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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 6 maggio 2011, n. 2562


DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire in sanatoria - Istanza dell’interessato - Necessità - Abusi edilizi - Amministrazione - Obbligo di valutare la sanabilità - Insussistenza. Dal chiaro tenore letterale dell’articolo 36 del D.P.R. n. 380/2001 si desume che il rilascio del permesso di costruire in sanatoria consegue necessariamente ad un’istanza dell’interessato, mentre al Comune compete, ai sensi dell’art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, l’esercizio della vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia che si svolge nel territorio comunale. Pertanto, una volta accertata l’esecuzione di opere in assenza del prescritto permesso di costruire, l’Amministrazione comunale deve senz’altro disporne la demolizione, non essendo tenuta a valutare preventivamente la sanabilità delle stesse (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 27 settembre 2006, n. 8331; Sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 617). Pres. Veneziano, Est. Polidori -D.S.A. e altro (avv. Noceroni) c. Comune di Sant’Antonio Abate (avv. Perillo) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 6 maggio 2011, n. 2562

DIRITTO URBANISTICO - Ordine di demolizione - Presupposto - Motivazione. Presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione di opere abusive è soltanto la constatata esecuzione di un intervento edilizio in assenza del prescritto titolo abilitativo, con la conseguenza che, essendo tale ordine un atto dovuto, esso è sufficientemente motivato con l’accertamento dell’abuso, e non necessita, quindi, di una particolare motivazione in ordine alle disposizioni normative che si assumono violate, né in ordine all’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso, che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell’assetto urbanistico violato (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 28 dicembre 2009, n. 9638; Sez. VI, 9 novembre 2009, n. 7077; Sez. VII, 4 dicembre 2008, n. 20987) Pres. Veneziano, Est. Polidori -D.S.A. e altro (avv. Noceroni) c. Comune di Sant’Antonio Abate (avv. Perillo) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 6 maggio 2011, n. 2562

DIRITTO URBANISTICO - Ordine di demolizione - Motivazione - Indicazione dei dati catastali dell’immobile - Necessità - Esclusione.
Nella motivazione dell’ordine di demolizione è necessaria e sufficiente l’analitica descrizione delle opere abusivamente realizzate, in modo da consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente, mentre non è necessaria una puntuale identificazione - mediante i dati catastali - della superficie occupata dalle stesse (T.A.R. Toscana Firenze, Sez. III, 6 febbraio 2008, n. 117; T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 17 dicembre 2007, n. 16311) Pres. Veneziano, Est. Polidori -D.S.A. e altro (avv. Noceroni) c. Comune di Sant’Antonio Abate (avv. Perillo) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 6 maggio 2011, n. 2562
 

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N. 02562/2011 REG.PROV.COLL.
N. 03531/2007 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)



ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso n. 3531/2007 proposto da DEL SORBO Alfonso e DONNARUMMA Catella, rappresentati e difesi dall’avvocato Mario Noceroni e domiciliati in Napoli, presso la Segreteria di questo Tribunale;


contro


il Comune di Sant’Antonio Abate, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gennaro Perillo, con il quale è domiciliato in Napoli, presso la Segreteria di questo Tribunale;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. 80 in data 24 maggio 2007 - con la quale è stata ordinata ai ricorrenti la demolizione delle seguenti opere, realizzate in adiacenza ad un preesistente fabbricato, in assenza dei prescritti titoli abilitativi: 1) «una platea in c.a. delle dimensioni di metri 6,30 x 7,90 circa dalla quale fuoriescono nr.3 pilastri in c.a., di cui uno a sez. circolare, che sorreggono un solaio in c.a. delle stesse dimensioni della platea, che fuoriesce dal livello strada di circa 1,00 metri, completo di impermeabilizzazione. Su quest’ultimo sono stati realizzati nr.3 pilastri in cemento, rivestiti con mattoni in cotto, che a loro volta sorreggono, al lato Sud, una tettoia con struttura in legno e copertura in legno e tegole in cotto delle dimensioni di metri 3,90 x 6,50 circa e di altezza, in riferimento al solaio sopra descritto, di metri 3,00 circa alla gronda e di metri 5,00 circa al colmo. Al lato Nord la tettoia risulta chiusa con blocchi in siporex e sorretta da pilastri in ferro poggianti sul solaio di copertura del piano rialzato del manufatto esistente. La tettoia è completa di grondaia. Al lato Ovest dell’anzidetta tettoia risulta realizzata una scala in c.a. che dal nuovo solaio, sopra descritto, porta al solaio di copertura del manufatto esistente, completa di parapetto in c.a.»; 2) «in prosieguo al lato Sud delle opere sopra descritte, collegata all’anzidetta platea del piano seminterrato, … una scala in c.a., che porta ad un solaio a forma trapezoidale in c.a. delle dimensioni di metri 8,40 al lato Nord, 7,10 al lato Sud e di profondità media di metri 5,00 circa, allo stato ancora impalcato e sorretto con cristi in ferro, sopraelevato alla platea di circa 2,00 metri, distante da quest’ultima di metri 4,10 circa, sorretto al lato Nord-Est da un pilastro in c.a. nonché, al lato Nord-Ovest, da una trave ad “L”, che finisce sottoposta alla scala, sopraelelevato dal livello strada di circa 0,50 metri. Al lato Ovest della scala in c.a. anzidetta, sottoposta ad essa, risulta realizzata altra scala in c.a., che a sua volta porta ad un sottolivello di piccole dimensioni, realizzato sempre in c.a.» - nonché di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale;


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di S.Antonio Abate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2011 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


CONSIDERATO, in via preliminare, che il ricorso può essere deciso con “sentenza in forma semplificata”, ai sensi dell’art. 74 del codice del processo amministrativo;

CONSIDERATO, sempre in via preliminare, che questa Sezione:

- con ordinanza collegiale n. 2006/2007, ha chiesto al responsabile dell’Area Urbanistica ed Ecologia del Comune di Sant’Antonio Abate documentati chiarimenti circa la coincidenza o meno delle opere oggetto dell’impugnata ordinanza di demolizione con quelle oggetto della richiesta di autorizzazione ai sensi della legge n. 122/1989 e della domanda di condono ai sensi della legge n. 326/2003, presentate rispettivamente in data 27 febbraio 2002 e 9 dicembre 2004 ed allegate al ricorso;

- con ordinanza collegiale n. 2608/2007 - tenuto conto della nota in data 30 luglio 2007, con la quale il responsabile dell’Area Urbanistica ed Ecologia del Comune di Sant’Antonio Abate ha rappresentato che le opere oggetto dell’impugnata ordinanza di demolizione non coincidono con quelle oggetto della domanda di condono allegata al ricorso e che la richiesta di autorizzazione ai sensi della legge n. 122/1989 presentata in data 27 febbraio 2002 è stata respinta con provvedimento in data 8 maggio 2003, notificato in data 9 maggio 2003 - ha respinto la domanda cautelare proposta con il presente gravame;

CONSIDERATO che il primo motivo - con il quale i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 3, comma 4, della legge n. 241/1990, in ragione dell’omessa indicazione dell’Autorità a cui ricorrere e dell’omessa indicazione della facoltà di proporre ricorso straordinario al Capo dello Stato nel termine di centoventi giorni - risulta palesemente infondato. Infatti, secondo la prevalente giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 27 giugno 2005, n. 340; T.A.R. Lazio, Sez. II, 2 settembre 2005, n. 6534), l’omessa indicazione del termine e dell’autorità a cui ricorrere non determina l’illegittimità del provvedimento amministrativo, bensì una mera irregolarità, perché la disposizione dell’art. 3, comma 4, della legge n. 241/1990 non influisce sull’individuazione e sulla cura dell’interesse pubblico concreto cui è finalizzato il provvedimento, né sulla riconducibilità dello stesso all’autorità amministrativa, ma tende semplicemente ad agevolare il ricorso alla tutela giurisdizionale (sicché l’omissione de qua, nel concorso di significative ulteriori circostanze, può dar luogo semmai alla concessione del beneficio della rimessione in termini);

CONSIDERATO che parimenti infondati risultano il secondo ed il terzo motivo, con i quali i ricorrenti deducono la violazione della legge n. 326/2003, della legge n. 122/1989 e del D.P.R. n. 380/2001, nonché il vizio di eccesso di potere sotto molteplici profili, evidenziando che il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato senza considerare che per una parte delle opere di cui è stata ordinata la demolizione (porticato, locale di sgombero sottostrada, terrazza a livello) pende una domanda di condono edilizio presentata ai sensi della legge n. 326/2003, mentre per la realizzazione del parcheggio interrato pertinenziale è stata presentata una richiesta di autorizzazione ai sensi della legge n. 122/1989, sulla quale si è formato il silenzio assenso. Infatti:

- l’art. 64 cod. proc. amm. conferma che “spetta alle parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni” (comma 1), fermo restando che “il giudice amministrativo può disporre, anche d’ufficio, l’acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione”;

- come già evidenziato in precedenza, nella sede cautelare questa Sezione - tenuto conto della scarna documentazione allegata al ricorso, costituita dalle sole domande presentate ai sensi della legge n. 326/2003 e della legge n. 122/1989 (non corredate da alcuna documentazione grafica o fotografica) - ha richiesto al responsabile dell’Area Urbanistica ed Ecologia del Comune di Sant’Antonio Abate documentati chiarimenti circa la coincidenza o meno delle opere oggetto dell’impugnata ordinanza di demolizione con quelle oggetto delle predette domande. In esecuzione di tale richiesta istruttoria il responsabile dell’Area Urbanistica ed Ecologia del Comune di Sant’Antonio Abate ha rappresentato che: a) le opere oggetto dell’ordinanza di demolizione non coincidono con quelle oggetto della di condono, perché tale richiesta «non allega nessun grafico dell’intervento, mentre la sola documentazione fotografica, peraltro scarnissima e costituita da una sola fotografia, è relativa all’altra facciata del fabbricato, non facendo emergere fotograficamente in nessun modo l’intervento, di cui alla richiesta di condono»; b) la richiesta di autorizzazione edilizia per la realizzazione di un parcheggio interrato ai sensi della legge n. 122/1989 è stata rigettata con provvedimento in data 8 maggio 2003, notificato in data 9 maggio 2003;

- a fronte di quanto rappresentato dall’Amministrazione comunale in esecuzione della richiesta istruttoria formulata da questa Sezione, i ricorrenti con memoria depositata in data 26 settembre 2007: a) in relazione alle opere oggetto del provvedimento di diniego adottato in data 8 maggio 2003, si sono limitati a contestare la validità della notifica di tale provvedimento (che risulta effettuata nelle mani di tal Scarica Stella, qualificatasi come una “persona di famiglia addetta alla ricezione”), ma non risulta che abbiano provveduto ad impugnare tale provvedimento (con motivi aggiunti o con separato ricorso) nel termine di sessanta giorni dalla produzione in giudizio dello stesso e, quindi, relativamente alle opere oggetto della richiesta di autorizzazione edilizia presentata ai sensi della legge n. 122/1989, l’adozione dell’ordine di demolizione allo stato risulta giustificata dal rigetto di tale richiesta; b) in relazione alle restanti opere di cui è stata ordinata la demolizione, si sono limitati a ribadire quanto affermato nei motivi di ricorso, ma non hanno offerto alcun elemento di prova atto a smentire le affermazioni del responsabile dell’Area Urbanistica ed Ecologia del Comune di Sant’Antonio Abate in merito alla non coincidenza delle predette opere con quelle oggetto della di condono, affermazioni che risultano pienamente condivisibili alla luce di un semplice confronto tra la documentazione fotografica allegata al rapporto della Polizia municipale in data 4 marzo 2007 (documentazione prodotta in giudizio dall’Amministrazione comunale in allegato alla suddetta nota in data 30 luglio 2007), che rappresenta gli abusi in contestazione, e la fotografia allegata alla domanda di condono (anch’essa prodotta in giudizio dall’Amministrazione comunale in allegato alla nota in data 30 luglio 2007);

CONSIDERATO che il sesto motivo - con il quale i ricorrenti si dolgono del fatto che il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato senza una preventiva valutazione della sanabilità delle restanti opere abusive - risulta palesemente infondato. Infatti dal chiaro tenore letterale dell’articolo 36 del D.P.R. n. 380/2001 (che ha sostituito l’art. 13 della legge n. 47/1985) si desume che il rilascio del permesso di costruire in sanatoria consegue necessariamente ad un’istanza dell’interessato, mentre al Comune compete, ai sensi dell’art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, l’esercizio della vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia che si svolge nel territorio comunale. Pertanto, una volta accertata l’esecuzione di opere in assenza del prescritto permesso di costruire, l’Amministrazione comunale deve senz’altro disporne la demolizione, non essendo tenuta a valutare preventivamente la sanabilità delle stesse (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 27 settembre 2006, n. 8331; Sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 617);

CONSIDERATO che il decimo e l’undicesimo motivo di ricorso - incentrati sulla violazione degli articoli 22 e 37 del D.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 3 della legge regionale n. 19/2001, nonché sull’eccesso di potere sotto molteplici profili, in ragione della erronea qualificazione delle opere di cui trattasi e della erronea applicazione di una sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria - risultano palesemente infondati. Infatti dalla puntuale descrizione delle opere abusive di cui trattasi (contenuta nella motivazione del provvedimento impugnato) si evince che le stesse - unitariamente considerate - configurano un intervento che ha determinato la trasformazione di un preesistente organismo edilizio, mediante l’inserimento di nuovi elementi che hanno comportato consistenti modifiche della sagoma e dei prospetti, ossia un intervento di ristrutturazione edilizia subordinato al preventivo rilascio del permesso di costruire ai sensi del combinato disposto dell’art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 380/2001 con l’art. 10, comma 1, lettera c), del medesimo D.P.R. n. 380/2001. Ne consegue che l’Amministrazione comunale - in applicazione dell’art. 33, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, che prevede la sanzione della demolizione per gli interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti in assenza del prescritto permesso di costruire - ha correttamente ordinato la demolizione delle opere abusive di cui trattasi;

CONSIDERATO che neppure il quarto, il quinto, il settimo ed il nono motivo - incentrati sulla violazione degli articoli 27 e ss. del D.P.R. n. 380/2001, nonché degli articoli 2 e 3 della legge n. 241/1990, e sul vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione - possono trovare accoglimento. Infatti, secondo un consolidato orientamento (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 28 dicembre 2009, n. 9638; Sez. VI, 9 novembre 2009, n. 7077; Sez. VII, 4 dicembre 2008, n. 20987), presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione di opere abusive è soltanto la constatata esecuzione di un intervento edilizio in assenza del prescritto titolo abilitativo, con la conseguenza che, essendo tale ordine un atto dovuto, esso è sufficientemente motivato con l’accertamento dell’abuso, e non necessita, quindi, di una particolare motivazione in ordine alle disposizioni normative che si assumono violate, né in ordine all’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso, che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell’assetto urbanistico violato. Inoltre, secondo la prevalente giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Toscana Firenze, Sez. III, 6 febbraio 2008, n. 117; T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 17 dicembre 2007, n. 16311), nella motivazione dell’ordine di demolizione è necessaria e sufficiente l’analitica descrizione delle opere abusivamente realizzate, in modo da consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente, mentre non è necessaria una puntuale identificazione - mediante i dati catastali - della superficie occupata dalle stesse. Resta fermo che - seppure si volesse configurare, nella fattispecie in esame, una violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, nella parte in cui dispone che “la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria” - tale violazione non potrebbe comunque determinare l’annullamento dell’impugnato ordine di demolizione in quanto troverebbe applicazione l’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/1990 (introdotto dalla legge n. 15/2005), nella parte in cui dispone che “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento … qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Infatti, posto che l’ordine di demolizione è atto dovuto in presenza di opere realizzate in assenza del prescritto titolo abilitativo, nel caso in esame - trattandosi di opere subordinate al preventivo rilascio del permesso di costruire - il contenuto dispositivo dell’impugnata ordinanza di demolizione non avrebbe comunque potuto essere diverso, essendo palese che tale provvedimento è stato adottato nell’esercizio del potere di controllo del territorio e repressione degli abusi edilizi previsto dagli articoli 27 e ss. del D.P.R. n. 380/2001;

CONSIDERATO che parimenti infondato risulta l’ottavo motivo di ricorso, incentrato sulla mancanza della deliberazione consiliare di cui all’art. 31, comma 5, del D.P.R. n. 380/2001 in merito alla sussistenza di prevalenti interessi pubblici ostativi alla demolizione delle opere abusive di cui trattasi. Infatti, secondo la giurisprudenza (da ultimo, T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 14 gennaio 2011, n. 164), l’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 configura come doverosa sia l’adozione dell’ordine di demolizione, sia l’adozione dell’ulteriore provvedimento sanzionatorio di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera abusiva, come conseguenza della mancata esecuzione dell’ordine di demolizione, mentre l’eventualità che il Consiglio comunale possa, con apposita delibera, escludere la necessità di procedere alla demolizione dell’opera acquisita al patrimonio comunale (ravvisando l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al suo mantenimento e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici) è successiva non solo all’ordine di demolizione, ma anche all’ulteriore provvedimento sanziontorio di acquisizione gratuita dell’opera abusiva, e si configura quale alternativa all’ulteriore ordinanza di demolizione in danno delle opere abusive gratuitamente acquisite (si veda al riguardo anche T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 8 settembre 2006, n. 7986, con riferimento alla disciplina posta dall’art. 7 della legge n. 47/1985, oggi sostituito dall’art. 31, comma 5, del D.P.R. n. 380/2001);

CONSIDERATO che, stante quanto precede:

- il presente ricorso deve essere respinto perché infondato;

- le spese di giudizio, quantificate nella misura indicata nel dispositivo, seguono la soccombenza;


P.Q.M.


definitivamente pronunciando sul ricorso n. 3531/2007, lo respinge perché infondato.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, liquidate complessivamente in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:

Salvatore Veneziano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere
Carlo Polidori, Primo Referendario, Estensore
 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 



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