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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/3/2011 (Ud. 26/1/2011) Sentenza n. 9282
DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire - Lavori in totale difformità -
Natura del reato - Modifica della destinazione d'uso - Art. 44, c.1°, lett. b)
d.P.R. n. 380/2001. La costruzione in totale difformità del permesso di
costruire può derivare, oltre che da consistenti aumenti di volumetria o altre
rilevanti modificazioni della struttura esterna dell'immobile, anche dalla
esecuzione di interventi all'interno di un fabbricato che determinino la
modificazione di parte dell'edificio, allorché tale modificazione abbia
rilevanza urbanistica (in quanto incidente sull'assetto del territorio,
aumentando il cosiddetto carico urbanistico), quali ad esempio la modificazione
della destinazione d'uso di parte dell'immobile rispetto a quanto assentito con
il provvedimento autorizzatorio. (Cass. sez. VI, 7.1.1999 n. 12271, Fusco G. e
altri; Cass. sez. III, 11.12.2007 n. 4555 del 2008, P.M. in proc. Nurgia). Nella
specie, i servizi realizzati (di natura idraulica, elettrica, relative alle
condotte del gas o a impianti di condizionamento aria) all'interno delle parti
del fabbricato destinate ad uso non abitativo erano inequivocabilmente
dimostrative della diversa destinazione in corso di realizzazione, non assentita
dal permesso di costruire e certamente idonea ad incidere sul carico
urbanistico, sicché nella specie il reato era già sussistente, non occorrendo
certamente il completamento degli interventi abusivi per configurarlo. (conferma
sentenza del 20.9.2010 della Corte di Appello di Trieste, con la quale,
confermava quella del Tribunale di Udine) Pres. Ferrua, Est. Lombardi, Ric.
Saviano.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/3/2011 (Ud. 26/1/2011) Sentenza n. 9282
DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire - Lavori in totale difformità -
Completamento dell'opera - Necessità - Esclusione - Modifica della destinazione
d'uso in corso d'opera - Reato di cui all’art. 44, c.1°, lett. b) d.P.R. n.
380/2001 - Configurabilità. Il reato di esecuzione dei lavori in totale
difformità dal permesso di costruire (art. 44, comma primo, lett. b) del d.P.R.
6 giugno 2001, n. 380) non presuppone necessariamente il completamento
dell'opera, ma è altresì configurabile nel corso dell'esecuzione degli
interventi edilizi, allorché la difformità risulti palese durante l'esecuzione
dei lavori, in quanto dalle opere già compiute appare evidente la realizzazione
di un organismo diverso da quello assentito. (Cass. sez. 111, 20.9.2007 n.
41578, Brancato; Cass. sez. III, 30.1.2008 n. 13592, P.M. in proc. Dinolfo).
Pertanto, in corso d'opera, l'accertamento del mutamento di destinazione d'uso
va effettuato sulla base della individuazione di elementi univocamente
significativi, propri, del diverso uso cui è destinata l'opera e non coerenti
con la destinazione originaria. (conferma sentenza del 20.9.2010 della Corte di
Appello di Trieste, con la quale, confermava quella del Tribunale di Udine)
Pres. Ferrua, Est. Lombardi, Ric. Saviano.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/3/2011 (Ud. 26/1/2011) Sentenza n. 9282
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Principio di necessaria correlazione fra accusa e
sentenza - Violazione - Effetti. La violazione del principio di necessaria
correlazione fra accusa e sentenza dà luogo ad una nullità non rientrante fra
quelle assolute ed insanabili, ma a regime intermedio, sicché tale vizio non può
essere dedotto per la prima volta in sede di legittimità ove esso non sia stato
denunciato nei motivi di appello (Cass. sez. V, 28.9.2005 n. 44008, Di Benedetto
ed altro). (conferma sentenza del 20.9.2010 della Corte di Appello di Trieste,
con la quale, confermava quella del Tribunale di Udine) Pres. Ferrua, Est.
Lombardi, Ric. Saviano.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/3/2011 (Ud. 26/1/2011) Sentenza n. 9282
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
Presidente Dott. Giuliana Ferrua
Consigliere " Alfredo Maria Lombardi
Amedeo Franco
Silvio Amoresano
Elisabetta Rosi
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
- Sul ricorso proposto dall'Avv. Cosimo D'Alessandro, difensore di fiducia di
Saviano Vincenzo, n. a Frattamaggiore il 10.11.1960, avverso la sentenza in data
20.9.2010 della Corte di Appello di Trieste, con la quale, a conferma di quella
del Tribunale di Udine, sezione distaccata di Palmanova, in data 21.10.2009,
venne condannato alla pena di mesi due di arresto ed € 10.000,00 di ammenda,
quale colpevole del reato di cui all'art. 44, comma 1 lett. b), del DPR n.
380/2001.
- Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
- Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo
Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Trieste ha confermato la
pronuncia di colpevolezza di Saviano Vincenzo in ordine al reato di cui all'art.
44, comma 1 lett. b), del DPR n. 380/2001, a lui ascritto, perché, in qualità di
proprietario, nonché di socio della Cooperativa "Mare Verde a r.1.", aveva
eseguito lavori edili in difformità della concessione edilizia n. 8268 del
19.7.2004, consistiti nella creazione di unità immobiliari nel sottotetto del
fabbricato con impianti di illuminazione, idrici, di riscaldamento, di
condizionamento e di scarico, nonché nella installazione di impianti di
riscaldamento e di utenze gas nei piani interrati, scale interne di collegamento
in difformità del progetto presentato, il tutto in contrasto con quanto previsto
dalle norme tecniche di attuazione del P.E.E.P. denominato "Casabianca".
E' opportuno precisare che il Saviano, destinatario, unitamente ad altri
comproprietari e soci della cooperativa, di decreti penali di condanna, a
seguito di opposizione, è stato dichiarato colpevole del reato di cui
all'imputazione per essere stata accertata la sua qualità di Presidente della
Cooperativa Mare Verde con decorrenza dall'8.9.2005.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante
aveva contestato la mancata indicazione delle prove tramite le quali il giudice
di primo grado aveva accertato la qualità di Presidente della Cooperativa;
dedotto che i lavori erano stati eseguiti prima che egli assumesse la carica di
Presidente e che, in ogni caso, le irregolarità rilevate non integrano la
fattispecie di reato di cui alla contestazione.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la
denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento la difesa del ricorrente denuncia la
violazione ed errata applicazione degli art. 24 e 111 della Costituzione, 522,
546, comma primo lett. c), c.p.p. e vizi di motivazione della sentenza.
Si osserva che nel confronti del Saviano, come di altri soci della cooperativa,
era stata chiesta l'emissione del decreto penale di condanna nelle indicate
qualità di proprietario e socio; che, a seguito di opposizione, mentre alcuni
coimputati sono stati assolti per non aver commesso il fatto, il solo Saviano è
stato condannato nella veste di Presidente della Cooperativa.
In sintesi, si deduce che al Saviano non è stata mai contestata la predetta
qualità di presidente della cooperativa, sicché egli non ha potuto difendersi
dall'accusa nei termini di cui all'affermazione di colpevolezza; che nella
specie non vi è correlazione tra contestazione e sentenza, con la conseguente
nullità delle pronunce di merito ai sensi dell'art. 522 c.p.p..
Con il secondo mezzo di annullamento la difesa del ricorrente denuncia la
violazione ed errata applicazione degli art. 24 e 111 della Costituzione, 192,
546, comma 1 lett. e), c.p.p. e vizi di motivazione della sentenza.
Si deduce che l'impugnata sentenza non indica le prove in base alle quali è
stato accertato che i lavori di cui alla contestazione sono stati eseguiti dopo
che il Saviano aveva assunto la carica di Presidente della Cooperativa e non
prima. Sul punto si osserva che con denuncia anonima le irregolarità riscontrate
erano già state segnalate il 30.9.2005 e che il direttore dei lavori si era
autosospeso il 20.6.2005 proprio in considerazione degli abusi in questione. Si
aggiunge che la prova della commissione degli abusi da parte del Saviano non può
essere desunta dall'accertamento che i lavori erano ancora in corso alla data
del 15.2.2006 indicata in imputazione, non emergendo dai sopraluoghi effettuati
dalla Polizia Municipale l'epoca di realizzazione degli interventi abusivi.
Con l'ultimo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata
applicazione degli art. 44 del DPR n. 380/2001, 192, 546, comma 1 lett. e),
c.p.p. e vizi di motivazione della sentenza.
In sintesi, si deduce che le difformità descritte in imputazione non sono
univocamente indicative di una modificazione della destinazione d'uso dei
sottotetti e dei piani interrati, modificazione peraltro non ancora
verificatasi, essendo tutti gli alloggi ancora in costruzione, sicché la
affermazione di colpevolezza risulta fondata su un processo alle intenzioni.
Il ricorso non è fondato.
Osserva il Collegio, in relazione al primo motivo di gravame, che secondo il
consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte la violazione del
principio di necessaria correlazione fra accusa e sentenza dà luogo ad una
nullità non rientrante fra quelle assolute ed insanabili, ma a regime
intermedio, sicché tale vizio non può essere dedotto per la prima volta in sede
di legittimità ove esso non sia stato denunciato nei motivi di appello. (cfr.
sez. V, 28.9.2005 n. 44008, Di Benedetto ed altro, RV 232805; conf. 199707957,
RV 209753; 199908639, RV 214316; 199914101, RV 215797).
Orbene, in sede di appello l'imputato si è limitato a dedurre la carenza di
prove in ordine alla accertata qualità di presidente della cooperativa ed in tal
modo ha accettato il contraddittorio sul punto in relazione al quale ne è stata
affermata la responsabilità, sicché l'eccezione processuale afferente al difetto
di contestazione formulata per la prima volta in sede di legittimità risulta
tardiva e, perciò, inammissibile.
Il secondo motivo di ricorso è al limite dell'ammissibilità, risolvendosi nella
contestazione fattuale dell'accertamento relativo alla esecuzione dei lavori
abusivi da parte dell'imputato, nella qualità accertata di presidente della
cooperativa, e, peraltro, è infondato.
Entrambe le pronunce di merito, infatti, hanno accertato che l'esecuzione dei
lavori era ancora in corso alla data dell'accertamento e, quindi, a maggior
ragione allorché l'imputato ha assunto la qualità di responsabile della
cooperativa.
Peraltro, la prosecuzione di interventi in parte abusivi determina la
responsabilità per la violazione edilizia anche a carico di colui che abbia
proseguito o portato a compimento l'opera nel suo complesso.
E', infine, infondato l'ultimo motivo di gravame.
La costruzione in totale difformità del permesso di costruire può derivare,
oltre che da consistenti aumenti di volumetria o altre rilevanti modificazioni
della struttura esterna dell'immobile, anche dalla esecuzione di interventi
all'interno di un fabbricato che determinino la modificazione di parte
dell'edificio, allorché tale modificazione abbia rilevanza urbanistica (in
quanto incidente sull'assetto del territorio, aumentando il cosiddetto carico
urbanistico), quali ad esempio la modificazione della destinazione d'uso di
parte dell'immobile rispetto a quanto assentito con il provvedimento
autorizzatorio. (cfr. sez. VI, 7.1.1999 n. 12271, Fusco G. e altri, RV 214526;
sez. III, 11.12.2007 n. 4555 del 2008, P.M. in proc. Nurgia, RV 238854).
Inoltre, il reato di esecuzione dei lavori in totale difformità dal permesso di
costruire (art. 44, comma primo, lett. b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) non
presuppone necessariamente il completamento dell'opera, ma è altresì
configurabile nel corso dell'esecuzione degli interventi edilizi, allorché la
difformità risulti palese durante l'esecuzione dei lavori, in quanto dalle opere
già compiute appare evidente la realizzazione di un organismo diverso da quello
assentito. (cfr. sez. 111, 20.9.2007 n. 41578, Brancato, RV 238000; sez. III,
30.1.2008 n. 13592, P.M. in proc. Dinolfo, RV 239837).
In corso d'opera, pertanto, l'accertamento del mutamento di destinazione d'uso
va effettuato sulla base della individuazione di elementi univocamente
significativi, propri, del diverso uso cui è destinata l'opera e non coerenti
con la destinazione originaria.
Si tratta di un accertamento di fatto che, se oggetto di adeguata motivazione,
si sottrae al sindacato in sede di legittimità.
Orbene, nel caso in esame, i giudici di merito hanno accertato che i servizi
realizzati (di natura idraulica, elettrica, relative alle condotte del gas o a
impianti di condizionamento aria) all'interno delle parti del fabbricato
destinate ad uso non abitativo sono inequivocabilmente dimostrative della
diversa destinazione in corso di realizzazione, non assentita dal permesso di
costruire e certamente idonea ad incidere sul carico urbanistico, sicché nella
specie il reato era già sussistente, non occorrendo certamente il completamento
degli interventi abusivi per configurarlo, e la motivazione sul punto si palesa
adeguata ed immune da vizi logici.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica
udienza del 26.12011.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 9 MAR. 2011
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