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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/03/2011 (Cc. 9/02/2011), Sentenza n. 8988
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Reato di impossessamento illecito - "Culturalità"
dei beni - Provvedimento formale - Necessità - Esclusione - Art.176 D.L.vo
n.42/2004 - Art.10 d.Igs 42/04 come mod. dal D.Igs.62/08 - D.L.vo 29.10.1999
n.490. In tema di beni culturali, per l'impossessamento illecito di oggetti
appartenenti allo Stato, non è necessario che gli stessi siano qualificati come
tali da un formale provvedimento della pubblica amministrazione, essendo
sufficiente la desumibilità della sua natura culturale dalle stesse
caratteristiche dell'oggetto, non essendo richiesto neppure un particolare
pregio, (Cass. sez.3 2003/47922, Petroni; Cass. sez,.3, 2001/45814, Cricelli;
Cass. sez.3 2001/42291, Licciardello; Cass. sez.3 n.39109/2006, ric. Palombo).
Non occorre quindi alcun provvedimento formale che dichiari l'interesse
artistico, storico, archeologico e etnoantropologico delle cose di cui il
privato sia stato trovato in possesso. Ed è quindi sufficiente "un interesse
culturale oggettivo, derivante da tipologia, localizzazione, rarità o altri
analoghi criteri, e la cui prova può desumersi o dalla testimonianza di organi
della P.A. o da una perizia disposta dall'autorità giudiziaria (Cass. pen. sez.3
n.35226 del 28.6.2007 Signorella). (conferma ordinanza del 24.3.2010 del
Tribunale di Messina) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Famà. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/03/2011 (Cc. 9/02/2011), Sentenza n. 8988
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Riconoscimento della refurtiva da parte del
derubato - Identificazione diretta - Atto processuale formale - Esclusione -
Mero accertamento di fatto. Per il riconoscimento della refurtiva da parte
del derubato non devono essere necessariamente osservate le formalità stabilite
per la ricognizione di cose; in questo caso, infatti, il derubato, avendo avuto
il possesso delle cose rubate, è in grado di identificarle direttamente, come
chiunque altro ne avesse avuto per ragioni analoghe personale conoscenza, e
quindi la relativa operazione, costituendo un mero accertamento di fatto e non
un atto processuale formale, può essere liberamente utilizzato dal giudice nella
formazione del suo convincimento (Cass. pen. sez. 1 n.5926 del 15.4.1998).
(conferma ordinanza del 24.3.2010 del Tribunale di Messina) Pres. Ferrua, Est.
Amoresano, Ric. Famà. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/03/2011 (Cc.
9/02/2011), Sentenza n. 8988
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Polizia giudiziaria e potere di sequestro -
Presupposti e limiti - Controllo da parte dell'autorità giudiziaria -
Artt.352-354 c.p.p.. La polizia giudiziaria non ha un generale ed autonomo
potere di sequestro. Tuttavia, gli artt.352-354 c.p.p., prevedono il potere
dovere della polizia giudiziaria di procedere, in casi predeterminati di
necessità e di urgenza, quando cioè non sia possibile un intervento tempestivo
del P.M., a perquisizioni e sequestri. Il legislatore ha previsto, però, un
rigoroso e penetrante potere di controllo da parte dell'autorità giudiziaria per
verificare la legittimità dell'operato della polizia giudiziario ed impedire
possibili arbitri in presenza dell'esercizio di un potere discrezionale.
L'art.355 c.p.p., riproducendo l'art.224 bis (introdotto con l'art.21
L.12.8.1982 n.532) del codice di rito abrogato, stabilisce che il P.M, cui
spetta funzionalmente il potere di disporre il sequestro, convalidi il sequestro
o restituisca le cose sequestrate. Tale controllo successivo ha ovviamente la
funzione di verificare che il potere discrezionale riconosciuto in materia alla
polizia giudiziaria sia stato esercitato nei limiti circoscritti previsti, sia
sotto il profilo dei presupposti che della natura dell'oggetto sequestrato
(corpo del reato e cose a questo pertinenti). (conferma ordinanza del 24.3.2010
del Tribunale di Messina) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Famà. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/03/2011 (Cc. 9/02/2011), Sentenza n. 8988
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro di polizia giudiziaria in esecuzione
di un decreto del P.M. - Oggetto del sequestro indeterminato - Convalida -
Necessità - Certezza e concretezza l'oggetto del sequestro - Convalida -
Esclusione. Va considerato sostanzialmente sequestro di polizia giudiziaria
(come tale necessitante di convalida) anche quello eseguito in esecuzione di un
decreto del P.M. tutte le volte in cui siano indeterminate le cose da rinvenire
e sia quindi rimessa alla discrezionalità dell'organo esecutivo la
individuazione del rapporto pertinenziale con il delitto. Laddove, invece, il
decreto dell'autorità giudiziaria sia motivato in ordine alle ragioni in forza
delle quali l'oggetto del sequestro sia da considerare come corpo di reato
ovvero dei motivi che determinino un collegamento tra le cose, indicate
specificamente, da sequestrare ed il reato per cui si procede, risulta
rispettata l'esigenza sopra evidenziata. Sicché, quando, nel decreto del P.M.,
sia stato individuato, con sufficiente certezza e concretezza l'oggetto del
sequestro, non è necessario un ulteriore intervento di controllo (esercitato già
preventivamente). In conclusione, si impone, la convalida ogniqualvolta il
decreto dell'organo dell'accusa non specifichi l'oggetto della misura ma
contenga generica indicazione di corpo e/o pertinenza delle cose (eventualmente)
rinvenute rispetto al reato ipotizzato: poiché siffatta indeterminatezza rimette
al giudizio degli operanti l'individuazione del presupposto fondamentale del
sequestro, il relativo accertamento non può che essere provvisorio e richiede
tempestivo controllo dell'autorità giudiziaria (Cass. pen. sez.5 n.5672 del
2000-Cogni). (conferma ordinanza del 24.3.2010 del Tribunale di Messina) Pres.
Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Famà. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
08/03/2011 (Cc. 9/02/2011), Sentenza n. 8988
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi
Dott. Giuliana Ferrua
Presidente
Dott. Mario Gentile
Consigliere
Dott. Silvio Amoresano
Consigliere Rel.
Dott. Luca Ramacci
Consigliere
Dott. Elisabetta Rosi
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
1) Fama Giovanni nato il 24.6.1929
- avverso l'ordinanza del 24.3.2010 del Tribunale di Messina
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
- sentite le conclusioni del P.G., dr. Guglielmo Passacantando, che ha chiesto
rigettarsi il ricorso
OSSERVA
1) Con ordinanza in data 24.3.2010 il Tribunale di Messina rigettava la
richiesta di riesame proposta nell'interesse di Famà Giovanni avverso il decreto
di sequestro emesso dal P.M. presso il Tribunale di Messina il 2.3.2010,
eseguito in data 10.3.2010, ed avverso il sequestro operato dalla p.g. in data
8.3.2010.
Premetteva il Tribunale che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di
Messina, essendo stata segnalata la presenza di una statuetta di Sant'Antonio
Abate, risalente al XVIII secolo, presso l'abitazione dell'indagato Famà
Giovanni ex sacrestano della omonima chiesa, disponeva la perquisizione ed il
conseguente sequestro della predetta statua e di altri eventuali beni
costituenti corpo di reato, ipotizzando il reato di cui all'art.176
D.L.gs.n.42/2004.
La p.g., in sede di esecuzione in data 8.3.2010, non riveniva la statuetta ma
solo il suo basamento, che veniva sottoposto a sequestro unitamente ad altri 75
oggetti chiesastici. Il giorno successivo l'indagato comunicava che la statuetta
era ritornata in sua disponibilità, per cui la stessa era sottoposta a sequestro
in data 10.3.2010.
Tanto premesso, riteneva il Tribunale che fosse infondata l'eccezione relativa
alla mancata notifica del decreto di perquisizione e sequestro, trattandosi di
atto a sorpresa.
Il sequestro della statuetta, pur se eseguito in un momento successivo, era,
poi, avvenuto in esecuzione del decreto del P.M., per cui non necessitava di
convalida. Quanto ai 75 oggetti chiesastici sequestrati per iniziativa della
p.g. era intervenuta convalida, per cui era tale provvedimento che andava
impugnato davanti al riesame. Infine, riteneva il Tribunale, non condividendo le
allegazioni difensive, che allo stato sussistesse il fumus del reato di
cui all'art.176 D.L.vo 42/04, essendo il legislatore recentemente intervenuto
sulla disposizione di cui aIl'art.10 d.Igs 42/04 con il D.Igs.62/08,
estendendone l'ambito di applicazione ai beni appartenenti agli enti
ecclesiastici civilmente riconosciuti.
2) Ricorre per Cassazione Famà Giovanni, a mezzo del difensore, denunciando la
violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli artt.252, 262,
263, 125 comma 3 c.p.p., 111 comma 6 Cost., 176 b.L.vo n.42/2004, nonché ai
canoni 1254, 1256, 1291, 1296, 1377 e 1311 del Codice di Diritto Canonico.
I giudici del riesame hanno riconosciuto che né la statua di Sant'Antonio né le
altre 14 opere catalogate, di cui al decreto di perquisizione e sequestro del
P.M., erano state rinvenute, per cui l'operazione con effetto a sorpresa, come
sostenuto dallo stesso Tribunale, si era rivelata infruttuosa per gli oggetti
ricercati.
La statua venne consegnata spontaneamente dal Famà solo successivamente, per cui
sarebbe stata necessaria la convalida del sequestro effettuato dalla p.g.; il
P.m. avrebbe dovuto valutare, infatti, gli eventi successivi riferiti dalla
p.g..
Si sarebbe dovuto, inoltre, espletare su tali eventi accertamenti (in
particolare sul luogo in cui era stata custodita e sulla persona da cui il Famà
aveva dichiarato di aver acquistato la statua) che avrebbero portato alla
restituzione al legittimo possessore. La statua, ancorchè schedata, potrebbe
essere stata legalmente venduta con assenso delle autorità ecclesiastiche.
La informale ricognizione eseguita dalla p.g. in data 10.3.2010, con
l'intervento di tre funzionari della Soprintendenza dei Beni Culturali ed
Ambientali, non prova che la statua sia stata sottratta alla Chiesa di
Sant'Antonio Abate di Messina ed è comunque priva di efficacia perché non
effettuata secondo le previsioni di cui al I'art.215 c.p.p..
Mancano i presupposti per ritenere che la statua e gli altri oggetti chiesastici
sequestrati siano corpo di reato o pertinenti al reato: essi non rientrano tra i
beni culturali appartenenti allo Stato. La statua lignea dorata è di proprietà
della Chiesa della Diocesi di Messina a cui andrà restituita. Non sussistendo
alcuna ipotesi di reato, non è possibile procedere a confisca ex art.240 c.p..
In ogni caso, non sussiste il fumus commissi delicti ed il periculum
in mora e la motivazione, sul punto, dell'ordinanza impugnata è
assolutamente superficiale.
La statua sequestrata, non eccedendo il limite del valore fissato dal diritto
canonico, poteva essere alienata o donata dal parroco dell'epoca, senza
incorrere nelle sanzioni comminate dal codice di diritto canonico. In ogni caso,
se delitto è stato commesso, esso appartiene alla giurisdizione della Chiesa.
La Suprema Corte ha negato che l'imputato di furto di cose d'arte debba fornire
la prova della proprietà del bene; una diversa interpretazione della norma di
cui all'art.67 L.1089/1939 violerebbe l'art.42 Cost..
3) Il ricorso è infondato.
3.1) Va premesso che la polizia giudiziaria non ha un generale ed autonomo
potere di sequestro. Si legge nella relazione al codice di procedura penale in
vigore che la legge delega del 1974, pur avendo accolto la tesi, emersa nel
corso dei lavori parlamentari, di chi riteneva impossibile togliere ogni
funzione alla p.g., concentrando sempre e subito ogni attività nelle mani del
P.M., aveva comunque limitato notevolmente l'attività di iniziativa della
polizia giudiziaria. Tale limitazione determinò numerose critiche per
l'eccessivo restringimento dei poteri. Il legislatore delegante, intervenuto
successivamente, facendosi carico di siffatte critiche, prefigurava un sistema
nel quale la polizia giudiziario ha poteri-doveri molto più estesi ed
analiticamente indicati nelle direttive 31,32 e 33. Gli artt.352-354 c.p.p.,
attuando la direttiva 31 quinta parte della legge delega, prevedono il potere
dovere della polizia giudiziaria di procedere, in casi predeterminati di
necessità e di urgenza, quando cioè non sia possibile un intervento tempestivo
del P.M., a perquisizioni e sequestri.
Il legislatore ha previsto, però, un rigoroso e penetrante potere di controllo
da parte dell'autorità giudiziaria per verificare la legittimità dell'operato
della polizia giudiziario. L'art.355 c.p.p„ riproducendo l'art.224 bis
(introdotto con l'art.21 L.12.8.1982 n.532) del codice di rito abrogato,
stabilisce che il P.M, cui spetta funzionalmente il potere di disporre il
sequestro, convalidi il sequestro o restituisca le cose sequestrate. Tale
controllo successivo ha ovviamente la funzione di verificare che il potere
discrezionale riconosciuto in materia alla polizia giudiziaria sia stato
esercitato nei limiti circoscritti previsti, sia sotto il profilo dei
presupposti che della natura dell'oggetto sequestrato (corpo del reato e cose a
questo pertinenti).
Il legislatore ha voluto, cioè, adottare ogni cautela per impedire possibili
arbitri in presenza dell'esercizio di un potere discrezionale.
E' necessario, quindi, il controllo dell'Autorità giudiziaria quando la p.g.
agisca discrezionalmente.
Non può minimamente revocarsi in dubbio, invero, che si verta nella medesima
situazione sia che la polizia operi di sua iniziativa ex art.354 c.p.p. sia che
intervenga su delega del P.M. senza che sia circoscritto e delimitato il suo
potere di intervento. Anche nel secondo caso ci si troverebbe in presenza
dell'esplicazione di una discrezionalità quantomeno ai fini di stabilire se le
cose da ricercare siano corpo del reato o cose a questo pertinenti.
Di guisa che va considerato sostanzialmente sequestro di polizia giudiziaria
(come tale necessitante di convalida) anche quello eseguito in esecuzione di un
decreto del P.M. tutte le volte in cui siano indeterminate le cose da rinvenire
e sia quindi rimessa alla discrezionalità dell'organo esecutivo la
individuazione del rapporto pertinenziale con il delitto. Laddove, invece, il
decreto dell'autorità giudiziaria sia motivato in ordine alle ragioni in forza
delle quali l'oggetto del sequestro sia da considerare come corpo di reato
ovvero dei motivi che determinino un collegamento tra le cose, indicate
specificamente, da sequestrare ed il reato per cui si procede, risulta
rispettata l'esigenza sopra evidenziata. Sicché, quando, nel decreto del P.M.,
sia stato individuato, con sufficiente certezza e concretezza l'oggetto del
sequestro, non è necessario un ulteriore intervento di controllo (esercitato già
preventivamente).
Si impone, invece, la convalida "ogniqualvolta il decreto dell'organo
dell'accusa non specifichi l'oggetto della misura ma contenga generica
indicazione di corpo e/o pertinenza delle cose (eventualmente) rinvenute
rispetto al reato ipotizzato: poiché siffatta indeterminatezza rimette al
giudizio degli operanti l'individuazione del presupposto fondamentale del
sequestro, il relativo accertamento non può che essere provvisorio e richiede
tempestivo controllo dell'autorità giudiziaria" (cfr.Cass.pen.sez.5 n.5672 del
2000-Cogni).
3.1.1) Tanto premesso, nel caso di specie, come ha già puntualmente evidenziato
il Tribunale del riesame, il decreto del P.M. delegava alla polizia giudiziaria
l'esecuzione della perquisizione e dell'eventuale sequestro di un bene
specificamente indicato ("una statuetta in legno dorato raffigurante Sant'
Antonio Abate..") e, genericamente, di "cose costituenti corpo di reato e/o
pertinenti al reato di cui in rubrica..".
Non c'è dubbio, quindi, che la indeterminatezza della indicazione di tali altri
beni rimettesse alla discrezionalità della p.g. l'iniziativa del sequestro, per
cui si rendeva necessaria la convalida.
La convalida dei 75 beni chiesastici sequestrati ad iniziativa della p,.g. era
ritualmente disposta (come ormai non è più contestato).
L'effettuata convalida determinava, però, per altro verso, che davanti al
riesame andasse impugnato il decreto di convalida medesimo a norma dell'art.355
comma 3 c.p.p., per cui era inammissibile la richiesta di riesame del
provvedimento di sequestro della p.g, come ha, correttamente, ritenuto il
Tribunale.
In ordine ai 75 beni chiesastici sequestrati per iniziativa della p.g. ogni
questione è, a maggior ragione preclusa in questa sede, per "vizio genetica"
dell' impugnazione.
La statua lignea, invece, come si è visto, era stata indicata specificamente e
dettagliatamente nel decreto di perquisizione e sequestro.
La p.g., quindi, non aveva alcuna discrezionalità e, conseguentemente, non vi
era necessità di un controllo "successivo" da parte del P.M..
Irrilevante è, pertanto, che l'apprensione del bene non sia avvenuta nel giorno
in cui venne eseguita la perquisizione e che esso stato stato consegnato
dall'indagato due giorni dopo.
3.2) Altrettanto correttamente il Tribunale ha ritenuto, alla luce delle
acquisizioni probatorie, sussistente il fumus del reato di cui
all'art.176 D.L.vo 42/04 ed infondate le doglianze difensive.
Riconosce lo stesso ricorrente che la statua lignea era un bene catalogato. E
tanto è sufficiente, allo stato, per ritenere legittimo il sequestro.
Peraltro, quanto alla "culturalità" dei beni, secondo l'indirizzo
interpretativo, già formatosi sotto la vigenza dell'abrogato D.L.vo 29.10.1999
n.490 (Cass.sez.3 200347922, Petroni, RV226870; sez,.3, 200145814, Cricelli, RV
220742; cass.sez.3 200142291, Licciardello, RV 220626) ed anche successivamente
con riferimento al D.L.vo 42/04 (Cass.sez.3 n.39109 del 2006, ric.Palombo), per
l'impossessamento illecito di beni appartenenti allo Stato, non è necessario che
i beni siano qualificati come tali da un formale provvedimento della pubblica
amministrazione, essendo sufficiente la desumibilità della sua natura culturale
dalle stesse caratteristiche dell'oggetto, non essendo richiesto neppure un
particolare pregio.
Non occorre quindi alcun provvedimento formale che dichiari l'interesse
artistico, storico, archeologico e etnoantropologico delle cose di cui il
privato sia stato trovato in possesso. Ed è quindi sufficiente "un interesse
culturale oggettivo, derivante da tipologia , localizzazione, rarità o altri
analoghi criteri, e la cui prova può desumersi o dalla testimonianza di organi
della P.A. o da una perizia disposta dall'autorità giudiziaria" (Cass.pen.sez.3
n.35226 del 28.6.2007 Signorella).
Il Tribunale ha, altresì, evidenziato che il d. l.gs 62/08 ha esteso l'ambito di
applicazione dell'art.10 dIgs 42/04, richiamato dall'art.176, agli enti
ecclesiastici civilmente riconosciuti.
I funzionari della Soprintendenza hanno riconosciuto la statua lignea come
quella catalogata ed appartenente alla Chiesa di Sant' Antonio Abate. Si tratta
di sommarie informazioni rese da soggetti che avevano personale conoscenza della
statua medesima. E, secondo la giurisprudenza di questa Corte "Per il
riconoscimento della refurtiva da parte del derubato non devono essere
necessariamente osservate le formalità stabilite per la ricognizione di cose; in
questo caso, infatti, il derubato, avendo avuto il possesso delle cose rubate, è
in grado di identificarle direttamente, come chiunque altro ne avesse avuto per
ragioni analoghe personale conoscenza, e quindi la relativa operazione,
costituendo un mero accertamento di fatto e non un atto processuale formale, può
essere liberamente utilizzato dal giudice nella formazione del suo
convincimento" (cfr.ex multis Cass.pen.sez. 1 n.5926 del 15.4.1998) cose
appartenenti. Infine, gli accertamenti richiesti in ordine alla presunta
legittimità dell'acquisto non sono pertinenti alla fase cautelare, essendo
riservati all'eventuale giudizio di cognizione.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 9 febbraio
2011
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 08 Mar. 2011
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