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T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. II - 14 febbraio 2011, n. 932
DIRITTO URBANISTICO - Abusi edilizi - Ordinanza di demolizione -Destinatari -
Proprietario e responsabile dell’abuso - Artt. 29 e 31 d.P.R. n. 380/2001.
Il 2° comma dell'art. 31 del d.P.R. 380/2001 dispone che l’ordinanza di
demolizione venga notificata anche al responsabile dell’abuso, prevedendo
espressamente che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale
“ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la
demolizione”. Che il soggetto, peraltro, tenuto in concreto a provvedere alla
demolizione sia il responsabile dell'abuso, si desume dal combinato disposto del
comma e dell'art. 29 e del comma 3 dell'art. 31 del d.P.R. 380/2001. (Consiglio
di Stato, Sez. V, 1.10.1999, n. 1228; TAR Campania, Napoli, Sez. II, 26.5.2004,
n. 8998). Pres. D’Alessandro, Est. Blanda - P.S. (avv. Soprano) c. Comune di
Cicciano (n.c.)
- TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II - 14 febbraio 2011, n. 932
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N. 00932/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00045/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 45 del 2010, proposto da:
Pasquale Siciliano, rappresentato e difeso dall'avv. Enrico Soprano, nello
studio del quale è elettivamente domiciliato in Napoli, Via Melisurgo, 4;
contro
Il Comune di Cicciano in Persona del Sindaco P.T.;
per l'annullamento
dell’ordinanza del Responsabile del V Settore del Comune di Cicciano, n. 59 del
28.10.2009, notificata il 29.10.2009;
di tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenti e comunque connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 gennaio 2011 il dott. Vincenzo
Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente è stato proprietario, fino al 2005, di 2 corpi di fabbrica ad uso
residenziale siti in Cicciano, alla Via G. Matteotti e censiti in catasto al
foglio n. 8, p.lla n. 1024. In particolare, tali fabbricati sono stati
realizzati in virtù di concessioni edilizie n. 72 del 21.12.2001 e n. 32 del
26.5.2003, con le quali sono state assentite la demolizione e la conseguente
ricostruzione — a parità di volumi e superfici, e con una diversa distribuzione
planovolumetrica di un preesistente edificio, lesionato dal sisma che ha colpito
la Campania negli anni 1980 e 1981.
Con sentenza n. 1583 del 4.3.2005 questa Sezione ha disposto, su ricorso dei
proprietari di alcuni edifici limitrofi a quelli descritti, l’annullamento delle
concessioni nn. 72/01 e 32/03; la pronuncia è stata confermata dalla IV Sezione
del Consiglio di Stato con decisione n. 3611 del 19.6.2006.
In seguito con provvedimento n. 9 del 18.4.2007, il Comune di Cicciano ha
rilasciato al ricorrente un permesso di costruire in sanatoria per la
realizzazione, nei fabbricati di cui è causa, della “diversa distribuzione delle
tramezzature interne relative al corpo di fabbrica A” e di “mensole aggettanti
nel cortile interno del corpo di fabbrica B”.
Tale determinazione è stata annullata da questo Tribunale con sentenza n. 5828
del 10.6.2008, in cui veniva rimarcata l’inidoneità del permesso in sanatoria a
sopperire all’intervenuto annullamento giudiziale delle originarie concessioni
nn. 72/2001 e 32/2003.
Pertanto con l’ordinanza n. 59 del 28.10.2009, il Dirigente del V Settore del
Comune di Cicciano sulla base delle richiamate pronunce giurisdizionali
ingiungeva al ricorrente, ai sensi dell’art. 31, comma 2, del d.p.r. 380/2001,
di demolire il medesimo complesso; avvisando che, in mancanza, si sarebbe
proceduto d’ufficio alla “rimessione in pristino delle opere abusivamente
realizzate (...), previa acquisizione gratuita al patrimonio comunale del bene e
dell’area di sedime…”.
Avverso tale atto ha proposto impugnativa l’interessato, chiedendone
l'annullamento per i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 31 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380; violazione dell’art. 97
della Costituzione; eccesso di potere per falsità dei presupposti, travisamento
dei fatti e difetto di istruttoria
Il ricorrente non è più proprietario dei fabbricati sanzionati con l’avversata
ordinanza di demolizione, avendo ceduto la proprietà degli immobili con atti del
17.11.2004 e dell’1.7.2005, il che impedirebbe al ricorrente di ottemperare
all’ingiunzione impugnata;
2) violazione degli artt. 31 e 38 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380; violazione
dell’art. 97 della Costituzione; eccesso di potere per falsità dei presupposti,
difetto di istruttoria ed illogicità.
La fattispecie in esame non rientrerebbe nelle ipotesi previste dall’art. 31 del
d.P.R. 380/2001, ma in quelle previste dall’art. 38 del medesimo d.P.R., che
sanziona gli interventi eseguiti in base ad un titolo edilizio poi annullato.
Il Comune di Cicciano avrebbe dovuto seguire l’iter procedimentale tracciato
dall’art. 38 dello stesso T.U. e quindi verificare, preventivamente e con atto
motivato, l’impossibilità di provvedere alla riduzione in pristino dei manufatti
sanzionati.
Le unità abitative di cui si compone l’edificio sono occupate da nuclei
familiari che, in caso di esecuzione dell’ordine di demolizione gravato,
perderebbero la propria abitazione;
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380;
Eccesso di potere per falsità dei presupposti e difetto di istruttoria.
Nell’ordinanza n. 59/2009 l’Amministrazione non avrebbe specificato l’esatta
entità dell’area che sarebbe stata acquisita al patrimonio comunale in caso di
inottemperanza;
4) violazione degli artt. 34 e segg. del d.P.R. 6.6.2001, n. 380; Eccesso di
potere per difetto di istruttoria ed illogicità.
Per l’intervento edilizio in esame è stata presentata un’istanza di sanatoria,
per cui nessuna demolizione potrebbe essere eseguita fino alla definizione della
suddetta istanza;
5) violazione degli artt. 7 e segg. della l. 7.8.1990, n. 241; Violazione
dell’art. 97 della Costituzione; Violazione del principio del giusto
procedimento; eccesso di potere per falsità dei presupposti e difetto di
istruttoria.
Il Comune di Cicciano non ha comunicato al ricorrente l’avvio del procedimento
volto all’adozione dell’ordinanza di demolizione.
Il Comune di Cicciano non si è costituito in giudizio.
Con ordinanza n. 512, resa nella Camera di Consiglio del 4.3.2010, questa
Sezione ha accolto l’istanza cautelare ai fini “dell’avvio del procedimento di
cui all’art. 38 citato e di consentire la partecipazione ad esso
dell’interessato.
All’udienza del 20.1.2011 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
Con il primo motivo si lamenta che l'ordinanza di demolizione sia stata emessa
anche nei confronti del ricorrente, sebbene egli non sia più proprietario
dell’immobile oggetto dell’ingiunzione di ripristino.
La censura non è fondata.
Il 2 comma dell'art. 31 del d.P.R. 380/2001 dispone che l’ordinanza venga
notificata anche al ricorrente, nella qualità di responsabile dell’abuso,
prevedendo espressamente che il dirigente o il responsabile del competente
ufficio comunale “ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la
rimozione o la demolizione”. Che il soggetto, peraltro, tenuto in concreto a
provvedere alla demolizione sia il responsabile dell'abuso, si desume dal
combinato disposto del comma e dell'art. 29 e del comma 3 dell'art. 31 del
d.P.R. 380/2001.
L’art. 29, comma 1, prevede la responsabilità del titolare del permesso di
costruzione, del committente, del costruttore e del direttore dei lavori per
quanto concerne la conformità delle opere eseguite alla disciplina urbanistica e
alle previsioni di piano, addossando ai medesimi l'onere del pagamento delle
sanzioni pecuniarie e del pagamento solidale delle spese per l'esecuzione in
danno in caso di demolizione delle opere abusivamente realizzate.
L’art. 31, comma 3, a sua volta, individua esclusivamente nel responsabile
dell'abuso il soggetto tenuto alla demolizione, facendo riferimento solo a tale
soggetto quando si afferma testualmente che “se il responsabile dell'abuso non
provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi....”.
Del resto anche la giurisprudenza amministrativa individua il destinatario delle
misure repressive (come l'ordine di demolizione) di abusi edilizi, in relazione
alla disciplina previgente (art. 7, comma 3, della l. 47/1985, poi trasfuso
nell'art. 31 del d.P.R. 380/2001) nel responsabile dell'abuso e non anche nel
proprietario dell'immobile; la normativa indicata, infatti, ancorando lo
svolgimento dell'attività riparatoria all'autore dell'abuso vuole imporre il
rispetto delle norme di legge in materia e di sollecito ripristino dello stato
originario dei luoghi (Consiglio di Stato, Sez. V, 1.10.1999, n. 1228; TAR
Campania, Napoli, Sez. II, 26.5.2004, n. 8998).
Con il secondo e terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente attesa
la loro stretta ed evidente connessione, è dedotta la violazione degli artt. 31
e 38 del d.P.R. 380/2001, in quanto l'amministrazione ha emesso l'atto impugnato
senza motivare circa la possibilità di adottare soluzioni alternative rispetto
alla ingiunta demolizione.
Nelle ipotesi, come quella in esame, in cui è stato disposto l’annullamento del
permesso di costruire originariamente rilasciato, l’art. 38 del menzionato
d.P.R. 380/2001 prevede tre alternative possibili: la rimozione dell'opera
divenuta abusiva, la sanabilità della stessa mediante la rimozione dei vizi
delle procedure amministrative, l'applicazione di una sanzione pecuniaria quando
non sia tecnicamente possibile la rimozione.
Alla stregua della suddetta disposizione, della sentenza n. 1583 del 4.3.2005
con cui questa Sezione ha disposto l’annullamento delle concessioni nn. 72/01 e
32/03 (confermata dalla IV Sezione del Consiglio di Stato con decisione n. 3611
del 19.6.2006) nonché della decisione n. 5828 del 10.6.2008 con cui è stato
successivamente annullato il permesso di costruire in sanatoria n. 9/2007,
rilasciato dal Comune di Cicciano, si ritiene che l'Ente locale debba
riesaminare l'intera vicenda per ripristinare l'ordine giuridico violato,
mediante una decisione assunta in coerenza con le regole sopra evidenziate.
Ciò comporta che l’Amministrazione dovrà procedere alla demolizione coattiva
delle opere edilizie realizzate, ovvero, sussistendo un interesse pubblico
contrario, all'applicazione di altra sanzione, secondo le previsioni delle
richiamate norme in materia di abusi edilizi.
È possibile, altresì, che il Comune proceda a conformare diversamente la
situazione di fatto alla normativa urbanistica con riferimento agli strumenti
vigenti all'epoca di notifica della sentenza n. 1583 del 4.3.2005 di questo
Tribunale, dando conto in particolare, attraverso un giudizio che implica anche
valutazioni di interesse pubblico, della compatibilità delle opere realizzate
con gli stessi strumenti urbanistici, con particolare riferimento alla questione
concernente la volumetria residenziale realizzata, che non dovrà essere
superiore a quella dell’edificio preesistente abbattuto e ricostruito.
Nella vicenda in esame, l'atto impugnato non contiene un compiuto riesame
dell'intera vicenda, il che dimostra l’assenza di un adeguato approfondimento
istruttorio per verificare se fosse possibile mantenere l'opera realizzata
mediante l'applicazione di altra sanzione o mediante l'adeguamento della
situazione di fatto alla normativa urbanistica con riferimento agli strumenti
vigenti all'epoca di notifica della menzionata decisone n. 1583/2005.
Tale carenza istruttoria conferma le censure del secondo, terzo, quarto e quinto
mezzo, atteso che, essendo stata annullata una precedente concessione edilizia,
l'Amministrazione, ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. 380/2001, avrebbe dovuto
indicare le ragioni per cui ha preferito procedere alla demolizione in luogo
della misura riparatoria pecuniaria (cfr. ex multis: TAR Campania, NA, sez. IV,
2.4.2002, n. 1784) o in luogo della possibilità di conformare la situazione di
fatto alla normativa urbanistica.
È pur vero che con la decisione n. 5828 del 10.6.2008 è stato annullato il
permesso di costruire in sanatoria n. 9/2007 per le ragioni indicate in fatto,
ciò tuttavia non esclude che il medesimo Comune possa percorrere altra via al
fine di ricondurre la situazione nell'alveo della legalità o che comunque il
medesimo Ente verifichi la possibilità di mantenere in vita, per altra ragione,
l'opera edificata, applicando la sanzione pecuniaria.
Sulla base di tali premesse, il Comune avrebbe dovuto evidenziare con esaustive
argomentazioni che l'unica alternativa praticabile, nella specie, era la scelta
della rimozione della costruzione edificata, che costituisce la soluzione
estrema.
Del resto l'art. 38 del d.P.R. 380/2001 è norma di favore che assiste
l'affidamento qualificato del privato che ha realizzato la costruzione in base a
titolo abilitativo poi venuto meno, per cui, nell'ipotesi di annullamento della
concessione, l'applicazione delle sanzioni previste da detta norma è consentita
qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative
(TAR Puglia, Bari, sez. II, 27.2.2003, n. 873; Consiglio di Stato, sez. IV,
14.12.2002, n. 7001).
In tal senso peraltro è stato affermato che “l'annullamento della concessione,
anche per via di norme come l'art. 11 della l. n. 47/1985, non esprime
compiutamente il vincolo dell'azione amministrativa immediatamente futura, ma
apre una nuova fase procedimentale, connotata da una funzione diversa: quella
che prelude all'applicazione di sanzioni ovvero alla rimozione dei vizi formali
che hanno determinato l'annullamento” (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV,
14.12.2002, n. 7001).
Tutto ciò non senza considerare che il ricorrente come dedotto nel quarto mezzo,
in data 29.12.2009, ha presentato specifica istanza di concessione in sanatoria
che, a differenza di quella che aveva dato luogo al permesso di costruire n.
9/2007 (che riguardava soltanto una “diversa distribuzione delle tramezzature
interne relative al corpo di fabbrica A” e la realizzazione di “mensole
aggettanti nel cortile interno del corpo di fabbrica B”), annullato con sentenza
di questo Tribunale n. 5828/2008, riguarda l’intero complesso immobiliare
costruito in difformità.
Va infine esaminato il quinto mezzo con cui si deduce la violazione dell'art. 7
della L. 241/1990, in quanto l'ordine di demolizione è stato emesso senza la
previa comunicazione dell'avvio del procedimento.
La censura è fondata tenuto conto della peculiarità della vicenda, in cui si è
in presenza di una costruzione realizzata in base ad atti annullati in sede
giurisdizionale, il che rende applicabile – come osservato - l'art. 38 del
d.P.R. 380/2001, che prevede soluzioni alternative.
Per tale ragione non si ritiene che nel caso di specie l’ordine di demolizione
presenti i crismi dell’atto vincolato, che avrebbero potuto giustificare
l’omissione dell’avviso, in quanto il Comune avrebbe potuto adottare soluzioni
diverse, alla cui assunzione poteva e doveva concorrere il destinatario
dell'atto, che pertanto doveva essere previamente informato.
Ed invero non può escludersi che la partecipazione dell'interessato potesse far
emergere elementi e circostanze tali da indurre l’Amministrazione ad un
provvedimento di diverso contenuto.
In conclusione il ricorso deve essere accolto nei limiti sopra indicati.
Le spese seguono la soccombenza e possono essere liquidate in € 1500,00
(millecinquecento/00) comprensivi di IVA e CPA.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
nei limiti di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Cicciano al pagamento delle spese di giudizio che si
liquidano in € 1500,00 (millecinquecento/00) comprensivi di IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Carlo D'Alessandro, Presidente
Anna Pappalardo, Consigliere
Vincenzo Blanda, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
L PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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