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T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 24 maggio 2011, n. 778
FAUNA E FLORA - Cani - Abbandono di deiezioni sul suolo pubblico - Sindaco -
Ordinanza ex artt. 50 e 54 d.lgs. n. 267/2000 - Divieto di accesso nelle isole
pedonali del centro cittadino - Illegittimità - Violazione del principio di
proporzionalità. L’ordinanza assunta ex artt. artt. 50, comma 5 e 54, comma
4 del D.Lgs. n. 267/2000, con la quale è fatto divieto di accesso ai cani nelle
isole pedonali del centro cittadino, per fare fronte all’abbandono sul suolo
pubblico delle deiezioni canine, è illegittima laddove con l’adozione di uno
strumento extra ordinem si è inteso fare fronte ad una problematica che poteva
essere affrontata e risolta con gli ordinari strumenti a disposizione
dell’Amministrazione, nonché per violazione del principio di proporzionalità
rispetto al fine perseguito. Pres. Romeo, Est. Falferi - Associazione A. (avv.
Suaria) c. Comune di Cosenza (avv.ti Carolillo e Dattis) -
TAR CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 24 maggio 2011, n. 778
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N. 00778/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00827/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 827 del 2009, proposto da:
Associazione A.N.P.A.N.A - O.N.L.U.S., rappresentato e difeso dall'avv. Maria
Morena Suarìa, con domicilio eletto presso Maria Morena Suarìa in S.Paolo
Civitate, via Regina Elena,3;
contro
Comune di Cosenza, in persona le legale rappresentante P.T. rappresentato e
difeso dagli avv. Nicola Carolillo, Ugo Dattis, con domicilio eletto presso Rita
Cellini in Catanzaro, via Iannelli, 9;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Fabio Tambato e il Comitato di Citta' 2000 in persona del Presidente De Rango
Benednetto, rappresentati e difesi dagli avv. Luca Mazziotti, Alessandra Caruso,
con domicilio eletto presso Segreteria Tar in Catanzaro, via De Gasperi 76/B;
Associazione Codici, rappresentata e difesa dagli avv. Carmine Laurenzano, Mario
Tocci, con domicilio eletto presso Giuseppe Sigillo' in Catanzaro, via Carlo V,
156;
per l'annullamento
dell’ordinanza sindacale prot. n. 2109 Gab sind. contingibile ed urgente per
prevenire e reprimere comportamenti che hanno conseguenze negative sulla
salubrità dell’ambiente, sul decoro della città e sulla sicurezza delle persone:
divieti e prescrizioni comportamentali ai proprietari e detentori a qualsiasi
titolo di cani (divieto di condurre cani nelle isole pedonali del centro
cittadino interdette al normale traffico veicolare ecc.) pubblicata all’albo
pretorio a far data dal 5.5.2009.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cosenza Sindaco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2011 il dott. Alessio
Falferi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ordinanza contingibile ed urgente di data 4 maggio 2009, prot. n. 2109, il
Sindaco del Comune di Cosenza ha ordinato ai proprietari e ai detentori di cani
a qualsiasi titolo di rispettare, dalla data di pubblicazione della ordinanza
medesima, i seguenti divieti e prescrizioni:
“a) di vietare l’accesso ai cani anche se tenuti al guinzaglio nelle isole
pedonali del centro cittadino interdette al normale traffico veicolare; b) di
utilizzare obbligatoriamente idonea museruola o il guinzaglio per i cani quando
si trovano in altro luogo aperto al pubblico; c) fermo restando il divieto di
cui alla precedente lettera a), di impedire che l’animale sporchi con deiezioni
e liquami organici l’area pubblica sulla quale si vengono a trovare, in modo da
preservare lo stato di igiene e di decoro del luogo stesso. I proprietari dei
cani o loro momentanei custodi o conduttori, che circolano con i propri animali
su area pubblica, fermo restando il divieto di cui alla precedente lettera a),
hanno l’obbligo di essere sempre forniti di strumenti idonei a raccogliere
eventuali deiezioni prodotte dai loro animali avendo, gli stessi, l’obbligo di
raccogliere tali deiezioni che dovranno essere conferite, tramite un contenitore
chiuso, negli appositi cassonetti per la raccolta dei rifiuti solidi urbani. Gli
idonei strumenti di raccolta dovranno essere mostrati a richiesta degli organi
addetti alla vigilanza”.
Tale ordinanza è impugnata dall’Associazione A.N.P.A.N.A. (Associazione
nazionale Protezione Animali Natura ed Ambiente) – ONLUS, la quale ne chiede
l’annullamento, previa sospensione cautelare, denunciando il seguente vizio:”
Eccesso di potere per falsa applicazione dell’art. 50 d.Lgs. n. 267 del 2000 ed
illogicità manifesta, eccesso di potere per difetto di istruttoria,
irragionevolezza amministrativa e violazione del principio di adeguatezza e
proporzionalità tra azione e reazione”.
Resiste in giudizio il Comune di Cosenza, il quale eccepisce la irricevibilità
del ricorso per tardività, la inammissibilità dello stesso per carenza di
legittimazione ad agire e di interesse in capo all’associazione ricorrente e,
nel merito, l’infondatezza del ricorso.
Con ordinanza n. 714 assunta alla Camera di Consiglio del 17 luglio 2009, è
stata accolta la domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.
Con atto depositato in data 3 settembre 2009, sono intervenuti ad adiuvandum
Tambato Fabio e il Comitato di Città 2000, i quali chiedono l’annullamento
dell’ordinanza impugnata, per violazione di legge, eccesso di potere e manifesta
illogicità.
Con ulteriore intervento ad adiuvandum depositato in data 28 maggio 2010, si è
costituita in giudizio l’Associazione CODICI, riconosciuta quale Associazione
Nazionale di Promozione Sociale ai sensi della legge n. 383 del 2000, la quale
chiede l’annullamento del provvedimento impugnato per eccesso di potere, difetto
istruttorio, inosservanza del principio di adeguatezza e proporzionalità tra
azione e reazione, violazione del disposto dell’art. 50, comma quinto e 54 comma
secondo del D.Lgs. n. 267/2000, violazione degli artt. 2, 3, 16, 32, 97 della
Costituzione.
Alla Pubblica Udienza del 21 aprile 2011, il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente è necessario esaminare le eccezioni di irricevibilità ed
inammissibilità del ricorso sollevate dal Comune resistente.
Il Comune sostiene, infatti, che il ricorso sia irricevibile in quanto
notificato oltre la scadenza del termine decadenziale di 60 giorni.
L’eccezione non è fondata.
L'art. 21 della legge 6.12.1971 n. 1034 (applicabile alla fattispecie in esame
ratione temporis) stabilisce che il ricorso deve essere notificato entro il
termine di 60 giorni da quello in cui l'interessato abbia ricevuta la notifica
del provvedimento o ne abbia comunque avuta piena conoscenza o, per gli atti di
cui non sia richiesta la notifica individuale, dal giorno in cui sia scaduto il
termine della pubblicazione, se questa sia prevista da disposizioni di legge o
di regolamento (inciso quest'ultimo aggiunto dall'art. 1 della legge n. 205 del
2000).
L’ordinanza impugnata di data 4 maggio 2009 è stata pubblicata all’Albo Pretorio
a far data dal 5 maggio 2009 per 15 giorni consecutivi, e, quindi fino al giorno
19 maggio 2009 compreso, con la conseguenza che il termine per l’impugnazione
decorre dal giorno successivo (scadenza della pubblicazione), cioè il 20 maggio
2009, e non, come sostenuto dal Comune resistente, dal primo giorno di
pubblicazione.
Pertanto, decorrendo il termine per l’impugnazione dal 20 maggio 2009, l’ultimo
giorno utile per la notifica del ricorso era il giorno sabato 18 luglio 2009,
con conseguente proroga al successivo lunedì 20 luglio, ex art. 155, comma 5,
c.p.c. (introdotto dalla legge n. 263/2005), trattandosi di atto notificato
fuori dall’udienza, norma pacificamente applicabile anche al processo
amministrativo (TAR Veneto, sez. I, 30 ottobre 2009, n. 2700).
Il ricorso, come confermato dallo stesso Comune resistente, risulta notificato
in data 20 luglio 2009, quindi l’ultimo giorno utile.
Altrettanto infondata è l’eccezione relativa al difetto di legittimazione attiva
e di interesse in capo all’Associazione ricorrente.
L’Associazione A.N.P.A.N.A. (Associazione nazionale Protezione Animali Natura ed
Ambiente) – ONLUS è un’associazione individuata tra le associazioni di
protezione ambientale ai sensi dell’art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349,
riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente con decreto dell’11 maggio 2004.
L’art. 1 dello Statuto dell’Associazione, dedicato agli scopi ed all’ordinamento
della medesima, individua, alla lett. A), tra gli scopi dell’ente quello di
“provvedere alla protezione dell’Ecosistema con particolare riguardo agli
Animali, all’Ambiente, all’Ecologia e, di riflesso, a tutta la Natura, con
l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale”.
Pertanto, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 13 e 18 della legge
8 luglio 1986, n. 349, che attribuiscono alle associazioni ambientalistiche
riconosciute, in via generale, la legittimazione processuale per la tutela degli
interessi di cui le stesse risultano portatrici, è fuori dubbio che
l’Associazione ricorrente, che persegue finalità di tutela degli animali, della
natura e dell’ambiente, sia legittimata ad introdurre il presente giudizio, in
considerazione del fatto che, nella prospettazione offerta dalla ricorrente
stessa, il provvedimento impugnato si pone come lesivo di quegli interessi (nel
caso specifico, la libertà dei proprietari e possessori dei cani, sotto il
profilo della fruibilità e godibilità del territorio comunale) dalla medesima
associazione perseguiti e protetti.
L’eccepito difetto di legittimazione attiva in capo alla ricorrente è, pertanto,
insussistente.
Passando al merito della vicenda, l’Associazione ricorrente censura il
provvedimento impugnato –peraltro, con esclusivo riferimento alla lett.a)
dell’art. 1 e cioè, al divieto di accesso ai cani nelle isole pedonali del
centro cittadino – per violazione ed erronea applicazione degli artt. 50, comma
5, e 54 comma 4 del D.Lgs. 267/2000, non sussistendo i presupposti richiesti da
detta normativa per esercitare il potere extra ordinem . Mancherebbe, infatti,
sia la situazione di pericolo effettivo, che, oltre tutto, necessiterebbe di
congrua motivazione del tutto assente nel caso in esame, sia una situazione
eccezionale ed imprevedibile, che non potrebbe essere affrontata con i mezzi
previsti in via ordinaria dall’ordinamento giuridico. Inoltre, la ricorrente
eccepisce l’omessa idonea istruttoria volta a suffragare la decisione di
adottare l’ordinanza impugnata, mancando qualunque accertamento sanitario teso a
determinare l’effettiva pericolosità per la pubblica igiene. Infine, sarebbe
violato il principio di adeguatezza e proporzionalità tra azione e reazione.
Analoghe censure, come ricordato in fatto, sono mosse dagli interventori ad
adiuvandum .
Le censure formulate in ricorso sono fondate.
In via generale, giova ricordare che le ordinanze contingibili ed urgenti sono
provvedimenti assunti, sulla base di una norma di legge, per fare fronte a
situazioni di urgente necessità, che non potrebbero essere affrontate e risolte
in maniera efficace con gli ordinari strumenti a disposizione della stessa
Amministrazione. Tali provvedimenti costituiscono strumenti atipici per quanto
attiene al contenuto, fissando la legge unicamente i presupposti per l’esercizio
del potere di ordinanza, ma non il contenuto della stessa. L’atipicità, infatti,
è conseguenza della funzione dell’istituto, considerato che le situazioni di
urgenza concretamente verificabili non sono prevedibili a priori e, quindi, non
è possibile prevedere il contenuto che l’ordinanza dovrà avere per fronteggiare
la situazione di urgenza.
Nel caso in esame, il Sindaco del Comune resistente ha assunto il provvedimento
impugnato ai sensi degli artt. 50, comma 5 e 54, comma 4 del D.Lgs. n. 267/2000,
i quali, rispettivamente, prevedono che, in caso di emergenze sanitarie o di
igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, il Sindaco, quale
rappresentante della comunità locale, adotta le ordinanze contingibili ed
urgenti e che lo stesso Sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto
motivato provvedimenti, anche contingibili ed urgenti nel rispetto dei princìpi
generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli
che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
Tali disposizioni di legge, pertanto, oltre a fondare l’esercitato potere di che
trattasi, stabiliscono anche i presupposti in base ai quali è possibile adottare
le predette ordinanze.
Dalla motivazione del provvedimento impugnato emerge che lo stesso è stato
assunto per fare fronte all’abbandono sul suolo pubblico delle deiezioni canine
e dei liquidi fisiologici, in conseguenza dell’evidente assenza del dovere
civico di provvedere alla raccolta degli escrementi medesimi con mezzi adatti
–come ripetutamente segnalato all’Amministrazione Comunale-, che possono
comportare rischi per la salute della popolazione, già segnalati dalla
letteratura scientifica, specie per i bambini.
Sulla base di tale presupposto, quindi, è stato disposto il divieto di accesso
ai cani nelle isole pedonali del centro cittadino (art. 1, lett. a
dell’ordinanza comunale contestata).
Da quanto appena esposto, risulta fondata, sotto un primo profilo, la censura
mossa dall’Associazione ricorrente, laddove con l’adozione di uno strumento
extra ordinem si è inteso fare fronte ad una problematica che poteva essere
affrontata e risolta con gli ordinari strumenti a disposizione
dell’Amministrazione (a titolo puramente esemplificativo Consiglio di Stato sez.
IV, 24 marzo 2006, n. 1537; TAR Abruzzo, sez. I, 15 marzo 2011, n.134; TAR
Campania, Napoli, sez. V, 29 dicembre 2010, n. 28169). Invero, la problematica
dell’abbandono degli escrementi può essere correttamente affrontata e risolta
garantendo una attenta e severa vigilanza degli obblighi che la stessa ordinanza
impugnata impone ai proprietari di cani alla successiva lett. c), cioè l’obbligo
per questi ultimi di raccogliere con strumenti idonei, di cui gli stessi devono
essere muniti, le eventuali deiezioni degli animali, da conferire negli appositi
cassonetti per la raccolta dei rifiuti, posizionati nel centro cittadino. Idoneo
strumento per affrontare la problematica è costituito, altresì, dalla previsione
di una congrua sanzione da comminare ai trasgressori dei suddetti obblighi.
L’impugnata ordinanza è, pertanto, illegittima, già sotto questo aspetto.
Peraltro, il provvedimento impugnato è, altresì, illegittimo sotto il connesso
profilo della violazione del principio di proporzionalità, come evidenziato
dalla ricorrente.
L’art 1 della legge n. 241/1990 (come modificata dalla legge n. 15/2005 e,
successivamente, dalla legge n. 69/2009) prevede che tutta l’azione
amministrativa sia retta, tra gli altri, anche dai principi dell’ordinamento
comunitario e il principio di proporzionalità rappresenta proprio uno dei
principi di matrice comunitaria. Tale principio impone alla pubblica
amministrazione di optare, tra più possibili scelte ugualmente idonee al
raggiungimento del pubblico interesse, per quella meno gravosa per i cittadini
incisi dal provvedimento, onde evitare agli stessi inutili sacrifici.
Nel caso in esame, la scelta di vietare l’ingresso ai cani –e, conseguentemente,
ai padroni o detentori degli stessi – nelle isole pedonali, risulta del tutto
irragionevole ed illogica, oltre che irrazionale e sproporzionata, rispetto al
fine perseguito, rappresentato, a ben vedere, dalla necessità di vigilare sul
rispetto di regole di civiltà imposte ai cittadini. Inoltre, proprio il
provvedimento impugnato afferma che la problematica che si è inteso
–illegittimamente –risolvere consegue a comportamenti scorretti da parte dei
proprietari o detentori di cani, per “l’evidente assenza del dovere civico di
provvedere alla raccolta degli escrementi con mezzi adatti allo smaltimento”,
dovere civico che rientra nei compiti ed obiettivi che un’Amministrazione
Comunale dovrebbero perseguire ed incentivare, anche attraverso l’irrogazione di
sanzioni nei confronti di chi dimostra insensibilità verso quel preciso dovere.
Oltre tutto, la stessa ordinanza ricorda che già con provvedimento di data 3
marzo 2009 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle politiche sociali, è
stato previsto, tra l’altro, l’obbligo a chiunque conduca il cane in ambito
urbano di raccoglierne le feci e avere con se strumenti idonei alla raccolta
delle stesse, con la conseguenza, quindi, che tale corretto comportamento
–espressione di un dovere civico - deve essere fatto rispettare anche
dall’Amministrazione Comunale. Ancora, come evidenziato dall’interventore ad
adiuvandum Associazione Codici, il Comune resistente si è dotato di un
regolamento comunale per la tutela degli animali, approvato con deliberazione n.
29 del 30.6.2003, il cui art. 14, comma primo, fa obbligo a proprietari e
detentori di cani di evitare che gli stessi sporchino il suolo pubblico,
prevedendo sanzioni in caso di violazione di detto obbligo. L’esistenza di tale
disposizione dimostra ad un tempo, da un lato, la violazione della disciplina
generale delle ordinanze contingibili ed urgenti che non consente il ricorso a
tali atipici provvedimenti ove sia possibile utilizzare gli strumenti ordinari a
disposizione dell’Amministrazione procedente, quali le norme del regolamento in
questione – strumenti ordinari di cui, nel caso di specie, l’Amministrazione ha
deciso di dotarsi approvando il regolamento stesso - e, dall’altro, la
violazione del principio di proporzionalità, laddove si è deciso di non
utilizzare il mezzo meno gravoso (la norma regolamentare) a carico dei
cittadini, ma, al contrario, quello che maggiormente incide sulla libertà degli
stessi, imponendo sacrifici inutili e maggiori rispetto agli scopi perseguiti.
Anche per tali distinte ragioni, il provvedimento impugnato è illegittimo.
Risulta, altresì, fondata la dedotta violazione degli artt. 50, comma 5 e 54,
comma 4 del D.Lgs. 267/2000.
Premesso che il provvedimento impugnato, pur richiamando entrambe le norme
citate, pare fare diretta applicazione del solo art. 50, comma 5, considerato
che nella motivazione dello stesso è operato un -del tutto lacunoso ed
insufficiente, per come si dirà in seguito – riferimento a possibili rischi per
la salute della popolazione, si rileva come il presupposto richiesto dalla
disposizione in esame sia del tutto insussistente.
La norma in questione, infatti, consente il ricorso allo strumento
dell’ordinanza contingibile ed urgente in caso “di emergenze sanitarie o di
igiene pubblica” , situazioni che, evidentemente, devono essere accertate
tramite apposita attività istruttoria e devono essere rappresentate nel
provvedimento medesimo attraverso una idonea e puntuale motivazione.
E’ del tutto evidente, al contrario, il totale deficit motivazionale ed
istruttorio che inficia l’ordinanza impugnata, laddove non può costituire il
dedotto “rischio per la salute della popolazione”, di per sé solo, sufficiente
giustificazione per fornire supporto alla misura interdittiva disposta con
l’ordinanza stessa. Tale locuzione, infatti, si risolve in una sterile “formula
di stile”, in mancanza di una pregressa attività istruttoria, che consenta una
puntuale indicazione dei pericoli gravi e concreti che costituirebbero una
imminente minaccia per la popolazione, tali da giustificare l’assunzione della
misura extra ordinem.
Il provvedimento in questione, quindi, risulta del tutto sprovvisto di idonea
motivazione che sia in grado di sorreggere il provvedimento stesso.
Anche sotto tale distinto motivo, pertanto, il provvedimento impugnato, nella
parte in cui dispone il divieto di accesso ai cani nelle isole pedonali del
centro cittadino, è illegittimo.
In conclusione, il ricorso è fondato e, pertanto, l’ordinanza comunale impugnata
è illegittima e deve essere annullata nella parte in cui dispone il divieto di
accesso ai cani anche se tenuti al guinzaglio nelle isole pedonali del centro
cittadino interdette al normale traffico veicolare.
Sussistono giustificate ragioni per compensare tra tutte le parti le spese del
presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Calabria (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento
impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Concetta Anastasi, Consigliere
Alessio Falferi, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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