ammenda;
b) condannava il La Terra al risarcimento dei danni in favore della costituita
parte civile Schembari Giuseppa, liquidati in euro 3.000,00;
c) assolveva l'imputato - per insussistenza del fatto - dai reati di cui agli
artt. 64, 65, 71 e 72 D.P.R. n. 380/2001, contestati al capo 13 della rubrica
[realizzazione del manufatto senza il progetto esecutivo e la direzione di un
professionista abilitato e senza la prescritta denuncia di inizio dei lavori],
sul rilievo che nessuna opera in cemento armato o in strutture metalliche era
stata realizzata.
Il Tribunale qualificava nel senso anzidetto l'originaria imputazione riferita
al reato urbanistico - che era stata formulata ai sensi della lett. b) dell'art.
44 del D.P.R. n. 380/2001 - rilevando che, nella specie, doveva applicarsi la
lettera a) della stessa norma incriminatrice, essendo stato realizzato un
"locale tecnico" in violazione delle sole prescrizioni di piano che impongono
una distanza minima dal confine.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Ragusa, l'imputato La Terra e la parte civile.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa ha eccepito
- limitatamente al reato urbanistico di cui al capo A) - violazione dell'art. 521 c.p.p. e vizio di motivazione, in quanto la contestazione originaria era riferita alla mancanza di permesso di costruire per l'edificazione del manufatto, mentre la sentenza impugnata ha ritenuto superflua ogni indagine circa la individuazione del titolo abilitativo necessario per quel tipo di edificazione, limitandosi a valutare esclusivamente il profilo della violazione delle distanze.
Il La Terra ha eccepito:
- l'insussistenza del reato urbanistico, in quanto non potrebbe attribuirsi
alcuna rilevanza penale alla "presunta violazione delle distanze minime tra
confinanti" in relazione ad un corpo tecnico realizzato all'interno della
propria proprietà, configurandosi "una mera violazione di norme civili";
- la prescrizione dei reati;
- la determinazione della pena in misura eccessiva;
- la mancata concessione dei benefici della non menzione della condanna e
dell'indulto;
- la incongruità della condanna al risarcimento del danno in favore della parte
civile, per l'esistenza di una strada pubblica frapposta tra le due proprietà.
La parte civile Giuseppa Schemberi - dopo avere premesso che la costruzione del
manufatto in oggetto sarebbe stata proseguita anche dopo la notifica dell'ordine
di sospensione dei lavori (emessa il 19.10.2006) e dell'ingiunzione comunale di
demolizione (emessa il 3.11.2006) - ha lamentato:
- la erronea derubricazione del reato urbanistico di cui al capo A) della
rubrica, a fronte di quella che deve ritenersi "nuova costruzione" realizzata
senza il prescritto permesso di costruire;
- la erronea assoluzione dell'imputato dai reati di cui agli artt. 64, 65, 71 e
72 D,P.R. n. 380/2001 (capo B della rubrica), poiché - contrariamente a quanto
affermato dal Tribunale - il solaio del manufatto era stato costruito (anche per
ammissione dell'imputato) con struttura in cemento armato con travi di acciaio;
- la esiguità della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno (euro
3,000,00 a fronte di una richiesta per 20.000,00 euro);
- la mancata emissione dell'ordinanza di demolizione delle opere abusive.
Le doglianze sopra compendiate sono state ulteriormente illustrate e più
specificamente articolate dal patrono della parte civile con "motivi nuovi"
contenuti in una memoria del 28.10.2010.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso del P.M. è fondato e merita accoglimento.
1.1 Al La Terra è stata contestata la realizzazione abusiva di un manufatto
avente superficie coperta di mq. 21, altezza di mt. 2,60 e volume complessivo di
mc, 54.
Tale manufatto è stato individuato dagli accertatori come "locale tecnico",
essendovi state collocate all'interno una cisterna interrata e le diramazioni
della rete di riscaldamento verso un immobile residenziale autorizzato con
concessione edilizia n. 9167 del 10.2.2005: titolo abilitativo che non
prevedeva, però, la realizzazione di quel locale esterno.
Risulta dagli atti che l'imputato ha chiesto "accertamento di conformità", ai
sensi dell'art. 37 del D.P.R. n. 380/2001, ma la Commissione edilizia comunale -
evidenziato l'assoggettamento dell'opera al regime della concessione edilizia e
non a quello della mera autorizzazione - ha espresso (nella seduta del
24.10.2006) parere contrario, "in quanto il manufatto non rispetta la distanza
di mt. 7,50 dal confine, prevista per la zona omogenea E1" (la relazione
specifica è con la confinante proprietà della signora Giuseppa Schemberi,
costituitasi parte civile).
Analogo parere negativo è stato formulato dalla Commissione edilizia (e
comunicato il 21.10.2009) a seguito di una seconda richiesta di accertamento di
conformità sanante.
Il Tribunale ha valutato esclusivamente tale segnalato contrasto con le vigenti
norme di pianificazione (del quale non vi era menzione nel capo di imputazione
originario) e, a fronte di esso, ha espressamente - ed erroneamente, secondo
quanto verrà illustrato di seguito - ritenuto superflua la valutazione della
assorbente questione della individuazione del regime edilizio al quale debba
ritenersi assoggettato il manufatto non ricompreso nel titolo abilitativo
rilasciato per la costruzione residenziale.
La realizzazione di un "locale tecnico", invero, non è attività di edilizia c.d.
"libera", che può essere cioè eseguita senza alcun titolo abilitativo, essendo
soltanto generalmente previsto (fatti salvi i casi di diversa definizione o
disciplina da parte della legislazione regionale o delle norme
urbanistico-edilizie vigenti in ambito comunale) che i "volumi tecnici', da
indicare pur sempre negli elaborati progettuali, siano esclusi dal calcolo della
cubatura utile di un edificio, che comunque deve essere autorizzato nei modi di
legge.
1.2 Secondo l'interpretazione giurisprudenziale, inoltre - vedi Cass., sez. III:
3.10.2008, n. 37575, Ronconi; 21.5.2008, n. 20267, Valguarnera; nonché C. Stato,
sez. V, 31.1.2006, n. 354 - sono volumi tecnici quelli strettamente necessari a
contenere ed a consentire la sistemazione di quelle parti degli impianti
tecnici, aventi un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della
costruzione (quali: serbatoi idrici, extracorsa degli ascensori, vani di
espansione dell'impianto termico, canne fumarie e di ventilazione, vano scala al
di sopra della linea di gronda etc.), che non possono, per esigenze tecniche di
funzionalità degli impianti stessi, trovare allocazione entro il corpo
dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle nonne urbanistiche.
I volumi tecnici non rientrano nel conteggio dell'indice edificatorio, in quanto
non sono generatori del c.d. "carico urbanistico" e la loro realizzazione è
finalizzata a migliorare la funzionalità e la salubrità delle costruzioni.
Restano esclusi, invece, dalla nozione e sono computabili nel volume i vani che
assolvono funzioni complementari all'abitazione (quali quelli di sgombero, le
soffitte e gli stenditoi chiusi).
Ritiene questo Collegio - condividendo un consolidato orientamento della
giurisprudenza amministrativa [vedi, tra le decisioni più recenti; T.a.r.
Campania, Salerno, sez. II, 13.7.2009, n. 3987; T.a.r. Puglia, Lecce, sez. I,
22.11.2007, n. 3963; T.a.r. Liguria, Genova, sez. I, 30.1.2007, n. 1011 - che,
per l'identificazione della nozione di "volume tecnico", assumono valore tre
ordini di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, relativo al
rapporto di strumentalità necessaria del manufatto con l'utilizzo della
costruzione alla quale si connette; il secondo ed il terzo, negativi,
ricollegati da un lato all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse (nel
senso che tali costruzioni non devono potere essere ubicate all'interno della
parte abitativa) e dall'altro lato ad un rapporto di necessaria proporzionalità
tra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti.
Ne deriva che la nozione in esame può essere applicata solo alle opere edilizie
completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, ed è
invece esclusa rispetto a locali, in specie laddove di ingombro rilevante,
oggettivamente incidenti in modo significativo sui luoghi esterni.
1.3 Tutte le valutazioni connesse ai principi dianzi affermati non hanno
costituito oggetto della sentenza impugnata e la stessa, in particolare, non ha
tenuto conto che il manufatto contestato, edificato pure in violazione delle
prescritte distanze dai confini, non era indicato negli elaborati progettuali
approvati con la concessione edilizia del 10.2.2005.
In proposito va altresì evidenziato che, in tema di illeciti edilizi, la previsione legislativa più lieve di cui all'art. 44, lett. a), del D.P.R. n. 380/2001 introduce una ipotesi di norma penale in bianco configurante sostanzialmente una categoria residuale di condotte penalmente rilevanti: nel caso di realizzazione di opere in assenza o in totale difformità della concessione edilizia, pertanto, il reato più grave ricomprende quello riferito all'inosservanza delle regole fissate (dagli strumenti urbanistici ed in particolar modo dalle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale, dal regolamento edilizio e dalla concessione edilizia) per l'attività costruttiva [vedi Cass., sez. III, 26.3.2001, n. 11716, Matarrese ed altri].
1.4 In accoglimento del ricorso del P.M., conseguentemente, la sentenza
impugnata deve essere annullata - limitatamente al reato di cui al capo A) della
rubrica - con rinvio al Tribunale di Ragusa, per nuovo esame alla stregua dei
principi di diritto dianzi enunciati.
2. Il ricorso proposto dal La Terra, invece, deve essere rigettato, perché
infondato.
In particolare:
- infondata è la prospettazione di una rilevanza meramente civilistica della
vicenda, perché nella specie è stato accertata, in punto di fatto, la violazione
del regime delle distanze tra costruzioni, fissato in concreto dallo strumento
urbanistico assumendo come termine di riferimento i confini e non il distacco
tra edifici.
Tali prescrizioni - che hanno comunque natura integrativa delle disposizioni
dettate in materia dal codice civile - mirano non soltanto a regolare i rapporti
civilistici di vicinato, ma sono anche dirette a soddisfare esigenze più
generali che riguardano l'assetto urbanistico di una determinata zona del
territorio comunale e disciplinano la densità degli edifici in relazione
all'ambiente (si tenga conto che, nel caso in esame, le opere insistono in zona
agricola E1);
- la questione riferita all'entità della pena (suscettibile, tra l'altro, di
mutamenti in seguito al disposto annullamento con rinvio) costituisce censura in
fatto non proponibile nel giudizio di legittimità;
- i reati, accertati l'1.5.2006, si prescrivono l'1.5.2011 e devono altresì
computarsi, (secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza
11.1.2002, n. 1021, ric. Cremonese) plurime sospensioni del corso della
prescrizione, in seguito a rinvii disposti su richiesta del difensore non per
esigenze di acquisizione della prova né a causa del riconoscimento di termini a
difesa;
- il beneficio della non menzione della condanna non era stato richiesto;
- la questione dell'applicazione dell'indulto può essere sollevata, in sede di
legittimità, soltanto nel caso in cui il giudice di merito, esaminandola,
l'abbia risolta negando che l'imputato ne abbia diritto e non, invece, quando -
come nella fattispecie in esame - al giudice non sia stato sottoposto affatto il
problema;
- il danno conseguente alla violazione delle norme integrative del codice civile
relative alle distanze nelle costruzioni deve ritenersi in re ipsa, senza
necessità di una specifica attività probatoria, e si identifica nella violazione
stessa, che costituisce un asservimento "de facto" del fondo del vicino
[vedi Cass. civ., sez. II: 7.3.2002, n. 3341; 5.12.2001, n. 15367].
La pretesa interposizione di una strada pubblica tra i due fondi risulta
inammissibilmente prospettata solo in sede di legittimità e comporta
accertamenti fattuali non demandabili a questa Corte regolatrice.
3. Il ricorso della parte civile è fondato - per tutte le argomentazioni dianzi
svolte - quanto alla lamentata illegittimità della derubricazione del reato
urbanistico contestato al capo A).
Tale derubricazione, infatti, ha comportato la inapplicabilità dell'ordine di
demolizione delle opere abusive che il giudice penale, ai sensi dell'art. 31,
comma 9, del D.P.R. n. 380/2001, deve impartire nei casi di condanna per il
reato di cui all'art. 44, lett. b), dello stesso D.P.R.
Detto ordine di demolizione non si connette all'accertamento della
compromissione di diritti dei privati ma costituisce una sanzione amministrativa
la cui adozione si giustifica con la semplice lesione dell'interesse pubblico
urbanistico; la signora Schembari però - trovandosi in rapporto diretto con
l'area sulla quale è stato realizzato il contestato intervento edilizio - ha
sicuramente un interesse qualificato a che vengano correttamente adottate le
sanzioni di legge.
Vanno rigettate le doglianze riferite agli aspetti risarcitori, perché la parte
civile non ha chiesto il risarcimento del danno in forma specifica, attraverso
la riduzione in pristino (vedi le conclusioni trascritte nel verbale di udienza)
e la somma attribuita a titolo di risarcimento pecuniario risulta congruamente
determinata alla stregua di coerenti criteri equitativi.
Il ricorso della Schembari, infine, deve essere dichiarato inammissibile
limitatamente alle eccezioni concernenti l'assoluzione dell'imputato dai reati
di cui al capo B), in relazione ai quali il P.M. non ha proposto impugnazione.
Nella vicenda che ci occupa, invero, il fatto che la costruzione possa essere
sorta in violazione delle formalità prescritte per le opere in cemento armato
non può configurarsi quale autonoma causa di danno risarcibile a favore del
confinante, in quanto non incide sul diritto perfetto di questo all'integrità
del fondo di cui è proprietario, inteso come facoltà di goderne con pienezza.
Nulla viene detto sul punto nel ricorso e questo Collegio ribadisce il principio
secondo il quale la parte civile - legittimata a norma dell'art. 576, 1° comma,
c.p.p. a proporre impugnazione contro i capi della sentenza di proscioglimento
ai soli effetti civili - deve, in sede di impugnazione, fare riferimento
specifico e diretto, a pena di inammissibilità del gravame, agli effetti di
carattere civile che intende conseguire.
Ne deriva che allorquando, come nel caso in esame, la richiesta della parte
civile impugnante riguardi esclusivamente l'affermazione della responsabilità
penale dell'imputato prosciolto, deve essere dichiarata l'inammissibilità
dell'impugnazione, in quanto riferita soltanto ad un effetto penale che esula
dai limiti delle facoltà riconosciute dalla legge alla detta parte processuale
(vedi Cass.: Sez. II, 16.1.2004, n. 897 e Sez. I, 8.6.1999, n. 7241).
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 608, 615, 616 e 623 c.p.p.,
annulla la sentenza impugnata - limitatamente al reato di cui al capo A) della
rubrica - e rinvia al Tribunale di Ragusa per nuovo esame.
Rigetta il ricorso dell'imputato, che condanna al pagamento delle spese
processuali.
Dichiara inammissibile il ricorso della parte civile limitatamente al reato di
cui al capo B).
ROMA, 17.11.2010
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 25 Feb. 2011
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