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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezione Tributaria, 14 gennaio 2011, Sentenza n. 775


RIFIUTI - T.A.R.S.U. - Determinazione della superficie tassabile - Presupposti per l’esenzione dalla TARSU - L’onere della prova costituenti fonte dell'obbligazione tributaria grava sull'amministrazione - Il diritto all'esenzione va provato dal contribuente - Potere di incidere per i Comuni sui requisiti per la fruizione della esenzione previsti dalla legislazione statale - Esclusione - Art. 62, c. 3, D.Lgs. n. 507/1993. Il Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, comma 3 dispone che nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Atteso il tenore della disposizione in esame - e dovendo escludersi che l'esenzione possa essere stata prevista anche per chi smaltisce rifiuti speciali in discariche abusive o nei cassonetti dei rifiuti urbani -, la norma deve essere interpretata nel senso che l'esenzione dalla TARSU per alcune aree occupate o detenute può essere riconosciuta solo alla duplice condizione che in tali aree si formino rifiuti speciali e che allo smaltimento di tali rifiuti provveda il produttore dei medesimi a proprie spese. Pertanto, l'onere della prova della sussistenza di entrambi i suddetti presupposti grava sul contribuente che intende ottenere l'esenzione, in quanto, se e' vero che l'onere della prova dei fatti costituenti fonte dell'obbligazione tributaria grava sull'amministrazione, il diritto all'esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass. n. 4766/2004). Infine, con il Decreto Legislativo n. 507 del 1993 il legislatore ha rimesso alla potestà regolamentare dei Comuni le disposizioni per la concreta applicazione della tassa, ma non ha certo attribuito ai Comuni medesimi il potere di incidere sui requisiti per la fruizione della esenzione previsti dalla legislazione statale (ossia, nella specie, dall'articolo 62 siccome interpretato in questa sede), con la conseguenza che lo smaltimento (o recupero) dei rifiuti speciali, costituendo (unitamente alla produzione dei medesimi in determinate aree) requisito per l'esenzione dalla Tarsu, doveva ritenersi presupposto (anche se non esplicitamente contemplato) anche dall'articolo 14 del Regolamento Comunale e che la Delib. 29 novembre 2004, n. 69 non ha fatto altro che esplicitare il presupposto normativo della disposizione regolamentare. (annulla sentenza depositata il 24/11/2006, n. 105 della COMM. TRIB. REG. di MILANO) Pres. Plenteda - Rel. Di Iasi - Ric. Comune di Vigevano c. Ge. Srl.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezione Tributaria, 14 gennaio 2011, Sentenza n. 775

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. Civ.
Tributaria


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato                                      - Presidente
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio                     - Consigliere
Dott. SOTGIU Simonetta                                       - Consigliere
Dott. DI IASI Camilla                                             - Rel. Consigliere
Dott. PLICHETTI Renato                                        - Consigliere

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


- sul ricorso proposto da: COMUNE DI VIGEVANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.B. MORGAGNI 2-A, presso lo studio dell'avvocato SEGARELLI UMBERTO, rappresentato e difeso dall'avvocato ANTONUCCI DONATO, giusta delega in calce;

- ricorrente -

contro


GE. SRL, in persona dell'amministratore unico e legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA VIA DONATELLO 23 presso lo studio dell'avvocato VILLA PIERGIORGIO, rappresentato e difeso dall'avvocato OLGIATI CARLO, giusta delega a margine;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 105/2006 della COMM. TRIB. REG. di MILANO, depositata il 24/11/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/10/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito per il ricorrente l'Avvocato ANTONUCCI DONATO, che ha chiesto l'accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l'accoglimento.


IN FATTO E IN DIRITTO


1. Il Comune di Vigevano propone ricorso per cassazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti della Ge. s.r.l. (ora dichiarata fallita, che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento relativo alla Tarsu per l'anno 2000 emesso in relazione alla ritenuta mancanza delle condizioni per la esenzione previste dall'articolo 14 punto 3 lettera a) del regolamento comunale come integrato dalla Delib. n. 69 del 2004, la C.T.R. Lombardia, in riforma della sentenza di primo grado, annullava l'avviso opposto rilevando che la modifica al citato articolo 14 punto 3 lettera a) del Regolamento Comunale ad opera della Delib. n. 69 era intervenuta successivamente alla presentazione della dichiarazione per la Tarsu e che tale modifica, disciplinando diversamente il presupposto di esenzione, doveva ritenersi innovativa e pertanto valevole solo per il futuro.

2. Con un unico, articolato motivo, il ricorrente, deducendo violazione e/o errata applicazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62 -anche in relazione al Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 21 ed al regolamento comunale approvato in virtù di tale disposizione (Delib. C.C. n. 7 del 1999 e Delib. C.C. n. 69 del 2004)-, articolo 12 preleggi e Legge n. 212 del 2000, articolo 3 oltre che vizi di motivazione, rileva: che, vertendosi in tema di esenzione dal tributo, gravava sul contribuente l'onere della prova della sussistenza delle relative condizioni; che già prima della modifica introdotta dalla Delib. n. 69 del 2004 doveva ritenersi condizione per l'esenzione de qua non solo la produzione ma anche il recupero o lo smaltimento dei rifiuti speciali prodotti; che in tal senso la normativa era stata interpretata dalle circolari dell'amministrazione, con la conseguenza che alla Delib. n. 69 doveva attribuirsi carattere interpretativo e non innovativo.

Prima di passare all'esame del merito della censura, occorre rilevare che, per quanto concerne la denuncia di violazione di legge (e a differenza di quanto affermato dalla controricorrente), il quesito di diritto risulta esposto, sia pure in assenza di forma interrogativa (peraltro non richiesta dall'articolo 366 bis c.p.c.), ed e' idoneo ad assolvere alla propria funzione, che e' quella di far comprendere alla Corte di legittimita', dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico - giuridica della questione, quale sia l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale, secondo la prospettazione de., ricorrente, la regola da applicare.

Per quanto concerne la denuncia di vizio di motivazione, e' invece da evidenziare che risulta assolutamente generica l'illustrazione richiesta dalla seconda parte dell'articolo 366 bis c.p.c., ed inoltre che detta denuncia investe anche la motivazione in diritto della sentenza impugnata, risultando pertanto come tale inammissibile e in parte qua assorbita dalla censura di violazione di legge esposta nel medesimo motivo.

Tanto premesso, la censura di violazione delle norme sopra citate e' da ritenersi fondata, nei termini di cui in prosieguo.

In proposito giova innanzitutto evidenziare che il Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, comma 3 dispone che nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Atteso il tenore della disposizione in esame - e dovendo escludersi che l'esenzione possa essere stata prevista anche per chi smaltisce rifiuti speciali in discariche abusive o nei cassonetti dei rifiuti urbani -, la norma deve essere interpretata nel senso che l'esenzione dalla TARSU per alcune aree occupate o detenute può essere riconosciuta solo alla duplice condizione che in tali aree si formino rifiuti speciali e che allo smaltimento di tali rifiuti provveda il produttore dei medesimi a proprie spese.

L'onere della prova della sussistenza di entrambi i suddetti presupposti grava sul contribuente che intende ottenere l'esenzione, in quanto, se e' vero che l'onere della prova dei fatti costituenti fonte dell'obbligazione tributaria grava sull'amministrazione, il diritto all'esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (v. sul punto, tra le altre, cass. n. 4766 del 2004).

E' inoltre da rilevare che nel Decreto Legislativo n. 507 del 1993 il legislatore ha rimesso alla potestà regolamentare dei Comuni le disposizioni per la concreta applicazione della tassa, ma non ha certo attribuito ai Comuni medesimi il potere di incidere sui requisiti per la fruizione della esenzione previsti dalla legislazione statale (ossia, nella specie, dall'articolo 62 siccome interpretato in questa sede), con la conseguenza che lo smaltimento (o recupero) dei rifiuti speciali, costituendo (unitamente alla produzione dei medesimi in determinate aree) requisito per l'esenzione dalla Tarsu, doveva ritenersi presupposto (anche se non esplicitamente contemplato) anche dall'articolo 14 del Regolamento Comunale e che la Delib. 29 novembre 2004, n. 69 non ha fatto altro che esplicitare il presupposto normativo della disposizione regolamentare. Alla luce di quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito col rigetto del ricorso introduttivo. Le alterne vicende della controversia nel merito evidenziano la complessità della questione, in mancanza di precedenti di legittimità che abbiano espressamente affrontato la questione, ed inducono alla compensazione delle spese dell'intero processo.


P.Q.M.


Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo. Compensa le spese dell'intero processo.



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