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T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 11 febbraio 2011, n. 904
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Autorizzazione paesaggistica - Procedimento di
verifica della legittimità - Art. 10 bis L. n. 241/1990 - Applicabilità -
Esclusione - Ragioni. L’art. 10 bis della L. n. 241/1990 non è applicabile
al procedimento statale di verifica della legittimità dell’autorizzazione
paesaggistica, sia perché tale procedimento non è attivato su istanza di parte,
bensì su richiesta dell’Amministrazione comunale che ha rilasciato tale
autorizzazione, sia perché la comunicazione di cui all’art. 10 bis ha ad oggetto
“i motivi che ostano all’accoglimento della domanda”, mentre la funzione
esercitata dalla Soprintendenza nell’esercizio del potere di annullamento di
un’autorizzazione paesaggistica non è quella di verificare la sussistenza dei
presupposti legittimanti il rilascio del provvedimento, bensì quella di
scrutinare la legittimità dell’autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione
comunale. Pres. Veneziano, Est. Polidori - D.S.F. e altro (avv. Cinque) c.
Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni
architettonici e per il paesaggio di Napoli e Provincia (Avv. Stato) e altro (n.c.)
- TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 11 febbraio 2011, n. 904
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincolo paesaggistico - Autorizzazione
paesaggistica - Potere di annullamento - Profili di eccesso di potere. Il
potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica attribuito alla
Soprintendenza non può comportare un riesame complessivo delle valutazioni
tecnico-discrezionali compiute dall’Ente locale, tale da consentire la
sovrapposizione o la sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella
compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un mero
controllo di mera legittimità, (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 19
febbraio 2009, n. 958). Tuttavia il controllo di legittimità della
Soprintendenza può riguardare anche tutti i possibili profili dell’eccesso di
potere (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 11 settembre 2003, n. 5099), ivi
compresi il difetto di istruttoria ed il difetto di motivazione. Pertanto, posto
che la funzione dell’autorizzazione non è quella di rimuovere il vincolo, ma di
accertare in concreto la compatibilità dell’intervento prospettato con le
esigenze di tutela e di conservazione dei valori ambientali e paesistici,
l’annullamento dell’autorizzazione è giustificato quando la valutazione di
compatibilità si traduce in una obiettiva deroga e, quindi, in un’autorizzazione
illegittima per sviamento o travisamento. Pres. Veneziano, Est. Polidori -
D.S.F. e altro (avv. Cinque) c. Ministero per i beni e le attività culturali -
Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Napoli e
Provincia (Avv. Stato) e altro (n.c.) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 11 febbraio 2011, n. 904
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N. 00904/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00557/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settiima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 557/2009, proposto da DI SIENO Francesco e FONTANELLA Immacolata,
rappresentati e difesi, per mandato a margine del ricorso, dall’avvocato
Francesco Cinque, con il quale sono elettivamente domiciliati in Napoli, piazza
Bovio n. 14;
contro
- il Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni
architettonici e per il paesaggio di Napoli e Provincia, in persona del Ministro
pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Napoli nei cui uffici è ope legis domiciliato in Napoli via A. Diaz n. 11;
- Comune di Sant’Antonio Abate, in persona del Sindaco pro tempore, non
costituito in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
DI SIENO Ercole, rappresentato e difeso, per mandato a margine dell’atto di
intervento, dall’avvocato Francesco Cinque, con il quale sono elettivamente
domiciliati in Napoli, piazza Bovio n. 14;
per l'annullamento
del decreto in data 10 ottobre 2008, con il quale è stata annullata
l’autorizzazione paesaggistica n. 67 del 7 agosto 2008, rilasciata dal Dirigente
dell’Area Urbanistica ed Ecologia del Comune di Sant’Antonio Abate nell’ambito
del procedimento di condono edilizio relativo ad un immobile sito alla via Casa
d’Auria n. 1444, costituito da un piano interrato e da un piano terra adibiti ad
attività artigianale e da un primo piano adibito a civile abitazione, nonché di
ogni altro atto ad esso presupposto, collegato, connesso e conseguente, se ed in
quanto lesivo degli interessi dei ricorrenti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le
attività culturali e di intervento di Di Sieno Ercole;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2011 il dott. Carlo
Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con atto notificato in data 12 gennaio 2009 e depositato in data 29 gennaio
2009 i ricorrenti hanno impugnato il decreto in data 10 ottobre 2008, con il
quale è stata annullata l’autorizzazione paesaggistica n. 67 del 7 agosto 2008,
rilasciata dal Dirigente dell’Area Urbanistica ed Ecologia del Comune di
Sant’Antonio Abate nell’ambito del procedimento di condono edilizio relativo ad
un immobile sito alla via Casa d’Auria n. 1444, costituito da un piano interrato
e da un piano terra adibiti ad attività artigianale e da un primo piano adibito
a civile abitazione.
Nella motivazione del provvedimento impugnato la Soprintendenza evidenzia quanto
segue: «Trattasi della sanatoria di un immobile costituito da un piano
interrato, da un piano terra adibito ad attività artigianale e da un primo piano
adibito a civile abitazione. Esaminati gli elaborati pervenuti si constata che
l’edificio sorge in un’area relativamente libera, circondata da fondi agricoli,
ed è quindi particolarmente esposto, essendo di consistente volumetria e di
forme vistose. Inoltre, costituisce un insieme incongruo, essendo costituito da:
- un basamento, che corrisponde per tipologia all’attività artigianale che vi ha
sede; - finestrature alte a nastro, nonché ampie bucature per gli accessi
all’officina; - tettoia in lamiera, che copre la rampa per il piano
seminterrato; un primo piano caratterizzato da eccessivo sviluppo di balconate,
con parapetti sagomati di tipologia del tutto estranea alla tradizione locale.
Pertanto il tutto costituisce un insieme squalificato e squalificante, non
compatibile con il contesto paesistico. Si ritiene, quindi, non motivato il
parere della C.P.A., che afferma che l’edificio “per caratteristiche tipologiche
ben si inserisce nell’ambiente circostante”, senza che siano fornite
giustificazioni di tale affermazione. Di conseguenza il decreto dirigenziale in
questione è anche illegittimo essendo carente d’istruttoria».
Di tale provvedimento i ricorrenti chiedono l’annullamento deducendo i seguenti
motivi.
I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 159 del decreto legislativo n.
42/2004, in relazione all’art. 32 della legge n. 47/1985; violazione della legge
n. 241/1990; eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di
motivazione, inesistenza dei presupposti, palese illogicità, travisamento. Con
il presente motivo vengono censurate le motivazioni poste a fondamento del
provvedimento impugnato. Innanzi tutto i ricorrenti affermano che la
Soprintendenza - nell’affermare che “l’edificio sorge in un’area relativamente
libera, circondata da fondi agricoli, ed è quindi particolarmente esposto” - ha
omesso di considerare l’effettivo stato dell’area nella quale sorge l’edificio
di cui trattasi, posto che dalla documentazione allegata alla richiesta di
condono e dalla perizia di parte allegata al ricorso si evince che il fabbricato
non sovrasta per altezza l’edificato circostante, né altera il contesto in cui
si inserisce, caratterizzato dalla presenza di molteplici edifici per cui è
materialmente impossibile che il fabbricato in oggetto possa ostruire alcuna
visuale del paesaggio. Inoltre i ricorrenti deducono che nel provvedimento
impugnato manca una congrua e puntuale motivazione in ordine all’asserito
pregiudizio che l’intervento assentito arrecherebbe ai concreti valori
paesaggistici e ambientali.
II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 159 del decreto legislativo n.
42/2004, in relazione all’art. 32 della legge n. 47/1985; eccesso di potere per
carenza di istruttoria, difetto di motivazione, inesistenza dei presupposti,
palese illogicità, travisamento. Anche le censure dedotte con il presente motivo
riguardano le motivazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato. In
particolare i ricorrenti sostengono che nel caso in esame la Soprintendenza ha
illegittimamente effettuato un riesame complessivo delle valutazioni
tecnico-discrezionali compiute dall’Ente locale, tale da determinare la
sovrapposizione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di
rilascio dell’autorizzazione.
III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 159 del decreto legislativo n.
42/2004, in relazione all’art. 32 della legge n. 47/1985; eccesso di potere per
carenza di istruttoria, difetto di motivazione, violazione del principio di
leale collaborazione. La presente censura è incentrata sulla violazione del
principio di leale collaborazione tra la Soprintendenza e l’Amministrazione
regionale o l’ente sub-delegato alla gestione del vincolo paesaggistico. In
particolare, secondo la prospettazione dei ricorrenti, in applicazione di tale
principio la Soprintendenza non potrebbe annullare, per difetto di motivazione,
l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Amministrazione regionale o
dall’ente sub-delegato alla gestione del vincolo, essendo tenuta a disporre
l’annullamento soltanto laddove la rimozione dell’abuso edilizio si riveli
assolutamente necessaria ai fini della tutela del vincolo, sicché la
Soprintendenza, nel caso in esame, avrebbe dovuto chiedere all’Amministrazione
comunale chiarimenti in merito alle ragioni che l’hanno indotta a valutare
l’immobile abusivo compatibile con le esigenze di tutela del vincolo
paesaggistico.
IV) Violazione degli articoli 7, 8 e 10 bis della legge n. 241/1990 e dell’art.
97 della Costituzione; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento
di legge. La presente censura è incentrata sulla violazione dell’art. 10 bis
della legge n. 241/1990, in ragione del fatto che l’annullamento
dell’autorizzazione paesaggistica non è stato preceduto dalla comunicazione dei
motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.
2. L’Amministrazione dei beni culturali si è costituita in giudizio per
resistere al ricorso in data 13 febbraio 2009 ed ha depositato una memoria
difensiva e documenti.
3. Con memorie depositate in data 27 dicembre 2010 e 5 gennaio 2001 i ricorrenti
e l’interveniente ad adiuvandum hanno insistito per l’accoglimento del presente
gravame.
4. Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2011 il ricorso è stato chiamato e,
previa discussione, trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. L’esame del presente gravame - avente ad oggetto il decreto in data 10
ottobre 2008, con il quale è stata annullata l’autorizzazione paesaggistica n.
67 del 7 agosto 2008, rilasciata dal Dirigente dell’Area Urbanistica ed Ecologia
del Comune di Sant’Antonio Abate nell’ambito del procedimento di condono
edilizio relativo ad un immobile sito alla via Casa d’Auria n. 1444 - deve
iniziare dall’ultimo motivo di ricorso, incentrato sulla violazione della
disposizione di cui all’art. 10 bis della legge n. 241/1990.
Tale motivo non può trovare accoglimento. Infatti, secondo il prevalente
orientamento giurisprudenziale (T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 18 maggio 2009,
n. 2667; T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 27 luglio 2009, n. 1904), al quale
questa Sezione ritiene di doversi uniformare, la disposizione di cui trattasi
non è applicabile al procedimento statale di verifica della legittimità
dell’autorizzazione paesaggistica, sia perché tale procedimento non è attivato
su istanza di parte, bensì su richiesta dell’Amministrazione comunale che ha
rilasciato tale autorizzazione, sia perché la comunicazione di cui all’art. 10
bis ha ad oggetto “i motivi che ostano all’accoglimento della domanda”, mentre
la funzione esercitata dalla Soprintendenza nell’esercizio del potere di
annullamento di un’autorizzazione paesaggistica non è quella di verificare la
sussistenza dei presupposti legittimanti il rilascio del provvedimento, bensì
quella di scrutinare la legittimità dell’autorizzazione rilasciata
dall’Amministrazione comunale.
2. Parimenti infondate risultano le ulteriori censure dedotte dai ricorrenti,
con le quali vengono censurate le motivazioni poste a fondamento del
provvedimento impugnato e viene dedotto che la Soprintendenza avrebbe operato un
inammissibile sindacato di merito sulle valutazioni espresse dal Comune di
Sant’Antonio Abate ed avrebbe violato il principio di leale collaborazione con
l’Amministrazione regionale o l’ente sub-delegato alla gestione del vincolo
paesaggistico, omettendo di chiedere all’Amministrazione comunale i necessari
chiarimenti in merito alle ragioni che l’hanno indotta a valutare l’immobile
abusivo compatibile con le esigenze di tutela del vincolo paesaggistico.
A tal riguardo si deve senz’altro convenire con i ricorrenti quando affermano
che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il potere di
annullamento dell’autorizzazione paesaggistica attribuito alla Soprintendenza
non può comportare un riesame complessivo delle valutazioni
tecnico-discrezionali compiute dall’Ente locale, tale da consentire la
sovrapposizione o la sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella
compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un mero
controllo di mera legittimità, (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 19
febbraio 2009, n. 958). Tuttavia i ricorrenti omettono di evidenziare che il
controllo di legittimità della Soprintendenza può riguardare anche tutti i
possibili profili dell’eccesso di potere (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 11
settembre 2003, n. 5099), ivi compresi il difetto di istruttoria ed il difetto
di motivazione. Pertanto, posto che la funzione dell’autorizzazione non è quella
di rimuovere il vincolo, ma di accertare in concreto la compatibilità
dell’intervento prospettato con le imprescindibili esigenze di tutela e di
conservazione dei valori ambientali e paesistici che costituiscono la ragion
d’essere del vincolo stesso, l’annullamento dell’autorizzazione è giustificato
quando la valutazione di compatibilità si traduce in una obiettiva deroga e,
quindi, in un’autorizzazione illegittima per sviamento o travisamento.
Poste tali premesse e considerato che il rilascio dell’autorizzazione paesistica
presuppone una valutazione complessa che prende le mosse dal vincolo e si
conclude con un giudizio di compatibilità dell’intervento prospettato con il
vincolo stesso, la giurisprudenza ha già avuto occasione di evidenziare che il
provvedimento autorizzatorio deve essere corredato da un’analitica motivazione
da cui si possa chiaramente evincere non solo che tale valutazione è stata
effettuata, ma anche come è stata effettuata (T.A.R. Campania, Sez. IV, 10
dicembre 2004, n. 18694; 27 gennaio 2004, n. 493). Tale considerazione si impone
non solo in forza dell’art. 3 della legge n. 241/1990, ma soprattutto in ragione
dell’estensione del sindacato sull’autorizzazione paesistica a tutti i vizi di
legittimità, ivi compreso l’eccesso di potere. Pertanto un’autorizzazione
paesistica priva di motivazione, o con una motivazione apodittica, o soltanto
apparente può costituire uno dei sintomi da cui l’Autorità statale inferisce che
il rilascio dell’autorizzazione in realtà si risolve in un’illegittima deroga
rispetto al vincolo (T.A.R. Campania, Sez. IV, 19 novembre 2005, n. 19208).
Orbene, posto che - come puntualmente evidenziato nella motivazione
dell’impugnato decreto - né dall’autorizzazione paesistica n. 67 del 7 agosto
2008, né dal parere espresso dalla C.P.A. è possibile desumere le ragioni che
hanno indotto l’Amministrazione comunale ad esprimere una valutazione di
compatibilità dell’edificio abusivo di cui trattasi con il vincolo relativo alla
zona ove lo stesso sorge, tale provvedimento autorizzatorio si traduce
un’illegittima deroga al vincolo, sicché il suo annullamento non è frutto di un
sindacato di merito, bensì di un sindacato di legittimità, sotto il profilo
dell’eccesso di potere.
3. Né possono indurre a diverse conclusione le ulteriori affermazioni dei
ricorrenti, secondo i quali dalla documentazione allegata alla richiesta di
condono e dalla perizia di parte allegata al ricorso si evincerebbe che il
fabbricato non sovrasta per altezza l’edificato circostante, né altera il
contesto in cui si inserisce, caratterizzato dalla presenza di molteplici
edifici e, quindi, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per difetto di
istruttoria, perché la Soprintendenza avrebbe omesso di considerare l’effettivo
stato dell’area nella quale sorge l’edificio di cui trattasi. Infatti la
Soprintendenza nella motivazione del provvedimento impugnato - oltre ad
evidenziare che «l’edificio sorge in un’area relativamente libera, circondata da
fondi agricoli, ed è quindi particolarmente esposto», circostanza su cui si
appuntano le contestazioni di parte ricorrente - ha chiaramente evidenziato
anche le caratteristiche costruttive per cui il fabbricato abusivo in questione
costituisce «un insieme squalificato e squalificante, non compatibile con il
contesto paesistico», sicché al Collegio non resta che porre in rilievo, da un
lato, come nel ricorso non venga mossa alcuna contestazione in merito alle
predette caratteristiche costruttive e, dall’altro, come la presenza di
ulteriori edifici nell’area non vale certo ad escludere il negativo impatto del
fabbricato medesimo sul contesto paesaggistico circostante, evincibile dalla
documentazione fotografica in atti.
Né, tanto meno, può ritenersi che la Soprintendenza, invece di procedere
all’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, avrebbe dovuto richiedere
all’Amministrazione comunale chiarimenti in merito alle ragioni che l’hanno
indotta a valutare l’immobile abusivo compatibile con le esigenze di tutela del
vincolo paesaggistico. Infatti il difetto di motivazione dell’autorizzazione
paesaggistica rilasciata ai ricorrenti costituisce piuttosto il sintomo dal
quale la Soprintendenza - nell’esercizio della sua funzione di controllo - ha
correttamente desunto che l’autorizzazione non è stato rilasciata all’esito di
una compiuta ed esaustiva valutazione della compatibilità del fabbricato abusivo
con il vincolo paesaggistico imposto sulla zona.
4. Stante quanto precede, il ricorso in esame deve essere respinto perché
infondato.
Le spese di giudizio, quantificate nella misura indicata nel dispositivo,
seguono la soccombenza.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 557/2009, lo respinge perché
infondato.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione dei
beni culturali, delle spese di giudizio, liquidate complessivamente in euro
2.000,00 (duemila/00), oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Salvatore Veneziano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere
Carlo Polidori, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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