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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/03/2011 (Ud.26/01/2011), Sentenza n.
9281
DIRITTO URBANISTICO - Rilascio di un permesso di costruire illegittimo -
Responsabile o dirigente dell’ufficio tecnico comunale - Obbligo di vigilanza
sull'attività urbanistico-edilizia - Posizione di garanzia - Fattispecie -
Artt.27 e 31 DPR n. 380/01. In materia edilizia non c'è dubbio che l'art.27
DPR n. 380/01 ponga a carico del dirigente o del responsabile del competente
ufficio comunale un obbligo di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel
territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di
regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità
esecutive fissate nei titoli abilitativi, imponendogli di intervenire ogni
qualvolta venga accertato l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo
o in difformità della normativa urbanistica, attraverso l’emanazione di
provvedimenti interdittivi e cautelari (cfr. anche art.31 DPR n.380/01). Egli è
quindi certamente titolare di una posizione di garanzia, che gli impone di
attivarsi per impedire l'evento dannoso. Nella specie è stata contestata, la
condotta commissiva, mediante il rilascio di un permesso di costruire
illegittimo (perché in violazione delle norme di attuazione del P.R.G.), e di
aver quindi consentito l'esecuzione di lavori ad una distanza dal confine con il
fondo limitrofo inferiore a quella consentita. (annulla con rinvio sentenza del
25.11.2009 del Tribunale di Catania) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Bucolo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/03/2011 (Ud.26/01/2011), Sentenza n.
9281
DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire illegittimo - C.d. reato
"proprio" di cui all'art.44 DPR n. 380/01 - Concorso dell’estraneo -
Configurabilità - Presupposti - Correlazione tra l'obbligo di condotta. E'
indubitabile che nel reato "proprio" di cui all'art.44 DPR n. 380/01 possa
concorrere l'extraneus (l'art.6 L.47/85, ora art.29 DPR 380/01, fa
riferimento ai committenti, costruttori e direttori dei lavori). E' necessario,
però, che vengano accertate le condizioni, sotto il profilo oggettivo e
soggettivo, per ritenere configurabile il concorso nel reato. Si deve cioè
accertare che l'extraneus abbia apportato, nella realizzazione
dell'evento, un contributo causale rilevante e consapevole (sotto il profilo del
dolo o della colpa). Pertanto, sussiste una stretta correlazione tra l'obbligo
di condotta imposto dall'art.6 L. 47/85 e s.m. ai soggetti in esso indicati e le
sanzioni d cui all'art.20 sì da configurare il reato di costruzione senza la
concessione edilizia, o in contrasto con le prescrizioni urbanistiche o
edilizie, come reato "proprio"; invero il precetto penale è diretto non a
chiunque, ma soltanto a coloro che, in relazione all'attività edilizia,
rivestono una determinata posizione giuridica o di fatto; tale figura di reato
non esclude il concorso di soggetti diversi dai destinatari degli obblighi
previsti dall'art.6 compreso il sindaco (oggi dirigente) che con la concessione
edilizia illegittima abbia posto in essere la condizione operativa della
violazione di quegli obblighi. (cfr. ex multis Cass. pen. sez.3 n.996 del
15.10.1988). (annulla con rinvio sentenza del 25.11.2009 del Tribunale di
Catania) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Bucolo. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 9/03/2011 (Ud.26/01/2011), Sentenza n. 9281
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Responsabilità ex art.40 cpv. c.p. -
Configurabilità - Mancato impedimento dell'evento - Punibilità della condotta
illecita a carico di determinati soggetti - Presupposti. L'obbligo giuridico
menzionato dal capoverso dell'art.40 c.p. non si riferisce all'ipotesi in cui un
determinato e specifico comportamento sia imposto dall'ordinamento (si che la
relativa inosservanza dell'obbligo integra il reato). Esso è riferibile, invece,
alla disciplina del rapporto di causalità tra l'evento ed un qualsiasi
comportamento omissivo in relazione all'ipotesi in cui un comportamento attivo
(non determinato) avrebbe potuto evitare l'evento. In tale ipotesi, e solo con
riferimento a questa, la norma dell'art.40 cpv. c.p., posta l'equivalenza tra la
diretta causazione e mancato impedimento dell'evento, limita l'equivalenza detta
(e quindi la sussistenza del nesso di causalità) al caso in cui il soggetto,
restato inerte, aveva l'obbligo giuridico di evitare l'evento" (Cass. pen.
sez.4, 5.11.1983 n.9176). Sicché, la disposizione del capoverso dell'art.40 del
codice penale ha inteso,estendere la punibilità della condotta illecita a carico
di determinati soggetti per eventi che colpiscono altre persone e che non siano
da loro procurati, perché conseguenti all'azione di terzi o di altri fattori
anche di natura accidentale, ma che pure si sarebbero evitati se fosse stato
posto in essere un intervento teso ad eliminare la lesione del bene posto in
pericolo, intervento richiesto come doveroso da una norma che imponga a tali
soggetti di attivarsi (Cass. pen. sez.1 n.9901 del 16.10.1992). Deve quindi
trattarsi, per potere ritenere configurabile la responsabilità ex art.40 cpv.
c.p., di una omissione (vale a dire, "il mancato compimento dell'azione che si
attendeva" da parte di un soggetto che era obbligato giuridicamente a compiere
una determinata azione, che, se compiuta, avrebbe impedito il verificarsi
dell'evento). Si è, invece, al di fuori della previsione normativa quando
l'agente abbia posto in essere una condotta commissiva, contribuendo con essa
alla produzione dell'evento. (annulla con rinvio sentenza del 25.11.2009 del
Tribunale di Catania) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Bucolo. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/03/2011 (Ud.26/01/2011), Sentenza n. 9281
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.
Dott. Giuliana Ferrua
Presidente
Dott. Alfredo M. Lombardi
Consigliere
Dott. Amedeo Franco
Consigliere
Dott. Silvio Amoresano
Consigliere Rel.
Dott. Elisabetta Rosi
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
1) Bucolo Agata nata il ...ad...
- avverso la sentenza del 25.11.2009 del Tribunale di Catania
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
- sentite le conclusioni del P. G.. dr. Guglielmo Passacantando, che ha chiesto
rigettarsi il ricorso
OSSERVA
1) Il Tribunale di Catania, con sentenza del 25.11.2009, condannava Bucolo Agata
alla pena di euro 5.000,00 di ammenda per il reato di cui agli artt.40 c.p. e 44
lett. a) DPR n. 380/01, perché, in qualità di dirigente del XIII settore
funzionale "Urbanistica" del Comune di Misterbianco, pur avendo l'obbligo
giuridico di impedire la realizzazione di manufatti in violazione della
normativa urbanistica, rilasciando la concessione edilizia (permesso di
costruire) n.4505 del 17.11.2006, macroscopicamente illegittima in quanto in
palese violazione dell'art.15.3.5 delle norme di attuazione del P.R. del Comune
di Misterbianco, consentiva l'esecuzione di lavori consistiti nella
realizzazione - nel fondo di proprietà della "SIT srl"- di un manufatto con
pilastri in cemento armato ad una distanza di cm.40 dal confine con il fondo
limitrofo, in palese violazione della suddetta normativa edilizia che prevede
invece il rispetto della distanza minima dal confine col fondo limitrofo pari a
5 metri. Dopo aver richiamato la giurisprudenza della Corte di Cassazione in
relazione al sindacato circa la legittimità del permesso di costruire, riteneva
il Tribunale che non potessero esservi dubbi sulla macroscopica illegittimità
del provvedimento rilasciato dalla Bucolo.
Costei, quale dirigente del servizio Urbanistica, aveva poi l'obbligo di
rilasciare permessi di costruzione conformi alla normativa sia di rango
legislativo che regolamentare, integratrice della prima.
Del resto l'art.27 DPR n. 380/01 responsabilizza specificamente in tal senso il
dirigente del competente ufficio comunale, imponendogli di intervenire quando
venga accertato l'inizio di lavori in difformità dalle normative urbanistiche.
2) Ricorre per Cassazione Bucolo Agata, a mezzo del difensore, denunciando la
violazione di legge in relazione all'art.40 c.p., nonché la mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla
possibilità di convertire in fattispecie commissive mediante omissione
fattispecie di reato di merci condotta. Secondo le elaborazioni dottrinali solo
con riferimento ai cd.reati causali puri è consentita l'equiparazione prevista
dall'art.40 comma 2, concentrando il loro disvalore sulla causazione e non sulle
modalità di causazione dell'evento. Non sono pertanto convertibili i reati di
merci condotta e quelli a condotta vincolata.
L'art.44 lett.a DPR n.380/01 prevede una fattispecie di mera condotta a forma
libera, ma non investe i funzionari degli enti pubblici che rilasciano le
autorizzazioni.
Le condotte di questi ultimi, ove ne ricorrano i presupposti, possono essere
sussunte nel paradigma dell'art.323 c.p.
L'art.27 DPR n. 380/01, a sua volta, prevede l'obbligo di vigilanza e quindi
individua una posizione di controllo; non costituisce, però, fattispecie
autonoma di reato, né determina responsabilità a titolo di concorso (del resto
sia nella imputazione che in sentenza non si fa minimamente riferimento ad un
contributo morale o materiale nella realizzazione del reato commesso da altri).
L'accusa ha quindi cercato di costruire una fattispecie autonoma di reato
omissivo improprio ovvero commissivo mediante omissione.
La mera esistenza di una norma che impone al Dirigente di vigilare non
determina, però, un obbligo giuridico di impedire l'evento descritto nell'art.44
lett.a) (la fattispecie è infatti di mera condotta e l'evento è di carattere
giuridico).
La sentenza, infine ed in ogni caso, è mancante di motivazione in ordine alla
possibilità di ritenere l'imputata concorrente nel reato di costruzione abusiva
che è di natura propria.
3) Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
3.1) L'art.40 cpv. c.p. stabilisce che non impedire un evento, che si ha
l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, risalente ma che il Collegio ritiene
di condividere, l'obbligo giuridico menzionato dal capoverso dell'art.40 c.p.
non si riferisce all'ipotesi in cui un determinato e specifico comportamento sia
imposto dall'ordinamento (si che la relativa inosservanza dell'obbligo integra
il reato). Esso è riferibile, invece, alla disciplina del rapporto di causalità
tra l'evento ed un qualsiasi comportamento omissivo in relazione all'ipotesi in
cui un comportamento attivo (non determinato) avrebbe potuto evitare l'evento.
In tale ipotesi, e solo con riferimento a questa, la norma dell'art.40 cpv.
c.p., posta l'equivalenza tra la diretta causazione e mancato impedimento
dell'evento, limita l'equivalenza detta (e quindi la sussistenza del nesso di
causalità) al caso in cui il soggetto, restato inerte, aveva l'obbligo giuridico
di evitare l'evento" (Cass. pen. sez. 4, 5.11.1983 n.9176).
La disposizione del capoverso dell'art.40 del codice penale ha inteso, invero,
"estendere la punibilità della condotta illecita a carico di determinati
soggetti per eventi che colpiscono altre persone e che non siano da loro
procurati, perché conseguenti all'azione di terzi o di altri fattori anche di
natura accidentale, ma che pure si sarebbero evitati se fosse stato posto in
essere un intervento teso ad eliminare la lesione del bene posto in pericolo,
intervento richiesto come doveroso da una norma che imponga a tali soggetti di
attivarsi" (Cass. pen. sez.1 n.9901 del 16.10.1992).
Deve quindi trattarsi, per potere ritenere configurabile la responsabilità ex
art.40 cpv. c.p., di una omissione (vale a dire, come è stato ritenuto dalla
dottrina, "il mancato compimento dell'azione che si attendeva" da parte di un
soggetto che era obbligato giuridicamente a compiere una determinata azione,
che, se compiuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento).
Si è, invece, al di fuori della previsione normativa quando l'agente abbia posto
in essere una condotta commissiva, contribuendo con essa alla produzione
dell'evento.
3.1.1) In materia edilizia non c'è dubbio che l'art.27 DPR n. 380/01 ponga a
carico del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale un
obbligo di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale
per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei
titoli abilitativi, imponendogli di intervenire ogni qualvolta venga accertato
l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo o in difformità della
normativa urbanistica, attraverso la emanazione di provvedimenti interdittivi e
cautelari (cfr.anche art.31 DPR 380/01). Egli è quindi certamente titolare di
una posizione di garanzia, che gli impone di attivarsi per impedire l'evento
dannoso.
3.1.2) Ma alla ricorrente, al di là del richiamo (improprio) all'art.40 c.p.,
non si contesta di non essersi attivata, pur avendone l'obbligo, omettendo ad
esempio, in presenza di una specifica denuncia, i necessari provvedimenti
cautelari ed interdittivi. Si contesta, invece, di aver posto in essere una
condotta commissiva, mediante il rilascio di un permesso di costruire
illegittimo (perché in violazione delle norme di attuazione del P.R.G.), e di
aver quindi consentito l'esecuzione di lavori ad una distanza dal confine con il
fondo limitrofo inferiore a quella consentita.
Si i quindi al di fuori della previsione dell'art.40 cpv. c.p.
Non è, pertanto, condivisibile la decisione (cfr. Cass. pen. Sez. 3 n.19566 del
25.3.2004) con la quale è stato affermato il principio che "In materia edilizia
risponde del reato di cui all'art.20 della legge 28 febbraio 1985 n.47, ora
sostituito dall'art.44 del dpr 6 giugno 2001 n.380, il dirigente dell'area
tecnica comunale che abbia rilasciato una concessione edilizia (ora permesso di
costruire) illegittima, atteso che questi, in quanto incaricato in ragione del
proprio ufficio del rilascio di quello specifico atto, è titolare in via diretta
ed immediata della relativa posizione di garanzia che trova il proprio
fondamento normativo nell'art.40 cod.pen.".
3.1.3) Come si è visto la contestazione nei confronti della ricorrente risulta
costruita, di fatto, come una ipotesi di concorso nel reato ("rilasciando la
concessione edilizia..."; "consentiva l'esecuzione di lavori..").
E' indubitabile che nel reato "proprio" di cui all'art.44 DPR (L'art.6 L.47/85,
ora art.29 DPR 380/01, fa riferimento ai committenti, costruttori e direttori
dei lavori) possa concorrere l'extraneus.
Secondo la giurisprudenza, anche meno recente di questa Corte, formatasi in
relazione alla L.47/85, "Sussiste una stretta correlazione tra l'obbligo di
condotta imposto dall'art.6 L. 47/85 ai soggetti in esso indicati e le sanzioni
d cui all'art.20 sì da configurare il reato di costruzione senza la concessione
edilizia, o in contrasto con le prescrizioni urbanistiche o edilizie, come reato
"proprio"; invero il precetto penale è diretto non a chiunque, ma soltanto a
coloro che, in relazione all'attività edilizia, rivestono una determinata
posizione giuridica o di fatto; tale figura di reato non esclude il concorso di
soggetti diversi dai destinatari degli obblighi previsti dall'art.6 compreso il
sindaco che con la concessione edilizia illegittima abbia posto in essere la
condizione operativa della violazione di quegli obblighi" (cfr. ex multis Cass.
pen. sez.3 n.996 del 15.10.1988).
E' necessario, però, che vengano accertate le condizioni, sotto il profilo
oggettivo e soggettivo, per ritenere configurabile il concorso nel reato. Si
deve cioè accertare che l'extraneus abbia apportato, nella realizzazione
dell'evento, un contributo causale rilevante e consapevole (sotto il profilo del
dolo o della colpa).
Come rileva anche la ricorrente occorre provare "la cosciente e volontaria
partecipazione alla condotta illecita.."; nella sentenza, invece, non viene
individuata "alcuna forma di di concorso o cooperazione".
In effetti la motivazione sul punto è completamente assente, essendosi limitato
il Tribunale ad evidenziare la illegittimità del permesso di costruire e a far
derivare da tale illegittimità la responsabilità del tecnico comunale ai sensi
dell'art.40 cpv.c.p. 3.2) La sentenza impugnata va, pertanto, annullata, con
rinvio per nuovo esame, alla luce dei rilievi e dei principi sopra enunciati, al
Tribunale di Catania.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Catania
Cosi deciso in Roma il 26 gennaio 2011
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