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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/03/2011 (Ud. 26/01/2011) Sentenza n. 9278
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Aree dichiarati di notevole interesse pubblico
- Esecuzione di lavori senza la prescritta autorizzazione - Delitto
paesaggistico - Art. 36, c.1° lett. c), L. n. 308/2004 - Art. 181 D. Lgs. n.
42/2004 succ. mod. L. n. 157/2006. In materia di tutela del paesaggio,
(anche prima dell'intervento della legge n. 157/2006, modificativa dell'art. 181
del D. Lgs. n. 42/2004), la fattispecie delittuosa di cui all'art. 181, comma
primo bis lett. a) del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, esecuzione di lavori senza
la prescritta autorizzazione su immobili o aree dichiarati di notevole interesse
pubblico, introdotta dall'art. 36, comma primo lett. c), della legge 15 dicembre
2004 n. 308, è configurabile anche se la dichiarazione è avvenuta con
provvedimento emesso ai sensi delle disposizioni previgenti. (Cass. sez. III,
9.11.2005 n. 45609, Pastore). (riforma sentenza del 5.3.2010 Corte di Appello di
Firenze, con la quale, conferma Tribunale di Grosseto, sezione distaccata di
Orbetello, del 26.2.2009) Pres. Ferrua, Est. Lombardi, Ric. Berti. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/03/2011 (Ud. 26/01/2011) Sentenza n. 9278
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - D.M. del 21/02/1958 - Continuità normativa -
Area dichiarata di interesse pubblico - Interventi in assenza di autorizzazione
- Art. 181, 1° c. lett. a), D. Lgs n. 42/2004 - Configurabiltà - Art. 139 e ss.,
D. Lgs n. 490/99 - L. n. 431/1985 - L. n. 1497/1939. Il riferimento ai beni
dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell'art. 136, contenuto
nell'art. 181, comma l lett. a), nella formulazione antecedente alla modifica di
cui al D. Lgs n. 157/2006, corrisponde all'analogo riferimento contenuto nella
lettera b) del predetto comma ai beni immobili tutelati per legge ai sensi
dell'art. 142 del medesimo decreto legislativo. Peraltro, vi è piena continuità
normativa sul piano procedimentale tra le disposizioni del D. Lgs 42/2004
(citato art. 136 e ss.) e quelle del D. Lgs n. 490/99 (art. 139 e ss.) in
materia di dichiarazione di notevole interesse pubblico di immobili ed aree;
disposizioni che, a loro volta, richiamavano quelle della L. 29 giugno 1939 n.
1497, art. l e seguenti. Cosi come vi è piena continuità normativa tra le
previsioni dell'art. 142 del D. Lgs n. 42/2004 e quelle contenute nell'art. 146
del D. Lgs n. 490/99, a loro volta riferibili a quelle degli art. 1 e 1 quater
del D.L. n. 312/1985, convertito con modificazioni nella L. n. 431/1985. Una
diversa interpretazione, risulta in contrasto con l'espresso disposto dell'art.
157, comma 1 lett. b), e), d bis) ed e) del medesimo D. Lgs n. 42/2004, ai sensi
del quale conservano efficacia a tutti gli effetti gli elenchi compilati e le
dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi della legge 29
giugno 1939 n. 1497, nonché gli elenchi compilati ovvero integrati e le
dichiarazioni di notevole interesse pubblico ai sensi del D. Lgs n. 490/99.
Sicché correttamente è stata configurata la fattispecie delittuosa di cui
all'art. 181, primo comma lett. a), del D. Lgs. n. 42/2004 in relazione alla
esecuzione di interventi, di qualsiasi natura essi siano, senza la prescritta
autorizzazione in un'area dichiarata di interesse pubblico con decreto
ministeriale del 21 febbraio 1958. (riforma sentenza del 5.3.2010 Corte di
Appello di Firenze, con la quale, conferma Tribunale di Grosseto, sezione
distaccata di Orbetello, del 26.2.2009) Pres. Ferrua, Est. Lombardi, Ric. Berti.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/03/2011 (Ud. 26/01/2011) Sentenza n.
9278
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudizio di legittimità - Funzione e limiti -
Esame del materiale processuale - Art. 606, 1° c. lett. e), c.p.p., mod.
dall'art. 8, 1° c. lett. b), L. n. 46/2006. Il giudizio di legittimità
rappresenta lo strumento di controllo della corretta applicazione della legge
sostanziale e processuale e non può costituire un terzo grado di giudizio
diretto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione. (Cass. sez. un.
23.11.1995 n. 2110, Facchini; Cass. sez. II, 5.5.2006 n. 19584, Capri ed altra;
Cass sez. VI, 20.3.2006 n. 14054, Strazzanti). Tale impostazione, anche dopo la
modifica dell'art. 606, primo comma lett. e), c.p.p., disposta dall'art. 8,
comma primo lett. b), della legge 20 febbraio 2006 n. 46, è stata ribadita dalla
giurisprudenza, secondo la quale può aversi vizio di travisamento della prova
quando l'errore sia in grado "di disarticolare l'intero ragionamento probatorio,
rendendo illogica la motivazione" e che questo può avvenire solo nei casi in cui
"si introduce in motivazione un'informazione rilevante che non esiste nel
processo", oppure "si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della
decisione". (Cass. sez. II, 23.5.2007 n. 23419, P.G. in proc. Vignaioli; Cass.
sez. I, 15.6.2007 n. 24667, Musumeci). L'esame del materiale processuale
previsto dalla norma non può mai comportare per la Corte di legittimità una
nuova valutazione del risultato probatorio e delle sue ricadute in termini di
ricostruzione del fatto e delle responsabilità, ma deve limitarsi a verificare
che la sentenza impugnata non sia incorsa nel vizio di travisamento della prova.
Né i vizi logici, che devono essere manifesti, possono essere ravvisati nel
fatto che il ricorrente abbia ritenuto non soddisfacenti le argomentazioni con
le quali la sentenza impugnata ha risposto ai rilievi formulati nei motivi di
gravame. (riforma sentenza del 5.3.2010 Corte di Appello di Firenze, con la
quale, conferma Tribunale di Grosseto, sezione distaccata di Orbetello, del
26.2.2009) Pres. Ferrua, Est. Lombardi, Ric. Berti. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 9/03/2011 (Ud. 26/01/2011) Sentenza n. 9278
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
Dott. Giuliana Ferrea
Presidente
Dott. Alfredo Maria Lombardi
Consigliere
"
Amedeo Franco
" Silvio Amoresano
" Elisabetta Rosi
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
- Sul ricorso proposto dal 'Avv. Paolo Bastianini, difensore di fiducia di Berti
Giuseppe, n. a Sorano l'1.5.1932, avverso la sentenza in data 5.3.2010 della
Corte di Appello di Firenze, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di
Grosseto, sezione distaccata di Orbetello, in data 26.2.2009, venne condannato
alla pena di anni uno e mesi due di reclusione, quale colpevole dei reati: a) di
cui agli art. 81 cpv. c.p., 44 lett. c) del DPR n. 380/2001, 181, comma I bis
lett. a), del D. Lgs n. 42/2004, 54, 55 e 1161 del Codice della Navigazione; b)
di cui all'art. 51, comma primo lett. a) e comma secondo, del D. Lgs. n.
22/1997, unificati sotto il vincolo della continuazione.
- Visti gli atti, la sentenza
denunziata ed il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
- Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo
Passacatando, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza per
i reati contravvenzionali perché estinti per prescrizione; rigetto del resto;
- Udito il difensore dell'imputato, Avv. Bruno Leporatti, in sostituzione
dell'Avv. Paolo Bastianini, che ha concluso per l'accogli,mento del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze ha confermato la
pronuncia di colpevolezza di Berti Giuseppe in ordine ai reati:
a) di cui agli art. 81 cpv. c.p., 44 lett. c) del DPR n. 380/2001, 181, comma 1 bis lett. a), del D. Lgs n. 42/2004, 54, 55 e 1161 del Codice della Navigazione;
b) di cui all'art. 51, comma primo lett. a) e comma secondo, del D. Lgs. n. 22/1997, a lui ascritti per avere realizzato, mediante riporto di terra, in zona paesaggistica, dichiarata di notevole interesse pubblico, in fascia di rispetto demaniale, una pista di atterraggio, senza il permesso di costruire e senza le autorizzazioni delle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli, nonché per avere smaltito rifiuti non pericolosi provenienti dall'attività di demolizioni edilizie, terre e rocce da scavo, riutilizzandoli al fine di rialzare il piano di campagna e di bonificare terreni acquitrinosi.
L'esecuzione degli interventi di cui si tratta venivano accertati in area di
proprietà del Berti limitrofa alla laguna di Orbetello ed in particolare si
rilevava, oltre al riporto di cumuli di terreno e di rifiuti da demolizioni
edili, la realizzazione di una pista in terra battuta, delimitata da birilli,
lunga circa mezzo chilometro e larga venti, che si stendeva a fianco della
laguna, invadendo parzialmente le acque.
La Corte territoriale ha rigettato la richiesta dell'imputato di riapertura
dell'istruzione dibattimentale, finalizzata all'escussione di testi in ordine
all'epoca di esecuzione degli interventi, avendo ritenuto provato che gli stessi
erano stati posti in essere in epoca contestuale a quella dell'accertamento.
La sentenza ha rigettato, tra gli altri, il motivo di gravame con il quale
l'appellante aveva dedotto che l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 181, comma 1
bis lett. a), del D. Lgs n. 42/2004 non è applicabile alla fattispecie in esame,
operando all'epoca del commesso reato una formulazione più restrittiva della
norma che avrebbe richiesto un espresso provvedimento, successivo all'entrata in
vigore della riforma, dichiarativo del notevole interesse pubblico degli
immobili e delle aree oggetto di tutela. La sentenza ha altresì ritenuto
irrilevante il motivo di gravame con il quale era stata dedotta la illegittimità
della contestazione della recidiva, osservando che non è stato applicato alcun
aumento di pena per effetto della citata aggravante.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la
denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione delle norme incriminatici di cui all'imputazione, nonché
contraddittorietà della motivazione con riferimento ad atti del processo e
segnatamente al processo verbale di sequestro, alla deposizione resa dal M/llo
dei C.C. Domenico Castignani ed al fascicolo fotografico formato dai C.C. del
NOE. In sintesi, con il motivo di gravame si deduce che in base alle citate
risultanze processuali, di cui si denuncia il travisamento da parte dei giudici
di merito, i lavori fmalizzati a rialzare il piano di campagna e a bonificare i
terreni acquitrinosi non riguardavano la pista di atterraggio, che risultava
essere già stata realizzata e non era interessata dagli interventi descritti dai
verbalizzanti. Si deduce, poi, che gli interventi in corso di esecuzione e la
stessa pista di atterraggio, costituita dalla delimitazione del terreno con
birilli di plastica, non integra le fattispecie di reato di cui alla
contestazione.
Con il secondo mezzo di annullamento, denunciando la violazione ed errata
applicazione delle predette norme incriminatici, si deduce che i corrispondenti
reati dovevano essere dichiarati estinti per prescrizione. Sul punto si rileva
che, stante l'incertezza in ordine all'epoca di realizzazione della pista di
atterraggio, la fattispecie di cui all'art. 181 del D. Lgs n. 42/2004 doveva
essere inquadrata nell'ipotesi contravvenzionale di cui al primo comma e che la
violazione di cui all'art. 1161 del Codice della Navigazione, essendosi
concretata nella esecuzione di interventi nella fascia di rispetto demaniale, ha
natura istantanea.
Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia per vizi di motivazione la
mancata ammissione delle prove chieste in appello, deducendosi che la
valutazione della Corte territoriale in ordine alla prova dell'epoca di
commissione dei reati contrasta con le già citate risultanze processuali.
Con il quarto mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata
applicazione dell'art. 181, comma 1 bis lett. a), del D. Lgs n. 42/2004.
Si osserva che il testo originario del comma 1 bis lett. a) dell'art. 181,
introdotto dalla legge n. 308/2004, prevedeva quale fattispecie criminosa
l'esecuzione di lavori di qualsiasi genere su beni immobili ed aree che, ai
sensi dell'art. 136, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati
dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in
epoca antecedente alla realizzazione dei lavori.
Con successiva legge n. 157 del 2006 é stato eliminato dalla norma l'inciso "ai
sensi dell'art. 136". Si deduce, quindi, che il riferimento dell'articolo, nella
sua formulazione originaria, alla dichiarazione di notevole interesse pubblico
degli immobili e delle aree ai sensi dell'art. 136 deve essere interpretata nel
senso che la fattispecie criminosa era configurabile solo in relazione a beni
destinatari di apposito provvedimento dichiarativo del notevole interesse
pubblico emesso ai sensi dell'ari, 140 e ss. successivamente all'entrata in
vigore della norma che ha previsto la fattispecie delittuosa. Con la successiva
eliminazione dell'inciso il legislatore ha, invece, voluto estendere la
applicabilità della sanzione più grave ai lavori eseguiti su immobili o aree
dichiarati di notevole interesse pubblico con qualsiasi provvedimento
vincolistico emesso in base alle normative previgenti.
Sulla basa di tali rilievi si deduce che ai sensi della normativa vigente
all'epoca di commissione del reato, più restrittiva e, perciò, più favorevole
per l'imputato, doveva escludersi la configurabilità della fattispecie criminosa
fondata su vincoli risalenti nel tempo e non oggetto di recente verifica. Con
l'ultimo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione
dell'art. 99 c.p..
Si deduce che nei confronti del Berti non poteva essere affatto contestata la
recidiva, ai sensi dell'art. 99 c.p., come modificato dalla L. n. 251/2005,
riferendosi i suoi precedenti penali esclusivamente a fatti di natura
contravvenzionale. Si aggiunge che la sentenza impugnata ha erroneamente escluso
l'interesse dell'imputato a censurare la contestazione della recidiva per non
essere stato applicato alcun aumento di pena per detta aggravante. Si osserva,
in contrario, che la recidiva reiterata, come contesta al Berti, esplica i suoi
effetti anche nella fase esecutiva, rendendo inapplicabili determinati benefici
in favore del condannato.
Il ricorso non è fondato.
Con i primi tre motivi di ricorso sostanzialmente si denunciano vizi di
motivazione della sentenza con riferimento alla valutazione delle risultanze
probatorie circa la natura e l'epoca di esecuzione dei vari interventi.
All'esame di tali motivi è, perciò, opportuno premettere in punto di diritto che
il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta
applicazione della legge sostanziale e processuale e non può costituire un terzo
grado di giudizio diretto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione.
Si tratta di un principio di diritto reiteratamente affermato da questa Corte ed
assolutamente condivisibile (sez. un. 23.11.1995 n. 2110, Facchini, RV 203767 e
più di recente: sez. II, 5.5.2006 n. 19584, Capri ed altra, RV 233773; sez. VI,
20.3.2006 n. 14054, Strazzanti, RV 233454).
Tale impostazione, anche dopo la modifica dell'art. 606, primo comma lett. e),
c.p.p., disposta dall'art. 8, comma primo lett. b), della legge 20 febbraio 2006
n. 46, è stata ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale
può aversi vizio di travisamento della prova quando l'errore sia in grado "di
disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la
motivazione" e che questo può avvenire solo nei casi in cui "si introduce in
motivazione un'informazione rilevante che non esiste nel processo", oppure "si
omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della decisione". (sez. II,
23.5.2007 n. 23419, P.G. in proc. Vignaioli, RV 236893; sez. I, 15.6.2007 n.
24667, Musumeci, RV 237207).
L'esame del materiale processuale previsto dalla norma non può mai comportare
per la Corte di legittimità una nuova valutazione del risultato probatorio e
delle sue ricadute in termini di ricostruzione del fatto e delle responsabilità,
ma deve limitarsi a verificare che la sentenza impugnata non sia incorsa nel
vizio di travisamento della prova.
Né i vizi logici, che devono essere manifesti, possono essere ravvisati nel
fatto che il ricorrente abbia ritenuto non soddisfacenti le argomentazioni con
le quali la sentenza impugnata ha risposto ai rilievi formulati nei motivi di
gravame.
Orbene, appare evidente dall'esame dei motivi di ricorso, con i quali si deduce
il travisamento delle risultanze processuali da parte dei giudici di merito sui
punti dell'epoca di esecuzione degli interventi e della natura degli stessi,
nonché sulla richiesta di ammissione di riapertura della istruzione
dibattimentale in appello, che tali motivi contengono esclusivamente la
richiesta di rivalutazione del materiale probatorio, già esaminato dai giudici
di merito e, perciò, inammissibile in sede di legittimità.
Il quarto motivo di ricorso è infondato.
E' stato già afferrano da questa Suprema Corte, peraltro prima che intervenisse
la legge n. 157/2006, che ha ulteriormente modificato l'art. 181 del D. Lgs. n.
42/2004, che "In tema di paesaggio, la fattispecie delittuosa di cui all'art.
181, comma primo bis lett. a) del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, esecuzione di
lavori senza la prescritta autorizzazione su immobili o aree dichiarati di
notevole interesse pubblico, introdotta dall'art. 36, comma primo lett. c),
della legge 15 dicembre 2004 n. 308, è configurabile anche se la dichiarazione è
avvenuta con provvedimento emesso ai sensi delle disposizioni previgenti." (sez.
III, 9.11.2005 n. 45609, Pastore, RV 232641). Questa Corte non ravvisa ragioni
per discostarsi dal citato indirizzo interpretativo.
E' evidente, infatti, che il riferimento ai beni dichiarati di notevole
interesse pubblico ai sensi dell'art. 136, contenuto nell'art. 181, comma l
lett. a), nella formulazione antecedente alla modifica di cui al D. Lgs n.
157/2006, corrisponde all'analogo riferimento contenuto nella lettera b) del
predetto comma ai beni immobili tutelati per legge ai sensi dell'art. 142 del
medesimo decreto legislativo.
Peraltro, vi è piena continuità normativa sul piano procedimentale tra le
disposizioni del D. Lgs 42/2004 (citato art. 136 e ss.) e quelle del D. Lgs n.
490/99 (art. 139 e ss.) in materia di dichiarazione di notevole interesse
pubblico di immobili ed aree; disposizioni che, a loro volta, richiamavano
quelle della L. 29 giugno 1939 n. 1497, art. l e seguenti.
Cosi come vi è piena continuità normativa tra le previsioni dell'art. 142 del D.
Lgs n. 42/2004 e quelle contenute nell'art. 146 del D. Lgs n. 490/99, a loro
volta riferibili a quelle degli art. 1 e 1 quater del D.L. n. 312/1985,
convertito con modificazioni nella L. n. 431/1985.
Peraltro, si palesa evidente la irrazionalità di una disposizione normativa che
avesse fondato la configurabilità della fattispecie delittuosa più grave sulla
rinnovazione della dichiarazione di notevole interesse pubblico con riferimento
a tutto il patrimonio paesaggistico ed immobiliare italiano, già ritenuto tale
in base a precedenti provvedimenti.
Una diversa interpretazione, infine, risulta in contrasto con l'espresso
disposto dell'art. 157, comma 1 lett. b), e), d bis) ed e) del medesimo D. Lgs
n. 42/2004, ai sensi del quale conservano efficacia a tutti gli effetti gli
elenchi compilati e le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate
ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497, nonché gli elenchi compilati ovvero
integrati e le dichiarazioni di notevole interesse pubblico ai sensi del D. Lgs
n. 490/99.
Sicché correttamente è stata configurata la fattispecie delittuosa di cui
all'art. 181, primo comma lett. a), del D. Lgs n. 42/2004 in relazione alla
esecuzione di interventi, di qualsiasi natura essi siano, senza la prescritta
autorizzazione in un'area dichiarata di interesse pubblico con decreto
ministeriale del 21 febbraio 1958.
E', infine, infondato l'ultimo motivo di gravame.
Va confermato il giudizio di carenza di interesse espresso sul punto nella
sentenza impugnata anche per quanto si osserverà subito dopo.
Deve essere rilevato che il termine di prescrizione relativo ai reati
contravvenzionali, con decorrenza dalla data del fatto (7.9.2005), pur tenendosi
conto della sospensione del suo decorso per rinvii del dibattimento per
impedimento di parte per il periodo di sessanta giorni, è decorso in data
6.5.2010, ai sensi degli art. 157 e 160 c.p. nella formulazione previgente alla
L. n. 251/2005. Deve essere, pertanto, dichiarata la estinzione per prescrizione
dei reati contravvenzionali e la sentenza impugnata deve essere annullata senza
rinvio limitatamente agli stessi.
Va inoltre eliminato l'aumento di pena inflitto per detti reati che corrisponde
a mesi due di reclusione.
L'annullamento senza rinvio della sentenza in ordine ai reati contravvenzionali
fa venir meno, in ogni caso, l'interesse dell'imputato al motivo di ricorso
afferente alla recidiva, poiché tale aggravante personale risultava, sia pure
erroneamente, contestata solo con riferimento ai reati contravvenzionali.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato nel resto.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente ai reati contravvenzionali
senza rinvio per essere detti reati estinti per prescrizione ed elimina la
relativa pena di mesi due di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 26.1.2011.
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