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T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. III - 1 febbraio 2011, n. 636
DIRITTO URBANISTICO - Aziende agrituristiche - Esercizio di attività commerciale
- Regolarità urbanistico-edilizia - Presupposto imprescindibile - Disciplina
normativa del settore agrituristico - Conservazione e recupero del patrimonio
edilizio rurale esistente - Sanabilità di nuovi manufatti - Limiti. Il
legittimo esercizio di un'attività commerciale, precipuamente quando essa
comporti la somministrazione di alimenti e bevande, deve essere ancorato, sia in
sede di rilascio del relativo titolo autorizzatorio, sia per l'intera durata del
suo svolgimento, alla disponibilità giuridica e alla regolarità
urbanistico-edilizia dei locali in cui essa viene posta in essere (cfr. T.A.R.
Campania Napoli, sez. III, 9 settembre 2008, n. 10058; Id., 09 agosto 2007, n.
7435; Id., 27 gennaio 2003, n. 423; Id., 22 novembre 2001, n. 5007); tale
principio acquista maggiore rigore in materia di aziende agrituristiche, perché
la relativa disciplina è finalizzata a preservare la specificità del settore
agrituristico e la genuinità dei prodotti fruibili all’interno dell’azienda
agrituristica. Dal quadro normativo vigente, emerge infatti che l’azienda
agrituristica viene concepita dal legislatore, quanto al profilo dei cespiti
edilizi in cui essa si svolge, come finalizzata alla conservazione ed
eventualmente al recupero patrimonio edilizio rurale esistente, il che
costituisce un elemento di valutazione ineludibile e stringente per lo scrutinio
sia della assentibilità sia della sanabilità a posteriori di nuovi manufatti
realizzati nel compendio agrituristico. Pres. Romano, Est. Raiola - F.S. (avv.
Leone) c. Comune di Pompei (avv. Troiano) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. III - 1 febbraio 2011, n. 636
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N. 00636/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02793/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2793 del 2009, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Francesco Sansone, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Leone, con il quale
elettivamente domicilia in Napoli al viale Gramsci n. 23;
contro
Comune di Pompei, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele Troiano, con il quale elettivamente
domicilia in Napoli alla via Nuova Marina n.5 presso l’avv. Francesco Vecchione;
per l'annullamento
1. dell’ordinanza dirigenziale n.150, prot. n.19609 del 18 maggio 2009, emessa
dal Comune di Pompei – IV Settore Polizia Municipale – Amministrativa, con la
quale si dispone la cessazione dell’attività commerciale, presumendosi chela
stessa sia condotta in difetto di autorizzazione (ricorso principale);
2. della presupposta nota n.191/C del 24/4/2009 della Polizia Commerciale e
Tributaria del Comune di Pompei del 24 aprile 2009, con la quale la stessa
rilevava la presunta violazione degli artt.3 e 10 comma 1 Legge 287/91 (ricorso
principale);
3. dell'ordinanza n. 417, prot.42326 del 23.11.2009, con la quale si ordina al
ricorrente la cessazione dell'attività di agriturismo (ricorso per motivi
aggiunti);
4.della nota prot. n.33482 del 21.09.2009 emanata dal Comune di Pompei Settore
VI, con la quale si esprimeva parere negativo all’istanza presentata dal
ricorrente ex art.4 447/98 (ricorso per motivi aggiunti);
5.della nota prot. n.33780 del 23.09.2009 emanata dal Comune di Pompei – Settore
V, con cui veniva dichiarata la improcedibilità circa il rilascio del parere
inerente l’autorizzazione sanitaria (ricorso per motivi aggiunti);
6. della nota del Dirigente del IV Settore del Comune di Pompei reg. p.m. 7530
del 29.09.2009 con la quale sono state comunicate le note di cui ai punti 4 e 5
(ricorso per motivi aggiunti);
7.del verbale n.426 del 16.10.2009 Registro Polizia Amministrativa, contestato
al ricorrente in data 18 ottobre 2009, avente ad oggetto la violazione della
L.730/1985 e L.96/2006 (ricorso per motivi aggiunti);
8.della comunicazione di avvio del procedimento prot. n.39764 del 04.11.2009
emanata dal Comune di Pompei (ricorso per motivi aggiunti);
9. di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, comunque lesivo
dei diritti del ricorrente.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pompei;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Giudice relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2010 la dott.ssa
Ida Raiola e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 21 maggio 2009 e depositato in pari data, parte
ricorrente impugnava gli atti di cui ai nn. 1 e 2 dell’epigrafe, premettendo in
fatto:
-di avere la proprietà di un’azienda agrituristica, denominata “Vivi Natura”,
sita nel Comune di Pompei, attiva da oltre dieci anni;
-che tale azienda era stata destinataria di una serie di provvedimenti
repressivi del Comune di Pompei a partire dall’ordinanza n.150 del 18 maggio
2008, successivamente revocata;
-che esso ricorrente era in possesso sia della autorizzazione all’esercizio
dell’attività di agriturismo, conseguita per silenzio-assenso ai sensi della
Legge n.730 del 1985, sia della autorizzazione sanitaria, rilasciatagli con atto
n.666 del 29.11.1999, allo stato pienamente efficace;
-che, quanto al profilo edilizio, l’azienda, dell’estensione di circa 8.000 mq,
presentava un corpo centrale, costituito da un antico casolare degli inizi del
‘900 che, danneggiato dal terremoto del 1980, era stato recuperato con un prima
ristrutturazione nel 1997, assumendo l’attuale aspetto;
-che erano stati poi realizzati altri due manufatti, oggetto di distinte domande
di condono, tuttora pendenti;
-che, nel settembre 2000, aveva fatto installare tre gazebo a struttura
smontabile, due costruiti in ferro battuto e uno in legno lamellare, sormontati
da teloni durante la stagione estiva e aveva realizzato un manufatto, sempre a
struttura smontabile, di dimensioni pari e metri 3,50 x 3,50, costituito di
doghe in legno prefabbricate ed assemblabili mediante profili in acciaio,
adibito al ricovero di cavalli durante la stagione invernale;
-che , con riguardo anche alle opere da ultimo descritte, esso ricorrente aveva
presentato domanda di sanatoria edilizia straordinaria ai sensi della Legge
n.326/2003 e di condono ambientale ai sensi della Legge n.308/2004, rimaste
anch’esse inevase;
-che, in definitiva, la struttura in oggetto poteva definirsi un impianto
produttivo sostanzialmente sano, possedendo un corpo edilizio in parte
autorizzato e in parte sub condono, una valida autorizzazione sanitaria, titoli
sia per il possesso e l’allevamento degli animali sia per la somministrazione di
cibi e bevande;
-che le eventuali irregolarità del complesso produttivo, pur se riscontrabili,
erano da circoscriversi a piccoli manufatti accessori e di corredo dell’impianto
e per le stesse erano state presentate delle istanze di sanatoria;
-che, in particolare, a seguito della menzionata ordinanza n.150, prot. 19609
del 18 maggio 2009, esso ricorrente aveva provveduto a presentare al Comune di
Pompei istanza di regolarizzazione ai sensi dell’art.4 D.P.R. 447/98, prot.
24189 del 24.06.2009;
-che il Comune di Pompei aveva, da quel momento in poi, dato luogo ad una serie
di atti ed attività, poi sfociati nei provvedimenti impugnati, tenendo una
condotta non rispettosa del principio del contraddittorio e dl giusto
procedimento.
Sulla base di queste premesse articolava le seguenti censure in diritto:
I.Violazione del giusto procedimento – Violazione dell’art.3 e 7 della Legge
n.241 del 1990 – Violazione dell’art.97 della Costituzione – Insufficienza e
illegittimità della motivazione;
Stessi motivi – Violazione dell’art.6 della Legge n.241/90 e succ. mod.;
II.Violazione e falsa applicazione della Legge 689 del 1981 – Violazione del
principio di partecipazione del cittadino – Eccesso di potere per carenza
assoluta di istruttoria – Violazione di principi di trasparenza e buon andamento
dell’azione amministrativa – Violazione dell’art.24 e dell’art.41 della
Costituzione;
III.Violazione dell’art.17/ter T.U.L.P.S. – Violazione dei principi in materia
di sanzioni amministrative – Eccesso di potere per tardività e impossibilità di
provvedere – Carenza di potere – IV.Violazione e falsa applicazione della Legge
n.730/1985 e n.96/2006 – Violazione e falsa applicazione della Legge n.287/1991
– Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione –
Violazione di provvedimenti emananti dall’autorità giudiziaria;
V.Elusione del giudicato formatosi sulla sentenza del TAR Campania, sez. III
n.10100/2003 – Eccesso di potere per falsa valutazione del presupposto –
Travisamento dei fatti – Ingiustizia manifesta – Sviamento di potere;
Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 26 novembre 2009 e depositato
in data 01.12.2009, parte ricorrente impugnava gli atti di cui ai nn.2,4,5,6,7,
8 e 9 dell’epigrafe, articolando i seguenti motivi in diritto:
VI.Violazione e falsa applicazione dell’art.17 bis e ter T.UL.P.S. – Violazione
e falsa applicazione della Legge n.730/1985 e della legge n.96/12006 e della
legge regionale Campania n.41/1984 – VII.Violazione delle norme in materia di
procedimento amministrativo – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti di
fatto e di diritto;
VIII.Stessi motivi – Violazione dell’art.17/ter T.U.L.P.S. – Violazione delle
norme in materia di procedimento amministrativo – Incompetenza;
IX.Stessi motivi – Violazione dell’art.17/ter T.U.L.P:S: - Violazione dei
principi in materia di sanzioni amministrative – Eccesso di potere per tardività
e impossibilità di provvedere – Carenza di potere;
X.Stessi motivi – Violazione dell’art.17/ter T.U.L.P.S. – Violazione degli artt.
18 e 20 della Legge n.689 del 1981 – Violazione della Legge n.241/90 –
Violazione dl principio di partecipazione del cittadino – Eccesso di potere per
carenza di istruttoria – Violazione di principi di trasparenza e buon andamento
dell’azione amministrativa – Violazione dell’art.24 della Costituzione;
XI.Stessi motivi – Violazione dell’art.17/ter T.U.L.P.S. – Violazione dl giusto
procedimento- Violazione dell’art.6 Legge n.241/1990 – Eccesso di potere per
carenza di istruttoria e omissione di atti necessari;
XII.Stessi motivi – Violazione dell’art.17/ter T.U.L.P.S. – Violazione del
D.P.R. 447 de 1998 – Violazione del corretto iter procedimentale – Incompetenza;
XIII.Stessi motivi – Violazione dell’art.17/ter T.U.L.P.S. – Violazione degli artt.3
e 4 del D.P.R. 447 del 1998 – Violazione e falsa applicazione dell’art.1 del
D.P.R. n.440/2000 – Violazione del corretto iter procedimentale – Incompetenza –
Sviamento di potere;
XIV.Stessi motivi - Violazione dell’art.17/ter T.U.L.P.S. – Violazione del
giusto procedimento – Violazione dell’art.10bis legge n.241/90 – Eccesso di
potere per illogicità;
XV.Violazione dell’art.3 della Legge 241 del 1990 – Eccesso di potere per
difetto di motivazione – Violazione dei principi in materi procedimentale –
Violazione dell’art.24 e 97 della Costituzione;
XVI.Stessi motivi – Violazione dell’art.3 dell’art.3 della legge n.241/1990 –
Violazione del giusto procedimento – Violazione della Legge regionale Campania
n.41/84 e ella Legge n.96/2006;
XVII.Stessi motivi – Violazione dell’art.17/ter T.Ul.P.S. – eccesso di potere
per difetto di istruttoria e carenza di motivazione – Violazione di
provvedimento emananti dall’autorità giudiziaria – eccesso di potere per
travisamento dei fatti – Ingiustizia manifesta – Sviamento di potere – Elusione
di giudicato;
XVIII.Stessi motivi – Violazione dell’art.17/ter T.U.L.P.S. – Violazione
dell’art.3 della Legge n.241/90 – Eccesso di potere per carenza della
motivazione – Violazione dei principi di trasparenza e buon andamento
dell’azione amministrativa – Violazione dell’art.24 della Costituzione.
Quanto all’impugnazione del silenzio- inadempimento serbato dalla conferenza di
servizi convocata per l’esame della istanza di regolarizzazione ex art.4 D.P.R.
447/98 presentata dal ricorrente in data 24.06.2009, prot. 24189:
XIX.Violazione del giusto procedimento – Violazione dell’art.2 della legge
n.241/90 – Violazione dell’art.4 D.P.R. 447/98 – Eccesso di potere per carenza
assoluta di attività istruttoria – Violazione dei principi di trasparenza e buon
andamento dell’azione amministrativa – Violazione dell’art.24 della Costituzione
– Ingiustizia manifesta
DIRITTO
Il ricorso principale va dichiarato improcedibile.
L’Amministrazione resistente ha emanato un nuovo atto (ordinanza n.417 prot.
42326 del 23 novembre 2009, impugnata con motivi aggiunti), con distinta e
autonoma motivazione, recante l’ordine incondizionato di cessazione
dell’attività di agriturismo “abusivamente condotta in violazione delle norme
urbanistico edilizia, sanitarie e amministrative nei locali della ditta “vivi
natura” ubicati in via Ponte Izzo , 49”, atto che ha sostituito in toto il
provvedimento sanzionatorio impugnato con il primo gravame.
Con il ricorso per motivi aggiunti, parte ricorrente articola una pluralità di
censure, dettagliatamente riportate in epigrafe, con le quali lamenta
preliminarmente l’incompetenza dei soggetti ( i dirigenti rispettivamente
dell’Ufficio Tecnico settori V e VI e il Dirigente del Settore IV nonché
comandante della Polizia Municipale), la carenza di potere e l’erroneità dei
presupposti in fatto e in diritto, oltre varie illegittimità procedimentali e
l’immanente contrasto con i principi di cui agli artt. 24 e 97 della
Costituzione.
Il ricorso per motivi aggiunti è infondato e va respinto.
Il ricorrente impugna l’atto con il quale il Comune di Pompei, all’esito di una
conferenza di servizi indetta “per la verifica della sussistenza dei presupposti
di fatto e di diritto per l’esercizio dell’attività di agriturismo” in ragione
dell’avvenuta presentazione, ad opera dell’interessato, di una istanza per la
regolarizzazione dell’impianto produttivo ai sensi dell’art.4 D.P.R. 447/98, nel
denegare, in ragione dell’esito dell’istruttoria, la sussistenza dei presupposti
per l’invocata regolarizzazione ha ordinato la cessazione dell’attività di
agriturismo. La difesa attorea, nel censurare l’operato dell’Amministrazione,
deduce che l’azienda agrituristica in oggetto può considerarsi un “impianto
produttivo sostanzialmente sano, possedendo un corpo edilizio in parte
autorizzato e in parte sub condono, una valida autorizzazione sanitaria, titoli
sia per il possesso e l’allevamento degli animali sia per la somministrazione di
cibi e bevande”.
Il Tribunale osserva, tuttavia, che, se è pur vero che il complesso aziendale in
questione può vantare l’esistenza di un titolo autorizzatorio iniziale,
formatosi per silentium ai sensi dell’art.8 Legge n.730 del 1985 (come
puntualmente rilevato da questo Tribunale nella sentenza n.10100 del 2003), e di
un’autorizzazione sanitaria rilasciata in data 29.11.1999 ‘per la cucina annessa
all’azienda agricola” (cfr. copia dell’atto nella produzione di parte
ricorrente), è altresì vero – e incontestato anche da parte attorea – che il
complesso in questione è stato interessato, nel corso degli anni, da una
pluralità di interventi realizzati in assenza di titoli abilitativi di sorta.
Orbene, ritiene il Tribunale che il numero e qualità degli interventi in parola
(per una loro ricognizione, pur sommaria, è possibile esaminare gli elaborati
grafici presentati dal ricorrente a corredo della menzionata istanza di
regolarizzazione ai sensi dell’art.4 del D.P.R. 447/98 e prodotti in giudizio
dalla difesa del Comune in allegato alle note di udienza del 10 dicembre 2009)
siano tali da condurre alla seguente conclusione: il cespite aziendale
risultante dal coacervo di questi interventi è del tutto diverso da quello
originario e, per ciò stesso, esso non può considerarsi in qualche modo ancora
legittimato in virtù delle autorizzazioni iniziali. Neppure, per esso,
sussistono i presupposti per la “regolarizzazione” invocata come statuito dal
Comune di Pompei.
Ferma la generale premessa, reiteratamente ribadita da questa Sezione in
numerose pronunce, che il legittimo esercizio di un'attività commerciale,
precipuamente quando essa comporti – come nel caso di specie - la
somministrazione di alimenti e bevande, deve essere ancorato, sia in sede di
rilascio del relativo titolo autorizzatorio, sia per l'intera durata del suo
svolgimento, alla disponibilità giuridica e alla regolarità urbanistico-edilizia
dei locali in cui essa viene posta in essere (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez.
III, 9 settembre 2008, n. 10058; Id., 09 agosto 2007, n. 7435; Id., 27 gennaio
2003, n. 423; Id., 22 novembre 2001, n. 5007), va altresì osservato che la
disciplina legislativa statale e regionale dettata in materia di aziende
agrituristiche è particolarmente rigorosa, perché finalizzata a preservare la
specificità del settore agrituristico e la genuinità dei prodotti fruibili
all’interno dell’azienda agrituristica.
La particolare attenzione prestata dal legislatore è testimoniata dalla
successione di leggi in materia sia di carattere statale che regionale: si sono
succedute in particolare, quanto alle fonti statali, la legge n. 730 del 1985 e
la legge n.96 del 2006, e, quanto alle fonti regionali, la L.R. n.41 del 1984 e
la L.R. n.15 del 2008. In via di estrema sintesi e tenuto conto del rapporto tra
l’ordinamento statale e regionale, come disegnato dalla Corte Costituzionale con
sentenza del 12 ottobre 2007 n.339, può affermarsi che per “attività
agrituristiche” si intendono le attività di ricezione e di ospitalità esercitate
dagli imprenditori agricoli, singoli o associati “attraverso l’utilizzazione
della propria azienda in rapporto di connessione rispetto all’attività di
coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento e attività connesse”(art.2
L.R. n.15/2008) e che gli elementi caratterizzanti vanno individuati nel
rapporto di connessione con l’attività agricola e nella perdurante prevalenza di
quest’ultima. Giova evidenziare, in particolare, l’estremo rigore della
disciplina legislativa quanto alla tipologia degli interventi ammissibili sugli
immobili del compendio agrituristico: l’art.3 della Legge 730 del 1985 (poi
abrogata dalla Legge n.96/2006) prevedeva, ai commi 3 e 4, che: “le leggi
regionali disciplinano gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio
esistente ad uso dell’imprenditore agricolo ai fini dell’esercizio delle
attività agrituristiche. Il restauro deve essere eseguito nel rispetto delle
caratteristiche tipologiche ed architettoniche degli edifici esistenti e nel
rispetto delle caratteristiche ambientali delle zone interessate”; l’art.3,
commi 2 e 3, della Legge n.96/2006 prevede: “1.le regioni disciplinano gli
interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso
dell’imprenditore agricolo ai fini dell’esercizio di attività agrituristiche,
nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche,
nonché delle caratteristiche paesaggistico-ambientali dei luoghi. 3. I locali
utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili ad ogni effetto alle
abitazioni rurali”; l’art.3 della L.R. n.15/2008 (abrogativa della L.R n.41/84)
conferma, con una disciplina di maggiore dettaglio, l’esigenza di conservazione
del carattere di ruralità degli edifici e dei locali utilizzati a fini
agrituristici e, in caso di ristrutturazione, il vincolo del rispetto delle
caratteristiche tipologiche ed architettoniche degli edifici esistenti nonché
delle caratteristiche ambientali delle zone interessate mediante l’utilizzo di
tipologie e di materiali tradizionali della zona.
Dalla mera lettura dei testi normativi riportati emerge, in tutta evidenza, che
l’azienda agrituristica viene concepita dal legislatore, quanto al profilo dei
cespiti edilizi in cui essa si svolge, come finalizzata alla conservazione ed
eventualmente al recupero patrimonio edilizio rurale esistente. Elemento che di
per sé, costituisce un elemento di valutazione ineludibile e stringente per lo
scrutinio sia della assentibilità sia, come nel caso di specie, della sanabilità
a posteriori di nuovi manufatti realizzati nel compendio agrituristico.
Nel complesso aziendale in parola, gli interventi sono stati molteplici, come è
possibile evincere dalla relazione e dal quadro sinottico contrassegnato come
Prospetto A, allegati alla Nota n.334832 del 21 settembre 2009 e solo per alcune
di esse risulta pendente l’istanza di sanatoria edilizia straordinaria (cd.
condono edilizio), mentre per altre è stata denegato, anche in forma espressa,
l’ accertamento di conformità di cui all’art. 13 Legge 47/85, ora art.36
D.P.R.380/2001 (cfr. il richiamato quadro sinottico).
Ai rilievi appena enunciati deve aggiungersi, inoltre, l’ubicazione
dell’agriturismo in oggetto in area soggetta a protezione vincolistica ai sensi
del D.Lgs. n.42/2004, già Legge 1497/39 in virtù del vincolo posto dal D.M.
27.10.1961, circostanza preclusiva della eventuale sanabilità a posteriori dei
manufatti realizzati (cfr artt.146-159 D.Lgs. n.42/2004).
Ne consegue, in definitiva, che correttamente il Comune di Pompei, sul rilievo
della non assentibilità dei manufatti realizzati nel compendio aziendale e della
improcedibilità dell’istanza di rilascio dell’autorizzazione sanitaria in
relazione a locali ed ambienti oggetto di una pluralità di modifiche (cfr. il
richiamato quadro sinottico delle attività edilizie realizzate in assenza di
titolo), secondo quanto rilevato dai competenti uffici (cfr. note n.3382, già
richiamata, del 21.09.2009 e n.33789 del 23.09.2009) sollecitati a ciò dalla
presentazione di un’istanza di regolarizzazione ai sensi dell’art.4 del D.P.R.
447/98 , oltre che per l’insussistenza di altri presupposti (quali l’iscrizione
all’elenco regionale degli operatori agrituristici) ha qualificato come
senz’altro abusiva l’attività di agriturismo condotta dal ricorrente,
ordinandone la cessazione.
Tale determinazione, assunta all’esito della conferenza di servizi indetta
nell’ambito del procedimento di cui al citato D.P.R. n.447/98, è stata adottata
dai Dirigenti, rispettivamente settore del IV /Comandante P.M, dell’Ufficio
Tecnico Comunale settore V e dell’Ufficio Tecnico Comunale Settore VI. Essa è
pertanto un atto complesso interno, perché posto in essere da una pluralità di
figure apicali (dirigenti di uffici o settori), ma comunque imputabile ad una
sola amministrazione (il Comune di Pompei), in relazione al quale il vizio di
incompetenza prospettato dalla difesa attorea è insussistente, attesa la
distribuzione delle competenze tra organi politici e organi tecnici disegnata
dalla più recente disciplina delle autonomie locali (cfr. “ai sensi degli art.
107 e 109 comma 2 t.u. 18 agosto 2000 n. 267, rientra nella competenza del
dirigente, e non del sindaco, l'ordine di cessazione immediata di un'attività
agrituristica per l'assenza dei presupposti previsti dalla legge per il relativo
svolgimento” T.A.R. Umbria Perugia, 02 novembre 2004 , n. 674; “a norma
dell'art. 107 del d.lg. n. 267 del 2000, la competenza ad irrogare sanzioni
amministrative, provvedimenti amministrativi consistenti in atti autoritativi
posti in essere dalla P.A. nell'espletamento di una potestà amministrativa ed
aventi rilevanza esterna, è stata devoluta ai dirigenti degli enti locali
rimanendo spettanti agli organi di governo solo i poteri di indirizzo e
controllo politico-amministrativo, mentre spettano ai dirigenti i compiti non
compresi espressamente dalla legge o dallo statuto fra le funzioni degli organi
di governo o fra quelle del segretario comunale o del direttore generale”
Cassazione civile , sez. II, 08 aprile 2009 , n. 8560)
Va, in ultimo, disattesa la domanda di declaratoria di illegittimità del
silenzio (-inadempimento) asseritamente serbato dal Comune di Pompei
sull’istanza di regolarizzazione ex art.4 D.P.R. 44//98, posto che l’ente,
contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa attorea, ha avviato il relativo
procedimento, attivando gli uffici competenti e convocando la prevista
conferenza di servizi, e all’esito dell’iter procedimentale, sul duplice rilievo
della improcedibilità dell’istanza e del carattere abusivo dell’attività svolta
dal ricorrente, ha ordinato la cessazione di quest’ultima richiamandosi alle
disposizioni del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così
provvede:
a) dichiara improcedibile il ricorso principale;
b) rigetta il ricorso per motivi aggiunti;
c) condanna parte ricorrente al rimborso, in favore dell’Amministrazione
resistente, delle spese di giudizio che liquida in €.2.000,00#(euro
duemila/00#).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere
Ida Raiola, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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