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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. Lavoro, 31/03/2011, Sentenza n. 7494
SICUREZZA SUL LAVORO - AMIANTO - Trattamento straordinario di integrazione
salariale e pensionamento anticipato - Art. 13, comma 8, Legge 257/1992 -
Requisiti probatori. L'attribuzione dell'eccezionale beneficio di cui alla
Legge 27 marzo 1992, n. 257, articolo 13, comma 8, (nel testo risultante dalle
modifiche apportate dalla legge 4 agosto 1993, n. 271, articolo 1, comma 1), non
necessita di una prova atta a quantificare con esattezza la frequenza e la
durata dell'esposizione, potendo ritenersi sufficiente, qualora ciò non sia
possibile, che si accerti, anche a mezzo di consulenza tecnica, la rilevante
probabilità di esposizione del lavoratore al rischio morbigeno con un margine di
approssimazione di ampiezza tale da indicare la presenza di un rilevante grado
di probabilità di superamento della soglia massima di tollerabilità. (conferma
sentenza n. 678/2008 della Corte d'Appello di Genova, depositata il 05/08/2008).
Pres. Miani Canevari - Est. Balestrieri - P.M. Finocchi Ghersi - Ric. Be. Gi. e
altri - Controric. INPS. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. Lavoro, 31/03/2011,
Sentenza n. 7494
SICUREZZA SUL LAVORO - AMIANTO -
Trattamento straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato -
Art. 13, comma 8, Legge 257/1992 - Provvedimenti INAIL di riconoscimento
dell'esposizione all'amianto - Requisiti necessari per l'ottenimento del
beneficio previdenziale. Solamente le certificazioni eseguite
dall'INAIL sulla base egli atti di indirizzo del Ministero, come richiesto dalla
Legge 31 luglio 2002, n. 179, articolo 18, comma 8, confermata anche della Legge
24 dicembre 2007, n. 247, articolo 1, comma 20 (se non contrastate da una
specifica prova contraria), consentono il riconoscimento del diritto al
beneficio previdenziale di cui all'art. 13 della Legge 27 marzo 1992, n. 257,
senza necessità di accertare altrimenti il periodo e la consistenza della
personale esposizione all'amianto del lavoratore interessato (Cass. sentenze n.
10037 del 2007, n. 400 del 2007, n. 27451 del 2006, n. 17977 del 2010).
(conferma sentenza n. 678/2008 della Corte d'Appello di Genova, depositata il
05/08/2008). Pres. Miani Canevari - Est. Balestrieri - P.M. Finocchi Ghersi -
Ric. Be. Gi. e altri - Controric. INPS. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez.
Lavoro, 31/03/2011, Sentenza n. 7494
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Giudizio di Appello - Esame di consulenze
tecniche d'ufficio disposte in primo grado tra loro contrastanti - Motivazione.
Qualora il giudice di appello, esaminando i risultati di due successive
consulenze tecniche di ufficio disposte in primo grado e fra loro contrastanti,
aderisca al parere del secondo consulente respingendo quello del primo, la
motivazione della sentenza é sufficiente anche se tale adesione non sia
specificamente giustificata ove il parere cui é prestata adesione fornisca gli
elementi che consentano, su un piano positivo, di delineare il percorso logico
seguito e, su un piano negativo, di escludere la rilevanza di elementi di segno
contrario, siano essi esposti nella seconda relazione o deducibili "aliunde"
(Cass., n. 9567 del 2001, n. 9300 del 2004, n. 4850 del 2009 - contra Cass. n.
3517 del 2000). La suddetta specifica giustificazione é, invece, necessaria
nella diversa ipotesi di adesione alle conclusioni della prima di due divergenti
consulenze tecniche disposte dallo stesso giudice. (conferma sentenza n.
678/2008 della Corte d'Appello di Genova, depositata il 05/08/2008). Pres. Miani
Canevari - Est. Balestrieri - P.M. Finocchi Ghersi - Ric. Be. Gi. e altri -
Controric. INPS. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. Lavoro, 31/03/2011,
Sentenza n. 7494
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio
- Presidente
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella
- Consigliere
Dott. LA TERZA Maura
- Consigliere
Dott. ZAPPIA Pietro
- Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico
- rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BE. GI., PI. FR., PI. AN., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. PISANELLI
2, presso lo studio dell'avvocato FELSANI MARIA CECILIA, rappresentati e difesi
dall'avvocato STORACE ISIDE, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
INPS, ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA
17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, RICCIO ALESSANDRO, giusta delega
in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 678/2008 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il
05/08/2008, R.G.N. 177/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/02/2011 dal
Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;
udito l'Avvocato STORACE ISIDE;
udito l'Avvocato CORETTI ANTONIETTA per delega RICCIO ALESSANDRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI
GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L'INPS ha impugnato la sentenza del Tribunale di Savona n. 361/2004 che, in
accoglimento della domanda proposta dai sigg.ri Be. Gi., Pi.An. e Pi.Fr., ha
condannato l'istituto a rivalutare l'anzianità contributiva degli stessi, ai
sensi della Legge n. 257 del 1992, articolo 13, commi 7 e 8, e successive
modifiche, mediante applicazione del coefficiente 1,5, in relazione,
rispettivamente, ai periodi lavorativi durante i quali avevano lavorato presso
la OM., ex It., di (Omissis) con esposizione alla inalazione di
microfibre di amianto.
Deduceva l'INPS che la sentenza andava riformata in quanto: a) Sussisteva
difetto di prova e di accertamento circa l'esposizione ultradecennale oltre i
limiti di cui al Decreto Legislativo n. 277 del 1991, nonché la errata
valutazione del quadro probatorio in relazione al rischio morbigeno. Il
Tribunale di Savona avrebbe ritenuto esistente l'esposizione ad amianto degli
appellati in virtù esclusivamente delle perizie depositate dai c.t.u.
Conseguentemente la sentenza appellata appariva erronea ed ingiusta, avendo la
stessa aderito al metodo ed alla formula finale utilizzata dai periti
incaricati, ed ai relativi risultati; b) Il metodo utilizzato in via generale
dai c.t.u. risulterebbe inammissibile e scorretto per aver proceduto con
criterio induttivo ed analogico senza ricorrere all'utilizzo di documentazione
od altri elementi comprovanti l'impiego di amianto sul posto di lavoro ma anzi
facendo riferimento e rinvio alle considerazioni assunte in altra consulenza
tecnica inerente altro dipendente; c) A parere dell'INPS sarebbe stata condotta
un'analisi astratta, basata unicamente sulla letteratura citata dai periti e
relativa ad operazioni del tipo di quelle svolte dai ricorrenti. Insomma, priva
di dati e misurazioni dirette, volte ad attestare le effettive condizioni
ambientali dello stabilimento nel periodo in questione, e fondata essenzialmente
su dati ricavati da fonti bibliografiche; d) Non sarebbero stati tenuti in
considerazione, e quindi non inclusi né accertati, eventuali periodi di assenza
non fisiologica dal lavoro; e) Sussisterebbe un errato riconoscimento dei
benefici anche a norma della Legge n. 257 del 1992, articolo 13, comma 7.
L'Istituto riteneva che gli appellati non avessero documentato né provato in
alcun modo di aver contratto malattia professionale per esposizione ad amianto,
pertanto il beneficio richiesto non avrebbe potuto essere riconosciuto anche a
norma di quanto previsto dalla Legge n. 257 del 1992, articolo 13, comma 7 e
successive modifiche, bensì soltanto a norma del comma 8 della medesima
disposizione di legge.
Si costituivano gli assicurati chiedendo che l'appello venisse respinto in
quanto inammissibile e/o infondato in fatto ed in diritto e, quindi, che la
sentenza impugnata venisse confermata.
Rilevavano peraltro che anche un'esposizione inferiore al limite stabilito dal
Decreto Legislativo n. 277 del 1991, articolo 24 purché per un periodo superiore
a dieci anni, assume rilevanza ai fini della rivalutazione dell'anzianità
contributiva di cui alla Legge n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8 come
ritenuto in alcune sentenze dal Tribunale di Genova.
La Corte d'appello di Genova, con sentenza n. 678/08, espletata c.t.u., in
riforma della sentenza impugnata, respingeva le domande.
Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione gli assicurati, affidato
a due motivi.
Resiste l'INPS con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con primo motivo i ricorrenti denunciano omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il
giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5), nonché omessa motivazione circa il
disposto rinnovo della c.t.u. esperita in primo grado. Deducevano che il giudice
di appello, a fronte di esaustiva c.t.u. disposta in primo grado ed a fronte
dell'ulteriore documentazione prodotta, che ne confermava la correttezza, non
poteva disporre una nuova c.t.u. senza evidenziare l'insufficienza della prima.
Nella specie il rinnovo della consulenza era stato disposto sulla base del
presupposto che il primo ausiliare non avesse adeguatamente accertato la
personale esposizione dei singoli ricorrenti al rischio di inalazione di polveri
di amianto come previsto dalla legge. Che tale presupposto risultava erroneo,
avendo il c.t.u. nominato dal Tribunale accertato tale circostanza.
Che parimenti superflua si appalesava la c.t.u. quale strumento diretto ad
accertare la presenza della prescritta concentrazione di fibre di amianto
nell'aria (cd. c.t.u. ambientale) presso lo stabilimento OM. di (Omissis),
posto che tale circostanza era già stata più volte accertata da altre consulenze
disposte dalla medesima Corte genovese.
Lamentavano che la seconda c.t.u. risultava insufficiente ed in contrasto con la
documentazione acquisita, ed in particolare con la relazione FI. , CO. e INAIL.
Formulavano pertanto, ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., il prescritto
quesito di diritto.
2. -Con secondo motivo i ricorrenti denunciano omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il
giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5), in ordine alla contestata inattendibilità
della c.t.u. esperita in grado di appello. Lamentavano al riguardo che tale
ausiliare aveva già manifestato, nel corso delle operazioni peritali, un
pregiudizio consistente in preoccupazioni di ordine economico pubblico circa il
massiccio riconoscimento dei benefici previdenziali in esame, come risultava
(indirettamente) dalla lettera inviata dal ct. di parte al c.t.u. e dal
riconoscimento di una esposizione all'inalazione di fibre di amianto in
concentrazioni solo di poco inferiori (0,082) a quelle previste (0,1). La Corte
genovese non provvide alla sostituzione del c.t.u. ex articolo 196 c.p.c., né
alla richiesta di chiarimenti, limitandosi a recepirne l'elaborato, finendo per
sottrarre la consulenza al principio del contraddittorio in violazione
dell'articolo 184 c.p.c., comma 4.
Elementi in tal senso dovevano trarsi anche dal contrasto delle conclusioni
peritali con gli accertamenti eseguiti dall'INAIL, che secondo questa Corte di
Cassazione era sufficiente a fondare il diritto alla maggiorazione contributiva
di legge.
Evidenziavano che il giudice di appello, ove si trovi di fronte a contrastanti
consulenze tecniche, può condividere le conclusioni dell'una o dell'altra,
fornendo tuttavia adeguata motivazione (Cass. n. 5206 del 1980, n. 9842 del
1997, n. 418 del 1998). Senza considerare che le conclusioni del secondo c.t.u.
avevano formato oggetto di specifiche contestazioni.
Lamentavano che il criterio numerico di 110 fibre per litro (0,1 per centimetro
cubo) era di per sé relativo e difficilmente quantificabile con esattezza,
sicché nella specie a maggior ragione la Corte d'appello avrebbe dovuto
congruamente motivare in ordine alla preferenza accordata alla seconda relazione
peritale.
Formulavano il quesito di diritto ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c.
3. - I motivi, stante la loro evidente connessione, possono essere
congiuntamente trattati e risultano infondati. Deve subito chiarirsi che,
superato l'orientamento secondo cui il giudice che aderisca alle conclusioni di
una delle due consulenze espletate non é obbligato ad indicare le ragioni per
cui disattende la contraria valutazione dell'altro c.t.u., Cass. n. 3517 del
2000, questa Corte ha successivamente affermato, sentenze n. 9567 del 2001, n.
9300 del 2004, n. 4850 del 2009, che qualora il giudice di appello, esaminando i
risultati di due successive consulenze tecniche di ufficio disposte in primo
grado e fra loro contrastanti aderisca al parere del secondo consulente
respingendo quello del primo, la motivazione della sentenza é sufficiente anche
se tale adesione non sia specificamente giustificata ove il parere cui é
prestata adesione fornisca gli elementi che consentano, su un piano positivo, di
delineare il percorso logico seguito e, su un piano negativo, di escludere la
rilevanza di elementi di segno contrario, siano essi esposti nella seconda
relazione o deducibili "aliunde". La suddetta specifica giustificazione
é, invece, necessaria nella diversa ipotesi di adesione alle conclusioni della
prima di due divergenti consulenze tecniche disposte dallo stesso giudice.
Nel primo caso, le doglianze di parte, che siano dirette al riesame degli
elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico e non individuino gli
specifici passaggi della sentenza idonei ad inficiarne, anche per derivazione
dal ragionamento del consulente, la logicità, non possono configurare
l'anzidetto vizio di motivazione.
Nella specie deve innanzitutto considerarsi che, come incontestatamente esposto
nella sentenza impugnata, i dipendenti sostennero in primo luogo che per il
riconoscimento del beneficio in questione non sarebbe necessario il superamento
di alcuna particolare soglia di esposizione alle polveri di amianto, ed in ogni
caso tale soglia non potrebbe essere quella di 0,1 ff/CM3 di cui al Decreto
Legislativo n. 277 del 1991, articolo 24 tesi in contrasto con quanto ormai più
volte statuito da questa Corte (da ultimo, ordinanza n. 17916 del 2010; Cass. n.
400 del 2007).
Con ciò può evidenziarsi l'infondatezza della censura dei ricorrenti circa la
superfluità del rinnovo della c.t.u. per essere già state disposte altre
consulenze inerenti il medesimo stabilimento OM. dal medesimo organo giudicante.
Ed invero non solo tali consulenze non risultano né allegate né riportate in
ricorso, in contrasto col principio dell'autosufficienza, ma, date le premesse,
non é neppure chiaro se da esse risulti la presenza della prescritta
concentrazione di polveri di amianto. Deve poi considerarsi che l'accertamento
necessita di una valutazione caso per caso, con riferimento alle mansioni
svolte, all'ambiente (ad esempio aperto o chiuso) di lavoro specifico, alla
durata dell'esposizione, etc.
4.- Deve a questo punto evidenziarsi che la rinnovazione della c.t.u.,
rientrante nei poteri discrezionali e di apprezzamento dei fatti da parte del
giudice di merito, risulta ampiamente motivata dalla circostanza, chiaramente
esposta nella sentenza impugnata, che nella relazione di primo grado non era
contenuto alcun dato soggettivo di valutazione; non era stata utilizzata alcuna
formula di calcolo e non era stata fornita alcuna indicazione concreta circa
l'ammontare dell'esposizione.
Deve poi notarsi che risulta in contrasto con quanto emerge dagli atti di causa,
la circostanza che la prima c.t.u. non avrebbe formato oggetto di specifiche
contestazioni, sicché non vi sarebbe stata alcuna ragione per il suo rinnovo,
avendo l'appellante INPS censurato specificamente l'accertamento peritale di
prime cure.
Risulta ancora che il c.t.u. nominato nel giudizio di appello ha attentamente
esaminato le risultanze dell'istruttoria testimoniale ed ha raccolto dati e
documentazione relativi all'ambiente di lavoro presso la società OM. ove i
ricorrenti hanno svolto la loro attività lavorativa, rilevando per ciascun
ambiente di lavoro e per ciascuna mansione svolta i dati necessari per la
risposta ai quesiti.
Egli ha infatti proceduto ad un attento ed approfondito esame delle attività
svolte presso lo stabilimento OM. e dei cicli di lavorazione con individuazione
delle mansioni cui i lavoratori erano adibiti.
Verificate quindi le attività svolte dagli appellati e appellanti incidentali,
per ciascuna é stato individuato il livello di esposizione, ambientale o
diretto, in relazione al luogo e al tipo di lavorazione.
Sono stati inoltre individuati i livelli di concentrazione di fibre di amianto
per tipo di attività, utilizzando a tale fine quelli contenuti nella banca dati
(Omissis) presso INAIL. Infine, dovendosi ancora individuare le frequenze
di esposizione, in mancanza di risultanze specifiche agli atti, la Corte di
merito ha considerato come il c.t.u. le avesse correttamente valutate
calcolando, con stima abbondante, i tempi di esposizione con riferimento a
ciascuna lavorazione ed all'attività per esse richieste ai lavoratori addetti.
Sulla base dei dati così acquisiti é stata calcolata la esposizione media annua
degli appellati e appellanti incidentali facendo applicazione della formula
utilizzata per la valutazione della concentrazione di fibre di amianto che viene
utilizzata dalla CONTARP, organo tecnico dell'INAIL.
Risulta dunque che, come rilevato dalla corte di merito, il c.t.u. ha
congruamente e logicamente accertato che nessuno degli odierni ricorrenti ha
avuto un'esposizione ad amianto tale da superare il livello di soglia previsto
dalla legge quale presupposto per il beneficio richiesto.
5. - La Corte territoriale, dunque, non solo ha motivatamente rinnovato la
consulenza, ma ha anche correttamente e con adeguata e logica motivazione,
preferito le valutazioni del secondo ausiliare, per avere quest'ultimo
sufficientemente valutato, oltre ai singoli elementi fattuali di specie, quelli
emergenti dalla documentazione in atti ed invocata dagli stessi dipendenti. Deve
del resto considerarsi che, come chiarito nella sentenza n. 16119 del 2005 di
questa Corte, l'attribuzione dell'eccezionale beneficio di cui alla Legge 27
marzo 1992, n. 257, articolo 13, comma 8, (nel testo risultante dalle modifiche
apportate dal Decreto Legge n. 271 del 1993, articolo 1, comma 1), non necessita
di una prova atta a quantificare con esattezza la frequenza e la durata
dell'esposizione, potendo ritenersi sufficiente, qualora ciò non sia possibile,
che si accerti, anche a mezzo di consulenza tecnica, la rilevante probabilità di
esposizione del lavoratore al rischio morbigeno con un margine di
approssimazione di ampiezza tale da indicare la presenza di un rilevante grado
di probabilità di superamento della soglia massima di tollerabilità.
Risulta pertanto infondata anche la doglianza con cui i ricorrenti si dolgono
della opinabilità dei dati e della sospetta quantificazione delle concentrazioni
di fibre nella misura dello 0,082%, essendo necessario un rilevante grado di
probabilità di superamento della soglia dello 0,1%.
Risultano per il resto inammissibili le ulteriori doglianze alla c.t.u. disposta
nel giudizio di appello, traducendosi in semplice dissenso diagnostico, non
attinente a vizi del processo logico formale del giudizio e traducendosi,
quindi, in un'inammissibile critica del convincimento del giudice, ex
plurimis, Cass. n. 9988 del 2009, Cass. n. 8654 del 2008, Cass. n. 15796 del
2004.
6. - I ricorrenti invocano infine provvedimenti INAIL di riconoscimento
dell'esposizione all'amianto.
Essi non risultano prodotti, rendendo la censura inammissibile, non essendo
neppure possibile valutare se tali accertamenti siano stati eseguiti dall'INAIL
sulla base egli atti di indirizzo del Ministero, come richiesto dalla Legge 31
luglio 2002, n. 179, articolo 18, comma 8, confermata anche della Legge n. 247
del 2007, articolo 1, comma 20 così come ritenuto dalla giurisprudenza di questa
Corte, espressasi nel senso che solamente le certificazioni in questione (se non
contrastate da una specifica prova contraria), consentono il riconoscimento del
diritto al beneficio previdenziale controverso, senza necessità di accertare
altrimenti il periodo e la consistenza della personale esposizione all'amianto
del lavoratore interessato (cfr. Cass. sentenze n. 10037 del 2007, n. 400 del
2007, n. 27451 del 2006, n. 17977 del 2010). Le analoghe considerazioni svolte
dalla corte territoriale non hanno formato oggetto di specifiche censure.
7. - Quanto alle censure inerenti il mancato rispetto del principio del
contraddittorio, é sufficiente notare come le indagini del c.t.u. siano state,
come emerge dalla esposizione dei fatti, ampiamente e puntualmente seguite dai
c.t.p., mentre il diritto delle parti di intervenire alle operazioni tecniche
anche a mezzo dei propri consulenti deve essere inteso non come diritto a
partecipare alla stesura della relazione, che é atto riservato al consulente
d'ufficio, ma soltanto all'accertamento materiale dei dati da elaborare (cfr.
Cass. n. 24792 del 2010). Né può dubitarsi della imparzialità del CTU, rispetto
alle valutazioni da compiere (e poi espresse) con riferimento alla posizione
lavorativa degli odierni ricorrenti per il solo fatto che l'ausiliare tecnico
avesse in qualche modo paventato le conseguenze di ordine politico - economico
derivanti dal numero di domande (all'epoca) pendenti per il riconoscimento dei
benefici previdenziali riconosciuti dalla Legge n. 257 del 1992 ai lavoratori
esposti all'amianto. é irrilevante, quindi, che la sentenza impugnata manchi di
una espressa motivazione sul punto, rilevando piuttosto la correttezza o meno
della consulenza espletata, di cui si é ampiamente detto.
8. - Il ricorso deve pertanto respingersi.
Nulla per le spese, risultando inapplicabile, ratione temporis, il
Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 42.
P.Q.M.
LA CORTE
rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
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