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T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3825
IGIENE E SANITA’ PUBBLICA - Violazione delle norme constata dall’ASL -
Sospensione dell’attività di somministrazione - Prova dell’effettiva lesione al
bene protetto - Necessità - Esclusione. La violazione delle norme poste a
tutela dell'igiene e della sanità pubblica, quando è constatata dalla ASL, è
requisito sufficiente per disporre la sospensione dell'attività di
somministrazione fino al ripristino delle condizioni igienico sanitarie, senza
che occorra anche la prova della effettiva lesione del bene protetto; trattasi,
infatti, di norme che sono finalizzate ad evitare il verificarsi di un pericolo
di danno per la salute pubblica e l'igiene e, pertanto, non occorre anche la
prova della effettiva lesione di questi beni, né può essere ammessa a discarico
la prova della mancanza della loro effettiva compromissione, essendo sufficiente
la sussistenza del concreto ed effettivo pericolo che i beni protetti siano
compromessi (TAR CAMPANIA; Napoli, Sez. III, n. 15770/2007) Pres. Fiorentino,
Est. Nunziata -E.C. (avv. Cacciapuoti) c. ASL Caserta (avv. Barone) e altro (n.c.)
- TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3825
TUTELA DELL’AMBIENTE - Principio di precauzione - Nozione - Principio di
prevenzione - Complementarietà. Il principio di precauzione può essere
definito come un principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle
Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire
taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per
l'ambiente e, se si pone come complementare al principio di prevenzione, si
caratterizza anche per una tutela anticipata rispetto alla fase
dell'applicazione delle migliori tecniche previste, una tutela dunque che non
impone un monitoraggio dell'attività a farsi al fine di prevenire i danni, ma
esige di verificare preventivamente che l'attività non danneggia l'uomo o
l'ambiente. Tale principio trova attuazione facendo prevalere le esigenze
connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici (T.A.R.
Lombardia, Brescia, n. 304 del 2005 nonché, da ultimo, TRGA Trentino-Alto Adige,
TN, 8 luglio 2010 n.171) e riceve applicazione in tutti quei settori ad elevato
livello di protezione, ciò indipendentemente dall’accertamento di un effettivo
nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti
pregiudizievoli che ne derivano (Corte di Giustizia CE, 26.11.2002 T132;
sentenza 14 luglio 1998, causa C-248/95; sentenza 3 dicembre 1998, causa
C-67/97, Bluhme; Cons. Stato, VI, 5.12.2002, n.6657; T.A.R. Lombardia, Brescia,
11.4.2005, n.304. Pres. Fiorentino, Est. Nunziata -E.C. (avv. Cacciapuoti) c.
ASL Caserta (avv. Barone) e altro (n.c.)
- TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3825
TUTELA DELL’AMBIENTE - Principio di precauzione - Applicazione in concreto.
L’applicazione del principio di precauzione comporta, in concreto, che, ogni
qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività
potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una
prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze
scientifiche. E’ evidente, peraltro, che la portata del principio in esame può
riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l’adozione di atti
generali ovvero, ancora, l’adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in
cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l’ambiente dai
danni poco conosciuti, anche solo potenziali (cfr. sul punto, ex ultimis, T.A.R
Piemonte, I, 3.5.2010 n.2294). Pres. Fiorentino, Est. Nunziata -E.C. (avv.
Cacciapuoti) c. ASL Caserta (avv. Barone) e altro (n.c.)
- TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3825
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N. 03825/2011 REG.PROV.COLL.
N. 05083/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 5083 del 2010, proposto dal Sig. Eliseo
Carmine titolare dell’Azienda Agricola Zootecnica in Cancello Arnone (Ce), Via
Agnena cod. Az 012 CE 109, rappresentato e difeso dall’Avv. Marialuisa
Cacciapuoti ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Giovanni
Biffardi in Napoli, Via Chiatamone n.11;
contro
ASL Caserta, già ASL Caserta 2, in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.
Edoardo Barone ed elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura Regionale in
Napoli, Via S. Lucia n.81;
Comune di Cancello Arnone in persona del legale rappresentante p.t., non
costituito in giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Faustino De Palma ed
elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Fulvio Santorelli in
Napoli, Via Martucci n.35;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento n.403 dell’8/9/2010 di destinazione al macello degli animali
indicati nell’elenco allegato risultanti nel rapporto di prova n.133918 del
7/9/2010, nonché delle disposizioni sanitarie dell’ASL Caserta dell’8/9/2010 e
dell’ordinanza del Comune di Cancello Arnone n.119 del 10/9/2010.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di intervento ad opponendum dell’Istituto Zooprofilattico
Sperimentale del Mezzogiorno;
Vista memoria di costituzione dell’ASL Caserta;
Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.2267 del 2010 di rigetto della domanda
di sospensione;
Visti i motivi aggiunti avverso la disposizione del 21/9/2010 contenente elenco
dei capi vaccinati dell’azienda del ricorrente;
Vista la memoria dell’ASL Caserta;
Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.127 del 2011 di accoglimento della
domanda di sospensione e di disposizione di verificazione tecnica al fine di
chiarire dal punto di vista scientifico la materia con riguardo ai metodi SAR e
FDC;
Vista la relazione quale acquisita il 20/4/2011;
Vista la memoria dell’ASL Caserta;
Vista la memoria dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno;
Vista la nota del Ministero della Salute acquisita l’8 giugno 2011;
Designato relatore il Consigliere Gabriele Nunziata alla pubblica udienza del 7
luglio 2011, ed ivi uditi gli Avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Espone in fatto parte ricorrente di essere titolare dell’Azienda Agricola
Zootecnica in Cancello Arnone (Ce), Via Agnena cod. Az 012 CE 109, e che con
l’impugnato provvedimento sono stati destinati al macello gli animali indicati
nell’elenco allegato risultanti nel rapporto di prova n.133918 del 7/9/2010.
L’ASL Caserta si è costituita per dedurre l’inammissibilità sotto distinti
profili, nonché l’infondatezza nel merito. Con atto di intervento ad opponendum
l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno ha dedotto
l’inammissibilità, l’incompetenza di questo Tribunale con riguardo a questioni
di natura tecnica e comunque l’infondatezza nel merito.
A seguito di motivi aggiunti come proposti avverso la disposizione del 21/9/2010
contenente elenco dei capi vaccinati dell’azienda del ricorrente, il Tribunale
ha disposto che il Ministero della Salute provvedesse ad una verificazione
tecnica d’ufficio che, con riguardo alle vicende in contestazione ed, in
particolare, alla contraddittorietà delle prove SAR e FDC eseguite nei confronti
di capi bufalini abbattuti ma poi risultati negativi alle prove eseguite con il
metodo batteriologico PCR, chiarisse dal punto di vista scientifico la materia,
ciò anche in ragione del fatto che, dalla lettura comparata dell’elenco dei capi
vaccinati e di quelli risultati positivi alle prove sierologiche, emergeva che
21 capi tra quelli vaccinati erano risultati sieropositivi alla SAR e 18 erano
risultati sieropositivi alla FDC, così avvalorandosi la tesi che i metodi SAR e
FDC ricercherebbero non la infezione ma la positività e che, proseguendosi con
il metodo SAR e FDC per la ricerca della brucellosi nel sangue delle bufale, si
sarebbero portati a macello capi ormai immuni dalla infezione o perché l’avevano
superata in maniera naturale, o perché era stato loro iniettato il vaccino ed
avevano così sviluppato gli anticorpi; è stata successivamente depositata una
relazione di verificazione.
Alla pubblica udienza del 7 luglio 2011 la causa è stata chiamata e trattenuta
per la decisione come da verbale.
DIRITTO
1. Con il ricorso in esame parte ricorrente lamenta la violazione degli artt.3 e
21-septies della Legge n.241/1990, dell’art.24 Cost., nonché l’eccesso di potere
e il difetto di motivazione.
2. Il Collegio ritiene di prescindere dalle eccezioni di inammissibilità come
formulate a vario titolo attesa l’infondatezza nel merito per i motivi di
seguito esposti.
3. Occorre in via preliminare dare atto che nel corso dell’anno 2010 sono state
intraprese dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali alcune
iniziative per coordinare l’attività di tutela, promozione, valorizzazione,
informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla DOP
Mozzarella di Bufala Campana; muovendo dal concetto di sicurezza alimentare
quale esclusione della possibilità che prodotti alimentari possano causare danni
al consumatore se preparati e/o consumati in conformità all’utilizzo, i citati
obiettivi presuppongono la prevenzione e repressione di frodi commerciali quale
l’immissione di latte congelato nella mozzarella di bufala campana, anche
attraverso controlli in ordine alla tracciabilità della filiera ed alla identità
delle partite, oltre al completamento del Piano già in essere di eradicazione
della brucellosi bufalina.
3.1 Ora questa Sezione già in passato (18.5.2010, n.6586; 3.3.2010, n. 1284) ha
in analoghe circostanze evidenziato come tutti i vizi di natura procedimentale
fossero recessivi rispetto alla situazione descritta nel provvedimento
impugnato, restando a carico di parte ricorrente dimostrare l’erroneità del
presupposto su cui essa si fonda; ancora si è sottolineato, con riguardo alla
relazione a firma del professor Domenico Iannelli, professore ordinario di
immunologia presso l’Università degli Studi “Federico II” di Napoli, nella quale
si affermava quanto segue “Diagnosi della brucellosi nei bufali. La diagnosi
della brucellosi animale (e umana) si basa sull’uso di metodi sierologici,
batteriologici o molecolari. I metodi sierologici (nelle diverse forme del test
di agglutinazione, fissazione del complemento od ELISA) si basano tutti sulla
ricerca egli anticorpi contro le brucelle presenti nel sangue dell’animale.
Il metodo batteriologico è unico e si basa sull’isolamento delle brucelle dal
latte o dai tessuti dell’’animale.
Il metodo molecolare più usato è indicato con l’acronimo PCR (reazione a catena
della polimerasi) e si basa sulla ricerca del DNA di brucelle – vie o morte –
nel latte o (più raramente) nei tessuti dell’animale.
La diagnosi della brucellosi animale purtroppo si basa quasi sempre sui metodi
sierologici. Secondo un lavoro abbastanza recente (Godfroid et al. 2005),
l’elevato numero di false reazioni sierologiche positive (cioè l’elevato numero
di animali diagnosticati infetti in base al test sierologico, ma che in realtà
non sono infetti) rappresenta uno dei problemi più seri che le autorità
sanitarie dovrebbero decidersi a governare. Le false reazioni positive derivano
dalla presenza nel sangue da testare di anticorpi diretti, non contro le
brucelle, ma contro batteri che somigliano alle brucelle. Inoltre gli animali
sieropositivi possono essere animali infetti che hanno contrastato l’infezione
od animali resistenti e semplicemente esposti alle brucelle (Dobson and Meagher
1996). Dunque la presenza di anticorpi contro le brucelle non implica
necessariamente che l’animale sia infetto (Blasco et a. 1994).
Il test batteriologico è da sempre considerato il test diagnostico di
riferimento (il gold standard della sierologia della brucellosi (DM 651/94, a.
7). Sostanzialmente a questa conclusione arriva anche l’Istituto Zooprofilattico
Sperimentale di Portici in una recentissima pubblicazione (Marianelli et al.
2008) dove scrivono che: “Le prove sierologiche indicano la presenza di
anticorpi anti brucella, ma è possibile identificare un animale come infetto
solo se dai tessuti dell’animale è possibile isolare le brucelle”. Diversi
lavori indipendenti stimano che il numero degli animali sieropositivi è circa
2-3- volte il numero degli animali positivi al test batteriologico. In altre
parole, due su tre degli animali dichiarati infetti in base al test sierologico
in realtà non sono infetti.
La PCR non è sovrapponibile al metodo batteriologico perché, oltre al DNA delle
brucelle vive, identifica anche il DNA delle brucelle morte eventualmente
presenti nel campione da testare.
In conclusione, l’adozione del test batteriologico, come previsto dal DM
651/1994, a. 7, consente di individuare gli animali infetti con un’accuratezza
2-3- volte superiore rispetto ai metodi sierologici.Nei casi dubbi (come
suggerito da Marianelli et al., 2008) al test batteriologico si potrebbe
affiancare quello basato sulla PRC”, che altro Giudice (TAR Lazio, Roma, I,
ord.za 27.8.2008, n. 4043) ha ritenuto che “la censura relativa al metodo
utilizzato per la ricerca della brucellosi nel sangue delle bufale si rivela un
assunto privo di supporto probatorio”.
3.2 Non va dimenticato che, con Deliberazione di Giunta del 23 novembre 2007, n.
2038, la Regione Campania ha approvato un Piano triennale per il controllo della
brucellosi bufalina in Provincia di Caserta nel quale, per quel che qui
interessa, si prevede al § 2, comma 2, lettera e), l’abbattimento dei capi
infetti entro 15 giorni dalla notifica di sieropositività (dei capi) e al § 6,
comma 4, che: “Gli animali infetti sono abbattuti entro il termine massimo di 15
giorni dalla notifica dell’ordine di abbattimento. Qualora non venga rispettato
il termine di abbattimento prescritto, il Servizio Veterinario competente
propone al Direttore Generale della ASL o suo delegato l’emissione di apposita
ordinanza di abbattimento coatto nel termine di 15 giorni, da attuarsi
eventualmente con l’ausilio della forza pubblica”.
4. Quanto, poi, alle ulteriori dedotte violazioni di legge che si prestano ad
una trattazione unitaria, si osserva che proprio questo Tribunale (III,
5.12.2007, n.15770) ha affermato in passato che la violazione delle norme poste
a tutela dell'igiene e della sanità pubblica, quando è constatata dalla ASL, è
requisito sufficiente per disporre la sospensione dell'attività di
somministrazione fino al ripristino delle condizioni igienico sanitarie, senza
che occorra anche la prova della effettiva lesione del bene protetto; trattasi,
infatti, di norme che sono finalizzate ad evitare il verificarsi di un pericolo
di danno per la salute pubblica e l'igiene e, pertanto, non occorre anche la
prova della effettiva lesione di questi beni, né può essere ammessa a discarico
la prova della mancanza della loro effettiva compromissione, essendo sufficiente
la sussistenza del concreto ed effettivo pericolo che i beni protetti siano
compromessi.
4.1 Al fine di fare definitivamente chiarezza se per caso i metodi SAR e FDC
tendano a ricercare non la infezione ma la positività e che, proseguendosi con
il metodo SAR e FDC per la ricerca della brucellosi nel sangue delle bufale, si
sarebbero portati a macello capi ormai immuni dalla infezione o perché l’avevano
superata in maniera naturale, o perché era stato loro iniettato il vaccino ed
avevano così sviluppato gli anticorpi, questo Tribunale ha disposto una
verificazione da parte del Ministero della Salute; nella consequenziale
relazione è stato evidenziato che “…il rilievo di anticorpi circolanti nei
confronti della brucellosi non è indicatore dello stato di resistenza
dell’animale nei confronti dell’infezione, ma piuttosto del fatto che esso è
stato infettato…; ne consegue che la presenza di anticorpi indica che l’animale,
con altissima probabilità, non solo è infetto, ma è anche un probabile diffusore
dell’infezione ad altri animali”. Dopo aver precisato che “…la vaccinazione ha
come obiettivo prevalente evitare l’aborto; la presenza di animali positivi alle
prove ufficiali indirette per brucellosi negli allevamenti vaccinati non è
dovuta a reazione di origine vaccinale, ma costituisce piuttosto evidenza della
presenza dell’infezione brucellare all’interno dell’allevamento”, la relazione
ha concluso nel senso che “…la positività sierologica non indica che l’animale è
resistente e che, quindi, non si infetta più e non rappresenta più un pericolo,
ma esattamente il contrario: l’animale sierologicamente positivo è un animale
che si è infettato, che alberga con altissima probabilità il patogeno nel suo
organismo e che, pertanto, può diffonderlo in ogni momento con il parto o con il
latte, trasmettendo infezione agli altri animali e all’uomo”.
Tali conclusioni, dalle quali il Collegio non ritiene di avere motivi per
discostarsi, evidenziano dunque la bontà del Piano di eradicazione della
brucellosi che costituisce il fine di pubblico interesse posto alla base dei
provvedimenti adottati; in altri termini i metodi diretti (esame batteriologico)
hanno una sensibilità inferiore a quella dei metodi indiretti (esami seriologici)
e la vaccinazione non guarisce dalla malattia il capo che ha contratto il virus,
anzi restano immutate la infettività e la pericolosità del morbo rispetto agli
altri capi ed all’uomo.
4.2 Sotto distinto profilo, a parere della Sezione, l’operato di parte
resistente risulta pienamente conforme al principio di precauzione, costituente
uno dei canoni fondamentali del diritto dell’ambiente e alla salute (Cons.
Stato, n. 30 del 2009). Com’è noto, il principio di precauzione può essere
definito come un principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle
Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire
taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per
l'ambiente e, se si pone come complementare al principio di prevenzione, si
caratterizza anche per una tutela anticipata rispetto alla fase
dell'applicazione delle migliori tecniche previste, una tutela dunque che non
impone un monitoraggio dell'attività a farsi al fine di prevenire i danni, ma
esige di verificare preventivamente che l'attività non danneggia l'uomo o
l'ambiente. Tale principio trova attuazione facendo prevalere le esigenze
connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici (T.A.R.
Lombardia, Brescia, n. 304 del 2005 nonché, da ultimo, TRGA Trentino-Alto Adige,
TN, 8 luglio 2010 n.171) e riceve applicazione in tutti quei settori ad elevato
livello di protezione, ciò indipendentemente dall’accertamento di un effettivo
nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti
pregiudizievoli che ne derivano come peraltro più volte statuito anche dalla
Corte di Giustizia comunitaria, la quale ha in particolare rimarcato come
l’esigenza di tutela della salute umana diventi imperativa già in presenza di
rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati, atteso che,
essendo le istituzioni comunitarie e nazionali responsabili – in tutti i loro
ambiti d’azione – della tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, la
regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che
discende dalle disposizioni del Trattato (Corte di Giustizia CE, 26.11.2002
T132; sentenza 14 luglio 1998, causa C-248/95; sentenza 3 dicembre 1998, causa
C-67/97, Bluhme; Cons. Stato, VI, 5.12.2002, n.6657; T.A.R. Lombardia, Brescia,
11.4.2005, n.304). In definitiva l'obbligo giuridico di assicurare un "elevato
livello di tutela della salute umana", con l'adozione delle migliori tecnologie
disponibili, tende a spostare il sistema giuridico europeo dalla considerazione
del danno da prevenire e riparare alla prevenzione, alla correzione del danno
alla fonte, alla precauzione (principio distinto e più esigente della
prevenzione), alla integrazione degli strumenti giuridici tecnici, economici e
politici per uno sviluppo economico davvero sostenibile ed uno sviluppo sociale
che veda garantita la qualità della vita e della salute quale valore umano
fondamentale di ogni persona e della società (informazione, partecipazione ed
accesso). La stessa politica della Comunità in materia mira a un elevato livello
di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni,
ed è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul
principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati
alla salute; come significato dalla più autorevole giurisprudenza formatasi sul
punto, “l’applicazione del principio di precauzione comporta, in concreto, che,
ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da
un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve
tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento
delle conoscenze scientifiche. E’ evidente, peraltro, che la portata del
principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale
o l’adozione di atti generali ovvero, ancora, l’adozione di misure cautelari,
ossia tutti i casi in cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a
proteggere l’ambiente dai danni poco conosciuti, anche solo potenziali” (cfr.
sul punto, ex ultimis, T.A.R Piemonte, I, 3.5.2010 n.2294).
5. Per questi motivi il ricorso in oggetto, come proposto anche attraverso
motivi aggiunti, va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, come
proposto anche attraverso motivi aggiunti, lo rigetta.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio,
liquidate in € 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a
darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del giorno 7 luglio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Fiorentino, Presidente
Vincenzo Cernese, Consigliere
Gabriele Nunziata, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/07/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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