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CORTE
DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 17/01/2011, Sentenza n. 939
INQUINAMENTO ACUSTICO - Azione inibitoria ex art. 844 c.c. avente ad oggetto
turbative o molestie di fatto - Legittimazione passiva del titolare di diritti
reali di godimento - Sussistenza. L'azione inibitoria ex art. 844 c.c. non
ha solo natura reale, rientrando nello schema della negatoria servitutis, ma ha
pure natura personale, in quanto intesa a respingere turbative o molestie di
fatto. Pertanto, la proposizione della domanda ex art. 844 c.c., allorquando sia
diretta soltanto al conseguimento di provvedimenti inibitori e risarcitori, e
non anche all'emissione di statuizioni restitutorie implicanti interventi
diretti sull'immobile, implica la legittimazione passiva anche o soltanto dei
soggetti titolari di diritti reali di godimento sull’immobile. Pres. ROVELLI -
Est. PICCIALLI - P.M. SGROI - Ric. C. M. (avv. Merla) - CORTE DI CASSAZIONE,
Sezione II civile, 17 gennaio 2011, n. 939
INQUINAMENTO ACUSTICO - Immissioni - Superamento dei limiti di tollerabilità
stabiliti dalla normativa speciale - Illiceità ex art. 844 c.c. - Sussistenza.
In materia di immissioni va ribadito il principio secondo cui “mentre è
senz'altro illecito il superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalla
leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano
nell'interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori e i
limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli stessi non può far
considerare senz'altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro
tollerabilità formularsi a stregua dei principi di cui all'art. 844 c.c.". Tale
principio, nella sua prima parte, si basa sull'evidente considerazione che, se
le emissioni acustiche superano, per la loro particolare intensità e capacità
diffusiva, la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela
di interessi della collettività così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior
ragione le stesse, ove si risolvano in immissioni nell'ambito della proprietà
del vicino, ancor più esposto degli altri, in ragione della vicinanza, ai loro
effetti dannosi, devono per ciò solo considerarsi intollerabili ai sensi
dell'art. 844 c.c. e pertanto illecite anche sotto il profilo civilistico. Pres.
ROVELLI - Est. PICCIALLI - P.M. SGROI - Ric. C. M. (avv. Merla) - CORTE DI
CASSAZIONE, Sezione II civile, 17 gennaio 2011, n. 939
INQUINAMENTO ACUSTICO - Immissioni ex art. 844 c.c. - Conflitto tra esigenze
della produzione e diritto alla salute - Interpretazione. Nel conflitto tra
le esigenze della produzione, pur contemplate dall'art. 844 c.c., ed il diritto
alla salute, un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma
civilistica deve attribuire necessaria prevalenza al secondo, dovendo il limite
della relativa tutela ritenersi intrinseco all'attività produttiva. Pres.
ROVELLI - Est. PICCIALLI - P.M. SGROI - Ric. C. M. (avv. Merla) - CORTE DI
CASSAZIONE, Sezione II civile, 17 gennaio 2011, n. 939
INQUINAMENTO ACUSTICO - Immissioni ex art. 844 c.c. - Limiti di tollerabilità
- Criteri di valutazione. La valutazione sulla tollerabilità delle
immissioni richiede una specifica ed approfondita indagine, volta a stabilire
se, in concreto, avuto riguardo alla particolare situazione dei luoghi, le
stesse siano compatibili con lo svolgimento delle ordinarie e quotidiane
attività di vita professionale e domestica del proprietario. Pres. ROVELLI -
Est. PICCIALLI - P.M. SGROI - Ric. C. M. (avv. Merla) - CORTE DI CASSAZIONE,
Sezione II civile, 17 gennaio 2011, n. 939
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUIGI ANTONIO ROVELLI - Presidente -
Dott. LUIGI PICCIALLI - Rel. Consigliere -
Dott. EMILIO MIGLIUCCI - Consigliere -
Dott. STEFANO PETITTI - Consigliere -
Dott. ALDO CARRATO - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 12658-2005 proposto da:
Ca. Ma. (omissis) in qualità di eredi: Di Lu.Gi., Ca.St., Ca.La., elettivamente
domiciliati in (omissis), presso lo studio dell'avvocato MERLA MICHELE, che li
rappresenta e difende
- ricorrenti -
contro
L. L. N.E., in persona del suo titolare e legale rappresentante p.t. Sig.ra
An.Ma.Pi., elettivamente domiciliato in (omissis) presso lo studio dell'avvocato
MARCO GARDIN, rappresentato e difeso dagli avvocati LOPARDI RICCARDO,
MARCANTONIO RENATA;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 98/2005 del TRIBUNALE di SULMONA, depositata il 28/02/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2010 dal
Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI.
Udito l'Avvocato Merla Michele difensore del ricorrente che ha chiesto
l'accoglimento del ricorso.
Udito 'Avv. Lopardi Riccardo con delega depositata in udienza dell'Avv.
Marchetti Alessandro difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del
ricorso.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO SGROI
che ha concluso per il rigetto del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L'avvocato Ma.Ca.,costituito di persona ex art. 86 c.p.c.,nella qualità di
proprietario in abitato di Sulmona di un immobile adibito ad abitazione e studio
professionale,con atto notificato il 6.9.01 citò al giudizio del locale Giudice
di Pace la ditta Li. Nu. Ed. in persona della titolare Ma.Pi.,conduttrice di un
immobile adiacente,al fine di sentirla condannare alla eliminazione delle
intollerabili immissioni prodotte da un "grande ventilatore",di cui chiedeva la
rimozione, installato in un' apertura lucifera esistente nel muro comune
dividente i due immobili e collegato all'impianto di climatizzazione del
negozio-libreria. Deduceva in particolare l'attore che la suddetta installazione
era avvenuta "abusivamente ed arbitrariamente" e che le immissioni provocate dal
ventilatore di calore,di esalazioni e sonore,oltre a provocare "fastidi,stress e
disturbi alla quiete ed alla salute delle persone" abitanti e lavoranti nel
proprio immobile,"in violazione dei diritti di proprietà
dell'esponente",superavano anche i limiti di accettabilità previsti dalle dal
D.P.C.M. 14.11.97 e dalla L. 26.10.95 n. 447 in materia di inquinamento acustico
ed ambientale.
Si costituì la convenuta,contestando la fondatezza della domanda ed il giudice
adito,all'esito della disposta consulenza tecnica, la rigettò con sentenza del
30.7.02.
Il Casaccia propose appello,ma il gravame,cui aveva resistito l'appellata, con
sentenza monocratica del 22/28.2.05 è stato respinto dal Tribunale di
L'Aquila,con il carico delle ulteriori spese.
Il giudice di appello ha ritenuto,anzitutto,inammissibile la doglianza
dell'appellante, deducente il mancato esame della domanda ex art. 949
c.c.,rilevando che, dal petitum e dalla causa petendi esposti in
primo grado, l'azione era stata proposta con inequivoco ed esclusivo riferimento
all'art. 844 c.p.c. e non anche quale negatoria servitutis. Nel merito
detto giudice ha ribadito l'infondatezza della domanda proposta,rilevando,sulla
scorta dei dati emersi dalla consulenza tecnica,che le emissioni sonore prodotte
dall'impianto di climatizzazione della libreria e percepibili del primo piano
dell'immobile Casaccia erano risultate di entità trascurabile e non eccedenti i
livelli massimi fissati dalla normativa di tutela ambientale in materia di
inquinamento acustico,mentre,per quanto atteneva a quelle percepibili dal piano
terra,adibito a porticato e magazzino, il pur accertato superamento della
soglia-limite non poteva di per sé comportare l'intollerabilità ex art. 844 c.c.
delle immissioni,tenuto della natura dei luoghi (zona cittadina centrale e
trafficata),dell'analogia delle destinazioni (l'una commerciale e l'altra a
studio professionale) entrambe "lato sensu produttive",nonché delle
esigenze in conflitto,tra cui particolarmente meritevole appariva quella di
"rendere confortevoli mediante un adeguato riscaldamento o refrigerazione i
locali del negozio".
Contro tale sentenza l'avvocato Ca. ha proposto ricorso per cassazione su tre
motivi . Ha resistito l'intimata con controricorso.
Successivamente sono intervenuti,costituendosi con apposita comparsa, Gi. Di
Lu., St. Ca. e La. Ca.,quali eredi dell'avvocato Ma. Ca., deceduto il
14.12.2005, al riguardo producendo copie del certificato di morte e della
denuncia di successione,facendo proprie le richieste di cui al ricorso.
E' stata infine depositata una memoria illustrative per la resistente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 132 co. 2 n. 3
c.p.c.,per avere il Tribunale disatteso l'eccezione di nullità della sentenza di
primo grado,nella quale non erano state riportate esattamente le conclusioni
attrici,deducenti anche la lesione del diritto di proprietà derivante dalle
immissioni di calore,esalazioni e rumori intollerabili,provenienti dall'impianto
di ventilazione abusivamente ed arbitrariamente apposto in corrispondenza
dell'apertura lucifera,causale della domanda non esaminata,con conseguente
omissione di pronunzia.
Con il secondo motivo, deducente violazione e falsa applicazione dell'art. 345
c.p.c. e connessa carenza di motivazione,si lamenta che il giudice di
appello,che aveva il dovere di riesaminare la questione,convertendosi il
suddetto motivo di nullità in motivo di impugnazione,abbia al riguardo
erroneamente ritenuto inammissibile,perché nuova,la domanda ribadita
dall'appellante anche sotto il profilo di cui all'art. 849 c.c. Detto giudice,
peraltro, non avrebbe tenuto conto che, secondo la giurisprudenza di
legittimità,l'azione inibitoria ex art. 844 c.c. non solo ha natura
reale,rientrando nello schema della negatoria servitutis, ma ha pure
natura personale,in quanto intesa a respingere turbative o molestie di fatto;una
corretta qualificazione della domanda avrebbe comportato la necessità esaminarla
anche sotto il profilo suddetto,escludendo la ravvisata mutatio libelli.
I due motivi,che per l'intima connessione tra le censure proposte vanno
esaminati congiuntamente,non meritano accoglimento.
Dall'esame dell'atto introduttivo del giudizio,consentito in questa sede dalla
natura essenzialmente processuale delle censure,si rileva che l'avvocato
Casaccia chiese,nelle proprie richieste conclusive, la condanna della convenuta
alla "rimozione del detto impianto di ventilazione ed al risarcimento dei
consequenziali danni..." previa dichiarazione della "illegittimità delle
immissioni di calore,esalazioni e rumori intollerabili provenienti dal
ventilatore abusivamente installato ...in corrispondenza dell'apertura lucifera
all'interno del fabbricato ...non solo in danno dei diritti di proprietà
dell'attore,ma anche in violazione di quanto disposto dal D. P. C.M. 14.11.97 e
dalla L. 26.10.95 n.447 in materia di inquinamento acustico",causali queste
ultime sostanzialmente ribadenti la premessa espositiva,in cui si era riferito
della suddetta installazione,abusiva ed arbitraria,perché operata in violazione
sia dei diritto di proprietà dell'esponente,sia delle norme speciali in materia
di inquinamento acustico ed ambientale.
Tanto premesso, va anzitutto rilevato che tali ultimi specifici riferimenti
normativi e la dedotta intollerabilità delle subite immissioni rendeva
inequivocabile, pur in mancanza di un'espressa citazione della disposizione
civilistica, il riferimento all'art. 844 c.c., il cui primo comma appunto fa
riferimento al criterio della "normale tollerabilità " delle immissioni,al fine
si stabilire se il vicino che le subisca sia tenuto o meno,tenuto conto della
condizione dei luoghi ed,eventualmente, dei sussidiari criteri di cui al secondo
comma,a sopportarle.
Né la generica deduzione della "violazione del diritto di proprietà" ,in
correlazione alla lamentata "abusività ed arbitrarietà" dell'installazione del
ventilatore in corrispondenza di un'apertura lucifera ed in posizione tale da
immettere esalazioni ed emanazioni sonore prodotte dall'impianto in direzione ed
all'interno dell'immobile dell'attore,era tale da imprimere alla domanda,
specificamente diretta all'ottenimento di una tutela restitutoria e risarcitoria
per eccedenza dai limiti di cui all'art. 844 c.c., anche una concorrente
qualificazione di actio negatoria servitutis ex art. 849 c.c. Pur
convenendosi,in astratto,che siffatta qualificazione,anche in mancanza di un
espresso richiamo normativo (nella specie poi intervenuto nella comparsa
conclusionale),avrebbe potuto essere operata ex officio,in base al principio
iura novit curia (altrimenti espresso dal noto brocardo da mihi factum
dato tibi ius),da parte del giudice,non vincolato nell'individuazione della
causa petendi dalle citazioni normative, più o meno conferenti,
dell'attore, decisiva nella fattispecie deve ritenersi la circostanza che
l'azione fosse stata proposta esclusivamente contro il conduttore dell'immobile
confinante e non anche contro il proprietario dello stesso,che nell'actio
negatoria,di natura reale e diretta all'accertamento della libertà di un
fondo rispetto all'altro, è il solo legittimato passivo,in quanto potenziale
titolare della servitù che si intende negare nella vindicatio libertatis,
mentre l'esecutore materiale dell'opera ,ove soggetto diverso dal proprietario,
può solo rispondere unitamente a quest'ultimo per le conseguenze dannose delle
stessa,nella eventualmente concorrente azione risarcitoria (v. Cass.
1553/05,13186/92)
Pertanto le questioni del mancato esame delle conclusioni,da parte del primo
giudice (nell'epigrafe della cui sentenza,peraltro,risultano trascritte le
richieste attrici,conformi a quelle iniziali in precedenza menzionate),nella
parte in cui sarebbe stato invocato,esplicitamente o implicitamente,anche l'art.
849 c.c.,e dell'omessa pronunzia sostitutiva al riguardo da parte del giudice di
appello,ancor prima che infondate,risultano inammissibili per difetto di
rilevanza, perché un'actio negatoria servitutis proposta contro il solo
autore materiale dell'opera sarebbe stata radicalmente inammissibile per difetto
di legittimazione passiva.
Per converso ammissibile, sebbene proposta contro la sola conduttrice
dell'immobile da cui provenivano le immissioni ritenute intollerabili,va
ritenuta la domanda ex art. 844 c.c.,in concreto proposta, in conformità alla
costante giurisprudenza di questa Corte, ravvisante la legittimazione passiva in
siffatte azioni anche o soltanto dei soggetti titolari di diritti personali di
godimento dell'immobile, allorquando, come nella specie, la domanda sia diretta
soltanto al conseguimento di provvedimenti inibitori e risarcitori, e non anche
all'emissioni di statuizioni restitutorie implicanti interventi diretti
sull'immobile (v. tra le altre Cass. 8999105, 15392/00). Con il terzo motivo di
ricorso vengono dedotte violazione e falsa applicazione dell'art. 844 c.c., in
riferimento agli artt. 949 e 890 c.c.,con connesse carenze ed illogicità della
motivazione. Si lamenta che i giudici di appello, in contraddizione con la,pur
corretta,premessa secondo cui per verificare la liceità delle immissioni sarebbe
stato necessario far riferimento al parametro della normale tollerabilità
indicato dall'art. 844 c.c.,e pur dando atto che il c.t.u. aveva accertato,in
corrispondenza del porticato e dei locali a piano terra, la sussistenza di un
livello differenziale di rumore superiore di 5 decibels al limite di
accettabilità previsto dalla normativa sull'inquinamento acustico, nonché
concentrazione di particelle di polvere atmosferica provenienti dal ventilatore
posto nell'immobile contiguo, avrebbe confermato l'erroneo giudizio di primo
grado. A tal riguardo il tribunale sarebbe incorso in una errata ed inconferente
valutazione della condizione dei luoghi e di elementi oggettivi non
significativi,quali la posizione centrale del negozio e la destinazione
asseritamente analoga dei due immobili,in realtà non sussistente,e si sarebbe
basato,peraltro incongruamente, sui soli parametri fissati da norme speciali,
contenute nella L. 26.1.95 n. 447, finalizzate precipuamente alla tutela di
interessi generali, e non anche sul prudente apprezzamento che, secondo la
giurisprudenza di legittimità, va compiuto dal giudice di merito al fine di
comparare le esigenze in conflitto,di tutela del diritto di
proprietà,segnatamente sotto il profilo della tranquillità delle relative
facoltà di godimento, e di quello all'esercizio di un'attività commerciale.
Il motivo,a parte il non conferente richiamo agli artt. 949 e 890 c.c. (attinenti all'inammissibile riferimento alla non proposta azione negatoria,in relazione alle distanze legali prescritte per fabbriche e depositi nocivi) ed il profilo di doglianza relativo all'accumulo di polveri, che ponendosi in contrasto con la relativa esclusione da parte del c.t.u. riferita in sentenza,si risolve in una'inammissibile censura in fatto,risulta per il resto fondato, nei termini di seguito precisati, e va accolto per quanto di ragione.
Come si è riferito in narrativa,il Tribunale, dato atto che solo a livello del
piano terra, le immissioni acustiche provenienti dall'attiguo immobile,
attraverso l'apertura lucifera interessata dal ventilatore, eccedevano il limite
di accettabilità previsto dalla normativa speciale in materia di inquinamento
acustico, ha tuttavia respinto la domanda inibitoria e risarcitoria ex art. 844
c.c.,sul rilievo che la particolare destinazione di tali parti dell'immobile
dell'attore,in conflitto con le analoghe esigenze lato sensu produttive
on giustificassero l'emissione dei richiesti provvedimenti, al riguardo
sostanzialmente privilegiando quelle dell'attività commerciale svolta dalla
convenuta,richiedenti un adeguato regolamento della temperatura nel negozio.
Siffatto argomentare,oltre a partire da premesse in parte indimostrate ed
inaccettabili,quali il presunto uso limitato delle parti inferiori dell'immobile
dell'attore, l'assoluta necessità dell'installazione del ventilatore nella
posizione lamentata ,e non altrove e la praticabilità di massima di due attività
del tutto eterogenee, l'una libero professionale, implicante attività di studio
e consultazione e, dunque, richiedente particolare tranquillità, l'altra di tipo
commerciale, non ha tenuto conto di principi affermati da questa Corte,che
avrebbero comportato una diversa e più attenta valutazione della vicenda.
In particolare va ribadito il principio,a termini del quale "in materia di
immissioni, mentre è senz'altro illecito il superamento dei limiti di
accettabilità stabiliti dalla leggi e dai regolamenti che, disciplinando le
attività produttive, fissano nell'interesse della collettività le modalità di
rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto
degli stessi non può far considerare senz'altro lecite le immissioni, dovendo il
giudizio sulla loro tollerabilità formularsi a stregua dei principi di cui
all'art. 844 c.c." (Cass. 1418706).
Tale principio, nella sua prima parte, si basa sull'evidente considerazione
che,se le emissioni acustiche superano,per la loro particolare intensità e
capacità diffusiva,la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale
a tutela di interessi della collettività,così pregiudicando la quiete pubblica,a
maggior ragione le stesse,ove si risolvano in immissioni nell'ambito della
proprietà del vicino,ancor più esposto degli altri,in ragione della vicinanza,
ai loro effetti dannosi,devono per ciò solo considerarsi intollerabili ai sensi
dell'art. 844 c.c. e pertanto illecite anche sotto il profilo civilistico. Tanto
non è stato considerato dal giudice di merito,che pur avendo rilevato che al
livello dei locali a piano terra dell'immobile Casaccia erano percepibili
emanazioni sonore eccedenti la soglia legale di accettabilità,ne ha escluso
l'intollerabilità ex art. 844 c.c.,non tenendo conto che,pur nel "tempo
strettamente necessario al loro utilizzo" (come detto in sentenza),chi si
trovasse in tali ambienti,sarebbe stato comunque esposto a rumori che,per
presunzione normativa,devono comunque ritenersi nocivi per le persone,così
finendo con il disattendere anche l'altro principio,ormai consolidato nella
giurisprudenza di questa Corte, secondo cui,nel conflitto tra le esigenze della
produzione,pur contemplate dall'art. 844 c.c.,ed il diritto alla salute,
un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma civilistica deve
attribuire necessaria prevalenza al secondo,dovendo il limite della relativa
tutela ritenersi intrinseco all'attività produttiva (v. in particolare,Cass.nn.
5564/10,8420/06).
Per quanto attiene poi alla tollerabilità delle immissioni ai piani superiori,il
giudice di merito ha ritenuto esaustiva la semplice circostanza che le
propagazioni sonore a quel livello fossero al di sotto (peraltro senza precisare
il relativo margine) della citata soglia di accettabilità prevista dalla legge
speciale,incorrendo così nell'ulteriore errore di attribuire tout court
rilevanza decisiva, in contrasto con la seconda parte del principio in
precedenza citato,a tale mancato superamento, e nell'omissione di quella
specifica ed approfondita indagine, richiesta dall'art. 844 c.c. e ribadita
dalla costante giurisprudenza di questa Corte, evidenziante il carattere non
assoluto del limite civilistico di tollerabilità delle immissioni (v.,tra le più
recenti,Cass. n. 3438/10),
al fine di stabilire se in concreto,avuto riguardo alla particolare situazione dei luoghi (nella specie caratterizzata dalla destinazione a studio ed abitazione dei piani superiori dell'immobile dell'attore) le stesse fossero compatibili con lo svolgimento delle ordinarie e quotidiane attività di vita professionale e domestica dell'attore e della sua famiglia.
La sentenza impugnata va,conclusivamente,cassata in relazione alle censure
accolte,con rinvio per nuovo giudizio di appello ad altro magistrato del
Tribunale di L'Aquila, cui si demanda anche il regolamento delle spese del
presente grado di giudizio.
P.Q.M
La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso, accoglie,nei limiti
di cui motivazione, il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese del presente giudizio, al Tribunale di Sulmona in persona di diverso
magistrato.
Così deciso in Roma il 17.11.2010.
.
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