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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 13/01/2011 (Cc. 15 /12/2010) Sentenza n. 715
ESPROPRIAZIONE - Indennità di esproprio per le aree edificabili - Criteri di
commisurazione - Art. 5 bis L. n. 359/1992 - Illegittimità costituzionale -
Procedimento ablativo - Divieto di "reformatio in peius" -
Fattispecie. Sebbene nelle more del giudizio la Corte Costituzionale con
sentenza 24 ottobre 2007 n. 348, abbia dichiarato l'illegittimità costituzionale
dei criteri di commisurazione dell'indennità di esproprio per le aree
edificabili, di cui all'art. 5 bis della legge 359 del 1992 (ivi compresa la
decurtazione del 40%), il fatto che il ricorso sia stato proposto dalla
amministrazione comunale e non anche dai proprietari espropriati, comporta che
la decisione non possa essere più sfavorevole all'impugnante e più favorevole
alla controparte di quanto non sia stata la sentenza impugnata, e, quindi,
preclude la "reformatio in peius" in danno del primo ed in particolare di
dare ingresso alle sopravvenute innovazioni normative, per le quali
all'espropriato spetta un indennizzo di entità superiore a quella determinata
dalla sentenza impugnata. Fattispecie: allargamento di una strada Comunale e
relativa espropriazione per pubblica utilità. (conferma sentenza n. 5194,
depositata il 09/12/2003, CORTE D'APPELLO di ROMA) Pres. Vitrone, Est. Giancola,
Ric. Comune di Te.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 13/01/2011 (Cc. 15
/12/2010) Sentenza n. 715
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Ricorso per cassazione - Rilievi generici,
apodittici e carenti - Motivazione recepita "per relationem" - Presupposti per
l’impugnazione. Non merita favorevole apprezzamento, il ricorso che si
sostanzia in rilievi di errori valutativi, che si rivelano generici, apodittici
e carenti anche sotto il profilo dell'autosufficienza, non essendo nemmeno
ricondotti a specifiche richiamate risultanze istruttorie. Al riguardo, non
incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca "per
relationem" le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza
tecnica d'ufficio di cui dichiari di condividere il merito. Pertanto, per
infirmare, sotto il profilo dell'insufficienza argomentativa, tale motivazione è
necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica
d'ufficio già dinanzi al giudice "a quo", la loro rilevanza ai fini della
decisione e l'omesso esame in sede di decisione; al contrario, una mera
disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell'elaborato
peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un
sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità. (conferma sentenza n.
5194, depositata il 09/12/2003, CORTE D'APPELLO di ROMA) Pres. Vitrone, Est.
Giancola, Ric. Comune di Te.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 13/01/2011
(Cc. 15 /12/2010) Sentenza n. 715
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. II Civile
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. UGO VITRONE
- Presidente -
Dott. SALVATORE SALVAGO
- Consigliere -
Dott. FABRIZIO FORTE
- Consigliere -
Dott. LUIGI MACIOCE
- Consigliere -
Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA
- Consigliere - Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 3051-2005 proposto da:
Comune di Te. (C.F. Omissis), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in Ro., Via Fe. Ce. (Omissis), presso l'avvocato Fa. Ma. Gi.,
rappresentato e difeso dall'avvocato Fr. Au., giusta procura a margine del
ricorso;
- ricorrente -
contro
Ma. Ro. Ci. (C.F. Omissis), Do. Ci. (C.F. Omissis), Ca. Ci. (C.F. Omissis), Lu.
Ci. (C.F. Omissis.), Lui. Ci. (C.F. Omissis), elettivamente domiciliati in Ro.,
Via Ge. (Omissis), presso l'avvocato Pi. Lu. Pa., rappresentati e difesi
dall'avvocato Fr. Di Ci., giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 5194/2003 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il
09/12/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2010 dal
Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. UMBERTO APICE
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 28.11.2001, Ma. Ro. Ci., Lu. Ci., Lui. Ci.,
Do. Ci. e Ca. Ci. adivano la Corte di appello di Roma e premesso che il Comune
di Te., per l'allargamento della strada comunale Va., aveva assoggettato a
procedimento ablativo il terreno in loro proprietà, esteso mq. 126, distinto in
catasto alle pp.lle (Omissis) e (Omissis), chiedevano che fosse determinata
l'indennità di espropriazione.
Con sentenza del 22.10-9.12.2003, la Corte di appello di Roma, nel
contraddittorio delle parti, determinava detta indennità in complessivi Euro
7.343,41, ordinandone al Comune convenuto il deposito presso la Cassa DDPP,
previa detrazione di quanto già versato allo stesso titolo, con interessi legali
sulla somma residua decorrenti dalla data del decreto di esproprio.
La Corte territoriale riteneva che l'indennità di espropriazione dovesse essere
determinata secondo i criteri previsti dall'art. 5 bis della legge 359 del 1992
per le aree edificabili e senza la decurtazione del 40%, considerando pure che
l'area espropriata era di modesta dimensione e costituiva corte di pertinenza di
un fabbricato. Riteneva inoltre, che con riguardo all'epoca del decreto di
esproprio ed alla natura pertinenziale dell'area ablata, il relativo valore
venale potesse essere stimato in Euro 116,26 al mq., secondo l'indicazione del
C.T.U. ad essa riferita, nettamente diversa dalla valutazione dallo stesso resa
per una vera e propria abitazione.
Avverso questa sentenza il Comune di Te.ha proposto ricorso per cassazione
notificato il 21.01.2005 ed affidato ad un unico motivo. I Ci. hanno resistito
con controricorso notificato il 24.02.2005.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno del ricorso il Comune di Te. denunzia "Omessa, insufficiente e/o
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.
Violazione di legge". Contesta il valore venale unitario di Euro 116,26
attribuito al bene espropriato, che assume erroneamente riferito ad un immobile
realizzato abusivamente e per il quale era stata disposta la demolizione, oltre
che non aderente alla destinazione urbanistica dell'area né all'indice
territoriale di fabbricabilità pari a 1,5 mc/mq., diverso da quello di
fabbricabilità fondiario pari a 3 mc/mq., individuato dal C.T.U. e recepito
nella sentenza. Aggiunge che se la valutazione fosse stata correttamente
attuata, la determinazione finale dell'indennità in questione avrebbe ampiamente
giustificato l'importo offerto con il decreto di esproprio del 19.10.2001.
Il ricorso non merita favorevole apprezzamento, sostanziandosi in rilievi di
errori valutativi, che si rivelano generici, apodittici e carenti anche sotto il
profilo dell'autosufficienza, non essendo stati nemmeno ricondotti a specifiche,
richiamate risultanze istruttorie. Al riguardo va ribadito anche che non incorre
nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca "per relationem"
le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica
d'ufficio di cui dichiari di condividere il merito; pertanto, per infirmare,
sotto il profilo dell'insufficienza argomentativa, tale motivazione è necessario
che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica d'ufficio già
dinanzi al giudice "a quo", la loro rilevanza ai fini della decisione e l'omesso
esame in sede di decisione; al contrario, una mera disamina, corredata da
notazioni critiche, dei vari passaggi dell'elaborato peritale richiamato in
sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito,
inammissibile in sede di legittimità (cfr. Cass. 200910222).
Giova aggiungere che sebbene nelle more del giudizio la Corte Costituzionale con
sentenza 24 ottobre 2007 n. 348, abbia dichiarato l'illegittimità costituzionale
dei criteri di commisurazione dell'indennità di esproprio per le aree
edificabili, di cui all'art. 5 bis della legge 359 del 1992 (ivi compresa la
decurtazione del 40%), il fatto che il ricorso sia stato proposto dalla
amministrazione comunale e non anche dai proprietari espropriati, comporta che
la decisione non possa essere più sfavorevole all'impugnante e più favorevole
alla controparte di quanto non sia stata la sentenza impugnata, e, quindi,
preclude la "reformatio in peius" in danno del primo ed in particolare di dare
ingresso alle sopravvenute innovazioni normative, per le quali all'espropriato
spetta un indennizzo di entità superiore a quella determinata dalla sentenza
impugnata.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del Comune
soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come
in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune di Te., a rimborsare ai
controricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi
Euro 1.700.00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed
agli accessori come per legge.
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